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Autore: ChristabelFitz    30/01/2016    3 recensioni
Lea e Ariel si sono buttate nell'avventura dell'accademia musicale. Non sanno cosa aspettarsi, e forse è meglio non aspettarsi niente per evitare di rimanere deluse.
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«E ora ti conviene coprirti con una dura corazza. Il mondo dell'accademia non è così semplice quando si parla di competizione. Non abbatterti alle prime delusioni. Lo dico per esperienza»
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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NEVER SAY NEVER



1.


 
I miei genitori e i miei diversi fratelli mi dicono che non mi ci vedrebbero come famosa musicista. Sono scontenti della mia scelta di frequentare un'accademia di musica, credono che sia una delle mie solite passioni che mi piacciono per un po' e che poi mi stufo di fare. All'inizio non ne volevano proprio sapere, sembrava che odiassero completamente me e il mio violoncello. Ma convincendoli, grazie anche all'aiuto della mia migliore amica pianista, i miei mi hanno lasciato fare il provino.
E ora sono qui, con Ariel, in fila per l'audizione. Non sono sicura di farcela, perché l'unica a spronarmi è stata lei, però in fondo se sono qui c'è un motivo, e quello è la musica.
«Lea, mi uccidi se ti dico che devo andare in bagno?» mormora lei. Sa che odio quando ogni singola volta che usciamo lei deve sempre fare pipì, ma in questo momento non riesco nemmeno a fare l'arrabbiata quindi scuoto la testa.
«Ti accompagno» rispondo, appoggiando il violoncello al muro dove ci sono tutti gli strumenti degli altri ragazzi.
«Chiediamo a qualcuno se sa dove si trova» dice lei, prendendomi per mano e trascinandomi verso un gruppo di ragazze che probabilmente sono già della scuola perché indossano la divisa.
«Scusate, sapete indicarci dov'è il bagno?» chiede Ariel.
«Andate dritte per questo corridoio di armadietti e in fondo ci sono due porte, su una di quelle c'è scritto “toilette”» risponde una ragazza che si rigira i capelli scuri tra le dita.
«Grazie» esclamiamo in coro e, senza rendercene conto, le facciamo scoppiare a ridere.
Noi due, intanto, arriviamo davanti alla famosa porta. La apro, accorgendomi di aver buttato a terra qualcuno dall'altra parte. Entro lentamente con Ariel e vedo un ragazzo con l'apprecchio, basso ma carino in viso che mi guarda male.
«Oh, scusami! Dovevo aprire la porta più lentamente!» esclamo, imbarazzata.
«No, fa niente» borbotta lui in risposta.
«Io mi chiamo Ariel, lei è Leanna, facciamo l'audizione proprio oggi. Tu?» la mia migliore amica, come al solito, non sa farsi gli affari suoi.
«Io sono Max, anche io devo fare l'audizione oggi» risponde lui, «ed è meglio che torni in fila»
«Certamente, ciao e buona fortuna» lo saluto, entrando nella porta dei bagni femminili.
«Anche a voi!» lo sento urlare ormai fuori dalla mia vista.
 
Due settimane dopo
 
«Leaaaa!» sento una voce gridare fuori dalla porta, come fa sempre. Ariel non suona mai il campanello e nemmeno si spreca a bussare.
Corro ad aprire la porta e vedo la mia migliore amica con occhi sgranati e un sorriso impareggiabile.
«Cosa?!» urlo, già immaginandomi la risposta. L'accademia di musica per cui abbiamo fatto il provino dovrebbe aver mandato la lettera con scritto se siamo state accettate oppure no e, a giudicare dalla reazione di Ariel, l'esito è stato positivo.
Mi dirigo a passo spedito verso la cassetta della posta, senza ascoltare Ariel che parla a vanvera. Prendo la busta, la apro e.. sì, è proprio quello che speravo. Da lunedì inizierò a frequentare l'istituto che ha sempre rappresentato solo un lontano sogno per me.
Entro in casa con Ariel alle calcagna e inizio a ballare con lei per la gioia.
I miei genitori sono in salotto che stanno scrivendo la trama per il loro nuovo libro. Sono degli scrittori. Seduti sul divano ci sono Alex e Jack, i miei due fratelli gemelli maggiori. Sul tappeto c'è Isabel, mia sorella, ha otto anni, e gioca con le bambole mentre Hanna e Thomas giocano a carte sul tavolo. Christian, vent'anni, è al telefono con la sua fidanzata mentre, Al, il cane, gli gironzola intorno. Questa è la mia famiglia e tutti loro fanno o aspirano a qualcosa che sia un lavoro che non centri con cose “astratte” (come dicono loro) come la musica. Ma voglio bene a tutti lo stesso.
«Hanno ammesso anche me!» grida Ariel al mio fianco, senza smettere di saltare.
«Ehi, voi!» mi preoccupo di ottenere l'attenzione di tutti. «L'accademia di musica ci sta dando una grande opportunità, questa sarà la mia scuola per cinque anni e il vostro umore negativo non mi impedirà di partire e andarci. Mancano due giorni a lunedì, quindi mi metto subito a preparare la lista di cose da portare»
«Tesoro, non abbiamo mai detto di essere in disaccordo con te, solo..» inizia mia madre, con gli occhiali che tra poco le cadono dal naso.
«Sì, mamma, sì. Lo so. Solo che volete essere sicuri che io trovi per me un lavoro che mi dia abbastanza soldi per campare. Lo so, vivere di musica è difficile, bisogna distinguersi dalla massa per farsi notare, ma basta con questo discorso. Entrando nell'accademia non sto mettendo un bastone tra le ruote alla mia vita, è solo un percorso che comincio, se vedo che non funziona.. beh, posso sempre lavorare in una fabbrica» replico sarcasticamente. «E ora i bastoni tra le ruote non mettetemeli voi, grazie» faccio per salire le scale insieme ad Ariel, per raggiungere la mia stanza, quando sento qualcuno abbracciarmi da dietro. È Christian.
«Dopo io e te facciamo un bel discorso» mi sussurra all'orecchio. Sorrido e annuisco, arrivando poi in camera mia con Ariel.
«Calmiamo l'entusiasmo. Non dobbiamo aspettarci qualcosa di grande, che magari non è come speriamo e restiamo deluse. Viviamo momento per momento senza sognare troppo questa nuova scuola, d'accordo?» metto in chiaro le cose con la mia migliore amica. Ci è successo molte volte di aspettarci qualcosa di fantastico e di non trovarci quello che volevamo, rimanendo deluse. Ma ora abbiamo capito la lezione e non commetteremo più lo stesso sbaglio.
«Certo Lea, concordo con te. Però adesso dobbiamo stilare una lista di tutto il necessario da mettere in valigia, poi andrò a casa e inizierò a procurarmi il necessario» risponde lei con un sorriso.
«Perfetto, ma aspetta.. i tuoi cos'hanno detto?»
«Uhm, lo sai come sono i miei no? Più agitati di me. E poi, essendo figlia unica, non hanno tante preoccupazioni. Sono solo io che li rende fieri, perciò si aspettano grandi cose da me. L'unica cosa è che ho paura di deluderli»
«Non lo farai» ribatto convinta. «Forza, cominciamo con la lista!»
 
Sono quasi le undici e ormai Ariel è andata da un pezzo. Guardo il cielo seduta sul portico di casa, per godermi le ultime serate estive.
«Lea!» sobbalzo, sentendo la voce di mio fratello Christian chiamarmi, mentre si siede accanto a me.
«Che cosa volevi dirmi prima?» domando, curiosa.
«Volevo dirti che non devi buttarti giù se non vedi un riscontro molto positivo da parte nostra, o meglio da quella di mamma e papà, per essere stata accettata in questa grande e importante accademia. Sappi che, anche se non lo facciamo notare, siamo contenti. Io per primo credo, devi essere davvero brava per essere riuscita ad entrare. È che sai, non so bene con certezza come suoni, mi hai fatto sentire così poche volte..»
«Tu non ci sei mai» rispondo secca, incrociando le braccia. «Sei sempre al lavoro e non mi chiedi mai che io ti suoni qualcosa»
«È vero, ed è proprio per questo che forse mamma e papà non sono contentissimi. Se la tua strada è quella della musica, non sarai quasi mai a casa, per la tua famiglia. Ma in giro, per i concerti, e non dico che non sia una bella cosa. Anzi, è fantastico. Io ti seguirò nei tuoi tour. Sempre se non sarò impegnato col lavoro. Ti svelo un segreto. Quando ho scelto la scuola di cucina, i nostri genitori hanno fatto la stessa scenata. Non erano molto contenti, pensavano che sarei mai riuscito a diventare uno chef. Ma ora lo sono, no? Devi solo credere in te stessa»
«Okay» rispondo, sospirando. «Lo farò»
Lui sorride e mi circonda le spalle con un braccio. «E ora ti conviene coprirti con una dura corazza. Il mondo dell'accademia non è così semplice quando si parla di competizione. Non abbatterti alle prime delusioni. Lo dico per esperienza» mi fa un occhiolino e poi si alza per rientrare in casa.
 
Ho passato la giornata di ieri ad agitarmi per paura di aver dimenticato di mettere qualcosa nella valigia. Ho ricontrollato la lista fatta con Ariel circa una sessantina di volte e ancora ho paura che non ci sia tutto. Ma oggi è il grande giorno.
«Tesoro, il biglietto per il treno?»
«Mamma, ho tutto» rispondo, ansiosa.
Sento il campanello. È Ariel, eravamo d'accordo di trovarci alle sette e mezza e andare alla stazione.
«Ci accompagni tu?» chiedo a mia madre. Lei annuisce, suggerendoci di salire in auto, ma prima, compio il classico giro di abbracci e di “buona fortuna” con tutti i miei fratelli e mio padre. Dopodiché, partiamo.
La stazione è affollata e il nostro treno parte tra circa dieci minuti. Abbraccio mia madre, che inizia a farmi tutte le raccomandazioni possibili come “non perderti, studia, mangia sempre e sano, fai amicizia e non frequentare brutte compagnie”
«Sì mamma, non preoccuparti. Starò con Ariel tutto il tempo»
Ci mettiamo a ridere e arriva il momento di salire sul treno. In tutto questo trambusto non ho pensato che sto per andarmene di casa per nove mesi. Certo, a Natale e a Pasqua forse tornerò per uno o due giorni, ma non avevo mai pensato a questo. Però, probabilmente mi farà bene staccare un po' dalla vita di tutti i giorni.
Io e Ariel prendiamo posto una davanti all'altra, vicino al finestrino. A dividerci, c'è un tavolino abbastanza grande dove appoggiamo le cose essenziali per un viaggio di circa cinque ore.
 
 
«Lea, ma è bellissima! Non era come me la immaginavo, è ancora meglio! Non me ne andrò nemmeno per le vacanze di Natale, questo è sicuro!» Ariel mi scuote il braccio mentre io tento di trascinare la mia valigia e il mio violoncello senza essere io quella ad essere trascinata.
«Uff, è stato un parto» sbotto, una volta scesa dal treno. Punto lo sguardo verso l'istituto e sì, è veramente indescrivibile.
Innanzitutto quello che si nota è la sua grandezza e imponenza, si vedono parecchie finestre e porte-finestre che danno su piccoli balconcini. Sembra quasi un hotel, con la differenza che non ci sono delle stelle a giudicarne la qualità. È bello perché la stazione è praticamente davanti ad esso, bisogna solo attraversare la strada e camminare per un paio di minuti.
All'esterno ci sono altri studenti che aspettano di entrare. Guardo l'ora sul cellulare e noto che siamo in perfetto orario. Ci mettiamo dietro tutti gli altri e poco dopo esce quella che si presenta come la Preside Green. Ci fa entrare e la prima stanza è una grande sala con ai muri appesi dei quadri di grandi musicisti, a sinistra c'è una porta con scritto “presidenza” e in parte un bancone con una donna al telefono. «Quella è la segreteria» dice la Preside.
«Adesso vi accompagno nella sala dove si svolgono le assemblee e vi chiamerò uno ad uno per assegnarvi le stanze» e dicendo questo, miss Green ci conduce lungo una rampa, che ci fa sbucare in un grande salone.
«Ma non possiamo scegliere noi con chi stare in camera?» domanda una ragazza alla Preside, che annuisce e dice che però aggiungerà qualcuno che non conosciamo per fare amicizia.
Prendo posto vicino ad Ariel su una delle comode poltrone rosse.
«Lea, guarda chi c'è» mi dice, facendo un cenno con la testa per indicare quel ragazzo che avevamo conosciuto due settimane fa alle audizioni. Max, se non ricordo male. È seduto due file davanti a noi. Quando ci nota, ci saluta con la mano.
«È carino» commenta Ariel.
«Mmmh» rispondo aggrottando la fronte.
 
Quando la Preside ha fatto il mio nome, ho subito detto che la mia compagna di stanza doveva essere Ariel, e lei ha acconsentito, ma poi ci ha aggiunto anche un'altra ragazza che non conosceva nessuno con cui stare, una certa Paige. Ora stiamo salendo in ascensore con lei e, dopo le presentazioni generali, nessuno di noi tre dice altra parola. Paige è bionda, ha gli occhi azzurro ghiaccio e sembra molto vanitosa, anche da come parla. Sembrava schifata nel fare la nostra conoscenza. Ho paura che questa convivenza non andrà a gonfie vele.
«123..124..125..126..127, eccola!» esclama Ariel, aprendo la porta con la chiave.
«Me l'aspettavo più spaziosa» commento, una volta entrate in stanza.
È costituita da un letto matrimoniale e uno singolo, divisi da due comodini, davanti ai letti ci sono due scrivanie e un tavolino con appoggiata una televisione. Poi c'è una porta con un bagno piuttosto angusto, ma almeno è pulito e la doccia è colma di prodotti naturali per capelli. Fantastico. Nella camera c'è uno specchio gigante con un altro tavolo in vetro. Immagino diventerà la postazione trucco. Dall'altro lato della stanza c'è un armadio con tre ante. Una per ognuna, almeno non si litiga per lo spazio. La cosa più bella, però, è la porta-finestra. La apro ed esco sul minuscolo balcone, dopo aver appoggiato la valigia e il violoncello. La visuale è bellissima, si vede il grande parco dell'accademia, costituito anche da una meravigliosa piscina con attorno grandi alberi e fiori di ogni tipo. Ariel mi segue a ruota, con la bocca aperta.
«Non vedo l'ora di fare un giro in quella specie di boschetto» mormora sognante.
«Ti capisco»
«Ah, ehm, il letto singolo è mio, giusto?» la voce di Paige ci distrae, costringendoci ad entrare e chiudere la porta-finestra.
«Se non ne puoi fare a meno» risponde Ariel, roteando gli occhi.
«Sì, insomma, voi siete migliori amiche, mi sembra più che logico che dormiate insieme»
«Certo» le dico, dandole le spalle e aprendo la valigia. «Già che ci sei, scegliti anche la parte che preferisci dell'armadio, così evitiamo inutili discussioni»
«Quella fa lo stesso, sono tutte uguali. Vado a fare un giro» dice Paige, uscendo dalla stanza.
«Come faccio a trattenermi nel darle un pugno?» sbotta Ariel, passandosi una mano tra i capelli.
«Ci farai l'abitudine» rispondo con estrema calma, «ma comunque, che ne dici se andiamo anche noi a farci un giro? Non penso sia vietato»
«Sì, però aspetta, guarda qui! Nell'armadio ci sono tre divise scolastiche per noi. Secondo te quando le dobbiamo indossare?»
Faccio spallucce. «Andiamo a chiedere» infilo il cellulare nella tasca dei jeans e ci incamminiamo in corridoio, chiudendo la porta a chiave.
Arrivate nell'atrio, andiamo dalla donna della segreteria, che parla con dei ragazzi, probabilmente più grandi. Non hanno la divisa.
«Ragazzi, lo sapete. Non si può uscire nel cortile prima delle tre di ogni pomeriggio» spiega pazientemente la signora ai quattro studenti.
«Dobbiamo allenarci a tennis, domani abbiamo la partita e ci servono delle ore in più di prova. Che potrà mai succedere di così grave?» protesta un ragazzo alto e coi capelli castani.
«Fondamentalmente nulla»
«E allora!» esclamano contemporaneamente.
«Ragazzi, andiamo» sbotta uno dei quattro.
«Ma non potete..!» cerca di fermarli la segretaria. «D'accordo, un bel zero in condotta per cominciare l'anno in modo perfetto! Li so i vostri nomi»
I ragazzi, pur avendo sentito, corrono fuori con le loro racchette e la pallina.
Prima che io o Ariel possiamo dire qualcosa alla signora dietro il banco, il ragazzo castano torna indietro.
«Ho incontrato l'allenatore fuori. Ha detto che possiamo restare» dice col fiatone.
La donna arriccia il naso, incrociando le braccia.
«Se non ci crede, glielo mando qui»
«Non fa niente. Al vostro allenatore ci penserò più tardi, signor Mason»
«Mi chiami Ethan» risponde il ragazzo, che poi si gira e si accorge della nostra presenza.
Oh porca vacca. Poteva anche non girarsi. I suoi occhi mi fanno girare la testa e il suo sorriso mi fa venir voglia di scappare perché uno sguardo del genere non lo so reggere.
«Scusate se vi ho fatto aspettare più del dovuto» ci dice.
«Nessun problema, io sono Ariel» la mia migliore amica, per niente intimorita, gli porge la mano, e lui la stringe.
«Come la sirenetta» ride, presentandosi. «E tu?»
«Lea» rispondo, nervosa, congiungendo la mia mano alla sua, molto più grande della mia.
«Cioè, in realtà mi chiamo Leanna, ma..»
«Ti chiamerò Lea, ho capito» sorride di nuovo Ethan, rischiando di farmi fare un triplo infarto.
Solo dopo mi accorgo di star stringendo ancora la sua mano, così la mollo immediatamente, sorridendo in modo forzato. Lui, senza dire altro, corre fuori dove i suoi amici lo stanno chiamando.
«Ragazze, volevate dirmi qualcosa?» ci domanda posizionando gli occhiali sul naso, la segretaria.
«No, niente» rispondo secca, iniziando ad allontanarmi e salendo le scale che portano alle stanze. Sento Ariel che mi segue correndo e nota che mi sto facendo aria con la mano.
«Ethan è così..» inizia, capendo subito il mio momentaneo disagio.
Annuisco, senza aprire bocca, continuando a salire con lo sguardo fisso davanti a me.
«Penso che la cosa delle divise resterà oscura per noi due» ridacchia Ariel.
«Lo penso anche io» mi aggiungo alla sua risata, ripensando ad Ethan e a quanto io sia stupida a innamorarmi il primo giorno e fare anche una figura non propriamente ideale.
E con oggi, mi rendo conto che le cose arrivano davvero quando meno te le aspetti.





ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti, questa è la prima storia che pubblico su Efp e sono un tantino emozionata.
Ho paura che questo inizio sia troppo lungo o che contenga troppi errori, in ogni caso fatemi sapere :)
Sotto vi lascio le immagini dei personaggi principali che si sono visti in questo capitolo.
Credo di aggiornare una volta al mese perché ho molti impegni con la scuola, alla prossima!
Christabel Fitz




Lea        http://i1194.photobucket.com/albums/aa366/mighty2save/emma%20stone%20gifs/tumblr_lw0n2qKzuv1r23tzz.gif


Ariel      http://33.media.tumblr.com/tumblr_m2flo2Tyjq1r81lryo1_500.gif



Max      https://45.media.tumblr.com/e400c2d06705e4e01f40c0574bffbf05/tumblr_n7pnmi0oP81tq0ig1o1_250.gif



Ethan    http://38.media.tumblr.com/tumblr_m7xmufsK8V1rt3fn2.gif


Paige    http://38.media.tumblr.com/tumblr_m39tb5Ej8N1rurpq2o1_500.gif
   
 
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