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Autore: Ink Voice    31/01/2016    0 recensioni
Niente sarà più come prima. Forse è meglio così, pensa Eleonora, mentre si chiede esasperata quale sia il prossimo compito da portare a termine. È una domanda retorica che si pone solo per rispondersi subito dopo: “Salvare il mondo”. Una frase da supereroe, da film, che invece le tocca pronunciare per autoconvincersi che il momento è giunto e che lei, fino a qualche anno prima una ragazzina normale che non conosceva la realtà in cui è improvvisamente finita, è una delle più importanti pedine nel triste gioco della guerra.
Dalla parte di chi schierarsi e perché, quando ogni fazione ha numerosi difetti, che rendono l’una indistinguibile dall’altra? Troverà mai dei motivi che la spingeranno a non chiudersi in sé stessa e a non tirarsi indietro? Perché dover rischiare la propria vita per una causa che non si conosce davvero e per una verità svelata sempre poco per volta?
Queste domande l’accompagneranno mentre cercherà la forza per non arrendersi. È l’ultima parte di Not the same story.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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II
La storia di più vite

Mi ritrovai letteralmente avvinghiata a Sara, sull’orlo delle lacrime per la felicità di rivederla. Non avevo idea di come fosse possibile un miracolo del genere: l’alternativa era che avessi davvero le allucinazioni e che stessi abbracciando il nulla sotto la pioggia battente. Ma non potevo esserne più sicura, erano i miei sensi di Legata a dirmelo: Sara era lì, anche lei quasi commossa di avermi trovata, scossa per chissà quanti eventi avevano costellato le sue giornate di ricerca dei Legati di Kanto, da quando era partita dalla base segreta.
Non riuscimmo a dirci niente. Continuammo a stringerci con forza, entrambi incuranti dell’acqua che scendeva impetuosa dal cielo - e io, in più, non facevo caso al freddo penetrante che mi avrebbe sicuramente procurato, in seguito, un malanno indimenticabile. Mi sembrava di fremere per l’emozione di non essere sola, di avere una guida: Sara, per me, era un punto di riferimento stabile e sempre presente: mi avrebbe aiutata con Hans e di sicuro sarebbe venuta con me ad Amarantopoli, sostenendomi nella ricerca del Legame.
La sentii sussurrare per miracolo - la sua voce bassa e flebile dovette gareggiare con lo scrosciare della pioggia: «Ho-Oh ha detto ad Articuno che ti avrei trovata qui, e sono venuta subito.»
Solo in quel momento ci separammo. I miei occhi grigi, o rossi - chissà?, incontrarono i suoi, celesti. La sua espressione era triste e nostalgica come suo solito, ma sorrise dolcemente, sempre con quella sua aria malinconica. Sbuffai. «Gentile da parte sua filarsi più voi che la sua Legata.»
Sara scoppiò a ridere, non aspettandosi una risposta del genere in un momento come quello. «Be’, diciamo che io e Articuno abbiamo mezzi più affidabili. Tu sei sola, in pieno inverno, e non sai nemmeno dove ti trovi! Almeno io ho avuto un po’ di tempo per conoscere Kanto e capire come orientarmi.»
«Non sono sola, Sara» mormorai, guardandola intensamente. Lei spalancò gli occhi, capendo subito cosa volevo dire - ovvero che c’erano dei Legami di mezzo. «Vieni con me.»
La presi per mano e tornai indietro di pochi metri. Neanche il tempo di arrivare che Hans si affacciò al portone del condominio, agitando un pugno con aria minacciosa: capii che si era preoccupato per la mia fuga improvvisa, perché la sua faccia non era affatto intimidatoria come i suoi gesti - pure e soprattutto perché sembrava un po’ un ragazzino. Si calmò del tutto alla vista di Sara. Mi domandò, dopo averla studiata con attenzione, diventando più diffidente appena si accorse che la ragazza a malapena lo stava guardando: «E lei chi è?»
«Sara, Hans. Hans, Sara» dissi brevemente mentre entravamo e, con un Hans sempre più stupito, tornammo al suo appartamento. La mia amica sembrava un po’ agitata: evitava di guardarlo ma non sapevo dire perché.
«Lui è davvero…»
«Sì, lo è» la interruppi con decisione.
Hans aveva sentito benissimo e puntualmente si incuriosì. «Io sono davvero cosa?»
«Dobbiamo dirglielo, Eleonora.»
«Con calma» ribattei. «Vorrei anche darmi una sistemata, e pure tu non è che sia nelle tue condizioni migliori.»
Sara mi afferrò per le spalle e mi scrollò con talmente tanta foga che non sembrava nemmeno lei: non ero abituata a vederla così rossa in viso per la rabbia. Sembrava che rischiasse di perdere il controllo. Iniziò a strillarmi contro, continuando a scuotermi, mentre io non sapevo se la stessi fissando basita o, esattamente al contrario, se la guardassi con distacco e freddezza, come se quello che mi stava facendo non mi toccasse minimamente. «Che diavolo hai per la testa?! Da quando in qua possiamo permetterci di aspettare? Che razza di idea ti sei fatta della situazione per viverla con così tanto menefreghismo, Eleonora?!»
Prima che continuasse la allontanai, guardandola veramente, alla fine, in un modo distante e quasi indifferente. Sapevo benissimo che Ho-Oh stava avendo la sua parte in quella reazione così gelida, opposta alla rabba di Sara. «Datti una calmata e basta» le dissi. Lei si tormentava le labbra sottili e pallide, mordendosele con forza. «Non andremmo molto lontano in queste condizioni. Non parlo solo del fatto che c’è un acquazzone là fuori. Sai che me ne frega della pioggia» aggiunsi a bassa voce. Poi le chiesi, serissima: «Allora, che ti prende?»
Lei sbuffò amareggiata e si allontanò di qualche passo da me. Hans ci guardava con tanto d’occhi: non aveva la più pallida idea di cosa ci stessimo dicendo, doveva starci prendendo per pazze.
«Complimenti. Non ci hai messo niente a capirlo…» mormorò lei.
«Non ci voleva granché per vedere che qualcosa non va. Va be’, solo una spintarella, lo ammetto: chiedo venia» abbozzai un mezzo sorriso, sperando di alleggerire un po’ la pressione fortissima. Lei scosse leggermente la testa, senza curarsi del fatto che avessi guardato nei suoi pensieri senza che lei se ne fosse accorta. «Allora?»
Sara strinse i pugni, iniziando a tremare - per la frustrazione, la rabbia, la paura; sussurrò: «La mia missione è fallita ancor prima di cominciare.»
Persi la mia compostezza e spalancai le palpebre. Feci per parlare ma lei proseguì, evitando accuratamente di incrociare i miei occhi sconvolti: «Articuno mi ha detto che Zapdos e Moltres erano irrintracciabili praticamente appena ho messo piede a Kanto. Sarà una settimana che giro per la regione, sono passata da tutte le basi segrete dei nostri ma è stato tutto inutile. Non trovo i due Legati e Articuno non trova i suoi… fratelli.»
«Li hanno presi i Victory?»
«Quale altra possibilità potrebbe esserci?» ribatté subito, andandosi a sedere.
Hans provò, timidamente, ad intervenire: «Ragazze, io…»
«Lasciaci sole, Hans» lo interruppi, decisa a discutere con Sara sul da farsi senza sentirmi costantemente fissata da una persona che non stava capendo niente di quello che dicevamo.
«Eh? No!»
Cercai di insistere ma Sara mi precedette: «No, non importa. Diciamogli quello che deve sapere e muoviamoci il prima possibile. Non possiamo aspettare, Eleonora!» esclamò, vedendo che non ero per niente contenta di quella decisione. «Non abbiamo tempo da perdere.»
«Prima stavi per raccontarmi tutto» borbottò Hans.
«Prima non avevo altra scelta, ora sì» replicai. Poi sbuffai: «Come vuoi, Sara! Io volevo tanto che ci mettessimo comode prima di raccontare una storia così lunga, ma mi affido completamente a te.»
La verità era che avevo nuovi pensieri per la testa e Hans non era più tra le mie personalissime priorità. Sapere che una Legata era riuscita a trovarmi, che Ho-Oh si era potuto mettere in contatto con qualcuno, mi aveva riempita di nuove speranze ed era come se la mia mente si fosse ricollegata del tutto al mondo dei Legami: la voglia di trovare i miei alleati mi faceva fremere, e il primo a cui pensavo era ovviamente Daniel. E poi Ilenia, che era Legata a Lugia e che quindi mi era vicinissima. Il ritorno di Sara mi aveva completamente fatta abbandonare Hans e sapevo di avere un appoggio più valido di un ragazzo ignorante di tutto, incapace di usare, anche volendo, i suoi poteri. Era piuttosto crudele da parte mia ma non potevo nascondermi certi pensieri. Volevo andare ad Amarantopoli senza perder tempo a ripercorrere la mia lunga e difficile storia - mi sarebbe successo appena avessimo cominciato a spiegare a Hans la situazione di conflitto e di menzogna che avvolgeva il mondo umano.
“Che poi, chissà se Sara ha sentito, solo grazie all’attrazione che c’è tra Legati, che lui è come noi, o se si sta solo fidando di me?” mi chiesi. Mi affacciai un’altra volta alla finestra, come se, ingenuamente, sperassi che sotto la pioggia apparisse anche Daniel. Quando la mia attenzione tornò sul salotto della casa di Hans, lui aveva lo sguardo perso nel vuoto a forza di essere ancora in attesa e Sara, seduta sul divano a gambe incrociate, mi dava tutti i segni necessari per farmi capire che non aveva voglia di essere lei a cominciare a raccontare.
Mi impedii di borbottare, seccata. “Non sei l’unica che ha paura di rivivere momenti dolorosi, Sara…” «Allora, Hans caro!» dissi, battendo le mani una volta. Quel suono secco fece quasi sussultare il diretto interessato. «Spero tu sia pronto per sentire la verità. Non metterti a ridere per il nervosismo e non fare domande personali. O almeno, abbi la decenza di aspettare la fine del racconto prima di rompere le scatole.»
«Prima di arrivare in questa casa eri più simpatica» mormorò.
Sorrisi, affatto offesa. Poi mi rivolsi a Sara e decisi di passarle la patata bollente. «A te l’onore di iniziare, principessa delle nevi.»
Lei fece uno dei suoi sorrisini timidi e sospirò.



Finisco di raccontare a Hans le ultime cose successe con un disinteresse spettacolare: «Poi Sara se n’è andata a Kanto per la Missione Leggendaria, e come ha già detto non ha concluso niente. Io ho aspettato che mi facessero partire, ho rotto con il mio ragazzo e più o meno il giorno dopo i Comandanti dei Victory ci hanno sgamati nella base del Monte Corona. Daniel mi ha aiutata a scappare ma il gemello di Nike mi ha messo i bastoni fra le ruote e sono finita nel Bosco Smeraldo… fine. Il resto è successo con te.»
La storia è stata talmente lunga che nel frattempo mi si sono pure asciugati quasi del tutto i capelli. Inizialmente la faccia di Hans mi ha quasi fatta scoppiare a ridere, ma è rimasta la stessa per tutta la durata del racconto e alla fine sia io che Sara abbiamo fatto l’abitudine alla sua espressione. È incredulo, basito, sconvolto all’ennesima potenza. Non trovo parole veramente adatte a descrivere il suo stato. Alla fine l’unica domanda che riesce a fare mi fa venir voglia di sbattere la testa al muro: «Tu avevi un ragazzo?»
Lo mando rozzamente a quel paese cercando di incenerirlo con gli occhi e Sara si esibisce in una risatina assurda per la mia reazione. Hans ci tiene a ricomporsi: «No, cioè, scusa! È che… senti, non ci ho capito nulla.»
«Io non ripeto. Mi si è seccata la gola! Si è fatta mattina per raccontarti dei Pokémon, della vita di Sara e della mia.» Guardo l’orologio sulla parete. «Mpf! Ci sono volute più di due ore.»
«Mi… mi dispiace per qu-quello che vi… le cose che vi sono successe» balbetta imbarazzato, cambiando completamente discorso all’improvviso.
«Non è importante.» “Non più…”
«Però sentite, ci sono davvero delle cose che non ho capito. Non tutte, eh, anche se alcune cose sono complicate, tipo la faccenda delle barriere, il fatto che voi capite dove si trovano e che siete immuni ai loro effetti di confusione e di illusione, mentre noi comuni mortali no.»
Vorrei correggerlo e dirgli subito che non è un comune mortale, ma rimando il resto delle spiegazioni a un altro momento. Sara non sembra per niente in vena di parlare e quindi sono io a chiedere a Hans: «Cosa non hai capito, a parte la storia delle barriere? Se può consolarti, non la capisce benissimo nessuno che non sia un tecnico.»
«Ecco, alcune cose mi hanno un po’ stupito.» “Mannaggia a te e a quanto chiacchieri, Hans…” «Anzitutto, fammi capire bene: tu e Sara avete dei poteri soprannaturali?»
Per tutta risposta alzo una mano e sul mio palmo si materializza una fiammella arcobaleno che fa sgranare gli occhi di Hans. Sara sospira e il vento gelido che ha creato spazza via il fuocherello, senza che io opponga resistenza per tenerlo acceso. «Non ci credo! Non posso crederci! Che figo!!» quasi strilla, emozionato come un bambino. Alzo gli occhi al cielo, non riuscendo però a non sorridere. «Con voi sono perfettamente al sicuro!»
«Cerca di non starci troppo tra i piedi, eh.»
«Ma smettila, Eleonora!» ridacchia Sara. «Lo tratti malissimo.»
Hans annuisce con vigore e io scuoto la testa, nonostante tutto divertita. Il biondino però ha ancora parecchie cose di cui discutere: «Due persone che mi hanno veramente perplesso sono Bellocchio e Camille.»
«Ah, quei due perplimono anche me, ogni giorno della mia vita» borbotto, rabbuiandomi subito nel sentire i loro nomi. È da una vita che Camille se n’è andata dalla base segreta: pare che l’abbia fatto per rincongiungersi al suo Leggendario, Xerneas. Visto il rapporto che ha con il suo Legame, che in effetti ha scombussolato non poco la sua salute mentale, non posso fare a meno di chiedermi se la loro sarà una felice riunione. Non so immaginare, poi, la situazione di Bellocchio: Daniel l’ha messo in salvo e l’unica cosa che mi sento di pensare, sul suo conto, è soltanto augurarmi che stia lavorando al piano di attacco al Victory Team che dovrebbe sconfiggerlo una volta per tutte, grazie al coinvolgimento di noi Legati, che saremo gli elementi decisivi dello scontro che verrà. La prospettiva mi sembra comunque così incredibile, inverosimile, che a malapena mi emoziono al pensiero che dovrò combattere come mai ho fatto prima d’ora, e che al mio fianco avrò un Leggendario.
«Comunque» mi sta dicendo Hans, «tu adesso mi lancerai qualche frecciatina perché sono uno studente di psicologia e penserai che dovrei saperle certe cose, ma scherzi a parte: il carattere di Bellocchio mi ha davvero stupito! Non riesco a capire perché fosse così volubile e mi sembra sia stato, molto spesso, piuttosto incoerente.»
Scrollo le spalle. «Cosa posso dirti, Hans? Ha subito un grande trauma quando una persona a lui cara gli ha voltato le spalle: lui era convinto che l’avrebbe sostenuto nella guerra, invece… invece questo suo amico non ha voluto immischiarsi in certe faccende ed è rimasto neutrale. Ricevere continui tradimenti e dover gestire l’arrivo di fantomatici nuovi alleati, magari finti pentiti dei Victory… la pressione deve averlo piegato fin troppo.»
«Pensa se per tutti questi anni fosse stato da solo al comando delle Forze del Bene» interviene Sara a bassa voce, «cosa gli sarebbe successo. La guerra che non finiva mai, le persone scontente, i ragazzi come noi che volevano ribellarsi e cercare di capire cosa quelli più in alto stessero facendo con le loro vite… non c’è una spiegazione che sia convincente, Hans. È lui che ha sofferto innumerevoli perdite e ha reagito così: non so cosa farebbe qualcun altro al posto suo, dipende strettamente dall’individuo, ecco. Quando Eleonora mi ha raccontato di cosa è successo alla famiglia di lui…» Scuote la testa e smette di parlare.
«Va bene, va bene tutto questo, ma una cosa veramente assurda è il fatto che abbia messo a rischio la vostra vita un sacco di volte, o almeno l’ha fatto con quella di Eleonora! Siete dovute andare in una centrale nucleare, avete incontrato quel Comandante nemico, quand’era ovvio che avrebbe cercato di portare Ele dalla sua sfruttando la questione dell’identità segreta e tutto… perché ha rischiato di perdere così spesso dei Legati? Le missioni erano veramente pericolose… la centrale nucleare, poi, porca miseria! Non voglio crederci!»
«I Legati sono immuni alle radiazioni» risponde Sara.
«Davvero?» Sia io che Hans la interrompiamo.
Lei inarca le sopracciglia, un po’ divertita dalla nostra reazione sorpresa. Non lo sapevo nemmeno io, non me l’ha mai detto nessuno. «Certo che è vero. Comunque, Bellocchio ci ha mandato in situazioni al limite per due motivi: anzitutto, le persone che non sapevano di avere un Legame non potevano essere escluse dalle attività delle basi segrete senza che avessero dei sospetti in seguito, e già sappiamo la posizione di Bellocchio in merito al segreto. E poi ha la certezza, giustamente, che se la missione fosse arrivata a condizioni estreme i Leggendari sarebbero intervenuti per salvare il proprio Legato. Non possono permettersi di lasciarlo morire, sapendo quanto bisognerebbe aspettare per un altro contraente.»
«Ma scusa, la missione in Via Vittoria, l’ultima che avete fatto?» chiede Hans. «Lì era ovvio che avreste trovato quel Comandante, o chi caspita è, non ho capito la gerarchia dei Victory…»
Gli spiego velocemente: «Ci sono i Generali che sono sei, anzi, erano sei, e tra questi c’è pure Cyrus, che io e Sara abbiamo incontrato in Via Vittoria. Poi ci sono i loro sottoposti, divisi per gradi che non è importante sapere. Infine i Comandanti sono Nike e suo fratello gemello, quelli che ci hanno attaccato nel Monte Corona.»
Il biondino annuisce e continua la sua domanda di prima: «In poche parole, perché ha mandato Eleonora in quella missione? Era quasi sicuro che vi sareste imbattute in quel Cyrus.»
«Io penso» interviene Sara, «che Bellocchio avesse iniziato a desiderare, da qualche tempo, di rivelare a tutti i Legati la loro identità.» Faccio un cenno d’assenso con la testa, d’accordo con lei. «Non penso lo ammetterà mai, ma ha bisogno di tutte le persone come noi che sono disposte a collaborare. Alla fine ha capito che non poteva continuare così, non poteva permettersi di risparmiare un dolore come quello di avere un Legame a dei ragazzi, perché siamo in guerra. È vero che così siamo molto più esposti e vulnerabili, perché siamo di fondamentale importanza per le sorti della guerra e siamo contesi tra le Forze del Bene e i Victory… ma bisogna farci l’abitudine, Bellocchio si è deciso a lasciar da parte la comprensione, anche vista la pressione dei suoi colleghi. Poi, be’, non per tutti è una notizia funesta! A me ed Eleonora non dispiace per niente avere dalla nostra dei Leggendari.»
Il viso di Hans si fa pensieroso per qualche secondo. Poi chiede: «E quindi ha appioppato a Cyrus il problema di far scoprire ad Eleonora del suo Legame?»
«Così pare» mormoro. «Non è che me ne importi più molto. Cyrus gli serviva solo per spingersi a parlarmi con chiarezza della mia identità… a farlo una volta per tutte. Non doveva essere lui a spiegarmi nei dettagli cosa sono i Legami e chi sono io. Ha creato una situazione senza via d’uscita, in cui era obbligato a parlare e non aveva più giustificazioni per proteggermi, o qualsiasi altra cosa volesse fare. Si è costretto da solo, in pratica.»
«Era comunque una cosa rischiosissima, anche se fatta consapevolmente…»
Scrollo le spalle. «C’erano Sara, Ho-Oh e i nostri Pokémon a difenderci.»
«Sì, ma…» Il ragazzo scuote la testa e infine decide di arrendersi: la questione è complessa e bisogna decidere se vederci più lati positivi o negativi. Io, che ci sono dentro fino al collo, mi sforzo di assecondare le decisioni prese da Bellocchio - ho altre scelte?, mentre Hans è ancora libero di studiare la situazione e cercare ogni stranezza. Ma cambia discorso, perché ha capito che i punti di vista, a tal proposito, sono innumerevoli e inconciliabili: «Devo dire che mi stupisce che tu abbia accettato così di buon grado il Legame, Eleonora. Sara ha parlato del suo trauma ed è facile capire perché ami tanto Articuno, che l’ha salvata… ma sinceramente… il tuo Legame ti ha rovinato la vita. Le Forze del Bene ti hanno fatta sparire dalla memoria dei tuoi genitori proprio per la tua identità, e i Victory li hanno uccisi per lo stesso motivo, immagino. Se non fosse stato per il Legame non avresti mai avuto a che fare con questa situazione di guerra, non saresti in pericolo in ogni momento della tua vita.»
«Hans, cosa faresti al posto mio?» sospiro, sempre più stanca. Ci manca solo che mi venga sonno mentre il Sole si muove sempre più in alto nel cielo. «Se vedessi la situazione come la vedi tu, l’unica via d’uscita sarebbe morire per smettere di avere sofferenze. Anche qui bisogna guardare da un’altra prospettiva e convincersi di qualcosa, fare affidamento su qualcosa che ci mandi avanti. Personalmente, mi sono convinta che la mia vera vita ruoti intorno al Legame, anzi, all’intero mondo Pokémon, e che tutto quello che mi è successo prima di entrarci dentro non meriti di essere ricordato. Che non meriti il mio affetto.»
Il ragazzo è molto colpito dalle mie parole e non riesco a sostenere il suo sguardo pieno di sincera incredulità. Non reggo nemmeno, in realtà, il contatto con gli occhi cristallini di Sara, perché è seria come non mai. Che effetto le fa sentirmi parlare così, quando fino a qualche settimana prima, al posto mio, c’era una ragazza completamente diversa? A malapena mi sembra di ricordare quella persona. Ho fatto del tutto l’abitudine al mio ruolo e al nuovo modo in cui devo comportarmi e agire - o almeno così mi sembra: è quello che spero ogni giorno.
«Ehm… è difficile capirti» ridacchia Hans dopo qualche momento di silenzio, grattandosi la nuca imbarazzato.
Faccio un sorriso ambiguo. Se solo sapesse che dovrà capirmi appieno tra poco, quando io e Sara gli riveleremo che anche lui ha un Legame e che, esattamente come me, deve sacrificare la realtà umana in favore del suo vero ruolo a questo mondo! Già immagino la sua reazione sconcertata e subito mi ritrovo a provare pena per lui. Dubito, viste le premesse, che accetterà la sua identità felicemente come l’ho fatto io.
Siccome non riesco ancora a dire a Hans che è un Legato, gli domando: «Cos’era che ti stupiva di Camille?»
«Ah, lei! Be’, in realtà tutto» risponde, facendo un’altra piccola risata.
«Non c’è molto da dire» ribatte Sara. «Camille non ha mai voluto disaffezionarsi dalla vita che le è stata strappata dai Victory a causa della sua identità, e accettare il suo ruolo come ragione di vita. Quindi è impazzita, molto semplicemente. Ha sofferto tantissimo perché non si è mai decisa ad abbandonare i suoi ricordi per andare avanti. È una cosa molto stupida che chi non ha un Legame la trova facilmente comprensibile.»
«In effetti…» mormora Hans. Abbasso lo sguardo, sempre più a disagio: il ragazzo non sospetta minimamente di essere uno di noi, è convinto della sua normalità e non ha capito che, se stamattina si è comportato in un certo modo, è perché questa normalità non esiste. «Comunque vi stavate proprio antipatiche, eh, Eleonora?» riprende lui più allegramente. «Meno male che tra Legati c’è attrazione!»
Gli rispondo con un semplice sorriso, non riuscendo a comportarmi normalmente visti i pensieri di dispiacere per Hans che ho in mente. È Sara a dirgli: «Diciamo che tra Ho-Oh e Xerneas non scorre proprio buon sangue, perché hanno gli stessi domini. La vita» fa una precisazione. «Ho-Oh poi è piuttosto rancoroso, perciò Eleonora non può evitare un’antipatia di fondo nei confronti di Camille.»
«Ciò non toglie» mi intrometto, «che ci siano stati dei periodi non troppo brevi in cui non ho avuto problemi con Camille. Non è mai stata tra le mie persone preferite, ma… be’, il rapporto tra noi due è complicato» borbotto. «Lei ha sempre voluto tenere tutti distanti per paura di affezionarsi e soffrire ancora, è evidente: si è fatta pochi amici, se così possiamo chiamarli. Io non sono tra le persone con cui ha voluto costruire un’amicizia soprattutto per il fatto che Ho-Oh e Xerneas sono rivali, ma la relazione tra Leggendari non influenza più di tanto quella tra i loro Legati: quindi per qualche tempo siamo state abbastanza bene insieme, forse anche per la questione dell’attrazione inevitabile tra Legati. In questi periodi, in genere, non pensavo troppo al segreto. Infatti se lo facevo sentivo subito una scarica di astio nei confronti di Camille, che non mi ha mai detto niente sulla questione della mia identità. In sintesi: ci sono un sacco di fattori che quando si presentano ci fanno stare reciprocamente sui cosiddetti, altre volte riusciamo a stare insieme, altre qualcuna si allontana, a seconda se questi fattori entrano in gioco oppure no.» Spero di aver riassunto al meglio il discorso con quest’ultima frase.
Hans sembra aver capito ma annuisce in modo un po’ disorientato, come se stia ancora elaborando la lunga descrizione del mio rapporto con Camille. «In linea di massima» borbotta poi, «non vi piacete.»
«Per niente.»
Scende il silenzio. Io e il ragazzo sembriamo stremati, mentre Sara è imperturbabile: non riesco proprio a capire come si senta. Spero solo, piuttosto codardamente, che sia lei a dire al biondino del suo Legame. Ma capisco molto presto che sta a me farlo: è me che Hans ha trovato e da me si aspetta delle spiegazioni, non dall’ultima arrivata. Perciò, con uno sforzo veramente immane, riprendo a parlare, cercando di sorridere amabilmente: «Non ti sarai mica scordato delle spiegazioni che ti spettano per le cose che hai fatto stamattina, vero?»
Hans non nota la falsità della mia espressione ed esclama: «Ah, no no! Allora mi dici cosa mi è successo?»
Mi costringo ad essere breve e diretta. Forse risulto troppo dura e insensibile ma glielo rivelo senza usare mezzi termini: «Anche tu hai un Legame, Hans.»
Lui inarca le sopracciglia bionde e sbatte le palpebre un paio di volte. Fa un mezzo sorriso e, come purtroppo avevo immaginato, ribatte: «Ma che stai dicendo?»
«La verità» rispondo.
Hans cerca l’aiuto di Sara ma lei scuote la testa, confermandogli che non sto mentendo. Torna a guardare me ed è molto spaventato, ma fortunatamente non ha reazioni violente - è la mia più grande paura - e, pur con voce tremante, chiede: «Come lo sai? È quella faccenda dell’attrazione? Non sarà troppo poco affidabile?»
«La vera risposta sta in quello che hai fatto stamattina, Hans» replico. «Sei venuto da me senza sapere cosa stessi facendo, mentre sapevi solo che ti stavi muovendo nella direzione giusta. Non avevi idea di chi fosse a muovere le tue gambe, a dirti, senza che te ne accorgessi, dove andare. Quello che hai fatto stamattina non è normale e si può spiegare solo pensando ad un’identità particolare… quella del Legame, che ti ha mandato fino al Bosco Smeraldo, nonostante il tempo ostile e l’orario assurdo. So che è difficile accettarlo…» Mi sporgo verso di lui rimanendo seduta, stavolta sforzandomi di guardarlo negli occhi, nella speranza di rassicurarlo - e rassicurare pure me, ad essere sincera; ma nonostante distolga subito lo sguardo, non smetto di cercarlo. «Ti sentirai di sicuro in pericolo, non sai come muoverti né come sia potuto accadere tutto questo. Ti insegneremo tutto. L’unica cosa che so di preciso è che non puoi più stare qui: dovremo portarti insieme a noi.»
Hans rialza gli occhi, espressivi come non mai: trasudano paura, disorientamento, ma anche malinconia al solo pensiero di dover abbandonare la sua quotidianità. «E dove andrò? Non so nemmeno se sono in grado di dire addio alla mia vita di tutti i giorni. Forse è per merito di questo Legame che non mi sento del tutto riluttante a seguirvi, nonostante la guerra e tutto… ma se ci penso da solo, senza questo Pokémon ad intervenire, non so…»
«Guarda che Pokémon è, Eleonora» mi ordina Sara.
Annuisco e mi rivolgo di nuovo al biondino. «Ti spiace se mi impiccio dei fatti tuoi per qualche momento?»
«Co… cosa devi fare?» Già è preoccupato: mi intenerisce un po’.
«Faccio capolino nella tua mente e cerco di leggerti l’aura. Non sentirai niente, sta’ tranquillo» gli sorrido nel modo più dolce possibile e arrossisce un po’. «Forse sarai a disagio perché non avrai pieno controllo di te, ma ci metterò poco.» Ho già provato qualcosa del genere in passato: l’ho fatto con Sara, per esercitarmi, quando eravamo nella base delle Forze del Bene presso la sede della Lega Pokémon di Sinnoh. Mi è capitato pure di essere indelicata e di colpirla un po’ duramente, facendola sussultare quando vagavo per la sua mente, ma sono riuscita a padroneggiare quest’abilità prima del previsto. È da un po’ che non lo faccio ma non dovrei aver problemi.
Hans acconsente a farsi esaminare senza nascondere disagio e timore. Mi alzo in piedi e, per essere sicura di non sbagliare, poggio il palmo della mano destra sulla sua fronte - anche per avere un contatto diretto. Entrambi chiudiamo gli occhi e, senza dovermi sforzare troppo, un momento dopo sono nella mente del ragazzo.
C’è una specie di pesantissima atmosfera che inizialmente mi fa indietreggiare: le mie sopracciglia si corrugano e forse anche Hans ha avuto un momento di tensione, ma mi abituo presto a stare nella sua testa. Questa forte pressione, come se un’incredibile forza di gravità mi impedisse i movimenti, mi fa capire istantaneamente che c’è di mezzo un Legame di tipo Psico. Non so quale altro tipo di Pokémon, altrimenti, potrebbe esercitare un potere così intenso, in un certo senso aggressivo, su un intruso nella mente del suo contraente passivo. Quando ho fatto pratica con Sara è stato molto più facile farmi gli affari suoi, perché non era in grado in alcun modo di ostacolarmi.
Perciò il primo annuncio che do, interrompendo per qualche secondo il contatto con Hans e tornando alla realtà per riferire a Sara, è: «Il Legame è di tipo Psico.»
«Cerca un altro potere. Escludi dai possibili contraenti Mewtwo, Deoxys e gli altri Leggendari maggiori.»
Annuisco e torno nella testa di Hans, che ora se ne sta buono buono visto che si è abituato a questa presenza estranea nella sua mente, e mi metto in cerca della sua aura speciale. Siccome sono Legata a Ho-Oh, le riconosco abbastanza facilmente perché visualizzo in modo chiaro e vivido dei colori, che rimandano a uno dei Tipi che un Pokémon può assumere. Nel caso dell’aura di Hans, essa è prevalentemente rosea e argentata: i due colori si mescolano di continuo e nella mia immaginazione assumono la forma di una spirale. Sono presenti solo queste due tinte, a tratti più vivide e brillanti: non vedo alcuna macchia di un altro colore che indichi un terzo elemento.
«Psico e Acciaio. È Jirachi, no?» chiedo a Sara.
«Senza dubbio» risponde lei in tono soddisfatto. «Cerca il terzo potere del Legame.»
«Non sto trovando niente» replico, un po’ delusa.
La ragazza mi dice di interrompere il contatto con Hans: lo faccio prima mentalmente e poi fisicamente, staccando il palmo della mano dalla sua fronte. Il ragazzo prima strizza gli occhi e poi mi guarda con aria un po’ disorientata. «Non ho sentito niente. Cosa hai scoperto? È successo qualcosa?» domanda subito.
Prima che Sara dia una spiegazione al fallimento nella ricerca del terzo potere, dico a Hans: «Sei Legato a un Pokémon di nome Jirachi. È il Leggendario deputato alla realizzazione dei desideri delle persone. Si relaziona principalmente con i bambini ed è a metà strada tra l’essere un Leggendario maggiore o un minore. Il fatto che ami i più piccoli spiega anche il tuo aspetto da marmocchio.»
«Ehi!» protesta, arrossendo di colpo.
Presto di nuovo attenzione a Sara, che, indifferente alle mie ormai solite prese in giro nei confronti di Hans, mi spiega: «Non è detto che ci sia un terzo elemento. A volte la caratteristica principale del Leggendario sostituisce il terzo potere: per esempio Dialga, quindi Daniel, ha potere sul tempo oltre che sul tipo Drago e Acciaio. Lo stesso vale per Palkia con lo spazio e Giratina… non lo so, non ci sono mai stati molti Legati a Giratina e non so che genere di potere sia l’antimateria.»
«Insomma, Hans ha poteri Psico e Acciaio e… non so, esaudisce desideri?»
Sara fa spallucce e risponde, semplicemente: «Probabile.»
«Ma io non so fare niente di tutto questo» interviene Hans, «quindi anche io dovrò andare in cerca della… come dite che si chiama? Forma terrena del Legame?»
«Forma materiale» lo correggo. «Comunque sì; tra l’altro Jirachi non si è nemmeno rivelato. Dovremo decidere i nostri spostamenti prima che Bellocchio si muova una volta per tutte contro i Victory.»
Hans non sembra convinto di quello che abbiamo palesemente intenzione di fare - come biasimarlo, d’altronde? La specie di sceneggiata a cui sta forzatamente prendendo parte è piena di pericoli e sarà accompagnato da poche sicurezze. Per il momento si potrà affidare solo a me, Sara e ai Pokémon di noi due, perché lui è completamente sprovvisto di poteri, di compagni come i nostri e, probabilmente, di qualsiasi abilità per combattere.
Ripenso subito a com’è stato, per me, entrare a far parte del mondo dei Pokémon. Ho già ripercorso, durante il racconto per Hans, tutta la mia vita da più di due anni fa ad ora. All’epoca avevo poco più di quattordici anni, ora ne ho sedici e mezzo e sto chiedendo ad un diciannovenne di fare come la me del passato. Peccato che quella situazione fosse più tranquilla e protetta, con la promessa di andare all’Accademia e stare al sicuro - e soprattutto senza sapere chi ero veramente, cosa mi sarebbe successo se fossi finita tra le mani del Victory Team. Hans invece ha avuto cinque anni in più per costruirsi un’esistenza solida e piacevole, sta effettuando un percorso di studi, magari ha pure una storia d’amore. Inizio ad avere tanti dubbi sulla possibilità che si unisca a noi - di sua spontanea volontà, intendo; ovviamente, qualsiasi cosa decida, dovremo portarlo altrove: come minimo in una base delle Forze del Bene in cui sia al sicuro e, magari, possa conoscere un po’ meglio il nostro mondo.
Il ragazzo ormai è stato incastrato e, volente o nolente, verrà con noi. Spero solo che in qualche modo accetti il suo nuovo ruolo, che ci veda più lati positivi di quanti ne vedo io. Esattamente come ci siamo detti poco prima: io sono contenta del Legame e ho imparato a considerarlo come mia unica ragione di vita, mentre Hans ha visto solo eventi negativi, guai, pericoli. La situazione, per funzionare, deve essere necessariamente capovolta.
Quasi trasalisco quando il ragazzo dice, dopo un lungo silenzio: «Quindi io dovrei venire con voi, quasi di sicuro in un’altra regione, trovare questo Jirachi, ottenere i poteri e combattere la guerra?» Già a sentire il suo tono temo per quello che dovremo fargli per portarlo con noi. Faccio un cenno d’assenso con la testa e aspetto che sia lui a continuare, perché non so proprio cosa dirgli per convincerlo - sono certa che peggiorerei la situazione.
Quando Hans parla di nuovo faccio una risatina stranissima, simile a quella di Sara di poco fa, perché il nervosismo gioca brutti scherzi e dubito seriamente di aver sentito un “Va bene”.
«Cos’hai da ridere?» scatta il ragazzo, arrossendo.
Di colpo divento rossa pure io - sarà l’empatia, sarà perché mi vergogno di non avergli creduto, visto che mi ero già del tutto convinta che non avrebbe mai accettato di venire con noi. «Ma sei serio?» gli chiedo, piuttosto seccata nei miei stessi confronti per aver reagito in quel modo e per essere, ora, così in imbarazzo.
«Vuoi guardarmi di nuovo in testa per vedere se dico la verità? Fai pure!»
«Calmatevi» interviene Sara quando io sono già pronta per ribattere. La guardo e vedo che con una mano si sta coprendo gli occhi: le dita magroline spariscono sotto la frangetta candida. Dev’essere un tantino esasperata dagli scambi tra me e Hans. Il ragazzo si indispettisce in continuazione e di conseguenza arrossisce: lo fa talmente tanto che mi imbarazzo, preoccupandomi subito di aver detto qualcosa di inadatto. E poi non c’è niente da fare: mi ricorda fin troppo, quando scherza o mi sfida, Daniel, e questo non mi aiuta affatto ad essere calma e indifferente.
Improvvisamente Sara si toglie la mano dagli occhi e sfoggia un adorabile sorriso rivolto a Hans, che, come da copione, si stupisce e si fa un po’ rosso. Sono tentata di gridarle qualcosa di cattivo ma mi trattengo, evitando così di rovinare la situazione. «Non so come ringraziarti per la collaborazione, Hans! Spero solo tu abbia capito a cosa stai andando incontro e che sia riuscito a superare la paura. È di questo che si tratta.»
«Ci ho pensato e, dopo aver sentito parlare Eleonora del suo rapporto con il Legame…» Il ragazzo fa una breve pausa. «Be’, sulle prime mi ha inquietato parecchio sentirle dire certe cose, come il fatto che la sua vera vita ruota intorno al suo Leggendario e che quello che ha fatto fino a scoprirlo era solo una falsa realtà. Ma sento che quel che ha detto è giusto. Forse è il mio Legame a decidere… però non credo sia solo questo a farmi accettare. Non posso sottrarmi al mio destino: prima o poi verranno a prendermi i vostri nemici, e preferisco un futuro con le Forze del Bene che con questi Victory.»
«Ehi, Eleonora, a quanto pare anche tu sai renderti utile» dice Sara, improvvisamente allegrissima.
«Ma la smettete di prendermi in giro ogni momento, voi due?!»
Lei ride serenamente, al contrario mio che sono sempre più irritata. Hans, come se niente fosse, chiede: «Avete già qualche idea su dove andare, come andare e con chi andare?»
«Noi tre, sui Pokémon Volante, ad Amarantopoli.»
«Ma certo che no!» esclamo; Sara mi guarda stupita. «Se usiamo i Pokémon non arriviamo più, ed è facile che i Victory vedano, nei cieli, qualche cosa di strano. Anche perché abbiamo solo Altair e Noivern, visto che ho perso sia Diamond che Noctowl.» La ragazza sgrana gli occhi; le spiego velocemente come ho fatto a perderli e continuo: «Dobbiamo prendere un altro tipo di mezzo che ci faccia arrivare prima e che sia più sicuro. Che siamo solo noi tre mi va bene, ma prima voglio passare da una base qualsiasi per avere un mezzo per contattare qualcuno senza la paura di essere intercettata.»
«Possiamo prendere una nave ad Aranciopoli» propone Hans.
«Stai scherzando? Questo sarebbe meno pericoloso, Eleonora?» sbotta Sara.
«Certo che sì. Non penso che i Victory siano in grado di controllare un mezzo pubblico così grande, soprattutto se, facendoci aiutare dai nostri, otterremo le misure di sicurezza che ci servono. Tra cui un biglietto regolare. Andiamo, Sara! Il nemico non è ovunque: è molto più facile che riconosca dei Pokémon Volante che trasportano delle persone, e non che ci trovi su una comune nave piena di persone. E in ogni caso, di Pokémon Volante ne abbiamo solo due; vuoi fartela a piedi? Ci vorrebbe un sacco di tempo solo per capire la direzione.»
Alla fine Sara cede con un sospiro: «Vada per la nave, allora.» Vorrebbe dire che il suo Noivern è perfettamente in grado di andare da Smeraldopoli ad Amarantopoli anche in meno tempo di quando impiegherebbe la nave, ma la mia Altair non sarebbe comunque in grado di stargli dietro. Rallenteremmo ulteriormente se dovessimo caricarci pure Hans, perché i Pokémon si stancherebbero molto presto.
Il ragazzo capisce subito che partiremo in giornata, perciò si appresta a chiudere per bene la casa, senza curarsi di far sapere ai suoi genitori dove andrà, con chi, perché. Lascia il telefono e qualsiasi apparecchio che lo renda rintracciabile da chiunque lo voglia riportare alla sua vecchia vita.
Nel frattempo io e Sara ci mettiamo in contatto con le Forze del Bene. Lei ha ancora il PokéGear a prova di intercettazioni e aspetta pazientemente che Bellocchio, o qualcun altro al posto suo, le risponda. Sta ancora seduta sul divano, compostamente, mentre io non posso fare a meno di girare in tondo per la stanza. Dopo un po’ mi dice che ha male allo stomaco solo a guardarmi e, sbuffando, mi appoggio con la schiena al muro. Non ho per niente smaltito il nervosismo: voglio partire, trovare il maledetto Ho-Oh… e poi non so, sinceramente, cosa verrà dopo. So solo - o forse è soltanto una mia speranza - che queste sono le battute finali, gli ultimi atti del conflitto tra Forze del Bene e Victory Team, e che io ho avuto la fortuna di vivere solo due anni e poco più di esso.
Sara continua a sorridere imperterrita vedendomi così agitata. «Non oso immaginare come diventerai appena ti dovrai portare sempre appresso il Legame, mia cara Eleonora.»
«Perché?» le chiedo, corrugando le sopracciglia.
«Ti monterai la testa e vorrai spaccare quella degli altri, proprio come fa chi ha un Legame di Fuoco» ride lei.
«Ma che ti inventi? Non mi cambierà così tanto» borbotto. «Non sarò così nevrotica e irascibile.»
«Lo spero, altrimenti diventeresti insopportabile» quasi cinguetta lei - ancora non le rispondono al Gear. Cerco di fulminarla con lo sguardo ma riesco solo a farla sorridere ancora di più. «Sei già cambiata tanto, anche solo da quando Ho-Oh si è rivelato.»
«Sono cambiata da quando ce ne siamo andati dall’Accademia, Sa’» cerco di contrastarla. «E non essere più piena di insicurezza e timidezza non può avermi fatto che bene.»
Sara sicuramente capisce che l’argomento mi mette a disagio e che pure io so bene di essere stata condizionata moltissimo dall’influsso del Legame. Non è più nella mia natura abbattermi, deprimermi: le uniche volte in cui ho pianto, da quando Ho-Oh si è rivelato, sono state le crisi per la perdita dei miei genitori, e più che di tristezza, in quei casi, piangevo di rabbia. Ero furiosa con me per non averli salvati, nei confronti dei Victory che me li hanno portati via e con le Forze del Bene che, in fin dei conti, hanno fatto la stessa cosa. Poi non mi è successo più niente. Però pensare che avere la forma materiale del Legame possa cambiarmi ancora di più e ancor più nel profondo mi agita davvero: sono piuttosto preoccupata. Spero che le previsioni di Sara si rivelino sbagliate. Non voglio attaccar briga ogni due per tre con qualcuno solo perché sarà nel mio carattere arrabbiarmi facilmente e accanirmi su qualsiasi cosa; non voglio “montarmi la testa e desiderare di spaccare quella degli altri”.
Sono talmente tanto presa dai miei pensieri che nemmeno mi accorgo nel fatto che Sara abbia finalmente ricevuto una risposta e che stia parlando, tutta tranquilla, con qualcuno delle Forze del Bene. Quando la chiamata finisce, però, capisco subito che abbiamo finalmente una strada da percorrere e un obbiettivo: la ragazza sa come arrivare alla base delle Forze del Bene che si trova ad Aranciopoli.









Angolo ottuso di un'autrice ottusa
Buonciao a tutti! Spero abbiate passato un gennaio felice e che siate pronti a ingozzarvi di frappe e castagnole per Carnevale 
( ´ ▽ ` )ノ ☆
Btw, sorpresa, narrazione al presente! Esatto, è come se quello che avete letto finora fosse un lungo flashback della protagonista, e la vera storia cominciasse adesso. La narrazione in prima persona e al presente è difficilissima, non è la prima volta che la uso ma finora mi sono limitata alle one shot, perciò vedremo se riuscirò a mantenere un buon livello per altri trenta capitoli circa… improvvisamente Eleonora non vide l’ora di arrivare all’extra
Continuano i capitoli-chiacchierata, ma va be’, per ora accontentiamoci… ci tenevo a mettere le domande di Hans su Bellocchio e ne approfitto per avvisarvi che alcune cose sono cambiate: mi sto ancora occupando di rivedere la seconda parte, ma il carattere e gli scatti assurdi di Bellocchio saranno rivisti, nella speranza di rendere il tutto meno inverosimile. Camille invece è proprio fuori di capoccia, quindi non serve a granché farsi domande.
Il titolo del capitolo si riferisce al racconto di Ele e Sara, che è a tutti gli effetti la storia di tante persone, tante vite. Mi piace abbastanza, invece il prossimo l’ho scelto totalmente a caso.
Una cosa che mi è piaciuta di questo capitolo è il netto contrasto iniziale tra Eleonora e Sara: la Legata a un tipo Ghiaccio si scalda, arrabbiandosi tantissimo, mentre quella con un Legame di tipo Fuoco è fredda, controllata e distaccata. E poi va be’, trovo meraviglioso il fatto che all’inizio siano commosse per essersi ritrovate e tutto, poi due righe sotto quasi si pigliano a sganassoni.
Tornando a discorsi più o meno seri, una curiosità che non sarà interessante per nessuno: devo dire che, nella mia immaginazione, Ho-Oh è sempre serissimo e severo. Altro che vitalità e allegria del fuoco…
Spero che il capitolo non sia troppo lungo, o che sia almeno scorrevole; e soprattutto che la situazione sia chiara e che le premesse presenti, che considero una (luuunga) piattaforma di lancio per i prossimi capitoli, siano interessanti :3 Con ogni probabilità il prossimo sarà breve e di transizione, ma non importa (??)
A presto!
Ink
  
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