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Autore: Everian Every    29/01/2016    3 recensioni
Parliamone. Non credo potrete aspettarvi quanto segue.
Inizierei dicendovi che no, se vi aspettate una storia in cui carinissimi pony scoprono il loro futuro non è così.
Questo, signori miei, è l'ultimo scritto, l'ultimo pezzo di diario che un eminente umano (si, umano) lascia al mondo nel giorno 29/01/2016. Egli è uno studioso in cerca di antiche civiltà che si imbatte in una scoperta sconcertante e che vuole renderci partecipi di questa scoperta.
Prima che possiate dire: "eh, ma doveva essere una future story!" io vi rispondo: "Invece vedrete solo presente e passato, ma tranquilli... Che se saprete capire la fiction, vi sarà chiaro che questo è nient'altro che il futuro, l'atroce, agghiacciante futuro!"
Vi ho intrigati? Spero
Un ultimo avvertimento: diavolo! Speravate in una shot allegra? Da ME?? Quando mai?!
Ed ora:
Enjoy this :D
Genere: Mistero, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Twilight Sparkle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solitamente, pensando al futuro, ci viene naturale immaginare mondi fantastici, in cui la scienza rende possibile l'inimmaginabile. Città sospese nello spazio, macchine volanti, scontri tra caccia in mezzo a sciami di asteroidi, teletrasporti e via discorrendo. Perfino in un mondo come quello di Equestria si potrebbe pensare ad una cosa simile.
Ma forse, forse il futuro è qualcosa di più simile alla nostra attuale realtà di quanto pensiamo...
"Io non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta si combatterà con pietre e bastoni." Cit. Albert Einstein...
 
[Sono il professor Heinric Von Blitze, antropologo e professore all'università di Jena. Sono partito per una ricerca alle pendici delle Ande qualche settimana fa per pura curiosità personale. Da sempre sono stato incuriosito dai posti pressoché inesplorati del mondo e ho scoperto recentemente che a nord della catena montuosa vi sono dei luoghi che l'uomo non ha ancora potuto visitare adeguatamente. Sono dunque partito da solo, spinto dal desiderio di ottenere gloria in caso avessi trovato qualcosa di interessante, anche se nutrivo ben poche speranze di successo. Dopotutto ci sono ancora pochi misteri sulla superficie del nostro pianeta che non sono stati ritrovati. Ora come ora vorrei aver avuto ragione, vorrei non aver trovato nulla.
Ma non perdiamo tempo, me ne rimane poco, forse non abbastanza. Sto scrivendo su questo pezzo di diario, come altri fecero prima di me, per informare chiunque lo trovi del pericolo imminente. Iniziamo dal principio. Dopo giorni di ricerche infruttuose, non so per quale colpo di fortuna, non so se per puro caso o per una insana beffa del destino, finalmente trovai qualcosa. Mi ero recato nella foresta vicina alle pendici della catena montuosa, visto che lassù non avevo trovato nulla. Diavolo, ho i brividi per l'emozione al solo ripensarci ora... Camminavo da un po' quando mi imbattei in una sorta di rudimentale capanna costruita con quelle che un tempo dovevano essere state assi di legno, e altri rozzi materiali. Finalmente una traccia di civiltà! Subito mi misi all'opera per poterla studiare al meglio, entrai, diedi uno sguardo in giro e me ne tornai al campo che avevo montato giorni addietro.
Dentro era uno spettacolo. Tutto ciò che un antropologo come me potesse mai sognare, diavolo, era meraviglioso! Alambicchi di vetro, segno inequivocabile di civilizzazione abbastanza progredita, un calderone e lo scheletro di una zebra. Quest'ultimo catturò subito la mia attenzione, era insolito vedere una zebra in una zona simile. Ma ciò che trovai più interessante fu un libro. Un libro! Era eccezionale, doveva trattarsi di una qualche civiltà sconosciuta o magari era il diario di un conquistador! Decisi di studiarlo e lo presi subito con me. Arrivato al campo trovai che era scritto in una lingua ignota. Sentivo l'adrenalina a mille, una scoperta così mi avrebbe reso famosissimo nel giro di tre giorni! Nelle mie spedizioni successive trovai altri manufatti, reperti essenziali con cui riuscii perfino a tradurre buona parte del diario. Fu allora che iniziai a temere di aver fatto un errore.
Era stato scritto fino a un certo punto da sei persone diverse in una lingua che non sono riuscito a tradurre. La parte finale contiene quelle che si direbbero le memorie di un uomo che racconta la storia di quel libro. Una storia agghiacciante. Per evitare di incorrere in errori, preferisco riportare i passi del diario stesso, in modo che chi leggerà potrà giudicare per proprio conto.]
 
Agli dei, ai posteri e a chiunque avrà il cuore e il coraggio di leggere queste pagine.
 
Ricordo molto bene il vecchio Urruk Abe.
Era un anziano che viveva ai margini del villaggio, sempre chino su quella sua schiena goffa e rattrappita. Si teneva stretto ad un bastone con entrambe le mani lunghe e bitorzolute, camminando a testa bassa e, quando qualcuno per le strade della città lo incontrava e gli rivolgeva la parola per insultarlo o gridargli di stare alla larga, lui alzava lo sguardo a fatica e sorrideva, con quel suo sorriso sporco, sdentato, ma in fondo buono.

Ricordo molto bene Urruk Abe. Il primo Gran Sacerdote del nostro popolo.
La nostra città, una delle più grandi del possente impero azteco, si ergeva tra i picchi dei monti Tonanti, a ridosso della rigogliosa foresta madre. La nostra era una comunità pacifica, lontana dalle guerre di confine con le altre popolazioni.
Crebbi in una modesta casa, destinato sin dalla nascita ad essere un cacciatore, istruito unicamente con lo scopo di imparare ad uccidere e combattere per la mia sopravvivenza, per quella dei miei cari e della mia città, secondo i dogmi che ci inculcavano gli adulti a quell'epoca.
Io ero forse l'unico ragazzino, e probabilmente l'unico in generale che fosse gentile con il vecchio Urruk Abe. Ero un bambino curioso e la figura di quel vecchietto cencioso, che era stato allontanato dal villaggio con l'accusa di eresia e pazzia, mi affascinava al punto da spingermi dove tutti avevano paura di andare: la sua dimora.
Viveva nel bel mezzo della foresta, in una casa che, si diceva, fosse infestata da spiriti maligni, eco delle antiche lotte tra creature mostruose e terribili. Si trattava, in realtà, di una semplice abitazione ricavata tra le radici di un albero immenso, senz'altro millenario, costruita con assi di legno marcio e pietre impilate alla bell'e meglio. L'interno era zeppo di oggetti stupefacenti. C'era un calderone arrugginito, contenitori di un materiale trasparente chiamato, a quanto lui stesso mi disse, "vetro" che racchiudevano polvere colorata, piante morte da tempo e quant'altro C'era perfino uno scheletro di un piccolo quadrupede. Urruk Abe supponeva si trattasse di una zebra, anche se io non ho mai saputo cosa fosse una zebra. Quanto sapeva, quell'uomo!
Io adoravo andare dal vecchio, Ogni volta che mi recavo da lui ero certo che avrei potuto ascoltare una storia. Urruk Abe, infatti, era un uomo molto intelligente e aveva studiato per tutta la vita, divenendo sapiente di ogni cosa possibile. Non c'era domanda a cui non sapeva risponderti. In particolare, essendo stato un Sacerdote, sapeva leggere, cosa molto rara. Mi insegnò l'arte della lettura e perfino della scrittura.
Quando andavo a trovarlo, magari per portargli un po' di cibo o per aiutarlo a pulire e tenere in ordine la sua casa, costantemente assediata da una miriade di cianfrusaglie, lui si sedeva e prendeva un oggetto meraviglioso. "Libro", mi disse che si chiamava così. Era un parallelepipedo con una parte esterna, la "copertina", fatta di uno strano materiale morbido e resistente, scolorito dal tempo, ma comunque comprensibilmente viola. All'interno era pieno di sottili pergamene della stessa dimensione, scritte in una lingua per me ancora oggi di difficile comprensione, che lui aveva chiamato "pagine". E quel "libro" conteneva cose meravigliose, avventure che nemmeno nei racconti più fantasiosi si sarebbero potute immaginare, Creature mitiche e spietati tiranni, mostri assetati di potere e eserciti di bestie insettiformi grandi quanto un cavallo che imperversavano su una terra antica come il mondo, osteggiati da sei eroiche fanciulle che detenevano il segreto di un potere immenso.
Ma quando il libro iniziò ad arrivare verso la fine, i racconti divennero sempre più strani. Il vecchio Urruk Abe mi chiese, un giorno, di iniziare a prestare più attenzione a quello che mi avrebbe letto. Io gli diedi retta. Ancora oggi non so cosa pensare di quanto mi disse.
[Da qui in poi mancano delle pagine. Il racconto riprende riportando probabilmente un passo del fantomatico libro trovato dal Gran Sacerdote Urruk Abe. L'autore del resoconto, un certo Alliban di Rone, sembra sia stato in grado di tradurre alcune parti del testo originale. Mi chiedo come ci sia riuscito. Io non capisco nemmeno da che parte iniziare per tradurre.]
"Non so cos stia accadendo, in realtà. Ho molta paura di non riuscire a trovare una cura adatta in tempo. Ancora non mi capacitò che sia stata tutta colpa mia. Com'è iniziato? Forse scriverlo farà capire dove ho sbagliato a qualcun'altro che verrà dopo di me e gli permetterà di risolvere la situazione. Sempre che ci sia ancora qualcosa da salvare.
Pensarci mi fa male e non so se riuscirò a raccontare tutta la storia, ma mi sforzerò, così, se qualcuno leggerà queste pagine, non avrà dubbi.
Dunque...
Tutto ebbe inizio venti anni fa.
Era un giorno uggioso. Ormai ci avevo fatto il vezzo alla pioggia in giornate simili. Il cielo che piange, lo chiamavo io all'inizio, il cielo che piange per lavare via le nostre lacrime. Ora lo definirei piuttosto un triste scherzo del destino, un rimbrotto della natura per quelli come me, destinati a vivere per sempre. Un monito per ricordarci quanto misera sia la nostra esistenza, pur essendo infinita.
Quel giorno, ventotto novembre millenovecentonovantasette dopo Celestia, morì la mia ultima amica. Applejack se ne andò così, da una notte all'altra, col suo cappello ancora in testa, ben calcato sulla criniera argentata. Lei fu l'ultima a lasciarmi di una lunga lista di persone che mi abbandonarono.
Loro sono mortali, devi essere forte, non vorrebbero vederti così... Queste le frasi che le altre principesse mi rivolsero quel giorno. In fondo anche loro vivevano la mia stessa condizione, anche se loro avevano ormai preso questa cosa dell'immortalità come un fatto e non ci davano più peso.
Le mie amiche, Spike, tutti mi stavano lentamente scorrendo davanti come un fiume di stelle che mi illuminavano il volto coi loro sorrisi, la loro gioia, la loro amicizia... Per poi allontanarsi e spegnersi lentamente.
Quel giorno piansi molto. Piansi per Aj, ma anche per tutti coloro che già se n'erano andati, primo fra tutti proprio Spike che, crescendo, era diventato un drago grande e forte e decise di partire per trovare la sua strada. Era destino, mi ripetei allora. E me lo ripetei ogni qual volta qualcuno svaniva da sotto i miei occhi senza che potessi fare alcunché per fermarlo. E ancora non ci credevo nemmeno io stessa.
Il tempo cura le ferite, dicono, ma non se queste vengono costantemente riaperte da nuove coltellate che infieriscono su di noi. Fu così che decisi di fare una cosa che forse mi sarebbe costata molto caro. Cercai un modo per riportarli da me. Tutti quanti.
Per mesi mi scervellai tra incantesimi, libri e quant'altro, andando perfino a cercare risposte in un mondo che vive della tecnologia e non della magia, come quello umano. Quanto lo trovai cambiato. Macchine impressionanti sembravano fare tutto. La gente non muoveva nemmeno più un muscolo, tanto c'erano dei robot atti a compiere ogni attività. Agli uomini era rimasta solo una cosa: oziare, in una sorta di trance perenne, viaggiare per lo spazio tutt'al più, con impressionanti astronavi e mezzi simili al nostro teletrasporto. Il loro futuro era quello, insomma.

Cercai informazioni per anni anche lì, ma niente, nessun risultato, nulla di nulla. Colta dalla disperazione, pensai ad un metodo più drastico per ricongiungermi con le mie amiche. Provai il suicidio, ma all'ultimo qualcosa mi fermava, sempre. Che fossi io stessa, per paura, o altri, sembrava quasi che una maledizione volesse tenermi in vita.
Quando fui sul punto di arrendermi, però, ripensai al mondo umano. Ma non al mondo umano e basta. Bensì al modo con cui potevo accedere al mondo umano. E un'idea mi baluginò nella mente. Avrei potuto manomettere lo specchio e usarlo per raggiungere il regno in cui le anime venivano radunate, per recuperare le mie amiche. Forse non avrei dovuto mai farlo.
Usando gli elementi dell'armonia (ormai ero diventata abbastanza abile da maneggiarli tutti e sei da sola) cambiai le proprietà magiche dello specchio. I primi tentativi furono vani, ovvio, ma non mi diedi per vinta. Continuai e continuai finché, il ventotto novembre del duemiladieci, sette anni fa, non trovai un nuovo mondo. Era un posto desolato, senza vita, così mi affrettai a riprendere i lavori. Il girono seguente, lo specchio era rotto. Era strano, sembrava quasi che qualcuno gli avesse tirato contro qualcosa, da dietro, però. Maledissi probabilmente il mondo intero, la magia e me stessa. Ogni possibilità era sfumata.
Poi..."
[Il racconto di Alliban riprende ora, anche se alcune parti del testo riportato sono illeggibili]
Ero sconcertato. In parole povere, quello che Urruk Abe mi stava dicendo era che, prima di noi, non c'era nessuna divinità, che noi eravamo nati dall'esperimento di una regina impazzita dal dolore che aveva causato la morte del suo popolo. Capivo perché tutti dessero del pazzo al vecchio, ma ancora non potevo dirmi del tutto convinto della sua insania. Così lo pregai di proseguire.
"Qualcosa si era impossessato del corpo della mia amica! Fluttershy avanzava verso di me. Sembrava tornata ad essere la splendida ragazza di quando l'avevo conosciuta, giovane, bellissima, timida. Ma i suoi occhi dicevano tutt'altro, come i tagli cicatrizzati orribilmente sul suo manto, da cui usciva una polvere giallognola che si disperdeva in aria, rendendola terribilmente eterea, come un fantasma. Teneva le palpebre chiuse, ma era come se dietro avesse due lampade, perché emanavano una luce rosata molto forte. Aveva i denti spezzati e contorti, sporchi di sangue. Aveva già ucciso qualcuno del villaggio.
Presa dal panico, feci l'unica cosa possibile: la catturai e catturai tutte le sue vittime, che si erano tramutate nel mostro che lei era. Li portai (erano circa una ventina, un numero spaventoso) al palazzo e cercai un rimedio. Non potevo permettere che le altre principesse lo scoprissero, né che i cittadini si allarmassero per la scomparsa di alcuni di loro. Inventai una missione diplomatica per cui avevo organizzato una squadra ben precisa e segreta, in caso qualcuno avesse posto domande. Orchestrai tutto alla perfezione, ma il problema non era risolto. Dovevo curare i "malati", se così li si poteva definire.
Rimembrai che nel mondo umano erano copiosi i film e i libri trattanti casi simili, in cui i morti tornavano in vita come creature infette definite zombie. Eppure qualcosa non quadrava. Quelli avevano l'aria di essere zombie. Ma non lo erano.
Lo scoprii per caso un giorno, quando, per puro errore, lasciai aperta una delle gabbie in cui li tenevo segregati. Il prigioniero si liberò e mi aggredì. Allora cercai di difendermi, ma la mia magia era inutile su di lui. Scappai, ma lui mi inseguiva, cercava di mordermi, forse per infettarmi e trasformarmi in uno di loro. Arrivai ad un vicolo cieco del palazzo. Mi voltai solo per guardare la mia morte tanto anelata colpirmi. Ma all'ultimo il dovere verso i miei sudditi prevalse. Non potevo lasciare una simile piaga libera di diffondersi nel mondo. Usando la magia, decapitai il ragazzino che mi stava per saltare addosso con le fauci aperte. Dio, che schifo mi faccio...
Il corpo stramazzò a terra esanime, ma qualcosa uscì dagli occhi del ragazzo. Una sottile scia di pulviscolo giallo serpeggiò lontano dal cadavere. Cercai di catturarla, ma la persi di vista appena quella si insinuò in un anfratto del muro.

Non erano zombie. Erano corpi manovrati da una strana forma di vita sconosciuta. Era... Era terribile."
I passi che seguono sono di difficile interpretazione, quindi non sono riuscito a tradurli. In sostanza, la regina cercò di fermare la catastrofe, arrivando a chiedere aiuto agli altri regnati, che la punirono severamente per ciò che aveva commesso. Nessuno di loro, però, seppe cosa fare. Uno dopo l'altro, i regni caddero in rovina, pervasi da quello strano morbo. La regina suppone sia stata una creatura del mondo che aveva visitato con lo specchio prima che questo fosse rotto a causare il tutto. Segue esponendo un piano per creare delle nuove forme di vita per evitare che il mondo fosse distrutto dal parassita.
[Segue una pagina mancante. Ho ritrovato poco del resto dello scritto e quanto sarà detto da qui in poi sarà passibile di errore dovuto alla necessità di interpretazione del testo, danneggiato dal tempo. Di seguito riporterò gli estratti più significativi e completi del testo.]
"Sono riuscita a riparare lo specchio, ma adesso ho paura ad entrarvi. Non so cosa potrei trov..."
"...Dal mondo umano ho tratto materiale tecnologico bastevole a portare a termine i miei esperimenti per creare una nuova razza forte e che sappia sgominare il male che ci a aggrediti. Purtroppo temo di aver portato il parassita anche in quel mondo, quindi, per ora, sarà meglio non tornare laggiù. Forse ho causato la morte di un altro popolo."
"Ho completato la sequenza genetica. Ci è voluto molto, e il parassita che Celestia e Discord mi hanno iniettato mordendomi sta continuando a divorare il mio cervello. Il mal di testa è terribile e non so se riuscirò a completare la generazione di questa nuova razza.
Ho mescolato il genoma umano, che è di per sé più resistente di quello di noi pony, con genoma scimmiesco per aumentarne le capacità fisiche. Ho usato il DNA changeling per dare alla nuova creatura capacità di adattamento e infine ho usato i geni pony e dei grifoni per dare la capacità intellettiva adeguata a comprendere queste pagine a chi le potrà trovare. Non mi resta che aspettare che il feto nasca e potrò dirmi soddisfatta.
Anche se... come potrò mai essere soddisfatta dopo aver distrutto due mondi?"
"Sono tornata dal mondo umano. Ero andata a vedere la situazione come si era evoluta, nella speranza di non averlo infettato affatto. Ma niente. L'ho trovato distrutto. Gli uomini erano ridotti ad amebe amorfe soggiogate da quel mostro... Mio figlio scalcia nella mia pancia e mi fa male. Il parassita cerca di dominare la mia mente e mi fa male. Ho distrutto la mia gente, il mio mondo e anche quello umano solo perché, testarda, non ho voluto ascoltare le principesse! E mi fa male! Un male infinito! Oh, ragazze, se mi state guardando dall'aldilà... Mi dispiace!"
"Il parassita mi ha quasi sopraffatta. Mio figlio è nato. Mio figlio... Per tutti gli dei, ho un figlio e lo sto trattando come una cavia da laboratorio! Sono caduta così in basso. Ad ogni buon conto, non posso permettermi moralismi, non quando sono arrivata sin qui. L'inseminazione artificiale ha avuto successo e i processi di nascita accelerata di noi alicorni lo hanno fatto crescere sano e forte. Sembra che il parassita non lo abbia contaminato in alcun modo. Una buona notizia, finalmente. Spero di riuscire a crescerlo quanto basta. Ho già avviato il procedimento di clonazione parziale, con cui creerò in breve tempo altri esemplari simili con configurazioni genetiche differenti. Anche se il tempo non credo sarà sufficient... [qui la scrittura è sbavata e illeggibile, a quanto dice Alliban, come se la penna fosse stata strascicata sulla pagina.]"
Le ultime pagine sono molto difficili da leggere. Urruk Abe stesso stentava a tradurle per me. Posso raccontare solo ciò che mi è dato di ricordare.
La regina riuscì a creare una colonia dei nuovi esseri che, dalla descrizione, sembrano combaciare con noi uomini. Secondo quanto ci...
[Il testo si interrompe qui bruscamente, divenendo illeggibile. Ho recuperato poco delle ultime pagine scritte, visto che le ho trovate in pessimo stato, come coperte di sangue rappreso. Da quel che ho letto, Alliban ha iniziato ad avere sogni e visioni sempre peggiori di creature orrende che cercavano di prenderlo e divorarlo. Inoltre dice che il vecchio Urruk Abe morì ucciso da una fiera, anche se non specifica quale. Ho timore che non si tratti di un animale qualsiasi...
Da quanto racconta l'uomo in precedenza, secondo la mia modesta opinione, la regina a cui apparterrebbe il manoscritto originale avrebbe trovato la natura delle creature di polvere. Non so tuttavia quale questa sia e ulteriori indagini sul libro sarebbero inutili con le tecnologie attualmente a mia disposizione. La data riportata da Alliban per la morte della regina corrisponderebbe al 28/11/2015.
Questo testo potrebbe essere da interpretare quale i "deliri di un pazzo", come lo bollai io stesso alle prime letture. Successivamente, però, ad una rilettura dell'opera ho capito che si tratta di una prova eccezionale delle origini dell'umanità e del mondo intero. Se così fosse, noi non saremmo i primi umani, ma piuttosto un'evoluzione degli originali! È sconcertante!
In ogni caso, dopo aver visitato l'ultima volta la capanna mi sono reso conto di un fatto terribile. Lo scheletro di zebra era sparito. Non so che stia succedendo, ma è da un po' che sono perseguitato da incubi orribili e... credo che qualcosa mi stia braccando. Anche ora, è come se qualcosa stesse raschiando fuori dalla mia tenda, cercando di entrare. Ho paura e non so se riuscirò a tornare a casa sano e salvo.
Le ultime parole leggibili sono tre firme, probabilmente della stessa persona, forse per onorare la memoria delle persone nominate.
In ogni caso, è singolare notare come una sia stata scritta da un mancino, una da un destrorso e una sembri addirittura scritta tenendo la penna per la bocca.
Di seguito riporterò le firme, a cui mi sono permesso di aggiungere la mia. E che Dio ce la mandi buona...]
"Alliban di Rone;
Urruk Abe;
Twilight Sparkle;
Heinric Von Blitz;"
 
Angolo di ME!
Già. Come ho detto all'inizio, noi, pensando al futuro, pensiamo inevitabilmente a qualcosa di ultra avanzato dal punto di vista tecnologico, di straordinario, fantascientifico. Io invece ho preferito presentare un futuro un po' più... presente diciamo.
Spero che la cosa non vi abbia disturbato troppo, che non foste venuti qui con l'idea di leggere una storia mozzafiato di lotte tra guerriero dotati di spade laser, robot mega powa, astronavi e balle spaziali varie.
Come sempre, mi auguro sia piaciuto. Solo una richiesta, in caso vedeste errori di ortografia, potreste segnalarmeli? Vorrei capire cosa cavolo sbaglio più frequentemente.
Grattie
Ev.
   
 
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