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Autore: marta_bilinski24    01/02/2016    4 recensioni
[Sterek!AU, Humans!AU]
Di quella volta in cui Erica inventò l'uscita del martedì con Derek, Isaac e Boyd e la chiamò "martedì esci dalla tua zona sicura". Di tutte le volte in cui Derek odiava i martedì. Di quel martedì in cui uscire dalla zona sicura significò andare a pattinare sul ghiaccio. E di quella volta in cui Derek imparò ad amare il palaghiaccio.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Come vi avevo promesso, questa è la prima delle due OS che pubblicherò questa settimana. Niente di impegnativo, due sciocchezze che sono venute fuori per caso. Questa è nata durante una pausa tra le lezioni in università con la voglia di studiare che stava a zero. Spero di avervi incuriosito, buona lettura! ;)

 

 

MARTEDÌ ESCI DALLA TUA ZONA SICURA

 

Se c’era una cosa che Derek Hale odiava erano le uscite “fuori dalla zona sicura” organizzate dal suo gruppo di amici. Innanzitutto bisogna specificare un particolare, parlare di gruppo era dire tanto: Derek aveva selezionato, nei suoi quasi cinque anni di college, tre persone, gli unici la cui presenza non gli provocava una reazione allergica. Derek era quello che si può definire a diritto un “lupo solitario”: almeno due posti di distanza tra lui e le altre persone durante le lezioni, tavolo completamente privo di esseri umani in biblioteca, posto più lontano dalla folla in mensa. A conoscerlo era una persona affabile e leale, ma lui non aveva mai sopportato che la gente arrivasse a conoscerlo così in profondità, preferiva evitare direttamente di arrivare a qualsiasi tipo di conoscenza, anche solo superficiale, per evitare di esserne deluso. Era proprio la paura della delusione a bloccarlo dall’avere ogni tipo di contatto umano che andasse oltre uno sguardo e, al massimo, un saluto educato. Un saluto educato che stava comunque sempre a significare “la prossima volta spero di dissimulare meglio la mia distrazione in modo da non doverti salutare ancora”. E in cinque anni aveva stretto un legame che si potesse definire tale solo con tre persone, che si erano inserite a forza tra la sua scorza coriacea e il suo lato umano.

 

Il primo era stato Isaac, un ragazzo abbastanza taciturno che era stato forzatamente costretto a interagire con Derek, quando entrambi erano al secondo anno, per una ricerca di storia medievale. All’inizio Derek si era rifiutato categoricamente di fare lavori di gruppo e per due settimane aveva tempestato il professore di mail per implorarlo di liberarlo da quell’onere, proponendo addirittura di raddoppiare la sua dose di lavoro pur di evitare quell’interazione sociale. L’uomo, dopo diciassette giorni, aveva risposto con un laconico “Egregio sig. Hale, vuole laurearsi?”. Isaac era andato quello stesso pomeriggio nel suo appartamento, con la faccia tosta che solo quel ragazzo sapeva tenere e Derek si era stupito, arrivata la sera, di non essere stato poi così disgustato dalla sua presenza. Avevano lavorato proficuamente, avevano addirittura finito più presto di quanto pensassero: erano una bella squadra insieme. Derek aveva scoperto che Isaac era molto appassionato di storia medievale, mentre lui eccelleva di più in quella latina e greca; avevano passato il resto della serata a confrontarsi sulle loro conoscenze e Derek era rimasto soddisfatto da quel primo pomeriggio, preludio di tante altre serate passate a chiacchierare e studiare insieme.

 

Poi un giorno era arrivata Erica. Più che arrivata si era catapultata nelle loro vite una mattina di gennaio, infagottata nel suo piumino color ciliegia e nella sua sciarpa di lana, con una cascata infinita di boccoli biondi e forza di un uragano…o forse anche di due. Non aveva chiesto di poter entrare nel “circolo segreto degli storici ammuffiti” come li aveva chiamati per i primi mesi, semplicemente aveva deciso che con il nuovo anno e il secondo semestre ormai alle porte le sarebbero servite due persone serie per farla mettere a studiare, soprattutto se voleva dare quel mattone di esame che era “Storia del mondo antico e medievale”. E così teneva loro i posti a lezione, si sedeva al loro stesso tavolo in mensa e aveva addirittura bussato alla porta dell’appartamento di Derek un sera, per il ripasso finale prima del fatidico esame. Derek avrebbe voluto con tutte le sue forze evitare tutto questo ma Erica l’aveva decisamente preso per sfinimento. E Isaac con lui. Alla fine però Derek non poteva lamentarsi del suo piccolo gruppo di conoscenze. Era arrivato al terzo anno e aveva due amici fedeli che gli tenevano compagnia quando ne aveva bisogno e che sapevano quando invece voleva essere lasciato solo.

 

L’ultima aggiunta a quello strano ed eterogeneo gruppo era stato Boyd, il ragazzo di Erica. Un ragazzo taciturno quanto Derek e che sapeva minacciare con un solo sguardo, il tipo perfetto per completare quella strana compagnia. Erica l’aveva conosciuto ad uno dei pochi corsi che frequentava senza i suoi angeli custodi ed era stato amore a prima vista per entrambi: lei era perennemente persa nei suoi occhi, lo abbracciava e lo baciava ogni volta che poteva e lui sembrava apprezzare la sua espansività, compensando con una buona dose di pacatezza. Derek apprezzava quel ragazzo perché, nonostante parlasse poco, quando lo faceva c’era sempre una buona ragione e le sue sintetiche frasi erano spesso la soluzione ai piccoli diverbi che potevano nascere tra i quattro ragazzi.

 

Avevano cominciato anche ad uscire insieme, oltre a frequentarsi durante le lezioni comuni e durante i pasti: alle volte andavano a bere qualcosa al bar del college, alle volte facevano una gita fuori porta, altre si ritrovavano semplicemente a casa di uno di loro per chiacchierare. Derek doveva ammettere che erano un gruppo un po’ strano ma alla fine si era davvero affezionato a quei tre ragazzi e si sentiva un po’ come un padre per loro, essendo un anno più vecchio. Non era nei suoi piani trovare amicizie al college, ma perché rinunciare alla possibilità di qualche piccolo legame? Dopotutto gli facevano bene e lo spingevano ad essere un po’ meno lupo solitario, anche se quel tratto del suo carattere non poteva mai essere smussato del tutto. Lui era così e ne andava fiero.

 

La tradizione del “martedì esci dalla tua zona sicura” era stata inventata in un noioso martedì pomeriggio da un’ancora più annoiata Erica (e tutti sapevano che da un’Erica annoiata non ci si poteva aspettare altro se non qualcosa di pazzo) e i quattro si erano trovati a sottoscriverla su un foglio di carta, che era stato poi plastificato e appeso nell’appartamento di Derek. Derek non poteva pensare ad una serata peggiore di quella e, quando veniva lanciata quella proposta, avrebbe voluto trasferirsi in un’altra città, un altro continente e possibilmente anche in un altro universo. Quella serata consisteva nell’andare in un posto che forzasse uno del gruppo (possibile che fosse quasi sempre Derek?!) a uscire dalla sua zona sicura, la zona di comfort dove tutto andava bene e poteva essere previsto. Significava buttarsi nel buio in una serata che avrebbe fatto serrare a Derek la mascella fino a farsi venire un indolenzimento che gli sarebbe durato un paio di giorni. Grazie a Dio ciò non succedeva tutti i martedì ma quando vedeva brillare una luce maligna negli occhi di Erica sapeva di essere spacciato. Maledetta quella volta in cui aveva sottoscritto; Erica era stata molto furba, aveva portato tutti fuori a bere una sera, con la scusa di festeggiare il superamento del famoso esame di storia, e aveva offerto lei. I tre ragazzi avevano visto bene di fare un giro in più di drink finché l’idea di firmare un pezzo di carta per movimentare i noiosi martedì nel college era sembrata un’idea divertente. E quella era la triste storia di come anche la firma di Derek fosse finita su quello stramaledetto pezzo di carta.

 

Quel martedì era stato soprannominato (da Erica, da chi altri se no??) “martedì esci dalla tua zona sicura e mettiti i pattini da ghiaccio”. Derek lo odiava ma non sapeva se fosse peggio del “martedì esci dalla tua zona sicura e fai i regali di Natale con Erica”. Non che Isaac e Boyd fossero entusiasti di girare tra le corsie infinite dei centri commerciali con una compratrice compulsiva come Erica, ma potevano sopportarlo molto meglio di Derek. Per fortuna quel tipo di martedì era ormai passato e Derek era (incredibilmente) sopravvissuto: per un altro anno era uscito indenne o quasi da quella terribile e temuta giornata. In realtà a Derek piaceva il Natale, la sua famiglia (sua madre Talia, suo zio Peter e le sue due sorelle Laura e Cora) lo venivano sempre a trovare nel suo appartamento e passavano insieme le feste, non riuscendosi a vedere in molte altre occasioni durante l’anno. Quello che però il ragazzo non poteva davvero sopportare era il trovarsi nel bel mezzo di un centro commerciale la vigilia di Natale perché non aveva ancora trovato i regali. La gente impazziva a dicembre e Derek non aveva intenzione di assistere allo spettacolo. Fino a che non aveva conosciuto Erica, Derek aveva sempre comprato i regali di Natale nella pausa estiva del college, tra luglio e agosto; da due anni a quella parte però Erica lo costringeva a uscire di casa nei giorni più congestionati, quando la gente si ritrovava a comprare ogni cianfrusaglia possibile e immaginabile perché si era presa troppo tardi e il gran giorno si avvicinava. Ma perché Derek doveva soffrire se lui era riuscito ad organizzarsi con cinque mesi di anticipo? Non l’avrebbe mai capito.

 

In quel momento però si trovava a dover affrontare un altro problema: il pattinaggio sul ghiaccio. Derek era stato a pattinare sul ghiaccio solo una volta in vita sua, quando aveva accompagnato Cora e Laura alla pista che avevano allestito nella sua cittadina d’origine in California. Dopo anni che le sue due sorelle lo tormentavano per andare con loro, sua madre lo aveva costretto ad accompagnarle e lui si era ritrovato incastrato in quella situazione. Era caduto davanti a tutti per ben tre volte ed era rimasto attaccato alla ringhiera per il resto del pomeriggio; forse era nato lì il suo problema con la zona sicura. Di sicuro aveva promesso a se stesso che non avrebbe mai più messo piede su una pista da pattinaggio in vita sua. E così, mentre parcheggiava e spegneva il motore della sua Camaro, Derek si chiese cosa doveva aver fatto di male nella sua vita per meritare di trovarsi di fronte all’insegna “Fox Ice Skating”. Isaac, seduto sul sedile posteriore, sbuffò una risata nasale. «Davvero Erica? Già il nome è ridicolo» disse mettendosi una mano davanti alla bocca per nascondere altre risate. «È il migliore della zona, io e Boyd ci siamo stati la settimana scorsa e c’è sempre bella musica e bella gente!» ribatté lei, senza preoccuparsi di aver appena nominato due delle cose che più Derek odiava in un luogo pubblico. Il ragazzo cercò di sbattere la testa sul volante ma Erica lo bloccò prendendogli il viso tra le mani. «Sarà una uscita fuori dalla zona sicura con il botto, Derek, mi ringrazierai!» e gli lasciò un bacio leggerissimo sulla fronte, mentre lui cercava inutilmente di sottrarsi a tutto quello, che fosse il bacio o il pomeriggio che lo aspettava.

 

Il palaghiaccio era pieno di gente, peggio di quanto Derek potesse immaginare nei suoi incubi. Persone, persone, persone, ancora persone, con un sottofondo musicale che gli stava già facendo saltare i nervi. Non poté trattenersi dallo sbuffare alquanto rumorosamente mentre varcava la soglia dello stadio, ricevendo per tutta risposta uno schiaffo tutt’altro che amichevole sulla nuca da parte di Erica, che era riuscita a raggiungerlo con la mano libera mentre con l’altra stringeva Boyd all’altezza della vita. «Venite di qua!» urlò la ragazza al gruppo, per sovrastare la musica. «Dobbiamo noleggiare i pattini». Derek si avviò dietro di loro, cercando in ogni angolo dell’edificio una porta secondaria dalla quale scappare, fino a che girò la testa, alzò gli occhi e si accorse di essere arrivato davanti al capanno del noleggio. La cosa più imbarazzante fu però che, essendosi girato all’ultimo, non si era accorto che davanti a lui c’era una persona e si ritrovò a cadere quasi in braccio a…eh, a chi? Chi era quel ragazzo? «Se non ti reggi in piedi qui ti sconsiglio di entrare in pista!» disse il ragazzo, mentre gli teneva ancora saldamente le braccia intorno al busto, lasciando che la loro vicinanza fosse abbastanza imbarazzante, almeno per Derek. Il ragazzo, invece, non ne pareva per nulla sconvolto e continuava a sfoggiare quel radioso sorriso sul volto. Aveva le labbra e le guance arrossate per la temperatura di quel luogo e un paio di occhi grandi e vispi, di un indefinibile colore che virava dall’ambra al caramello al sabbia. Indossava un piumino leggero di un arancione acceso con le cuciture e la zip blu e all’altezza del cuore aveva ricamato il profilo di una volpe, simbolo del palaghiaccio: senza dubbio lavorava lì e probabilmente era addetto al noleggio pattini. «Io…mi sono solo…ero distratto e tu eri in mezzo, so pattinare senza alcun problema, IO!!» ribatté piccato Derek, cercando di darsi un contegno e di allontanarsi un po’ da quel ragazzo per riprendere in mano le redini della situazione. «Credi che lavorando qui dentro» e qui picchiettò l’indice sul piumino, indicando la volpe ricamata all’altezza del cuore «non sappia nemmeno indossare un paio di pattini? Sento odore di sfida, amico!» disse alzando un sopracciglio il ragazzo. Derek non sapeva che anche le sopracciglia potessero essere così sexy.

 

Derek sapeva che non avrebbe dovuto farlo. Avrebbe potuto benissimo utilizzare uno dei suoi “sguardi inceneritori” come li chiamava Erica e allontanarsi, evitando la catastrofe a cui invece stava andando incontro. Ebbene sì, aveva accettato la sfida di quel ragazzo, ovvero aveva accettato di sfidare un ragazzo (sexy) che lavorava presso una pista da pattinaggio per 8 ore al giorno sapendo benissimo che lui di pattini non ne capiva nulla. La sua reputazione era rovinata, la sua vita era rovinata. Erica avrebbe dovuto pagare per tutto questo, Derek non sarebbe più uscito di casa per il resto della sua vita: altro che zona sicura, non esistevano più zone dove Derek avrebbe potuto farsi vedere dopo la figura che stava per fare. I suoi amici non avevano nessuna intenzione di bloccarlo, anzi, avevano rinunciato a prendere i pattini e si erano appostati sulle gradinate per assistere alla scena. Erica continuava a ridacchiare in braccio a Boyd e Isaac si era addirittura procurato qualcosa da mangiare per l’occasione. «Beh intanto scaldiamo un po’ l’atmosfera» propose il ragazzo e a Derek si attorcigliò lo stomaco, prima di capire che intendeva solo che si presentassero l’uno all’altro. «Io sono Stiles e prima che tu apra bocca questo è il mio soprannome, o ti piace o ti piace» e qui ghignò davvero come una volpe. «Io sono Derek e penso tu non abbia da ridire sul mio nome» rispose allora Derek, indeciso se fare il sostenuto o capire cosa stesse succedendo al suo stomaco. «Dirò solo che è un bel nome…da urlare la notte» e lasciando Derek con la bocca spalancata partì spedito verso il centro della pista, librandosi sulla superficie del ghiaccio come un colibrì sulla superficie di un torrente.

 

Derek ci mise più di qualche secondo a riprendersi e la prima domanda che gli occupò la mente fu: quel ragazzo stava davvero flirtando con lui?? «Vuoi muoverti a pattinare, Derek? Che stai aspettando?» Erica lo riscosse dai suoi pensieri e per un attimo gli fece perdere l’equilibrio; per fortuna era ancora attaccato alla ringhiera per cui riuscì a dissimulare quella che, se non fosse stato ancora a bordo pista, sarebbe stata la sua prima clamorosa caduta. Afferrò con forza il corrimano e alzò gli occhi verso il centro della pista, dove Stiles lo aspettava a braccia spalancate, muovendo ritmicamente i fianchi in modo da andare piano all’indietro. Se gli occhi di Derek avevano visto bene (e lui sapeva che avevano visto bene) gli stava addirittura facendo l’occhiolino. Derek trattenne il respiro e mosse un piede in avanti, irrigidendo gli arti e cercando di capire se i suoi muscoli potevano avere memoria di quella prima e unica pattinata sul ghiaccio di quasi un decennio prima. Decisamente ci mise poco a capire che questa ipotetica “memoria muscolare” per lui era inesistente. Avanzò praticamente piegato a 90 gradi, tenendo gli occhi posati sui piedi e allungando le braccia verso il pavimento, pronto ad attutire un’eventuale caduta. «Alza lo sguardo, Derek, o cadrai di faccia e ti rovinerai quei magnifici denti da coniglietto che ti ritrovi. Io non rischierei di perdere una dentatura così sexy!» gli urlò Stiles dal centro della pista e sembrava anche parecchio serio. Lo stava riempiendo di complimenti perché li pensava davvero o perché voleva distrarlo e umiliarlo? Derek non riusciva a razionalizzare la situazione in quel momento. Tentò di alzare lo sguardo e per qualche passo riuscì anche a procedere in avanti, per quanto fosse comunque goffo e buffo a vedersi. Quando si trovò a poche falcate da Stiles, però, mise male il piede sinistro, piantando la punta della lamina nel ghiaccio e ritrovandosi in un attimo disteso per terra.

 

Prima ancora che se ne rendesse conto, Stiles fu su di lui, cercando di capire se si fosse fatto male. In effetti Derek aveva fatto una brutta caduta, sbattendo forte il gomito destro sul ghiaccio e caricando su di esso tutto il peso del corpo. Il dolore in quel punto era forte e tutto il braccio pulsava; Derek era stordito e ci mise un po’ a realizzare che Stiles lo stava chiamando preoccupato, non sapendo esattamente come aiutarlo ma continuando a posare le sue mani su di lui, sulle spalle, sulle mani, sui capelli. Dopo qualche attimo di indecisione Stiles prese il volto di Derek a due mani e lo forzò a guardarlo negli occhi. «Derek, dimmi cosa ti sei fatto e dove ti fa male» il ragazzo era molto preoccupato, glielo si leggeva negli occhi. Un po’ si sentiva in colpa perché era stato lui a sfidarlo e a prenderlo per l’orgoglio e se lo aveva portato a farsi male…Stiles si sentiva malissimo in quel momento. «Il…il gomito…» farfugliò Derek, tentando di sollevarsi sull’altro braccio e indicando quello dolorante. «Alzati, andiamo in infermeria» gli disse risoluto Stiles. «Dove??» chiese sempre più confuso Derek. «Credi di essere il primo a farsi male in questo posto? Se fai il bravo ti potrei regalare una caramella come faccio con tutti i bambini che passano per l’infermeria» gli disse allargando un gran sorriso e invitandolo a circondargli le spalle col braccio sano, mentre gli dava un buffetto sulla guancia. Derek ebbe solo la forza di fare un debole sorriso, accettando volentieri il supporto di Stiles: non aveva intenzione di cadere di nuovo e stare abbracciati a Stiles gli dava già un po’ di sollievo.

 

I due ragazzi erano passati davanti alle gradinate dove erano accorsi immediatamente Erica, Isaac e Boyd con uno sguardo preoccupato. Stiles li aveva rassicurati che probabilmente non era nulla di grave ma che per sicurezza lo avrebbe accompagnato nell’infermeria dell’edificio; lo avrebbe riportato loro di lì a poco e li aveva invitati nel frattempo a passare al capanno del noleggio, fare il suo nome e prendere tre paia di pattini della loro misura. Lui e Derek intanto si erano avviati verso il lato sud dell’edificio e, una volta sfilati i pattini, erano arrivati ad una piccola porta con un adesivo con una croce rossa incollato sopra. La stanza era piccola ma ben sfruttata: sulla parte opposta alla porta era posizionato un lettino, mentre su quelle laterali c’erano diverse mensole con garze, scatole e boccette di ogni genere e colore. Appena entrati, sulla sinistra, c’era una piccola scrivania con numerosi fogli e un barattolo di caramelle, come aveva promesso Stiles. Il ragazzo invitò Derek a sedersi sul lettino e a togliersi la giacca; quando si rese conto che il dolore gli rendeva difficoltoso sfilarsi il piumino, gli si avvicinò inserendosi tra le sue gambe leggermente divaricate e prese con delicatezza i bordi dell’indumento, indugiando appena con lo sguardo sulla maglia aderente che Derek indossava sotto. Derek alzò lo sguardo su un vicino, vicinissimo Stiles e non poté fare a meno di arrossire, facendo sorgere sulle labbra di Stiles un sorriso compiaciuto: non poteva farci nulla, flirtare (soprattutto con uno come Derek, ovvero l’uomo più sexy che fosse mai passato davanti ai suoi occhi) gli dava più adrenalina che buttarsi da un ponte con un elastico. «Allora, vediamo cos’hai combinato» disse puntando gli occhi in quelli di Derek. Per un attimo rimasero a fissarsi, in silenzio: lo stomaco di Derek stava ancora andando per i fatti suoi, attorcigliandosi e rimanendo sospeso nel suo addome, così come quello di Stiles. Il tempo rimase sospeso finché il ragazzo più giovane sembrò (per la prima volta) imbarazzato e abbassò lo sguardo sul braccio di Derek, alzandogli piano la maglia. Entrambi trattennero un attimo il respiro: Derek per il dolore, Stiles per la visione di tutti quei muscoli.

 

Il gomito era abbastanza gonfio e arrossato ma ad un primo sguardo non sembrava ci fosse nulla di rotto. Stiles si allontanò per raggiungere una mensola, alla ricerca di una fascia abbastanza lunga, provocando in Derek un piccolo sospiro di delusione per l’allontanamento repentino. Stiles fece finta di non averlo sentito, probabilmente non doveva uscirgli così a voce alta, ma il suo cuore non poté che fare un salto nel petto al sentire che Derek desiderava averlo vicino. Ritornò verso il suo paziente con la fascia tra le mani e si mise subito all’opera, mentre gli occhi di Derek erano incantati sulle sue abili mani che continuavano a sfiorargli l’avambraccio, provocandogli dei piccoli brividi che risalivano fino alla spalla. Quando ebbe finito, vide Derek rilassare la mascella: doveva provare abbastanza dolore. «Vado a prenderti una pastiglia antidolorifica» gli disse allora premuroso, mentre Derek alzava di nuovo lo sguardo su di lui, in un muto ringraziamento. Vedendolo un po’ triste Stiles si avvicinò al suo viso, fino a fermarsi ad un soffio da lui: poteva sentire il suo respiro caldo che sfiorava le sue labbra, paralizzato da quella vicinanza. A quel punto di accostò ancora di più e fece scontrare dolcemente i loro due nasi, mentre un altro grande sorriso si allargava sul suo volto e faceva brillare gli occhi color smeraldo di Derek, che finalmente sciolse la sua espressione in un sorriso. «Sai» disse Stiles mentre girandosi gli dava la schiena e prendeva da un blister una pastiglia della grandezza di un unghia di un mignolo «quando sorridi i tuo occhi brillano. Dovresti sorridere più spesso». Quando Stiles tornò di fronte al suo paziente teneva in una mano una pastiglia e nell’altra una caramella. «Prima una e poi l’altra» ghignò soddisfatto Stiles. Derek però aveva seguito i suoi ordini per troppo tempo quel pomeriggio: rifiutando completamente entrambe le compresse, allungò il braccio sano e lo avvolse intorno alla vita di Stiles, per attirarlo di nuovo in mezzo alle sue gambe, anche più vicino della prima volta. Non ebbe bisogno dell’altra mano per attrarre Stiles in un bacio lungo e caldo, mentre il ragazzo portava entrambe le mani dietro la nuca di Derek. Le loro labbra si assaggiarono piano, senza alcuna fretta e dopo poco anche le loro lingue si unirono, sfiorandosi e respingendosi. Stiles fece scorrere un pollice in mezzo ai capelli di Derek, morbidi e folti, mentre di riflesso il ragazzo cercava più vicinanza sia tra le loro bocche che tra i loro corpi. Si staccarono un attimo, rimanendo però con la fronte premuta l’uno contro l’altro, mentre riprendevano fiato. Alla fine Derek puntò gli occhi in quelli liquidi di Stiles e sorrise, rilassato. «Sai» gli ripose Derek leccandosi il labbro superiore con la punta della lingua «quando ti bacio i tuoi occhi brillano. Dovremmo farlo più spesso». Stiles socchiuse gli occhi, sorridendo, e rimase a lungo con la fronte premuta su quella del ragazzo di fronte a lui. Derek si appuntò mentalmente di dire a Erica che quelle giornate dovevano essere rinominate “i martedì in cui anche Derek Hale si può innamorare”.  

 

 

Note finali: Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere qualsiasi cosa ne pensiate! La prossima OS arriverà tra giovedì e venerdì per cui…STAY TUNED, alla prossima! :D

   
 
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