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Autore: _Gia    30/01/2016    3 recensioni
Aveva vinto la rivoluzione, ma allo stesso tempo aveva perso l’unica cosa che avesse mai portato un po’ di felicità in quella sua triste vita da ubriacone, aveva perso ogni singolo granello di bontà che gli aveva fatto lentamente riscoprire.
Ma adesso, adesso che lei era lì, nuda, sotto il suo corpo massiccio e non curato, nulla pareva avere più importanza.
Post Mockingjay | Hayffie | 560 words
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Better games 

Non sentiva le fredde e ruvide lenzuola sotto le ginocchia, non sentiva il rimorso costante a cui era sempre stato abituato. Sentiva solo il respiro affannoso di Effie infrangersi sul suo petto, sul suo collo, mentre ricuciva finalmente lo squarcio che da anni aveva nel petto. Restò lì imbambolato a guardarla sotto di sé, privata di ogni velo sia estetico che psicologico, che lo guardava con quegli occhi di un azzurro così intenso da far chiedere ad Haymitch come avesse fatto, in tutti quegli anni, a non perdercisi dentro. Eppure lui l’aveva sempre guardata , nonostante cercasse costantemente di nascondere alla sua attenzione il proprio sguardo.
« Esistono giochi decisamente migliori a cui giocare, sai? » , gli aveva detto, dopo un paio d’ore dall’essersi fiondata in casa sua, in un mare di lacrime di gioia e un tripudio di colori sgargianti.
Erano anni che non sognava, perciò non avrebbe mai immaginato, nemmeno nel migliore dei suoi incubi, di poter realmente finire in quella situazione.  In vita sua non aveva mai avuto niente e nessuno di prezioso, non aveva mai avvertito la reale esigenza di possedere completamente una donna, almeno fino a quel momento, almeno fino a che non era arrivata lei.
Lei, che aveva fatto passare anni prima di lasciargli scoprire quale fosse il suo reale colore di capelli, con le gonne lunghe e stravaganti e la lista ossessiva di cose da fare, si era insinuata dentro di lui, pian piano, fino a farlo innamorare come mai avrebbe pensato di essere capace.
Stupido, pensare che non aveva capito di amarla finché non si era ritrovato a vomitare in un angolo di una stanza, a causa dell’astinenza a cui era stato sottoposto al Tredici, sussurrando il suo nome, pregando che almeno lei stesse bene.
Aveva vinto la rivoluzione, ma allo stesso tempo aveva perso l’unica cosa che avesse mai portato un po’ di felicità in quella sua triste vita da ubriacone, aveva perso ogni singolo granello di bontà che gli aveva fatto lentamente riscoprire.
Ma adesso, adesso che lei era lì, nuda, sotto il suo corpo massiccio e non curato, nulla pareva avere più importanza. Nessun pensiero aleggiava nella sua mente nel momento in cui finalmente la sentì sua, completamente ed unicamente sua,  rendendola tale con un unico lieve movimento del bacino, non come se fosse il pezzo che si incastrasse a perfezione nel resto del puzzle che era la sua vita, ma il pezzo che rendeva tutti gli altri decisamente più belli, lui compreso. Lo fece, lasciandosi trascinare da una smania che non concedeva nulla alla dolcezza, fino a che i corpi di entrambi non scoppiarono di passione, quasi all’unisono.
Il panico, il terrore di perderla, non sarebbe più esistito. Sarebbe restata, quella volta. Le valige all’ingresso ne facevano da conferma.
Le si poggiò di fianco, a quei ricordi che gli invasero la mente con la stessa violenza della luce che ti invade gli occhi appena sveglio, più stordito in quel momento che durante una sua solita sbronza. Le fece passare una mano intorno alla vita per stringerla a sé, depositandole un casto bacio sulla fronte.
Fu solo negli attimi che seguirono, nei secondi che si concesse per osservarla meglio in quello stato disordinato, con i capelli alla rinfusa, il respiro ancora provato e gli occhi stanchi, che costatò quanto, effettivamente, fosse lei il gioco più bello a cui avrebbe mai potuto giocare.  
   
 
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