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Autore: Freuda Weasley    31/01/2016    1 recensioni
Ciao! Questa è una raccolta di song-fic, in cui i cantanti saranno i personaggi della fanfiction 'Le avventure di Io'. Ogni nuovo capitolo, nuovi personaggi racconteranno la loro storia! Scoprite i loro segreti, le loro paure, i desideri più profondi del loro animo seguendo le note di canzoni travolgenti!
Genere: Avventura, Fantasy, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Angolo autrice              
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction, una raccolta di song-fic. In questo primo capitolo i protagonisti sono BlackDust e Io, una ragazza e il suo cavallo, che vi racconteranno la loro storia sulle note di una canzone meravigliosa, 'A te' di Jovanotti! Buona lettura, spero vi piaccia! Lasciate un messaggio!
Freuda Weasley  
               

                           
                                   BlackDust & Io


BD ‘A te che sei l’unica al mondo, l’unica ragione per arrivare fino in fondo ad ogni mio respiro.
Quando ti guardo dopo un giorno pieno di parole, senza che tu mi dica niente, tutto si fa chiaro’.

BlackDust riesce a capirla con uno sguardo e per lei è pronto a tutto. Per esempio una volta stavano scappando da alcuni banditi, BD galoppava senza voltarsi indietro e non si fermò fino a quando non arrivarono a casa. Io poteva sentire il suo respiro farsi sempre più pesante per lo sforzo, ma lui non si fermò mai, finché lei non fu al sicuro.

Io ‘A te che mi hai trovata all’angolo coi pugni chiusi, con le mie spalle contro il muro, pronta a difendermi’.
BD ’Con gli occhi bassi stavo in fila con i disillusi’.
Io ‘Tu mi ha raccolta come un gatto e mi hai portata con te’.

Il loro primo incontro.
Io guardava il fuoco ardere nel grande caminetto, l’unica fonte nella stanza; aveva solo cinque anni fisicamente, ma viveva da molti di più. Sua sorella era giù a parlare con quell’uomo strano: era venuto da molto lontano, diceva di cercare qualcosa e si era portato anche alcuni amici. Non le piaceva quell’uomo. Era tozzo, muscoloso, con la barba ispida. Le cameriere avevano consigliato Brotma, sua sorella maggiore, di ospitarlo: sarebbe stato cortese non farlo e lei aveva accettato, ma nemmeno a lei stava molto simpatico. Avevano litigato solo qualche ora fa per questo motivo. L’uomo era davvero antipatico, come anche i suoi amichetti! Io sapeva che sua sorella non lo voleva lì, ma lei si ostinava a seguire l’etichetta, contro la sua volontà. Io non voleva farla arrabbiare, solo farle seguire il suo istinto, in quanto entrambe erano dalla stessa parte. Sperava solo non restasse troppo. Era davvero grande quel caminetto. Improvvisamente la porta si spalancò e lo spiraglio di luce che entrò illuminò il volto della persona che l’aveva aperta: sua sorella.
Chissà perché era entrata così di corsa? E perché ora sbatteva la porta e la chiudeva a chiave? Non le importava, doveva ignorarla. Doveva mostrarsi impassibile, era l’altra a dover chiedere scusa. Continuò a guardare il fuoco come se niente fosse successo.
‘Io, vieni qui!’ ruggì, come se fosse furiosa. Certo, era arrabbiata con lei, ma perché doveva continuare a trattarla in quel modo? Tuttavia si sentì pietrificare da quel tono e non osò opporre resistenza. Lentamente si alzò e si avvicinò.
‘Resta vicino a me’ ordinò.
‘Che succede?’ lei la zittì, lo sguardo spaventato e al contempo arrabbiato fisso sulla porta. Era irritata per la scarsa illuminazione, ma quello non era il momento di lamentarsi.
Dei colpi alla porta. Qualcuno cercava di buttarla giù. Adesso era tutto chiaro. Io aveva il vago presentimento che fosse quello strano uomo. Grata, si avvinghiò alla gamba della sorella, lei la tirò su e la abbracciò, incapace di fare un solo passo. E poi, un tonfo. Come di una padella su una superficie solida. Qualcuno di familiare le chiamò e Brotma aprì la porta. Una loro domestica brandiva una padella come una mazza ferrata e, a terra davanti a lei, giaceva privo di sensi il brutto uomo tozzo. La bimba scoppiò a ridere, ma Brotma la prese per mano e senza troppe cerimonie la trascinò dietro di sé al piano di sotto e in un corridoio poco illuminato che portava nella radura fuori dal castello. Se dovevano scappare, Brotma sarebbe dovuta andare alle stalle, ma quel percorso non portava lì, stavano semplicemente uscendo dal maniero. L’aria fredda della sera le investì come acqua gelata. L’erba era alta in quel punto e Brotma la tirava senza fermarsi. Inciampò in qualcosa, un bastone; lo raccolse imprecando e ricominciò a correre. Ma dove stavano correndo? Era tutto nero lì intorno, sopra di loro un velo nero trapunto di stelle.
‘Eccole là!’ urlò qualcuno in lontananza. Erano gli amici dell’uomo tozzo, non c’erano dubbi. Io non li aveva contati ma ad occhio erano almeno una decina. E loro solo due. Le venne da piangere. Le avrebbero raggiunte e loro non avevano niente per difendersi! Perché non aveva proposto di prendere qualcosa? Jaken la allenava ogni giorno, era diventata abbastanza brava, avrebbe potuto battere qualcuno di loro. Ma cosa diceva? Aveva qualcosa! Non un’arma d’acciaio, qualcosa di meglio. All’improvviso, Brotma si fermò. Forse ha portato un’arma con sé, forse ha un pugnale nascosto nei pantaloni, pensò Io. La sorella rimase immobile, guardando verso il castello. Ora che gli occhi si erano abituati al buio, si distinguevano delle sagome che correvano verso di loro. Brotma non si decideva a muoversi e non prese nessun pugnale dall’interno degli abiti. Aveva solo il bastone, stretto in una mano.
‘Corri, Io’ le disse, senza distogliere lo sguardo.
‘Cosa?’ non era vero, non poteva essere vero!
‘CORRI! VAI! Prima che sia troppo tardi, muoviti! Io li distraggo! La sua voce era ferma, non ammetteva repliche.
‘No, io non ti lascio! Posso proteggerti, con la mia aria!’
‘Sei troppo piccola, vai! Corri senza voltarti indietro!’
‘No!’
‘VATTENE!’ La spinse con tanta forza da farla cadere a terra. Io si alzò, ma la sorella la colpì forte con il bastone. Furiosa verso se stessa per il dolor e per quello che stava facendo, si rimise in piedi e corse più veloce che poteva. Senza guardarsi indietro, come le aveva detto la sorella, con le lacrime che scendevano senza sosta. La notte si riempì del rumore dei sui passi, il silenzio spezzato dal suo pianto.
Correva a perdifiato, ignorando la fatica. Si odiava per aver lasciato sua sorella da sola lì, ad affrontare quegli uomini. Volevano lei, lo sapeva. Lei, che era scappata e aveva lasciato sua sorella in pericolo. Come aveva potuto? Era una codarda, solo una codarda. A che serve commiserarsi? Chiese una vocina dentro di lei Ormai sei troppo lontana.
‘No’ disse ad alta voce.
‘Non è troppo tardi per tornare indietro!’ Si girò e riprese a correre, più velocemente di prima. Si sentiva inarrestabile, correva controvento, ma questo non poteva fermarla. Le sembrava di volare… poi sbatté contro qualcosa e cadde di schiena nell’erba.
Il terrore la invase. Si era imbattuta in uno di loro? Ma la sagoma era più grande, molto più grande… e le gambe era molto sottili, troppo snelle per appartenere a un uomo… il buio le rendeva impossibile capire chi avesse davanti. La sagoma nitrì e Io trasalì, quasi urlò per lo spavento.
Fece un respiro profondo e lentamente si alzò. Avanzò di un passo per sfiorare le zampe di quella gigantesca sagoma: erano snelle, ma muscolose. Accarezzò l’animale dal basso verso la spalla, ma non riuscì ad arrivarci. Era molto più alto di un cavallo normale. Lui non si mosse. Gli occhi di Io si erano orami abituati al buio, perciò la ragazza cominciava a vederlo. La schiena, il collo, la testa. I loro occhi si incontrarono. Era davvero molto alto, ma non la spaventò. C’era qualcosa nella creatura che la spingeva ad avvicinarsi, invece che scappare.
‘Aiutami’ sussurrò con un filo di voce, come se lui potesse sentirla. Si sentì una stupida. Era solo un cavallo, di certo non sapeva cosa stava succedendo, perché perdeva tempo? Che fine aveva fatto Brotma? Ormai potevano averla catturata, o peggio… e lei era lì, a parlare con un cavallo! Ma il cavallo doveva aver capito, perché piegò le zampe, fino a toccare terra e si abbassò accanto a lei. Io gli accarezzò la schiena e, senza pensare né farsi domande, si mise a cavalcioni su dorso, facendo passare una gamba dall’altra parte. L’enorme cavallo si rimise in piedi in un attimo. I suoi talloni non arrivavano abbastanza in fondo da poterlo guidare. Passò una mano sulla lunga criniera e ne afferrò un paio di ciocche per reggersi; tirò la sinistra per farlo voltare. Il castello era un pugno di lucine arancioni non troppo lontano da dove si trovavano.
‘Brotma’ sussurrò disperata. Colpì con i talloni più forte che poteva, sperando, pregando, che l’animale capisse le sue intenzioni. Lui partì subito al galoppo,procedendo tanto violentemente che la bambina sobbalzava a ogni falcata rischiando di perdere la presa, così strinse i crini ancora più forte e si cingendo la sua vita con la gambe. Stavano andando davvero veloce. L’aria fredda la investiva come se volesse farla volar via, ma il vento non era un suo nemico, era la sua essenza. Tirò indietro la testa e lasciò che l’aria le asciugasse le lacrime. E poi li sentì, dei colpi che le fecero aprire gli occhi. Non riusciva a vedere bene davanti a sé perché il collo del cavallo le oscurava la vista, ma intravide un gruppo di uomini combattere tra loro. Il cavallo nitrì e si impennò, ma lei non lasciò la presa, rise. Si sentiva più forte di prima. La scena era alla sua destra, adesso la vedeva chiaramente: suo fratello impugnava una spada e intorno a lui, un paio di uomini erano a terra, feriti, sua sorella impugnava ancora il bastone e anche lei si era data da fare con la sua semplice arma. Alcuni uomini erano ancora in piedi, tutti gli occhi erano per lei e il suo amico. Erano paralizzati dal suo arrivo. Alcuni avevano provato a scappare, ma non furono abbastanza veloci: la bambina tese la mano e una corda invisibile strinse le loro gambe e li trascinò indietro.
‘Provate ad alzare un dito su mio fratello e mia sorella un’altra volta… e non toccherete più nulla. Andate via e non tornate, se vi piace respirare!’Anche se io era solo una bambina, dall’alto di quel cavallo gigantesco sembrava alta come una montagna. Gli uomini non se lo fecero ripetere: tutti coloro che erano a terra si alzarono subito e corsero via, seguiti dai loro compari.
Non tornarono mai più.
 
 

BD ‘A te io canto una canzone perché non ho altro, niente di meglio da offrirti di tutto quello che ho.
Prendi il mio tempo e la magia che con un solo salto ci fa volare dentro all’aria come bollicine.
A te che sei, semplicemente sei sostanza dei giorni miei’.
Io ‘Sostanza dei giorni miei’.
 
BD ‘A te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande’.
Insieme ‘A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più’.

Le intere giornate passate a cavalcare, a scoprire posti nuovi; spingendosi sempre più lontano. Vissero milioni di avventure insieme. E le vivono ancora. Un incontro casuale la trasformò in una ragazzina amante delle lunghe cavalcate, il vento tra i capelli e le stelle sopra di loro. Ma era stato davvero un incontro casuale?
 

BD ‘A te che hai dato senso al tempo senza misurarlo, a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore.
A te che io ti ho vista piangere nella mia mano, fragile che potevo ucciderti stringendoti un po’, e poi ti ho vista con la forza di un aeroplano prendere in mano la tua vita e trascinarla in salvo’.

Si riferisce alla vita di Io nelle Terre di Eran. Gandalf la portò lì per insegnarle ad essere una regina e all’inizio non fu affatto facile vivere a Città Castello. Dovette farsi strada tra i pregiudizi dei suoi cittadini e lottare contro le rivolte dei regni confinanti, ma ne uscì più forte di prima, sempre sostenuta dai suoi amici.
 
 
Io ‘A te che mi hai insegnato i sogni e l’arte dell’avventura,
a te che credi nel coraggio e anche nella paura’.
BlackDust è molto coraggioso, ma spesso ha provato paura durante le loro avventure. E non sono proprio quelli i momenti in cui si è coraggiosi? Qualche volta i due amici si imbatterono in gruppi di soldati erranti, che vagavano per la Terra di Mezzo senza una meta. Una volta stavano passeggiando per il bosco, quando videro tre uomini seduti in circolo intorno a un fuoco ormai spento. Quando gli uomini li videro, li attaccarono: una ragazza e un cavallo erano un ottimo bottino. Io non mosse un dito: con la forza della mente, creò una barriera intorno a sé e BlackDust; gli uomini non potevano vederla, era invisibile, tanta fu la forza con cui sbatterono contro di essa, che vennero sbalzati all’indietro. Due di loro picchiarono la testa e la schiena contro dei tronchi, ma il terzo non appena toccò terra si rimise in piedi. I respiri del cavallo cominciarono a farsi più veloci, la ragazza lo accarezzò lentamente sul collo, lui si calmò e fece qualche passo indietro. Il soldato lo prese come un gesto di debolezza, sguainò la spada. Io dissolse la barriera che li proteggeva e senza bisogno di un segnale, BlackDust si lanciò con tutta la forza che aveva contro l’uomo. Solo allora egli si rese conto della grandezza dell’animale e rimase pietrificato, la lama che tremava nelle sue mani. Si lanciò a destra, a terra, per evitarlo. BlackDust si impennò, nitrì per mettergli paura e appoggiò di nuovo le zampe anteriori sull’erba, gli zoccoli a pochi centimetri dalla sua testa. Io smontò e si avvicinò all’uomo, accarezzando il manto nero del cavallo.
‘Che ne facciamo di lui, Jemie?’ chiese senza distogliere lo sguardo da terra. L’uomo pensò si riferisse al suo cavallo e questo lo spaventò ancora di più, ma poi vide qualcosa muoversi tra i rami sopra di lui e una ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi verdi atterrò proprio accanto all’altra.
‘Lascialo a me’ disse, anche lei lo stava fissava, con disprezzo, e con una strana luce negli occhi… divertimento forse?
La ragazza bruna che era scesa dal cavallo nero si allontanò e tutto divenne buio. L’ultima cosa che l’uomo vide furono solo un paio di occhi verde acceso.
 
 
 

Insieme ‘A te che sei la miglior cosa che mi sia successa’.
BD ‘A te che cambi tutti i giorni e resti sempre la stessa.
A te che sei, semplicemente sei sostanza dei giorni miei’.
Io ‘Sostanza dei sogni miei’.
BD ‘A te che sei, semplicemente sei sostanza dei giorni miei.
Io ‘Sostanza dei sogni miei’.
BD ‘A te che non ti piaci mai e sei una meraviglia, le forze della natura si concentrano in te, che sei una roccia, sei una pianta, sei un uragano’.
Io ‘Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano.’
BD ‘A te che sei l’unica amica che io posso avere, l’unico amore che vorrei se io non ti avessi con me’.
 

Insieme ‘A te che hai reso la mia vita bella da morire, che riesci a render la fatica un immenso piacere’. 
Dopo ore di galoppo i muscoli possono cominciar a far male,indolenziti, la stanchezza chiude gli occhi; sotto il sole, la sete arde come fuoco nella gola; se tira vento, il sudore gela la schiena. Ma nessuno di queste situazioni ha rappresentato un ostacolo per Io e BlackDust. Erano solo un’altra sfida che avrebbero affrontato insieme, spingendosi al limite, ridendo nel vento. 

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