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Autore: Xery_chan    30/01/2016    1 recensioni
Dal testo:
[...] Urlò, portando le mani alla bocca e sgranando gli occhi. Fu soltanto a causa del dolore che le sconvolgeva l'anima che non udì i fruscii alle sue spalle: percepì soltanto l'impatto del freddo metallo sulla nuca, poi la realtà si tuffò nelle tenebre dell'incoscienza. L'impatto con il terreno non fu doloroso, anzi: lo avvertì quasi come una carezza sulla pelle, mentre il rumore di pneumatici sulla ghiaia e un leggero scalpiccio la cullavano. [...]
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Maschere di Polvere

William Mainus picchiettava nervosamente le dita sul legno scuro della sua scrivania mentre rimirava i campi di girasoli che si estendevano a perdita d'occhio oltre la porta a vetri del suo studio. La tranquillità della campagna cozzava con il suo umore nero.
Sua moglie gli poggiò una mano sulla spalla, come per rincuorarlo: il loro miglior stallone, Apollo, si rifiutava di mangiare da giorni.
-Dovremmo chiamare un veterinario, Will- mormorò lei.
-Forse hai ragione, cara...-l'uomo appoggiò la testa allo schienale della sedia: -Te ne occupi tu? Vorrei andare a trovare il nostro campione-
Caterinne annuì. Suo marito si alzò con un sospiro, avviandosi poi verso la porta d'entrata, al piano di sotto.
E mentre usciva, il giaccone indossato solo per metà, udì la voce di Caterinne. Sorrise nel richiudersi la porta alle spalle.
Girò attorno alla bella villa di campagna in cui abitava, per poi sgusciare nella scuderia: si avvicinò ad Apollo accarezzandogli affettuosamente il muso.
-Dai bello, vedrai che riusciremo a farti tornare in forma- gli diede una pacca leggera sul collo, cercando di pensare positivamente: ma in realtà non ci credeva più nemmeno lui.
William si voltò per prendere la biada quando la vide: la sagoma scura di un uomo era celata dalle ombre, perciò non se ne distinguevano i tratti.
Non ci fu tempo di urlare, né di prendere coscienza di ciò che stava per accadere: lo sconosciuto sparò e Will cadde riverso a terra, senza un lamento e con l'ultimo respiro ancora intrappolato in gola.
Il rieccheggiare del colpo fu coperto dal latrato di Terry, il pastore tedesco della giovane coppia: fiutava il sangue e l'odore della pazzia, perciò non si avvicinò alla stalla. Corse invece verso l'ingresso della grande villa di campagna dei padroni e abbaiò, uggiolò, graffiò la porta fino a quando Caterinne non uscì, allarmata da tutto quel baccano.
-Cosa c'è Terry?- cercò di calmare l'animale, ma quello corse attraverso il cortile per poi bloccarsi davanti all'entrata della scuderia.
Perplessa, forse persino sconcertata, Caterinne seguì il cane. Varcò la soglia e lo vide: il corpo del marito era steso a terra e circondato da un fiore di sangue.
Urlò, portando le mani alla bocca e sgranando gli occhi. Fu soltanto a causa del dolore che le sconvolgeva l'anima che non udì i fruscii alle sue spalle: percepì soltanto l'impatto del freddo metallo sulla nuca, poi la realtà si tuffò nelle tenebre dell'incoscienza. L'impatto con il terreno non fu doloroso, anzi: lo avvertì quasi come una carezza sulla pelle, mentre il rumore di pneumatici sulla ghiaia e un leggero scalpiccio la cullavano.

Le luci blu della sirena dell'ambulanza facevano risplendere l'asfalto bagnato dalla pioggia quando una terza macchina della polizia giunse sul posto. La portiera si aprì e scese dalla macchina l'ispettore Marcus Jefferson, il sigaro tra le labbra e un modello esclusivo di occhiali da sole poggiati sul naso. Non dimostrava più di trentacinque anni: il fisico asciutto, la pettinatura sbarazzina e i modi di fare da menefreghista lo rendevano un compagno di indagini poco ambito. Ma in fondo c'è sempre l'eccezione che conferma la regola: Jaime False, giovanissimo tirocinante, adorava Jefferson.
Un poliziotto grassoccio si avvicinò al commissario:-Signore, abbiamo appena finito di interrogare Simus Cardif, il veterinario della zona. Per me è il principale sospettato: anche se ci ha chiamati lui, quando siamo arrivati era coperto di sangue.-
Marcus si tolse il sigaro dalla bocca sbuffando del fumo grigio sul viso del suo sottoposto, mentre con lo sguardo scavalcava la sua spalla per poter osservare l'uomo tremante seduto a terra:-Mi hanno detto che è stato ucciso un uomo e ferita la moglie... qual è l'arma del delitto?-
-Un fucile. Un modello piuttosto costoso utilizzato soprattutto per la caccia al cinghiale... la vittima, William Mainus, è stata freddata con una pallottola che gli ha trapassato il cranio da parte a parte- l'agente tentò in tutti in modi di attirare nuovamente l'attenzione dell'ispettore su di sé, ma lui si stava già allontanando.
Si piazzò di fronte al sospettato, socchiudendo leggermente gli occhi, come a soppesarlo:-Può ripetere anche a me quello che è successo?-
L'uomo alzò lo sguardo stralunato:-Quando sono arrivato era già morto... mi aveva chiamato per visitare uno dei loro cavalli che sembrava stare  male....non lo avrei mai ucciso...ci conoscevamo da tanto...- la voce fu soffocata da singhiozzi isterici. Gli afferrò la manica del giubbotto guardandolo con gli occhi sgranati:-Durante l'ultimo mese ha litigato spesso con Bastian, il proprietario della fattoria più vicina, che dista circa mezzo chilometro da qui...-.
-Ispettore...- Jaime gli si affiancò timidamente -pensa possa essere stato Cardif a commettere l'omicidio?-
-Qual è la prima cosa che ti ho insegnato?-
Alla risposta di Jefferson Jaime arrossì, mentre la sua voce si trasmutava in sussurro:-Indagare, ipotizzare, verificare. Ogni cosa a suo tempo. Ogni pezzo del puzzle ha senso solo accostato ad altri-.
-Ottimo, ti sei risposto da solo- piazzò il suo sigaro nelle mani del primo poliziotto che gli capitò a tiro, per poi entrare nella stalla.
Il medico legale era già chinato sul corpo della vittima, intento a misurare la temperatura del fegato.
-Hai qualcosa per me, Getrod?-
-E' morto più o meno tre quarti d'ora fa: il proiettile gli ha distrutto il cervello - Getrod si alzò a fatica avviandosi all'uscita: -Saprò dirti di più dopo l'autopsia-
L'ispettore spostò lo sguardo sul tirocinante: sembrava perso nel vuoto, eppure in qualche modo si poteva intuire che stesse fissando la vittima. Gli diede una pacca sulla schiena: -Se la visione urta il tuo sensibile animo, non fissarlo, Filse-
-Falsile, signore. Di cognome faccio Falsile.-
A quell'affermazione Marcus sbuffò divertito:-Muoviti ora. Dobbiamo interrogare il vicino-.

La fattoria di Bastian era un edificio molto rustico, tutto in pietra. In netto contrasto con l'abitazione della vittima.
Voglio che sia tu a condurre l'interrogatorio- l'ispettore Jefferson scese dall'auto senza attendere risposta. Si udirono borbottii piagnucolosi subito sedati da un'occhiata ben piazzata: -Sono tre settimane che mi stai appiccicato, è ora che  cominci a cavartela da solo-.
Tanto bastò a chiudere definitivamente il discorso.
Suonarono il campanello, Marcus con fare impettito, mentre Jaime piuttosto disorientato. Ad aprire la porta fu una donna sulla quarantina.
-Ispettore Marcus Jefferson- mostrò il tesserino -abbiamo qualche domanda da rivolgere a suo marito-.
-Che cosa ha fatto? Non vorrete arrestarlo?!- la voce le uscì stridula dalle labbra.
-William Mains è morto e abbiamo saputo che aveva litigato con suo marito-
La donna stava per ribattere quando una figura maschile si affiancò alla sua:-Che volete da mia moglie?-
Con un'occhiata piuttosto eloquente, Marcus intimò a Jaime di farsi avanti. Con modi davvero poco professionali, il ragazzo balbettò un brevissimo resoconto sulla vittima.
-Mi state accusando di omicidio senza alcuna prova?-
-N-No, non intendevo questo... volevo dire che i vostri litigi possono essere un ottimo movente- si affrettò ad aggiungere il tirocinante.
Jefferson sbuffò esasperato:-Può dirmi per quale motivo lei e Mains avete avuto delle divergenze?-
A quelle parole Bastian spostò lo sguardo intriso d'odio da Jaime all'ispettore:-Per svariate settimane consecutive le mie galline sono scomparse, lasciandomi come ricordo solo piume e macchie di sangue. Una mattina ne ho trovata una morta, con il collo spezzato dal morso di un canide... ho incolpato il cane di William, abbiamo litigato fino a che un cacciatore non ha scoperto una tana di volpi nel boschetto qui vicino. Ci siamo riappacificati subito-.
-E' sufficiente. Grazie della collaborazione- Marcus fece un sorriso radioso.

-Vuoi spiegarmi che cosa ti è preso poco fa? Mi hai fatto fare una figuraccia.- Jefferson urlava nell'abitacolo dell'auto, mentre si esibiva in una serie infinita di infrazioni del codice della strada: non rispettava i limiti di velocità, passava col rosso, non rispettava le precedenze e le frecce sembravano essere state dimenticate.
Jaime non osava aprir bocca. Teneva lo sguardo fisso sulla strada.
-Mi odia, ispettore?-
La macchina si arrestò bruscamente generando una sinfonia di rumorose frenate, imprecazioni e clacson.
-Ti è dato di volta il cervello, ragazzo?- nonostante continuasse ad urlare, la voce del commissario aveva cambiato intonazione: - Fastidio e odio sono separati da un'immensa voragine-.
Il ragazzo sorrise mestamente appoggiando la testa al sedile. E chiuse gli occhi.

Alle 6.30 della mattina seguente ispettore e tirocinante erano fianco a fianco sulla scena del delitto, gli umori ancora turbati dalla chiacchierata della sera prima.
-Mi avete fatto chiamare alle 5 per dirmi che cosa? Che avete trovato una dannata lettera nella pattumiera?- Jefferson dava chiari segni di ira trattenuta a stento: muoveva le dita delle mani insistentemente e la palpebra destra vibrava vistosamente.
-Non si tratta di una normale lettera... sembra che la donna, Caterinne, fosse l'ossessione di un probabile stalker.- una poliziotta dal portamento rigido porse all'ispettore un foglio di carta rosata riposto all'interno di una busta trasparente; lui la lesse rapidamente, soffermandosi soltanto sulle parole che erano state ripassate in penna più volte: mia, saremo per sempre, mi hai lasciato per lui, mia perfetta. Come firma troneggiava uno strano intrico di linee, forse due lettere dell'alfabeto cirillico.
Si era trovato più volte davanti lettere del genere e aveva imparato che era inutile leggerle per intero perché tutte ripetevano lo stesso identico concetto.
-Ci troviamo a dover indagare su un omicidio di origine passionale... in fondo non mi stupisce poi tanto la presenza di questo ''ammiratore segreto'': la signora Mains è davvero molto bella...- borbottò Marcus più a se stesso che ai colleghi.
-Già, ha dei capelli biondi stupendi...- mormorò Jamie spostando gli occhi al cielo socchiudendoli leggermente.
Jefferson stava per ricordargli che la signora Caterinne aveva una magnifica chioma castano scuro - infatti la sera prima erano andati all'ospedale per verificare le sue condizioni -, ma fu distolto dall'arrivo della macchina di Getrod scortata da una pattuglia.
-Sono arrivati, finalmente- Jaime sorrise, per poi voltarsi verso Marcus: -ieri sera ho combinato un disastro... quindi ho chiesto al medico legale di venire qui per aggiornarti sulle ultime novità-
Mentre il tirocinante si avvicinava a un poliziotto dal fisico nervoso e scattante, Marcus sorrise lievemente.
-Ho da riferirti ciò che è emerso dall'autopsia: William è morto alle 14.30 del pomeriggio... e secondo i tabulati telefonici la chiamata al veterinario è stata fatta alle 14.20 . In media dal suo ambulatorio a qui occorre una mezz'ora abbondante. Quindi posso affermare che non è stato lui a commettere l'omicidio-
-Di conseguenza non abbiamo nessun sospettato -Marcus emise un sospiro soffocato: -Visto che hai deciso di rubare il lavoro a tutta la squadra, posso chiederti di fare un'indagine sul passato della vittima e di sua moglie?  In particolare, considerata la giovane età della coppia, sono interessato all'annuario del loro college. E porta questo alla scientifica: voglio sapere chi ha messo le mani su questa lettera e chiedi di decifrare il simbolo che funge da firma, penso sia cirillico.-
I due si allontanarono ridacchiando in direzioni opposte.
-Commissario...- Jaime e gli si avvicinò nuovamente:-qualche novità?-
Jefferson accese distrattamente un sigaro:-Il veterinario è stato scagionato-
Il ragazzo annuì poi arrossì di colpo:-Senta... ieri si è aperta la stagione di caccia al cinghiale e io...-
-Ragazzino vai al sodo, non abbiamo tutta la giornata- lo rimbrottò l'altro soffiandoli sul viso una nuvoletta di fumo grigio.
Jaime tossicchiò contrariato e allo stesso tempo imbarazzato:-Ho ricevuto il porto d'armi per il fucile, quindi vorrei accompagnare a caccia mio zio questo fine settimana-.
Il commissario soppesò il suo compagno di indagini con fare critico, poi si limitò a fare un gesto di noncuranza con la mano.
Jaime gli sorrise grato:-Grazie mille signore-.
-Vedi di non farmi cambiare idea...- borbottò l'uomo gettando a terra il sigaro fumato solo a metà:-Ora sali in macchina, ragazzino. Andiamo a fare colazione e poi tu fili a casa: hai il pomeriggio libero-.

-Avete qualcosa per me?- Marcus rientrò in commissariato sbattendo la porta. Tutti sobbalzarono, alzando lo sguardo sul loro capo e scuotendo all'unisono la testa.
-Nulla signore, ma ci stiamo lavorando- gemette Zoe, la poliziotta che aveva trovato la lettera a casa dei Mains.
-Vedete di sbrigarvi allora. Pretendo dei risultati: non intendo lavorare anche domenica- la fulminò il commissario.
Lei annui irrigidendosi di colpo e tornò a scrivere sulla tastiera del suo computer il più rapidamente possibile.
Due poliziotti di ritorno dalla loro pausa caffè sgattaiolarono alle loro postazioni, non senza essere inceneriti da un'occhiataccia del loro superiore. Mormorarono delle scuse stentate, mentre lui sfilava loro accanto emanando un'intensa energia negativa.
-Marcus!- Getrod gli si affiancò:-Tanya ha qualcosa per te-.
L'espressione dell'uomo era cupa e Jefferson capì: il caso aveva avuto una svolta, di certo non grazie agli incapaci che lo circondavano. Nella sua squadra gli unici elementi validi erano Getrod e Tanya.
Così fece irruzione nel laboratorio dove lavorava la ragazza: microscopi, spettrometri, fiale, boccette e schermi ad alta definizione occupavano ogni centimetro quadrato disponibile.
-Marc- il saluto freddo della giovane lo stupì: era sempre allegra e solare.
Lei si voltò, facendo svolazzare i capelli scappati dalla treccia a lisca di pesce che li avrebbe dovuti trattenere:-Ho rilevato delle impronte digitali sulla lettera ritrovata a casa dei Mains e ho tradotto il simbolo che fungeva a firma.
-Ottimo lavoro: quindi possiamo dire di avere un sospettato?- chiese retoricamente Jefferson: non capiva quale fosse la brutta notizia, eppure il volto di Tanya si scurì ulteriormente.
-Ho controllato anche gli annali del college che hanno frequentato la vittima e sua moglie: erano nella stessa classe. E le impronte digitali corrispondono a quelle di uno dei loro compagni.- la ragazza impugnò un telecomando e quando premette un tasto  l'unico schermo non ancora acceso si illuminò, mostrando la foto di un ragazzo.
Jefferson serrò le palpebre, come se questo servisse a cancellare l'immagine dei due occhi azzurri che lo fissavano dallo schermo.

Suonò il campanello dell'abitazione dopo un brevissimo indugio: il rumore di un trillo ovattato accompagnato da quello di passi concitati giunse alle orecchie di Marcus.
La porta si spalancò e Jaime apparve sulla soglia, tranquillo e sorridente:-Sono felice che abbia accettato il mio invito, commissario-.
Jefferson ricambiò il sorriso:-E' un piacere, in più devo comunicarti qualche novità...-.
Il ragazzo si fece da parte, permettendo così a Jefferson di entrare: l'ambiente era luminoso e molto ordinato, particolare assai strano vista la sbadataggine del proprietario. Il commissario sorrise al pensiero che, probabilmente, se avesse aperto un armadio, sarebbe stato travolto da mille cianfrusaglie.
-Si sieda, signore- Jaime gli indicò una poltrona:-vuole un cioccolatino?-
Senza attendere risposta cominciò a frugare in una credenza, tirando fuori così tanti dolcetti che avrebbe fatto invidia a un negozio di caramelle.
-Il caso ha avuto una svolta-
Jaime si avvicinò ad un altro mobiletto aprendolo: ignorò volutamente ciò che gli venne detto e a Marcus sembrò di intravedere un lieve fremito.
-Jaime...- lo ammonì.
In tutta risposta l'altro si bloccò, lasciando ricadere mollemente le braccia lungo i fianchi. Reclinò la testa all'indietro con un singulto.
-Guardami, Jaime-
Si girò, gli occhi azzurri vacui.
-Guardami negli occhi-
E così fece: lo sguardo del ragazzo esprimeva tutta la sua gratitudine. La più pura, sincera e disarmante gratitudine. Stava per togliere dall'anima di quel ragazzo parte della sua colpa. Non gli sarebbe stato concesso di assolvere il suo peccato, ma gli avrebbe inflitto la pena che avrebbe alleggerito la sua anima.
-Ora mi odia, non è vero? Ora che sa tutto?- il ragazzo sorrise tristemente:-E io invece non potrò che ringraziarla: lei mi farà pagare per l'errore commesso.-
Ed eccola: la conferma ai pensieri di Jefferson. Lui annui:-Perché hai ucciso William Mains?-
-Caterinne... la amo da anni, ma per lei esisteva solo lui...- Jaime tremò mentre le lacrime cominciarono a solcargli il viso:-le lettere...erano frutto di piccoli momenti di follia. Volevo lasciarla in pace, desideravo convincermi che, se lei era felice, non avrei dovuto interferire, perché amare è anche lasciare andare... – sgranò gli occhi, prendendosi le tempie e emettendo un verso simile a quello di un animale ferito:-è poi è bastato un attimo di pazzia: ho preso il fucile e... no, non ricordo... sembrava un sogno... tutto... il sangue, William a terra e poi Caterinne...-
Un attimo prima che il ragazzo si accasciasse a terra, Marcus lo sorresse: piangeva a dirotto strillando frasi sconnesse.
Il commissario strinse le palpebre continuando a tener stretto a sé Jaime, finché non si fu calmato.  Nonostante continuasse a tremare, non urlava più.
-Ma perché hai colpito lei?- sussurrò allora.
Jaime scosse piano la testa, mentre le lacrime facevano nuovamente capolino dai suoi occhi:-Forse avrei voluto portarla via con me...non ricordo- si lasciò cadere a terra e si portò le ginocchia al petto, poi guardò negli occhi il commissario -soffro di una lievissima forma di schizofrenia, ma questo lo avrà capito dalla scenata di prima...ricordo che non avevo preso la pastiglia quel giorno.-
Marcus annuì, dando lievi pacche sulla schiena all'altro: non era mai stato bravo a consolare, ma  il ragazzo sembrava aver bisogno di qualcuno a cui confessare ogni cosa.
-Il fucile lo troverò nella stanza accanto, vero?-
Jaime assentì debolmente:-Commissario... sono in arresto, n-evvero?-
Jefferson lo guardò con pietà, ma annuì:-Sì, Jaime, sei in arresto.-

  
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