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Autore: Meraki    01/02/2016    1 recensioni
AU!Newtmas, 3 capitoli in totale.
"Lo so che ci conosciamo appena e non dovrei partire in quarta con domande del genere, che sono cose che normalmente si chiedono solo a persone con cui si ha una certa confidenza e intimità ma... Devo chiedertelo."
"Allora chiedimelo. Senza girarci attorno però, sono una persona impaziente, mi fanno impazzire i giri di parole... E non in senso buono."
[...] "E cosa ti fa impazzire... In senso buono?"
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt, Newt/Thomas, Thomas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Thomas non aveva mai fatto molto caso alla gente che lo circondava durante le lezioni di letteratura. Aveva una ristretta cerchia di amici a scuola, primo tra tutti Minho, un ragazzo asiatico del suo stesso anno con cui aveva stretto un forte legame sin dall'inizio delle superiori.
Passò parecchio tempo, quindi, prima che si accorgesse che, durante le lezioni della professoressa Coe, il banco accanto al suo rimaneva puntualmente vuoto.
Non si era mai preoccupato di fare amicizia con il ragazzo che lo occupava; se avesse dovuto descriverlo, probabilmente non avrebbe saputo dire quanto era alto, se era attraente o aveva il naso storto. Era dall'inizio dell'anno che non si faceva vedere a scuola: prima di allora, Thomas non aveva mai avuto nessuna lezione in comune con lui, quindi era normale che, avendolo visto sì e no un paio di volte, non ricordasse neanche il suo nome. L'unica cosa che ricordava chiaramente erano i suoi capelli biondi spesso spettinati che, ogni tanto, lo tormentavano come un pensiero inconscio ricorrente.
 
*
 
Era Settembre inoltrato quando, durante la lettura di un brano di Poe, sentì chiaramente bisbigliare dietro di sé: “Ho sentito dire che è malato, ma tipo... Malato sul serio.”
Thomas non avrebbe voluto origliare, anzi, era chino sul libro di letteratura intento a seguire il testo tracciando le parole con la punta della matita ben affilata.
“Dici? Non mi è mai sembrato uno molto sveglio, forse sta solo fingendo di star male per non venire a lezione. Come lo capirei! La Coe è una palla atomica!” rispose prontamente una seconda voce, prima di lasciarsi andare ad un risolino sommesso.
Il ragazzo a quel punto alzò gli occhi al cielo, spazientito. Odiava le persone che spettegolavano e odiava ancora di più quelle che lo facevano con cattiveria.
“Avete finito?” borbottò sottovoce, voltando la testa in direzione delle ragazze sedute poco dietro di lui.
“Come sei acido, Edison. Fatti un po' gli affari tuoi,” sussurrò una delle due, guardandolo con aria di superiorità.
“Signor Edison, cos'hai da dire di così importante per permetterti di disturbare la mia lezione? Ti prego, illuminami,” proruppe l'insegnante con fare severo, incrociando le braccia davanti al petto in attesa di una risposta.
Thomas rivolse un ultima occhiata inviperita alle due studentesse prima di voltarsi verso la professoressa.
“Niente...” rispose semplicemente, con un'alzata di spalle.
Come al solito, non era riuscito a tenere a freno la sua linguaccia e ora era lui a ritrovarsi nei casini.
“La tua esuberanza nel voler stringere amicizie casca proprio a pennello!” riprese la donna, tutto ad un tratto con voce entusiasta, prima di spostarsi dietro la cattedra e tirare fuori da uno dei cassetti un plico di fogli accuratamente pinzati assieme.
“Come avrai notato, il Signor Newton è assente da diverse lezioni ormai. Stavo giusto cercando un volontario che andasse a fargli visita per portargli i compiti; quale occasione migliore per sciogliere la lingua che, d'ora in poi, durante la mia lezione dovrà rimanere rigorosamente sigillata nella tua bocca,” concluse con tono minaccioso, avvicinandosi al suo banco per poi lasciarci cadere sopra i documenti con un tonfo secco.
 
*
 
Quel pomeriggio, alla fine delle lezioni, Thomas uscì nel cortile della scuola in compagnia di Minho, con il quale si stava lamentando di quanto fosse stata ingiusta la Coe.
“E' stata davvero...”
“E' davvero una milf,” lo interruppe Minho di punto in bianco, sistemandosi meglio lo zaino che gli pendeva su una spalla.
“Oh, non riinizierai con questa storia adesso?” borbottò Thomas esasperato, roteando gli occhi.
“Perché? Vuoi fare a cambio con il professor White? Guarda, te lo cedo volentieri. Non dico che mi farei la Coe ma, beh, è una gran bella donna, ammettilo...”
“Potrebbe avere l'età di tua madre!” lo riprese il moro, dandogli una gomitata nelle costole. Minho, per tutta risposta, si lasciò andare ad una smorfia di disgusto prima di ridacchiare.
“Devo andare, prima passo a portare i compiti a quello, prima posso tornarmene a casa e lasciar perdere questa storia.”
I due amici si salutarono facendo scontrare i pugni tra di loro, poi Thomas tirò fuori lo smartphone e digitò l'indirizzo della casa di Newton, che l'insegnante aveva accuratamente scarabocchiato su un post-it.


La casa del suo compagno di banco non era particolarmente lontano dal quartiere dove abitava Thomas, quindi per lui fu semplice arrivare all'abitazione. Una volta giunto a destinazione, ripose accuratamente il telefono nella tasca del giubbotto da atleta che indossava e adagiò la bicicletta alla staccionata bianco latte, che sembrava essere immacolata.
Si trovava di fronte ad un’accogliente villetta a schiera a due piani con grandi finestre luminose e un giardino ben curato. Si passò una mano tra i capelli per cercare di darsi un contegno, intimidito da quell'atmosfera così elegante che lo circondava.
Dopo aver percorso un breve vialetto sterrato, salì le scale di legno all'ingresso e suonò alla porta principale, nervoso.
Non aveva proprio idea di cosa dire una volta entrato, una volta rimasto solo con l'altro ragazzo. Di cosa avrebbero potuto parlare? Della scuola? Prima di allora non si erano praticamente mai rivolti la parola. Thomas faticava persino a ricordare il suo volto!
La porta di casa si aprì in quel momento, interrompendo i suoi pensieri. Una ragazza poco più giovane di lui, con lunghi capelli color miele e una carnagione a dir poco pallida, lo guardava incuriosita: “Sì?”
“Ciao, ehm... Sono Thomas, un compagno di Newton. Sono venuto a portargli i compiti,” si presentò, incerto.
“Ah! Piacere, io sono Jane, sua sorella. Dai, entra...” lo incitò lei, facendogli spazio per permettergli di passare.
Un delizioso odore di cannella gli inebriò i sensi non appena mise piede nel corridoio. L'ingresso non era particolarmente ampio ma lasciava intravedere una grande cucina in stile americano e un salotto molto accogliente. Di fronte a lui, una grande scala conduceva al secondo piano e, ai muri, erano appese diverse fotografie della famiglia.
“Non ti avevo mai visto prima, anzi... Credo che Newtie non mi abbia mai parlato di te,” ammise Jane, richiudendosi la porta alle spalle.
Thomas trovò quel commento abbastanza indelicato e pregò che Newt avesse più tatto della sorella.
Per tutta risposta alzò le spalle: “devo solo lasciargli degli appunti...”
“Sì certo. Scusa ma Newtie non riceve molte visite, quindi sono un po' sorpresa. Ti va del thé alla cannella? Lo stavo giusto preparando.”
“Va bene...”
Rimase li in piedi di fronte a lei, imbambolato e indeciso. Avrebbe dovuto aiutarla? Non aveva idea di come preparare il thè alla cannella. A dire la verità non era neanche sicuro gli piacesse ma gli era sembrato scortese rifiutare...
Jane gli rivolse un'occhiata interrogativa: “Beh accomodati pure di sopra, la camera di Newt è la seconda a sinistra. Vi porto il thè non appena è pronto,” e, detto ciò, scomparve in cucina.
Thomas sospirò e poi, zaino in spalla, si avviò lungo la scalinata pensando: “Perché? Perché sempre a me capitano queste situazioni di merda?”
Salendo osservò distrattamente le fotografie alle pareti: i genitori di Newt sembravano davvero felici assieme, ritratti durante il giorno del loro matrimonio. Jane, d'altro canto, doveva essere stata una vera peste da bambina: in tutte le foto stava piangendo a dirotto o urlando a pieni polmoni. Thomas poteva quasi sentire le sue grida capricciose attraverso le cornici. Newt, per finire, sembrava un ragazzino calmo e tranquillo: spesso veniva ritratto intento a giocare nel giardino da solo. Anche da piccolo, la sua zazzera di capelli biondi era inconfondibile.
Una volta arrivato in cima alle scale, Thomas raggiunse la porta della camera cercando di non fare rumore, come se avesse paura di poter disturbare le persone impresse nelle fotografie ormai sbiadite dal tempo.
Si fermò davanti alla soglia e bussò titubante, senza però ricevere alcuna risposta.
“Newton?” chiamò con voce incerta, abbassando la maniglia a poco a poco, per poi socchiudere la porta di legno.
La camera era particolarmente luminosa: una delle grandi finestre che davano sul giardino lasciava filtrare la luce del pomeriggio inoltrato. Le pareti erano di un azzurro tenue e ricoperte di fotografie e poster, una scrivania di legno grezzo era sistemata dalla parte opposta rispetto al letto alla francese, dove Newt era intento a riposare in posizione fetale, dando la schiena alla porta.
Stava dormendo? Avrebbe dovuto svegliarlo o...?
Per fortuna, il biondo tolse Thomas dall'imbarazzo, alzando la testa e voltandosi di scatto verso di lui. Aveva gli occhi ancora socchiusi e una smorfia di irritazione stampata in volto.
“Chi sei?” domandò semplicemente, strizzando gli occhi mentre cercava di mettere a fuoco il nuovo arrivato.
“Sono Thomas, frequentiamo letteratura assieme. La Coe mi ha incaricato di portarti i compiti...” spiegò brevemente Thomas, senza accennare a muoversi.
“Thomas?” domandò Newt, ora visibilmente incuriosito. Si alzò a sedere sul letto e, solo allora, Thomas notò che c'era qualcosa di strano in lui. Non avrebbe saputo dire cosa ma, ad un tratto, iniziò a sentirsi a disagio. Il biondo indossava una tuta decisamente troppo larga per lui e aveva un colorito ancora più pallido della sorella. I capelli biondi erano nascosti sotto un cappello nero, mentre i suoi occhi di un castano intenso lo osservavano senza troppi complimenti.
“Beh, non stare li, avvicinati. Prendi un pouf” lo incitò Newt, indicandogli una serie di poltroncine multicolore appoggiate nell'angolo della stanza.
Thomas obbedì e si sistemò accanto al letto, per poi togliersi lo zaino dalle spalle e aprirlo per tirarne fuori il plico di appunti.
“E' strano, non mi ricordo assolutamente di te,” bofonchiò il padrone di casa afferrando i fogli, per poi grattarsi il mento pensieroso.
“Ah ma allora è un tratto di famiglia la mancanza eccessiva di tatto?” domandò sarcasticamente Thomas, divertito.
Newt rise candidamente contraendo il viso in una smorfia felice.
“Oh, hai conosciuto mia sorella? Sai, ha preso tutto da me,” si pavoneggiò, “comunque non volevo essere scortese. Intendevo dire che, solitamente, mi ricordo dei ragazzi carini.”
Thomas si ritrovò ad arrossire in modo alquanto spropositato. Non si aspettava di ricevere un complimento del genere e, soprattutto, non si aspettava di riceverlo da un ragazzo che conosceva appena.
Però, doveva ammetterlo, anche Newt era davvero un bel ragazzo.
Thomas aveva da tempo scoperto di essere gay ma nessuno ne era a conoscenza... Nemmeno Minho. Fantasticava spesso sul giorno in cui avrebbe trovato il coraggio di dirlo a tutti ma, fino ad allora, non aveva neanche mai avuto un ragazzo. Per lui era stato parecchio difficile ammettere anche a sé stesso la più evidente delle sue tendenze.
“Grazie...” si limitò a rispondere confuso, mentre pensava velocemente a come cambiare discorso.
“Allora, tornerai presto a scuola?”
Newt si fece scuro in viso e si lasciò ricadere sdraiato sul letto come se di colpo, con quella domanda, Thomas gli avesse succhiato via ogni briciolo di energia.
“Sì, certo...” controbatté stizzito, con una punta di sarcasmo sulle labbra.
“Scusa, ma non mi va molto di parlare di questo adesso. E poi, se solo penso a quante materie avrei da recuperare mi viene da vomitare...”
“Vomitare? Hai bisogno di un secchio?”
Jane era sulla soglia della porta con due tazze fumanti strette tra le mani.
“No, Jane... E' un modo di dire, hai presente?” la prese in giro Newt tornando a sedersi sul letto, ritrovando il buon umore.
Thomas iniziava a pensare di essersi solo immaginato quel lato contrariato e acido del compagno che aveva visto poco prima, quando gli aveva domandato del suo stato di salute.
“Con te non si sa mai...” la ragazza sospirò e andò accanto ai ragazzi per poi porgere ad entrambi il thè, che emanava un delizioso odore.
“Comunque, Newtie, se sei così preoccupato per la scuola perché non chiedi al tuo amichetto di aiutarti con lo studio?”
Newt prese una notalità di colore, per poi lanciare una rapida occhiata al compagno di banco: “Jane, smettila di chiamarmi Newtie!” borbottò contrariato.
La sorella per tutta risposta si mise a ridere ed uscì. La sua risata era cristallina, penetrante e risuonò lungo il corridoio anche quando la porta della stanza si richiuse dietro di lei.
“Come avrai notato mia sorella è abbastanza noiosa quando ci si mette...” disse Newt, sedendosi di fronte a Thomas per bere più comodamente. Prese un sorso di thè e lo gustò con gli occhi socchiusi.
Adesso che poteva osservarlo da più vicino, Thomas si incantò per diversi secondi a guardarlo incuriosito. Aveva davvero un bel viso, nonostante le guance fossero visibilmente scavate. Forse soffriva di qualche disordine alimentare?
Newt alzò la testa e lo sorprese in flagrante a fissarlo. I loro occhi si incrociarono per una frazione di secondo, prima che Thomas distogliesse i suoi, nuovamente in imbarazzo, per far finta di gustarsi la bevanda calda.
“Sai, potrei davvero darti una mano con lo studio... Se ti va. Insomma, non sono una cima a scuola ma...” si propose, scrollando le spalle.
“Sì, forse non sarebbe una cattiva idea,” concordò Newt, anche se il suo tono di voce era decisamente titubante.
Forse si sentiva a disagio? Infondo si conoscevano a malapena, magari avrebbe preferito studiare con un amico. Magari il moro era stato un po' avventato...
“Sempre se ti va di sentirmi blaterare e lanciare libri in aria quando non mi torna una formula di matematica...” continuò Thomas, roteando la tazza tra le mani per sciogliere la tensione, accennando un sorriso sbilenco.
“Oh, non ero preoccupato per i tuoi vaneggiamenti...” rispose prontamente Newt, regalandogli un sorriso, “se non mi andasse te lo avrei detto, tranquillo. L'hai detto anche tu, siamo una famiglia che non conosce il tatto.”
Thomas ridacchiò e bevve un lungo sorso di thè, per poi mettersi più comodo sulla poltroncina colorata.
“Con matematica posso aiutarti io. Ho perso un po' di lezioni ma sono abbastanza bravo con la logica. Tu, in cambio, puoi darmi una mano con questa maledetta letteratura...” propose afferrando gli appunti abbandonati sul letto e lanciandoli sulle gambe di Thomas.
 
*
 
Quella sera Thomas tornò a casa inspiegabilmente felice. Lui e Newt si erano scambiati i numeri e si erano dati appuntamento per l'indomani: quel pomeriggio non erano riusciti a combinare nulla, avevano semplicemente chiacchierato dei professori e della scuola in generale; nonostante avessero iniziato ad entrare in confidenza, Newt non aveva accennato minimamente alla natura della sua malattia e Thomas aveva preferito non indagare oltre.
Dopo cena, Thomas si chiuse in camera per tentare di ripassare chimica per il test dell'indomani. Aveva iniziato a scorrere gli appunti da una decina di minuti quando il cellulare vibrò.
 
Da: Minho
"Domani mi fai copiare? Non capisco un cazzo di questa chimica del cazzo. Cazzo."

Thomas ridacchiò e rispose velocemente: "Puoi copiare quanto ti pare, vorrà dire che prenderemo 4 entrambi. Ps. Ti piace proprio abusare della parola cazzo, vero?"
Non si sarebbe mai concentrato con il suo amico che lo bombardava di sms invece di studiare, quindi spense il telefono e lo lanciò sul letto per evitare distrazioni. Odiava chimica, detestava studiare a memoria formule e dati complessi: dopo due lunghissime ore, finalmente spense la luce e andò in bagno ad indossare il pigiama, per poi infilarsi a letto. Aveva memorizzato una buona parte degli appunti e sperò che ciò bastasse per arrivare alla sufficienza, quindi si concesse di riaccendere lo smartphone e controllare i vaneggiamenti di Minho.
 
Da: Minho
"Siamo nella merda. Cazzo. Ps. Io ne abuso solo verbalmente... Non come te :D"
 
Il ragazzo sorrise poiché Minho non era a conoscenza del suo orientamento sessuale e, con quelle battute, pensava di dargli fastidio. Era da un pezzo che pensava di metterlo a conoscenza di come stavano le cose... Dopotutto era il suo migliore amico. Così, dopo una decina di minuti passati nell'agitazione più totale, digitò in fretta e furia una risposta e la inviò con un brivido di adrenalina.
"Non sai quanto hai ragione. A proposito, sono gay."
Era la prima volta che aveva il coraggio di ammetterlo con qualcuno e la cosa lo terrorizzava a morte, nonostante si trattasse di Minho.
Mentre aspettava una risposta, controllò velocemente il secondo messaggio che aveva ricevuto.
 
Da: Newt
"Non riesco a dormire. Non riesco a togliermi dalla mente una cosa..."
 
"Cosa?" domandò Thomas, deglutendo sonoramente nel buio della sua camera.
 
Da: Newt
"Ho bisogno di una cosa e solo tu puoi darmela..."
 
A quel punto, il ragazzo rimase a fissare lo schermo del cellulare con il cuore in gola. Lo stava stuzzicando?
"Ti ascolto..."
Poi sobbalzò quando arrivò la risposta di Minho e aprì il messaggio con dita tremanti.
 
Da: Minho
"...E io sono etero, quindi? Vorrà dire che non dovrò preoccuparmi che la mia futura ragazza si innamori del mio miglior amico..."
 
"Futura ragazza? Che coraggio... Ma chi ti vorrebbe mai?"
 
Da: Minho
"Tu, magari... ;) Sono un figo, no?"
 
"... Ehm. Diciamo che non sei il mio tipo..." rispose Thomas ridacchiando felice. Era sicuro che l'amico non l'avrebbe giudicato... In quel momento si maledisse per non avergliene parlato prima.
 
Da: Newt
"Lo so che ci conosciamo appena e non dovrei partire in quarta con domande del genere, che sono cose che normalmente si chiedono solo a persone con cui si ha una certa confidenza e intimità ma... Devo chiedertelo."
 
Lo stava decisamente stuzzicando.
"Allora chiedimelo... Senza girarci attorno però, sono una persona impaziente, mi fanno impazzire i giri di parole... E non in senso buono."
 
Da: Newt
"Domani potresti portarmi una barretta di cioccolato al latte? I miei mi rimpinzano solo di verdura e altro cibo da mucche..."
 
Thomas rise di gusto: era sicuro che l'altro avrebbe tirato fuori una scemenza del genere. Stava pensando al cioccolato chiuso nella credenza della sua cucina quando il telefono vibrò nuovamente.
 
Da: Newt
"E cosa ti fa impazzire... In senso buono?"
 
"Come hai detto tu, ci conosciamo appena... Ma immagino lo scoprirai, prima o poi..."
Inviò e restò in attesa, nel buio, mentre dei brividi piacevoli gli assalivano lo stomaco e la schiena. Stava flirtando con un ragazzo conosciuto solo quel pomeriggio? La risposta era sì. E la cosa lo eccitava parecchio.
 
Da: Newt
"Non vedo l'ora... A domani"
 
*
 
Era stata una giornata decisamente pesante. Minho lo aveva accolto nell'aula di chimica con un "Non sono il tuo tipo? Come faccio a non esserlo? Pensavo di essere irresistibile anche per l'altra sponda..."; il test era andato discretamente bene ma, dopo, Thomas aveva frequentato due pesantissime ore di matematica. Finalmente giunse la fine delle lezioni e il ragazzo, in sella alla sua bici, si recò a casa di Newt. Quella mattina aveva infilato nello zaino i suoi appunti di letteratura e una barretta di cioccolato, come richiesto.
Mentre pedalava, si chiese se quello del cioccolato non fosse solo un capriccio... Perché i suoi genitori avrebbero dovuto negargli un alimento del genere? Il biondo era visibilmente deperito, un po' di zuccheri avrebbero solo potuto giovargli un po'.
Come il giorno precedente, legò la bici allo steccato e suonò il campanello. Si aspettava di veder comparire Jane dietro la porta laccata di bianco ma fu Newt ad accoglierlo.
"L'hai portata?" domandò brusco, osservandogli le mani come se si aspettasse di trovarci incastrato il cioccolato.
"Ciao anche a te..." rispose Thomas, togliendosi lo zaino per estrarne la barretta incartata.
"Non potrò mai ringraziarti abbastanza," proruppe Newt afferrandola, mentre il viso gli si illuminava di gratitudine, "dai, entra."
Il padrone di casa si diresse in salotto scartando trepidante l'involucro, per poi sprofondare tra i cuscini del divano color crema ed addentare voracemente la cioccolata.
"Avevo quasi dimenticato questo sapore... Saranno mesi che non mangio qualche schifezza," ammise contento, facendo segno a Thomas di accomodarsi accanto a lui.
Il ragazzo obbedì e appoggiò lo zaino a terra, osservando curioso il compagno di banco: "scusa ma che c'è di male? E' solo cioccolata..."
"Da quando mi sono ammalato i miei genitori leggono un sacco di riviste spazzatura, mia madre è una credulona atomica. Mi costringerebbe a mangiare cibo per gatti se leggesse che fa bene."
Thomas rise, poi domandò, senza quasi rendersene conto: "E' così grave?"
Newt soppesò la domanda, continuando a mangiare con più calma: "Non mi piace parlare della mia malattia... Non esco di casa da diverso tempo e i miei non fanno altro che parlare della mia salute: è snervante. Sai, avevo un sacco di amici... Prima," mugugnò abbassando gli occhi, "ma quando le persone realizzano che stai seriamente male iniziano tutte a soffocarti. Non saprei come spiegarti. Alcune spariscono, altre iniziano a trattarti in modo diverso: con compassione, soppesano ogni parola, ti guardano con quell'espressione..." continuò, lasciando la frase in sospeso, come se la sua mente stesse ripercorrendo ricordi dolorosi.
"E' evidente che qualcosa non va ma non dobbiamo parlarne per forza," annunciò Thomas, attirando la sua attenzione mentre alzava le spalle, "ora mettiamoci al lavoro, o finisce che non combiniamo niente come ieri..."
Newt sorrise e porse la cioccolata a Thomas: "ne vuoi? E' un po' mangiucchiata ma sono sicuro che il sapore sia lo stesso."
Il moro ridacchiò e appoggiò una mano sulla sua, per poi attirarla alla bocca e dare un morso alla barretta, mentre teneva lo sguardo fisso sul biondino.
"La prossima volta potresti evitare di sembrare dentro a un film porno mentre lo fai?" domandò Newt ironico.
Il moro scrollò nuovamente le spalle, iniziando a tirare fuori i libri: "non prometto niente."
 
"Pausa" annunciò Newt, abbandonandosi completamente contro lo schienale. Thomas lo osservò: aveva gli occhi chiusi e sembrava abbastanza provato... Forse, non essendo più abituato a studiare, si era affaticato più del dovuto.
"Potresti andare a prendere dell'acqua in cucina?" domandò imbarazzato Newt, senza aprire gli occhi.
"Sì, certo..."
I genitori di Newt non erano ancora rientrati, così come sua sorella: ormai erano le 18 inoltrate ed iniziava a fare buio fuori. Nonostante fosse quasi ora di rincasare, Thomas non ne aveva molta voglia: iniziava ad abituarsi alla presenza e ai modi di fare di Newt e realizzò che sarebbero potuti diventare davvero ottimi amici.
Dopo aver passato un paio di minuti ad aprire e chiudere la credenza in cerca dei bicchieri, aprì uno degli scompartimenti sopra il lavandino e notò che era pieno zeppo di medicinali dai nomi complessi. Non ne conosceva neanche uno, ma erano disposti in un ordine quasi maniacale e gli fecero provare un senso d’ansia che non riuscì a spiegarsi.
Tornò in salotto poco dopo con la bottiglia dell'acqua e i bicchieri, come richiesto.
"Si sta facendo tardi... I tuoi a che ora tornano?" domandò titubante, prendendo nuovamente posto sul divano.
"Oh, dovrebbero rientrare per l'ora di cena assieme a Jane. Non preoccuparti per me, se devi andare vai pure. Sono malato ma non ho cinque anni, riesco a badare a me stesso."
Lo dubito, pensò Thomas, mentre lo osservava portarsi alla bocca uno dei bicchieri e bere un gran sorso d'acqua tutto d'un fiato.
"Posso rimanere un altro po'... Però basta con lo studio, non ne posso più," mentì, afferrando il telecomando per poi accendere la tv. Avrebbe continuato senza problemi a ripassare ma decise di non mettere Newt ulteriormente a disagio.
"Fai come se fossi a casa tua..." sospirò il biondino, attirando i piedi sul divano per stare più comodo, mentre sistemava i cuscini e osservava lo schermo della televisione.
Thomas iniziò a fare un po' di zapping finché non trovò una stupida serie televisiva che seguiva sua mamma: in quest'episodio la famiglia protagonista veniva a conoscenza dell'omosessualità del figlio minore.
"Ho già visto quest'episodio..." ammise Newt, guardando con occhi vitrei i protagonisti, "è di una stupidità unica..."
Thomas annuì convinto: "concordo... Pieno di stereotipi."
Nonostante ciò, nessuno dei due si mosse per cambiare canale, così l'episodio andò avanti fino alla fine del programma.
"Io non l'ho mai detto ai miei..." iniziò Newt, di punto in bianco, mentre fissava i titoli di coda e un'allegra musichetta inondava la stanza, "ad ogni modo, non credo sia una cosa che li preoccuperebbe ora come ora, hanno altri problemi a cui pensare" rise tra sé e sé e Thomas si meravigliò con quale candore stesse ammettendo di essere gay. A lui ci era voluto davvero tantissimo tempo per realizzarlo e ancora di più per ammetterlo con qualcun altro.
"E tu? L'hai detto ai tuoi?" domandò il biondo voltandosi a guardarlo dritto negli occhi, con uno sguardo a dir poco curioso.
Thomas arrossì e tornò ad inchiodare lo sguardo sullo schermo della tv. Si conoscevano da due giorni e già erano arrivati a questo genere di domande? Doveva far finta di niente? Dirgli che si era sbagliato...?
"No..." ammise alla fine, visibilmente a disagio, afferrando il telecomando per cambiare canale.
"Mi dispiace, sono stato indelicato?" cercò di scusarsi Newt, sporgendosi verso Thomas sul divano.
"Si nota così tanto?" domandò Thomas ignorandolo, tornando a guardarlo.
"Non lo so, forse l'ho supposto dagli sms di ieri."
"Già, di solito non ci si comporta così con persone che ti stanno indifferenti..."
Non appena si rese conto di aver ammesso che Newt non gli fosse indifferente (sotto quale punto di vista? E perché non riusciva mai a tenere la bocca chiusa?), si alzò dal divano e iniziò a raccogliere gli appunti sparsi un po' ovunque.
"Te ne vai?" domandò Newt, con una punta di panico nella voce. Thomas si voltò a guardarlo: sembrava così indifeso, con le gambe raccolte contro il petto e quello sguardo supplicante.
"Se ti ha infastidito come mi sono comportato ieri ti chiedo scusa: era solo un modo per chiacchierare un po'. Non volevo metterti a disagio," disse quasi in un sussurro, grattandosi il collo con una mano: "quindi voglio chiarire subito le cose, prima di combinare qualche macello con il mio tatto da elefante: ci conosciamo appena ma come persona mi piaci... Non in senso romantico, però."
Thomas si mise a ridere di gusto, infilandosi lo zaino sulle spalle: "il tuo tatto da elefante fa più macelli di quanto pensi. Senti, a me fa piacere aiutarti con lo studio e ho davvero bisogno di una mano in matematica... Stop, non c'è niente da mettere in chiaro."
Newt annuì poco convinto, poi la porta di casa si aprì e la voce di Jane riempì la casa: "Sono tornata!"
"Domani ho l'allenamento di atletica, scrivimi un sms quando ti va di studiare di nuovo," borbottò il moro, prima di alzare una mano in segno di saluto.
"Va bene, ci sentiamo..." concordò Newt, lo sguardo spento.
Thomas si voltò e, dopo aver salutato brevemente anche Jane, uscì di casa.
Si sentiva stranamente confuso. Non avrebbe dovuto ammettere di essere gay con Newt, infondo si conoscevano appena e ciò non aveva fatto che creare una situazione di imbarazzo tra di loro. Aveva corso troppo con la fantasia e si era comportato da stupido. Mettersi a fare lo scemo con un ragazzo che conosceva appena... Che idiota.
 
*
 
Dopo quella conversazione, i due non avevano più accennato a orientamenti sessuali e sentimenti e le cose andavano alla grande. Thomas trascorreva gran parte del suo tempo libero a casa di Newt e i due erano diventati in poco tempo ottimi amici. Anche Minho, incuriosito da questo spiccato interesse di Thomas verso un'altra persona che non fosse lui (testuali parole), un pomeriggio si era autoinvitato a casa di Newt e ora i tre sembravano andare parecchio d'accordo. Oltre a studiare, passavano molto tempo a giocare ai videogiochi e a chiacchierare del più e del meno. Jane, che i primi tempi trascorreva ben poco tempo a casa, dopo aver conosciuto Minho sembrò di punto in bianco interessantissima a tutto ciò che riguardasse suo fratello ed i suoi amici. Thomas e Newt capirono ben presto che la ragazza aveva una cotta tremenda per l'asiatico, ma si guardarono bene dal farne parola con lui. Con il passare delle settimane, inoltre, la salute di Newt sembrò migliorare e, finalmente, ottenne il permesso di riprendere a frequentare le lezioni nell'anno nuovo.
 
Poi, Thomas venne a conoscenza della malattia.
 
Era un pomeriggio come tanti, fuori dalla finestra si intravedevano le case attorno spolverate dalla neve ed illuminate dalle decorazioni natalizie. Lui e Newt erano intenti a destreggiarsi tra diagrammi e formule matematiche quando il biondo aveva iniziato ad avere spasmi muscolari lungo tutto il corpo: erano così impetuosi che Thomas ebbe l’impressione che da un momento all'altro le sue ossa avrebbero ceduto e si sarebbero spezzate. Non lo aveva mai visto tanto fragile e indifeso e si era alzato di scatto dalla sedia della cucina, ribaltandola, in preda al panico. Non aveva idea di quello che stava succedendo o di come aiutarlo e, il suo primo istinto, fu quello di chiamare aiuto. Il biondo fece appena in tempo a raggiungere il lavandino prima di vomitarci dentro.
Per fortuna, quel giorno, i genitori di Newt erano a casa e gli avevano subito dato un paio di pillole dalla credenza dei medicinali. Dopodiché, lo avevano aiutato a stendersi sul letto e Thomas era rimasto ad attendere pazientemente il loro ritorno seduto attorno al tavolo, visibilmente scosso. Non era riuscito a fare assolutamente nulla per aiutarlo... Si era fatto prendere dal panico e non era riuscito a far altro che chiamare i suoi genitori. Si ritrovò a pensare con orrore a quello che sarebbe successo se i suoi non fossero stati presenti. Ma non era solo sconvolto per quello: iniziava a capire quanto Newt significasse veramente per lui. Ora si conoscevano da abbasta tempo e Thomas iniziava a realizzare di tenere a lui più che ad ogni altro. Se gli fosse successo qualcosa per via della sua inesperienza non se lo sarebbe mai preparato. Quindi, quando i signori Newton lo raggiunsero, decise di andare dritto al punto senza perdere tempo.
"Voglio sapere cos'ha Newt. Lui non vuole dirmelo perché pensa lo tratterei in un modo diverso ma non voglio rischiare di trovarmi in una situazione del genere senza sapere cosa fare..." disse sincero, alzandosi in piedi, sperando di non essere sembrato troppo prepotente ai loro occhi.
La mamma di Newt lanciò un'occhiata al marito e poi, finalmente, Thomas apprese la verità.
 
La camera di Newt era immersa nel buio.
Thomas vi si introdusse dentro senza fare rumore, quasi in punta di piedi, e richiuse la porta dietro di sé. Si avvicinò al letto sul quale era steso l'amico e si sedette su una sponda, cercando di occupare meno spazio possibile.
"Mi dispiace..." sussurrò Newt, il profilo del suo viso illuminato solo debolmente dalle luci provenienti dall'esterno, "non volevo spaventarti."
Thomas non rispose, si limitò ad allunare una mano e a fargliela passare sotto il cappello. Aveva notato da tempo che Newt portava sempre quello stupido pezzo di stoffa che, inconsciamente, sapeva essere legato alla sua malattia. Il biondo si irrigidì sotto il suo tatto e gli afferrò il polso, cercando debolmente di opporsi, ma Thomas continuò a far scorrere la mano finché non lo liberò dall'indumento: da sotto non comparvero i capelli biondi sbarazzini che Thomas ricordava, ma un sottile strato di capelli rasati e invisibili, se non al tatto.
"Tommy..." cercò di richiamare la sua attenzione flebilmente ma, prima che potesse aggiungere altro, Thomas si chinò e lo baciò. Non aveva mai baciato nessuno prima di allora, ma la sensazione che provò lo convinse più che mai di aver scelto la persona giusta. Decise di approfondire un po' il bacio, socchiudendo le labbra ed andando oltre quelle di Newt. Rimasero così per un po', Newt steso sul letto e Thomas seduto accanto a lui e chino sul suo viso.
Quando si divisero però Thomas notò subito che qualcosa non andava in Newt: aveva il viso contratto in una smorfia accigliata e lo guardava ferito.
"Perché lo hai fatto?" domandò asciutto.
"Perché mi andava... Pensavo ti piacesse," non si era opposto, non lo aveva respinto né si era lamentato mentre si stavano baciando e Thomas aveva ingenuamente pensato che fosse tutto a posto.
"Vai via, per favore..." mugugnò il biondo, voltandosi su un lato, dandogli le spalle.
Il moro rimase ad osservarlo per qualche secondo prima di alzarsi con un sospiro profondo.
"Se non riesci a dormire puoi scrivermi... Senza usare stupide scuse inerenti al cibo, sta volta," borbottò prima di lasciare la stanza.
 
*
 
Thomas si stava lavando i denti quando ricevette l'sms di Newt.
Aveva passato tutta la sera in balia dei suoi pensieri, troppo angosciato da cose su cui non aveva il minimo controllo.
Leucemia.
Era incredibile come una singola parola potesse provocargli un terrore così grande. In generale, Thomas era una persona che non si faceva spaventare da niente, sempre pronto a tutto. Ma, in quel frangente, si sentiva completamente impotente...
 
Da: Newt
"Non riesco a dormire..."
 
Dopotutto, non avrebbe dovuto sentirsi così spaventato: i genitori di Newt gli avevano raccontato che il ragazzo aveva ricevuto un trapianto di midollo a fine estate e ora si era praticamente ristabilito del tutto. Il suo organismo aveva ripreso a funzionare correttamente. Di tanto in tanto gli capitavano episodi di nausea o spasmi muscolari ma non era niente di preoccupante, infondo era ancora sotto farmaci per questo. Avrebbero solo dovuto solo stare attenti alla sua salute per evitare infezioni e tutto sarebbe andato nei migliori dei modi.
 
Allora spiegami cos'è successo prima...
 
Da: Newt
Non voglio ferirti ma se dicessi che episodi come quelli di oggi non accadranno più sarebbe una bugia. E non ho bisogno di avere la tua compassione... Non voglio che la nostra amicizia si riduca a questo. Tu che ti preoccupi costantemente di dire o fare la cosa sbagliata e io che mi sento trattato con le pinze solo perché sono malato. Non voglio che tu ti senta obbligato a starmi vicino solo perché sto male. Non sono pronto per questo... Non ora, non così... Mi dispiace ma credo sarebbe meglio rimanere solo amici.
 
Thomas rilesse un paio di volte l'sms per cercare di capire fino in fondo quello che Newt voleva trasmettergli, poi rimuginò per qualche minuto tra sé e sé prima di digitare una risposta.

Ti ho baciato perché mi sentivo di farlo, non per qualche sorta di compassione ma perché sei importante per me… Volevo solo che lo sapessi, ma forse ho reagito d’impulso e ho scelto il momento sbagliato…
 
Da: Newt
Dopotutto, che tu fossi una persona impaziente lo sapevo già :) Sei il mio migliore amico e anche tu sei importante per me... in tanti sensi. Grazie per aver capito.
 
Thomas si lasciò cadere sul letto affranto. Beh, il suo primo bacio era stato fantastico... finché era durato. Iniziava a realizzare solo in quel momento quanto Newt fosse speciale e di come si fosse ritagliato uno spazio personale nel suo cuore. In tutti quei pomeriggi passati con lui a parlare e divertirsi, non si era mai soffermato veramente a pensare di avere qualche possibilità con lui. Lo aveva sempre trovato particolarmente bello e simpatico... E gentile... E mille altri aggettivi che ora gli rimbalzavano nella mente. Ma non aveva mai avuto il coraggio di ammettere a sé stesso che si era preso una bella cotta per lui. Ma, quel pomeriggio, quando aveva provato quella paura irrefrenabile di perderlo, tutto gli era sembrato perfettamente chiaro.
E, nonostante questo, i suoi sentimenti non erano bastati...
Sbuffò sonoramente e spense la luce del comodino, per poi accoccolarsi sotto le spesse coperte del suo letto. Stava quasi per addormentarsi quando il led di notifica dello smartphone si illuminò nuovamente.
 
Da: Newt
Spero che quello che è successo non cambi niente tra noi due…
 
Newt lo aveva appena rifiutato e ora pensava che le cose sarebbero tornate come prima? Che quel bacio tra loro potesse semplicemente sparire come per magia? Forse per lui sarebbe stato facile dimenticarsene siccome infondo, probabilmente, non provava niente per Thomas… Ma Thomas, ora come ora, non poteva più ignorare come si sentiva nei suoi confronti. E non sarebbe stato affatto semplice dimenticarsi del sapore delle sue labbra o dei brividi di piacere che gli avevano attanagliato lo stomaco e che continuavano a tormentarlo ogni volta che ripensava a quel pomeriggio.
 
Certo… Buonanotte
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Dopo duemila anni che promettevo questa Newtmas, finalmente sono riuscita a terminare il primo capitolo. E' decisamente più lungo rispetto ai capitoli che scrivo normalmente, ma ho deciso di dividere questa fanfiction in sole 3 parti. Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti! Come avrete notato, a differenza di “No Control”, questa sarà una Newtmas poco incentrata sul favoloso Minho... OK OK STO SCHERZANDO, avevo solo voglia di nominare Minho. A presto!
 
L'autrice
  
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