Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: thembra    29/01/2016    2 recensioni
...Quella corolla era l’amore che c’era stato e che tutt’ora esisteva fra la donna più insolente e indifferente che lui avesse mai conosciuto e suo padre...
Sia lui che Inuyasha non avrebbero mai più potuto dimenticare le ultime parole esalate dalle labbra del loro fiero padre morente.
Tre, e tutte uguali.
Rin…Rin…rin
Genere: Erotico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Rin, Sesshoumaru
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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La stanza dove era ricoverato Shippo era posto in un piano isolato ricavato si poteva dire nella mansarda dell’ospedale. Era stata studiata apposta per emergenze come quella che colpivano spesso piccolo demone ed era fornita di tutti gli strumenti necessari a garantirne il benessere.
Il continuo atono e ripetitivo – bip - dei macchinari stava a significare che la crisi era passata, che il cuore del suo angelo aveva ripreso a battere normalmente e che ancora una volta le gelide spire della morte lo avevano solamente carezzato.
Mordendosi il labbro e dimenticandosi di tutto il resto Rin si sedette a fianco del materasso prendendo fra le dita la piccolissima mano del demone. Sentendola calda espirò un sospiro di sollievo convincendosi finalmente dello scampato pericolo.
 
Kagome le rimase accanto in silenzio aspettando che chiedesse spiegazioni sul motivo della presenza dei due fratelli ma quando ciò non accadde decise di uscire e lasciarla sola a smaltire l’ansia con la sua forza, ovvero il piccolo che le dormiva serenamente accanto.
Girò la manovella per chiudere le veneziane in modo che dall’esterno non la potessero vedere, non c’era nessuno ma voleva dare privacy alla sua amica, poi silenziosa schiuse la porta facendo un cenno all’infermiera posta nel cubicolo apposito che la rassicurò con un sorriso luminoso.
Reika era eccezionale con i pazienti come Shippo.
 
Prese le larghe scale scendendole fino a raggiungere il pronto soccorso dove deviò gli angoli necessari per raggiungere l’ufficio del primario.
Aveva fatto quel tragitto talmente tante volte che le linee guida poste sul pavimento non le servivano più, che poi a dirla tutta in realtà avevano sempre e solo incasinato di più il suo già nullo senso dell’orientamento.
 
Scuotendo la testa abbassò la maniglia aprendo la porta.
La conversazione sembrava essere già finita infatti i due fratelli, se li trovò di fronte, erano stati sul punto di aprire loro stessi la porta.
Facendosi da parte senza incontrare il loro sguardo li lasciò passare tornando a sedersi per scambiare due chiacchiere col dottor Jenshin.
Non sapeva come comportarsi, doveva ringraziarli questo era certo, ma non le venivano le parole, ricordando poi il modo in cui li aveva minacciati l’ultima volta.
Tremò interiormente d’imbarazzo, avrebbe dovuto far ricorso a tutto il suo coraggio per fronteggiarli.
 
“Questa volta c’è mancato veramente poco signorina Higurashi; Matsuka è stata eccezionale.”
“Come sempre del resto.”
 
La voce del dottore deviò i suoi pensieri su binari diversi anche se comunque angoscianti così, annuendo, Kagome attese che il medico continuasse; sapeva benissimo dove sarebbe andato a parare quel discorso e le inevitabili conseguenze che tutto ciò avrebbe generato.
In attesa di sentire parole già intuite prese un bel respiro stringendo i pugni sulle ginocchia in un punto dove, all’altezza di entrambe le ginocchia  notava che c’era una macchia verde causata dall’erba del prato sulla quale s’era inginocchiata nel pomeriggio; Sesshomaru l’aveva portata via talmente in fretta da non lasciarle neanche il tempo di pensare d’essere in disordine, e non si stupiva d’essere un totale disastro: aveva sudato parecchio e sentiva i capelli attaccati alla nuca, la stoffa dei suoi abiti odorava di fatica e d’acre odor d’incenso e ovviamente la sua faccia non doveva essere un bel vedere.
Solitamente dopo aver effettuato un esorcismo la pelle del viso le diventava ancora più chiara le palpebre inferiori si scurivano, le labbra assumevano una tonalità bruna e …
 
“Shippo va operato d’urgenza, non sappiamo quando sarà la prossima crisi e non abbiamo la certezza che le contromisure funzioneranno ma … ”
 
Ricomponendosi annuì portandosi un’ingarbugliata ciocca di capelli dietro l’orecchio. Si sentiva uno schifo.
 
“Ma cosa si aspetta che faccia Rin? Senza sangue demoniaco non c’è  nemme-”
“ ma parlando col signorino No Inu siamo arrivati ad una soluzione.”
“-no la certezza che l’intervento possa aver successo come pote-te … che ha detto? Soluzione?”
 
Sorridendo benevolo il dottore spiegò brevemente ciò che intendeva fare chiedendole di spiegarlo a sua volta a Rin, avrebbe dovuto convincerla a tutti i costi a lasciarli fare, se fino a questo punto erano stati fortunati adesso non potevano più giocare con la fortuna, a farne le spese alla fine sarebbe stato solo il piccolo.
 
“Lasci fare a me.”
 
 
Lasci fare a me un bel corno!
 
Sbuffando levò lo sguardo al cielo muovendosi verso la strada attraversando l’enorme parcheggio.
Tremando dal freddo si portò le mani alle braccia sfregandole per scaldarsi, avrebbe dovuto farsela a piedi.
Aveva lasciato il cellulare nella tasca della felpa che ovviamente non indossava poiché per il caldo l’aveva tolta nel primo pomeriggio ed attaccata al moncone di un ramo su uno degli alberi del viale.
Che situazione.
In strada non girava nessuno ed era naturale visto l’orario, di notte anche gli incidenti e le emergenze sembravano diminuire.
 
In serata era salita su da Rin decisa a parlarle ma una volta entrata, vedendola per davvero ora che l’emergenza era passata, decise di aspettare.
Aveva sulla tempia un enorme bernoccolo e due rivoli di sangue secco che le sfregiavano il bel colore della pelle del viso.
Reika le aveva detto che non c’era stato verso di curarla, non aveva permesso a nessuno di avvicinarsi a lei, non finché non avesse avuto la certezza che Shippo fosse stato fuori pericolo.
Si era fatta consegnare un kit dall’infermiera e stando attenta a non farle male le aveva pulito e disinfettato il viso fin giù al collo dove il sangue rosso rubino, a contatto con la pelle calda non si era ancora asciugato del tutto. Per nascondere il colletto sporco le spostò in avanti una ciocca di capelli.
 
“Sei una disastro, se si svegliasse e ti vedesse così lo faresti morire di spavento …”
“… Hai ragione.”
“Ti ho portato qualcosa da sgranocchiare e del tè caldo, ti farà bene ai nervi.”
“C’è mancato poco Ka’… ”
“Nh.”
“Ho creduto che …”  Quando Kagome tornò in azione per pulirle l’occhio da della polvere Rin le allontanò la mano facendole intendere che non aveva bisogno d’altro. “Al cimitero, quando mi sono girata e mi sono trovata davanti Inuyasha  contemporaneamente il cellulare ha squillato …” Prendendo fiato la ragazza lisciò un paio di pieghe dal leggero copriletto dell’ospedale. “ Non appena ho letto il nome sullo schermo mi sono sentita morire e risucchiare nel passato; vedere il suo viso era segno funesto anche due anni fa, succedeva sempre qualcosa quando lo incrociavo, le ruote bucate, l’evento al quale dovevo partecipare spostato, anticipato o addirittura cancellato …”
Kagome incominciò a sentir crescere dentro una rabbia immensa, quel bastardo maledetto.
Posandole la mano sul ginocchio cercò di calmare l’amica.
“Mi ha detto di rispondere, credevo fosse il diavolo che era venuto a godere della mia faccia sapendo chi mi stava chiamando e perché, ti giuro che per la prima volta in assoluto ho avuto paura di lui, il sangue dentro le mie vene sembrava olio gelido e bagnato, sentivo il cuore pompare a vuoto, ero completamente persa Kagome io …”
“Va tutto bene Rin, non gli permetterò di farti soffrire …”
“Non è questo, … non immaginavo che mi avrebbe aiutata.”
“Oh?”
 
Spostando gli occhi da Shippo a lei Rin la guardò con una calma negli occhi che a Kagome parve d’esser risucchiata in una dimensione di pace totale dove anche il minimo respiro, considerato fastidio, diventava silenzio e serenità, le batté forte il cuore per un attimo.
 
“Non gli ho neanche detto grazie …”
 
….
 
 
Non gli ho neanche detto grazie …
 
Sapeva che Rin era buona, ma ogni volta che succedeva qualcosa quella ragazzina tirava fuori un lato del suo carattere nuovo e sorprendente.
 
Non gli ho neanche detto grazie …
 
Dopo tutto quello che le aveva fatto passare quel damerino lei era già pronta a dimenticare in funzione di una singola gentilezza.
 
Pazzesco!!
Incredibile!
Ammirevole.
 
-hey!-
 
 
Si sentì tirare indietro mentre luci di fari che notava solo ora la superarono accompagnate da un paio di strombazzate di clacson.
 
-guarda dove vai rintronata!!-
 
“Oh … mi scu-scusi!”
 
Imbarazzata gesticolò all’autista del camioncino dal quale per poco non si era fatta investire sperando d’esser sentita. Sentiva caldo dalla vergogna, ma che razza di deficiente era per perdersi così nei propri pensieri?
Inutile dire che il mezzo s’era già dileguato e quindi il conducente
mica la poteva sentire.
 
-Mica ti può sentire, scema!
 
Uh?
 
Guardandosi intorno stupita cercò di capire come mai avesse sentito ad alta voce i suoi pensieri e come mai s’era data della scema se non lo aveva pensato.
Il motivo lo trovò immediatamente personificato nell’essere che meno desiderava vedere.
 
“Cosa diavolo … perché … tu che … gra- … ah...”
 
Notò qualcosa di colorato avvolgerla. Una giacca rossa.
 
Oh …
 
Ecco perché sentiva caldo.
 
- Che avresti farfugliato?-
 
Imbarazzata scappò via dal suo sguardo dorato puntando gli occhi a terra.
 
“…”
-Hai perso i denti da veleno che non ne sputi più?-
 
Aveva un paio di paroline sulla punta della lingua ovvio, e se il bellimbusto non la piantava immediatamente gliele avrebbe sputate eccome su quella brutta faccia.
 
-Che c’è? Non si usa più dire grazie?-
“Grazie …”
 
Stringendosi nella maglia della felpa lo dribblò attraversando la strada ora che il segnale era verde.
 
-Dove vai?-
“Al mare.”
-…-
 
L’ombra di lui copriva quella delle sue gambe, la stava tallonando senza starle troppo addosso ma l’avrebbe seguita fino al tempio ne era sicura.
Sbuffando piantò i piedi a terra aspettando che la raggiungesse girandosi di scatto una volta che lo ebbe di fianco.
 
Che qualcosa non quadrava lo capì immediatamente, quando entrambi i piedi toccarono terra infatti la vista sembrò giocarle un brutto scherzo deformando dapprima la visuale periferica e poi i contorni argentati della folta chioma del mezzo demone che le stava accanto.
La sua voce inoltre le arrivò ovattata e risonante, quasi al rallentatore.
 
-Ueeeey cuoooosa tui prrrueendeee-
 
Vide tutto nero.
 
-Tonf-
 
 
……………
 
 
Facendo meno rumore possibile Reika entrò nella stanza dove riposava il piccolo reggendo fra le mani una pesante coperta ed un morbido cuscino.
 
“Rin?”
 
Dolcemente scosse la spalla della donna chinata sul letto costringendola svegliarsi.
Dormire in quella posizione e senza nulla addosso non le avrebbe fatto bene per niente.
Mentre Rin si svegliava appoggiò le cose su di una poltrona inclinandola per permettere alle ruote fissate sotto di spostarla senza fatica; la avvicinò al letto del piccolo poi schiacciando un paio di bottoni questa si alzò e spiegandosi divenne un letto a tutti gli effetti seppure un poco più stretto rispetto ad un materasso normale.
Dall’armadio accanto alla finestra estrasse un lenzuolo con cui foderò il mobile. Appoggiò il cuscino in alto e la coperta spiegata facendo cenno alla donna di raggiungerla.
 
“Non sarà la cosa più comoda sulla quale dormirai ma …”
“Andrà molto più che bene, grazie di cuore Reika …”
 
Con la voce ancora resa roca e debole dalla stanchezza Rin ringraziò sorridendo l’amorevole infermiera fiondandosi nel comodo giaciglio che già praticamente stava dormendo.
 
……………….
 
 
-Oi!-
“…”
-Oooooi-
 
Mugugnando un lamento Kagome aprì gli occhi mandando via con una manata la fastidiosa fonte di quelle fredde folate che le colpivano la faccia.
La mano affondò in un morbido panno mentre mentalmente tutto prendeva una forma comprese le ore trascorse che divennero ricordi e sensazioni  …
 
“Dove diavolo so-Ouch!!”
 
Alzatasi in piedi  di scatto batté la testa contro qualcosa che pur essendo foderato di morbido le piegò il collo all’indietro obbligandola a ricadere.
 
Si trovava all’interno di una spaziosissima automobile coi sedili opposti.
Una limousine?
 
Strinse i pugni avvertendo la sensazione di aver qualcosa frale dita.
Guardandosi la mano notò uno un’ombra oltre il suo pugno riconoscendo più per istinto che per visione lo stramaledetto spettro.
 
“Si può sapere perché diavolo mi perseguiti?”
-Non ti sto perseguitando-
“Noo?”
-No-
 
Gli piantò il più assassino dei suoi sguardi sulla fronte.
 
-Mi sto solo accertando che tu possa arrivare  a casa tua sana e salva-
 
Ricordò lo strattone all’attraversamento pedonale e la felpa che ancora le avvolgeva le spalle nonostante il calore irradiato dall’automobile e di come si fosse preso cura di lei quando poco prima aveva avuto il mancamento.
Non aveva mangiato nulla dalla fretta e dallo stress e se non lo faceva le capitava spesso di avere cali di zucchero dopo un esorcismo.
Arrossì dalla vergogna sentendo caldissimo d’improvviso.
Stava collezionando una figuraccia dopo l’altra con lui.
Fingendosi interessata al paesaggio che sfrecciava fuori dai finestrini laterali si prese un secondo per riorganizzare le idee.
Uffa!
 
“Grrr-grazie!”
-Non c’è bisogno che lo ringhi, se ti brucia essere in debito con me fai finta di niente … -
“Non mi brucia per niente essere in debito con te!”
-Davvero?-
 
Sporgendosi in avanti la indusse inconsciamente a fare lo stesso.
 
“Davvero!”
 
I loro visi erano a pochi centimetri ma lei non ci badò presa com’era a non distogliere lo sguardo da quelle due sfere d’oro brillanti e maliarde.
 
-Sicura?-
“Certo che sono sicura infatti ti ho detto grazie asino!”
-Mah, mi sembravi poco convinta dal tono con cui l’hai detto, tutto qui …-
 
Ritirandosi si rilassò contro il comodo sedile della macchina e solo allora le venne un lampo.
Se Inuyasha era con lei chi …
 
“Chi diavolo è che guida?!”
 
La faccia di Inuyasha si deformò in una smorfia di puro terrore.
 
-Oddioooo è vero chi diavolo è che guiiiiii –
“Kyaaaaaaah”
-daaaaaaah ahh ahhahh ahh!-
 
E mentre Kagome strillava come una dannata Inuyasha scoppiò a ridersela di gusto piegandosi letteralmente.
Le ci vollero una ventina di secondi passati nel panico più totale per capire che il maledetto a stava prendendo in giro.
 
-Rilassati ragazzina stavo solo scherUiiiiii-
“A cuccia! A cuccia a cuccia!!!! A cuccia a cuccia a cuccia!!!”
 
La macchina, guidata per la cronaca da una rilassatissima Sango, ebbe alcune pericolose sbandate prima di proseguire il suo tragitto verso la parte della città che ospitava il tempio.
Cosa che avvenne nel più totale dei silenzi.
 
Poche decine di minuti più tardi l’ingombrante mezzo si accostò nella rientranza di proprietà del tempio Higurashi dove solitamente sostavano i bus.
 
Senza degnare Inuyasha di uno sguardo ringhiò, stavolta per davvero, uno svelto ringraziamento prima di fiondarsi all’esterno.
Si pentì subito della scelta quando dinnanzi si trovò la bellissima ma serafica scalinata che conduceva in cima alla collina.
In quelle condizioni chi cavolo glielo faceva fare di farsi una sfaticata del genere? Normalmente non le costava alcuna fatica salire tutti quei gradini ma in quel momento avrebbe preferito cento, mille volte avere a che fare con l’insopportabile demone appena allontanatosi a bordo della limousine che muovere anche un solo, minuscolo passo.
 
Piagnucolando fra sé e sé della sua miseria alzò appena la suola di una scarpa prima che l’aria che aveva nei polmoni le venisse risucchiata da un gridolino.
 
“Yuc!”
 
Era buio e l’unica cosa che sentì fu un vuoto alla pancia e le luci dei lampioncini laterali alla scalinata che sfocandosi diventavano scie lunghe e deformi come piccole anime spettrali in bilico fra i due regni prima di tornare punti fissi all’interno delle cupole di vetro una volta che i piedi le toccarono di nuovo terra.
 
Era incredula.
 
Era in cima.
 
-Qui ti abbiamo presa, qui ti riportiamo-
 
Capì cos’era successo solo quando le braccia di Inuyasha le scivolarono via dalle spalle. La sua voce, così com’era successo la prima volta, le diede nuovamente i brividi scivolandole lungo il collo riscaldata dal suo caldo alito.
Fissando la sua arrogante espressione di superiorità come un pesce lesso incapace di spiccicare anche la più inutile delle sillabe Kagome annuì solamente scuotendosi poi, vedendolo prepararsi ad un nuovo balzo, nel ricordarsi una cosa.
 
“La tua giacca!”
 
In tutta risposta lui scrollò le spalle coperte solamente da una leggera felpa mostrandole un bianchissimo sorriso sghembo.
 
-Riportamela domani, da qui a casa tua saranno almeno duecento metri rischi di prenderti un malanno e poi … -
“Che?”
-Oramai l’avrai capito no?-
 
Nonostante il tono fosse stato ancora scherzoso l’espressione e la luce dentro ai suoi occhi dorati si fecero serie e definitive.
 
-Dobbiamo parlare, parlare seriamente; di Rin, di Shippo e … -
“Si.”
 
Annuì solenne prima di dargli le spalle per correre verso casa sua.
Aveva il cuore che le batteva a mille ed un sorriso sulle labbra che nonostante la preoccupazione dettata da quel dialogo appena concluso non ne voleva sapere di diventare stretta linea.
 
In lontananza Inuyasha rimase a vegliare su di lei finché non vide accendersi la luce dell’interno e seppe che era al sicuro.
Sui palmi delle mani il piacevole prurito scaturito dall’incontro delle loro frizzanti energie gli scivolava verso i nervi solleticandolo.
 
Levando gli occhi al cielo scosse la testa un paio di volte prima di spiccare un balzo che avrebbe fatto impallidire chiunque svanendo nel torbido blu di quel cielo senza stelle.
 
 
 
TH
 
 
 
 
 
Ciauz!
  
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