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Autore: eugeal    29/01/2016    1 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Archer entrò nella taverna, sorrise a ognuna delle cameriere, poi notò Robin e Allan seduti a un tavolo insieme a uno sconosciuto dall'aspetto buffo e si diresse verso di loro.
- Guy ti stava cercando. Ti sei perso la gara di tiro con l'arco.
Robin alzò lo sguardo verso di lui.
- Dov'è adesso? Devo parlargli. Subito.
- È successo qualcosa?
- Niente di che, solo un ritorno dall'oltretomba. - Intervenne Allan e Archer lo guardò, perplesso.
- Marian è viva. - Spiegò Robin. - Solo che non ricorda nulla.
- Viva? Com'è possibile?
- Dobbiamo ancora capirlo, ma non ci sono dubbi.
- Allora Guy aveva ragione… Non stava impazzendo.
Robin sorrise.
- No, non è matto. Non più del solito, perlomeno. Venite, dobbiamo dirglielo.
Fece cenno al conte di seguirlo e i quattro uomini si alzarono, ma, prima che potessero arrivare alla porta, un uomo entrò di corsa, affannato.
- C'è stato un omicidio! Un servo, un ragazzo, ha ucciso un nobile!
Archer si fece avanti. Come comandante delle guardie era suo dovere informarsi sull'accaduto.
- Eravate presente? Cosa è successo?
- No, me lo ha detto mio nipote. Sua madre, mia sorella, ha visto tutto e si è sentita male per la paura. Il ragazzo è corso a casa a prendere un po' di vino per confortarla.
Archer lanciò uno sguardo di scusa agli altri tre.
- Meglio che vada a vedere.
- Aspetta, veniamo con te.
Uscirono in strada e si accorsero che man mano che si avvicinavano al luogo in cui era avvenuto il delitto le chiacchiere della gente aumentavano.
Gruppetti di passanti erano intenti a discutere di quello che avevano visto o sentito dire e, prima ancora di arrivare alla fine della strada, Robin aveva già sentito almeno quattro versioni differenti della storia.
- Non lo avevo riconosciuto perché indossava abiti diversi dal solito… - Stava dicendo una donna, circondata da un gruppo di amiche. Si sventolava il viso con una mano come se fosse sul punto di perdere i sensi, ma gli occhi le brillavano e aveva tutta l'aria di essere perfettamente contenta di essere al centro dell'attenzione. - Ma ero proprio lì vicino e l'ho visto bene in faccia. Era proprio lui.
- Ma era proprio morto?
- Non lo so, ma era a terra, immobile e c'era un sacco di sangue.
- Non posso dire di essere sorpresa. Di certo se l'è meritato. - Commentò una delle altre, ma una terza scosse la testa.
- Non lo so, forse una volta… Ma la settimana scorsa l'ho visto al mercato e non mi è sembrato cattivo come si dice… Era col figlio ed era gentile con lui. E poi non sarebbe diventato amico di Robin Hood se non fosse cambiato.
Robin impallidì nel sentire il proprio nome.
Si avvicinò alle donne all'improvviso, facendole sobbalzare per la sorpresa.
- Chi? Di chi state parlando?!
- Di Gisborne. - Rispose la prima. - Non lo avete saputo? Lo hanno pugnalato.
Robin si lasciò sfuggire un'imprecazione e corse verso il castello, senza controllare se gli altri lo stessero seguendo. Archer e Allan tennero il suo passo e il conte li seguì solo a pochi passi di distanza.
Un soldato venne loro incontro , uscendo dal cancello.
- Vi stavo cercando sir Robin! Gisborne...
- È vivo? - Lo interruppe Robin.
- Sì, ma è ferito. È in infermeria e il frate è con lui.

Lo sceriffo si affrettò, angosciato. Uno dei soldati di guardia era corso ad avvisarlo che Gisborne aveva subito una nuova aggressione e che forse era stato ucciso.
Arrivò sulla porta dell'infermeria nello stesso momento di Robin di Locksley. Insieme al giovane nobile c'erano anche Archer, Allan e, inspiegabilmente, il conte tedesco che aveva invitato per cortesia e che non si era aspettato di veder arrivare a Nottingham.
Robin aprì la porta e il frate gli fece cenno di entrare. Sir Arthur lo seguì, ma gli altri tre si fermarono sulla soglia per guardare senza disturbare l'operato di Tuck.
Guy era steso su un letto, pallido e privo di sensi e Robin notò con orrore l'elsa di un pugnale che spuntava dal suo torace.
- È…
- No, è vivo, ma non ho ancora esaminato le sue ferite. Lo hanno appena portato qui. Aiutami Robin, cerca di aprirgli la giacca, mentre io finisco di preparare i miei strumenti.
- Posso fare qualcosa? - Chiese lo sceriffo.
- Prendete quel pezzo di stoffa e piegatelo, servirà un tampone per fermare il sangue quando avrò estratto il pugnale.
Robin si chinò sul petto dell'amico, cercando di concentrarsi su quello che stava facendo. Guy era immobile, ma il suo petto si alzava e abbassava regolarmente con il respiro, quindi era vivo e lui doveva pensare ad aiutarlo nel modo migliore per fare in modo che ci restasse.
Aprì i fermagli che tenevano chiusa la giacca e la aprì con delicatezza, cercando di non toccare il pugnale.
Tuck si avvicinò per guardare e sospirò di sollievo.
- Guardate, la lama lo ha tagliato, per questo sanguina tanto, ma non è penetrata in profondità. È scivolata sotto la pelle, ma non è arrivata al cuore o ai polmoni. Robin, tienilo fermo, devo estrarre il pugnale e sarà doloroso. Sceriffo, non appena lo avrò tolto mettete il tampone sulla ferita e premete forte.
Tuck strinse saldamente l'impugnatura del pugnale e lo fece scivolare con cautela, ma velocemente, fuori dalla ferita. Guy gridò, inarcando la schiena per cercare di sfuggire al dolore, ma Robin riuscì a tenerlo fermo e lo sceriffo si affrettò a tamponare la ferita, premendovi sopra la stoffa ripiegata.
Il frate mise da parte il pugnale insanguinato, spostò per un attimo il tampone per esaminare la ferita, poi annuì.
- Devo pulirla bene e poi ricucirla. Sarà doloroso, ma se non si infetta guarirà senza conseguenze.
Le palpebre di Guy tremolarono e Robin gli toccò il viso, chiamandolo per nome.
Gisborne aprì gli occhi con un gemito.
- Fa male. - Si lamentò, ancora confuso, poi il suo sguardo si fece più lucido e riconobbe l'amico. - Hood…
- Non ti agitare. Ti hanno ferito, ma non è grave.
Tuck gli sollevò dal torace la piastrina da fuorilegge per spostarla di lato, poi guardò meglio la piccola croce d'argento che pendeva da un'altra catenina.
- Puoi dire che è stato il Signore a salvarti, figliolo. Guarda questa ammaccatura: la lama deve aver colpito questo ciondolo e poi è scivolata lateralmente, limitandosi a infilarsi sotto la pelle. Se non l'avessi avuta al collo, probabilmente staremmo organizzando il tuo funerale.
Lo sceriffo sussultò nel riconoscere il monile.
Elisabeth.
La donna non si era mai voluta separare da quella piccola croce, perché ora era al collo di Gisborne?
Guy si guardò intorno, allarmato e fissò uno dei due soldati che lo avevano portato in infermeria. I due uomini avevano trasportato la barella fino a lì e poi erano rimasti in disparte, in attesa di ricevere nuovi ordini.
- Dov'è?! - Chiese Guy, angosciato.
- Nelle segrete, signore.
- Illesa?
- Sì, signore.
Guy si rilassò visibilmente e Robin lo guardò, preoccupato.
- Chi è stato a farti questo? Chi voleva ucciderti?
Gisborne sorrise e Robin pensò che non lo vedeva così felice ormai da molto tempo.
- Marian. - Fece una pausa e guardò l'amico. - Non sono pazzo, Hood, lei è viva.
Guy sussultò di dolore quando Tuck iniziò a pulirgli la ferita. Robin gli prese una mano e la strinse.
- Lo so. Il conte Friedrich ce lo ha detto poco fa, stavamo per venire a cercarti. - Robin si interruppe, rendendosi conto del significato della risposta di Guy. - È stata lei a ferirti?!
L'amico annuì, accigliandosi. Fino a quel momento era stato tanto felice di averla ritrovata che non aveva nemmeno pensato a chiedersi il motivo del gesto della ragazza.
- Già. Anche se non so perché lo abbia fatto… Sembrava… spaventata.
Si interruppe trattenendo un grido e impallidì ulteriormente, aggrappandosi alla mano di Robin. Il frate gli lanciò uno sguardo dispiaciuto.
- So che fa male, ma devo pulirla bene oppure si infetterà.
- Fai quello che devi. - Disse Guy, debolmente.
Robin distolse lo sguardo dalla ferita e cercò gli occhi di Gisborne.
- I banditi l'hanno ferita alla testa, non si ricorda più nulla.
- Nemmeno di me?
- Solo di te. Ha detto al conte che sogna ogni notte il momento in cui ti hanno ferito alla gola, solo che si era convinta di essere stata lei a farlo e che tu fossi un suo nemico da cui doveva difendersi.
- Chi è il conte?
Robin guardò in direzione della porta e Guy seguì il suo sguardo, riconoscendo l'uomo che era stato ospite di Vaisey diversi anni prima. L'uomo che aveva baciato Marian.
- Ah. L'idiota tedesco. - Disse, ostile. - Se è stato lui a plagiarla non mi sorprende che ora Marian mi odi. Chissà cosa le avrà detto di me.
- Guy, devi ammettere che il conte Friedrich ha le sue ragioni per avere qualche pregiudizio nei tuoi confronti, non trovi? Non poteva sapere che ora sei cambiato.
- Sempre che lo sia davvero. - Commentò il conte, ricambiando l'antipatia di Gisborne.
Allan spostò lo sguardo dall'uno all'altro e tornò a tirar fuori i dadi.
- Vi va di finire la nostra partita? La nostra presenza qui non è necessaria. - Disse, rivolgendosi al conte.
Il conte lanciò un ultimo sguardo diffidente a Gisborne, poi acconsentì.
Robin li guardò allontanarsi, sollevato.
Tuck nel frattempo aveva finito di ricucire la ferita e vi aveva applicato un unguento prima di bendarla.
Guy attese che avesse finito e si alzò a sedere.
- Cosa credi di fare?! - Chiese Robin.
- Devo vederla. Devo andare da lei. Non importa se non si ricorda di me, è già un miracolo che sia viva… Prima o poi le tornerà la memoria e io la aspetterò. Ma anche se non dovesse succedere, anche se non dovesse mai ricordare il nostro amore, non mi arrenderò mai. La conquisterò di nuovo, le dimostrerò ogni giorno quanto è importante per me e anche se non dovesse mai ricambiare quello che provo, anche se dovesse odiarmi, sarei comunque contento. Perché credevo di averla persa per sempre e invece lei è viva.
Cercò di alzarsi in piedi, ma era troppo debole e Robin lo sostenne per evitare che cadesse.
- Devi riposare ora, figliolo. - Lo ammonì il frate. - Hai perso molto sangue.
- Andrò io a parlare con lei. - Si offrì Archer. - E poi verrò a riferirti come sta.
Gisborne cercò di protestare e cercò lo stesso di raggiungere la porta, ma dopo pochi passi fu costretto ad ammettere di non avere la forza di camminare né di reggersi in piedi e alla fine permise a Robin di aiutarlo a stendersi di nuovo.
Tuck gli portò un infuso di erbe e Guy lo annusò, riluttante.
- Devo proprio berlo?
- Nessuno ti obbliga, ma attenuerà il dolore, ti farà dormire meglio e aiuterà a non far salire la febbre, quindi prenderlo potrebbe essere una mossa intelligente. Decidi tu. - Il frate riempì una tazza anche per Robin e gliela mise in mano. - Ed è utile anche quando si esagera con il vino. Credo che una bella dormita farebbe bene anche a te. Accomodati pure.
Robin sedette sul letto accanto a quello di Guy, un po' imbarazzato.
- È così evidente? - Chiese, dopo che il frate fu andato via insieme allo sceriffo.
Guy bevve un sorso dell'infuso e sorrise.
- Io sono stato accoltellato, ma sembri tu quello moribondo.
- Sentir dire per strada che ti hanno assassinato e ritrovarti mezzo morto e in un lago di sangue non aiuta a sentirsi meglio, te lo garantisco.
- Eri preoccupato così tanto per me, Hood?
Robin lo fissò.
- Mi sorprende che tu ancora ti stupisca per questo.
Gisborne finì di bere l'infuso e chiuse gli occhi.
- Sto bene. Dormi pure tranquillo, non ho nessuna intenzione di morire.
- Buono a sapersi.
Robin si stese e sbadigliò. Forse dipendeva ancora dal troppo vino o dall'ansia provata, ma si sentiva esausto. Si addormentò di colpo pochi attimi dopo aver appoggiato la testa sul cuscino.
Guy, sorpreso nel sentirlo più silenzioso del solito, lo guardò, sorrise nel vederlo profondamente addormentato e tornò a chiudere gli occhi a sua volta.
Si sentiva debole e la ferita al petto era molto dolorosa, ma Guy non riusciva a smettere di sorridere.
Lo squarcio più doloroso, quello che gli aveva lacerato il cuore per tanto tempo, si era rimarginato.
Marian era viva.
Viva.
Il resto non aveva importanza.
   
 
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