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Autore: usa_chan09    30/01/2016    0 recensioni
Dal testo: Un padre è costretto a raccontare tutte le sere una storia alla figlia per farla addormentare e per cercare di lenire così il dolore della bambina (ma anche proprio) per la perdita della madre; alla fine però sarà proprio la piccola che aiuterà “papà riccio” ad elaborare il lutto e a ritrovare la serenità.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*******DISCLAIMER*******

La storia non è stata scritta da me, ma da una mia carissima amica, Chiara Ceriello, in occasione del concorso bandito a livello regionale (Toscana per l'esattezza) “Boccaccio Giovani”nell'anno scolastico 2013/2014. La storia originale si ispira al personaggio di Fiammetta, la donna amata dal Boccaccio, allo stile boccacciano e al realismo tipico del Decameron. Dato che l'autrice non ha un account su questo sito, le ho chiesto di presentare la sua storia tramite il mio profilo per poterla diffondere a più gente possibile visto che, personalmente, l'ho apprezzata molto. Sappiate che ogni recensione e/o commento verranno letti dalla creatrice della storia per questo non risparmiatevi e buona lettura ^_^

 

-Usa_chan09

 

 

PAPÀ RICCIO.

 

Un padre è costretto a raccontare tutte le sere una storia alla figlia per farla addormentare e per cercare di lenire così il dolore della bambina (ma anche proprio) per la perdita della madre; alla fine però sarà proprio la piccola che aiuterà “papà riccio” ad elaborare il lutto e a ritrovare la serenità.

 

Gli uomini muoiono, si sa. Eppure ancora non si riesce a farci l'abitudine; non riusciamo ad abituarci all'idea dell'inesorabilità e dell'imprevedibilità della morte, a come essa ci colga di sorpresa, sempre distratti, sempre affannati, sempre di corsa, mai pronti.

Era il 9 Gennaio, di un inverno freddo e senza fiocchi, spoglio persino di quell'unica piccola felicità che fa tenere i nasi incollati ai vetri e fa venire voglia di inverno, anche quando d'inverno ce n'è già tanto dentro. Era un giorno grigio ed inglorioso quello in cui mia moglie è morta, un giorno come lei, dal carattere duro, insensibile alle suppliche, un guscio di ghiaccio contro il dolore, che avvolgeva già l'intero paese.

Eppure mia figlia continua a ricordare quel posto come il più bello del mondo. Un paesino tra le montagne che a primavera esplode di colori e profumi e ronzii d'api.

Lei non si ricorda di come tremava la terra.

  • Dai, raccontamela di nuovo...

È seduta lì sul tappetto, ansiosa ai miei piedi, e aspetta. Non è certamente una bambina paziente, ma come sa aspettare lei per una storia nessuno mai.

  • No, la conosci già questa storia. Vai a letto.

  • Ma papà, ti prego...

  • Te l'ho raccontata un sacco di volte.

  • Io non riesco a dormire...

Vinto mi siedo sul bordo del letto e inizio a riordinare le idee, mentre rimbocco le coperte del lettino. Devo raccontare una storia a mia figlia. E dev'essere felice, altrimenti non dorme più; lei vuole solo storie a lieto fine prima di addormentarsi. Anche se oggi è il 9 Gennaio. Una storia felice e poi sarò libero.

  • Ahi, papà! Mi fai male così!- mugugna mentre le sistemo i capelli. Ruvidamente.

  • Su, sta' zitta, la vuoi sentire o no la storia?

  • Certo, certo...

Eccola, mia figlia, che da piccola tanto somigliava a mia moglie. Ora non più così tanto, ma se si guarda bene la forma degli occhi e la si coglie in certe particolari espressioni che fa quando è concentrata, eccola, sua madre.

  • Allora come iniziava? Era una bella giornata di sole, i fiori colorati sbocciavano e il cinguettio degli uccellini già...

  • No, papà! No, hai sbagliato. Adesso è inverno. All'inizio c'è l'inverno.

  • Ah, già. Hai ragione... dunque era inverno, un inverno di quelli freddissimi e...

  • E la neve c'era papà? È bella la neve...

  • No, niente neve. Non c'era niente di bello in quell'inverno. Solo inverno. Nient'altro.

  • Anche “solo inverno” è bello papà. Non hai mai visto come diventa tutto rosa il cielo al tramonto?

  • Sì. Insomma, chi è che deve raccontare? Dunque era inverno, e la nostra piccola famigliola di paperelle se ne stava al calduccio nella sua bella tana in fondo al bosco...

Scoppia in una risata calda e squillante, la risata di sua madre. La vedo, è lei che mi guarda e sembra dirmi, con una mano che si copre leggermente la bocca, che so benissimo anche io che le papere non hanno la tana, e non vivono in fondo al bosco, dove si sentono spaesate, completamente perse, abbandonate a se stesse e inermi...

  • Era per farti capire: una normale famigliola di animaletti che non aveva fatto male a nessuno e che viveva tranquilla fino a che...

  • Ci mettiamo i ricci papà? I ricci mi piacciono tanto perché somigliano un po' a te...

Prendo la sua manina che mi sta accarezzando delicatamente la barba incolta. È da qualche giorno ormai che non la taglio.

Continuo.

  • Va bene, va bene i ricci. Dunque una normale famiglia di piccoli ricci, un papà, una mamma ed il loro cucciolo. Un giorno però, a causa delle forti tempeste che avevano sconvolto tutto il bosco, mamma e papà riccio devono uscire dalla tana per andare in cerca di cibo...

  • E dove vanno papà?

  • Devono andare a cercarlo lontano, perché lì nel loro bosco non se ne trova più abbastanza; anche se è pericoloso, devono andare molto lontano dalla tana e dal loro cucciolo, anche perché...

  • Anche perché ti sei scordato di dire, papà, che devono fare le scorte per aiutare tutti gli animali del bosco; mamma e papà non devono cercavano il cibo solo per il loro cucciolo. È importante papà, lo devi dire.

  • Sì, sì lo stavo per dire, non avrei potuto dimenticarlo...

Era di una generosità che non si dimentica, mia moglie. Fiera e dura, ma generosa. Voleva sempre fare qualcosa, aiutare in qualche modo.

Quel giorno fu davvero terribile per noi. Un tremendo boato che alle prime luci dell'alba sorprende il paese ancora sotto le coperte. All'inizio il silenzio di chi è in confusione, molti ancora non completamente svegli, i pensieri sono già rapidi, ma il corpo fa fatica a rispondere prontamente. Vorresti afferrare tutto, uscire, gridare, mettere in salvo tua figlia, tua moglie. Invece non hai neanche il tempo di spaventarti;pensa veloce, ti dici, agisci veloce, ma rimani rappreso, come una goccia raggelata su un vetro.

  • Papà la storia.

  • Ah sì giusto... Dunque una famiglia di ricci, una famiglia normale... no, no ecco... dunque partono per andare lontano, e anche se il cammino si prospetta lungo e difficile a causa delle peripezie che potrebbero dover affrontare, i due decidono che dev'essere affrontato...

Lei lo diceva sempre, non bisogna avere paura del futuro, ma affrontare il destino e cercare, per quanto in nostro potere di piegarlo a nostro favore, e anche se lei lo diceva solo per scherzo, solo per prendere un po' in giro il mio bisogno di sicurezze e di quotidianità, mi accorgo adesso che era lei ad avere ragione. Mia moglie era una donna intelligente, capace di superare qualsiasi ostacolo, di adattarsi a tutto e di andare avanti, non come me.

  • Dunque, arrivati ad un certo punto le cose si complicano. Mamma e papà riccio sono lì, lontani dal loro bosco, soli nella tormenta. E ad un tratto mamma riccio cade. Cade in mezzo alla neve, non riesce più a muoversi; un albero enorme, scosso dal vento, scricchiola già sotto il peso della neve e le precipita proprio addosso...

Fu un momento, nella città vicina, che avevamo raggiunto a piedi con altri del nostro paese in cerca di soccorsi per i feriti che da noi erano già numerosi e di quanto altro era necessario, in mezzo ad una folla urlante e scomposta, a una fiumana che invadeva la strada. La gente non pensava più, attanagliata dal terrore; terrore fin nelle ossa, quello che non fa riconoscere un viso caro e fa fare a pugni con tutti pur di uscire, scappare, salvarsi. Quel terrore che adesso mi impedisce di stare da solo al buio, che mi fa mancare l'aria in spazi troppo chiusi, che vive lì, accovacciato alla bocca del mio stomaco e certe notti si infiltra anche nei miei sogni. Per me il terrore è stare senza di lei.

Sommersa da polvere e macerie di un edificio caduto, divorata in frastuono indistinto di cocci e detriti, indifesa, mentre io impotente la guardavo sparire; non riuscì neanche ad avvicinarmi.

  • Mamma riccio non tornerà più, papà.

    Nei suoi occhi una consapevolezza adulta, una fermezza che non è rassegnazione, ma la forza amara di chi ha imparato subito l'impietosa arte del saper vivere in questo mondo. E' più forte di me, mia figlia.

  • Però, intanto nel bosco è arrivata la primavera.

    Tira fuori da sotto il cuscino una piccola margherita tutta appassita.

  • Vedi? Un po' d'acqua, un po' d'aria nuova...Ora è arrivata. Alla fine è primavera, papà.

  
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