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Autore: IntoxicaVampire    01/02/2016    0 recensioni
«Ma... come fai?» gli chiesi, annebbiata da quel tepore. «Non fa male». Fissai il fuoco, che era basso e di un colore rosso intenso.
«Non ti farei mai del male, Rosalie».
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Alla Sky High, scuola per giovani aspiranti supereroi, Rosalie Frozehart, "Freeze Girl" con il potere del ghiaccio, è da sempre innamorata di Warren Peace, il ragazzo con il potere del fuoco. Ma Ghiaccio e Fuoco sono due Elementi opposti per natura, possono essi convivere senza distruggersi l'un l'altro? Il loro amore così contrastato potrà realizzarsi? Entrambi soffrono eppure è così difficile resistere a un amore reciproco così intenso...
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Warren Peace
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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18. Ci sono ancora tante cose che non sai di me

Quella settimana non andò per i versi migliori. Nel senso, non successe niente di brutto per fortuna, ma io e Warren riuscimmo ad avere pochissimi momenti in cui poter stare assieme. Infatti quasi tutti i professori avevano iniziato il primo giro di interrogazioni e fissato svariate verifiche, quindi dovevamo entrambi concentrarci sullo studio se non volevamo finire nella cacca.

Il mercoledì, però, successe una cosa che mi fece tanto ricordare la prima volta che io e Warren ci eravamo parlati.

Ero in aula che era appena finita la lezione di Inglese (Perkins era tornato, con nostra grande nostalgia delle felici ore di supplenza in cui l'anarchia regnava sovrana) e io avevo appena terminato di scrivere un'altra pagina del mio manoscritto; dopo tanto tempo, mi era finalmente tornata l'ispirazione per continuarlo. E va bene, è vero, avrei dovuto concentrarmi sulla spiegazione del prof ma oh, quando l'ispirazione arrivava non potevo ignorarla, dovevo subito scrivere giù le mie idee altrimenti scleravo.

Raccolsi tutte le mie scartoffie dal banco e stavo già uscendo dalla porta, quando Warren si materializzò dal nulla davanti a me e perciò gli andai a sbattere contro. Stavolta però cascammo entrambi a terra.

Ci guardammo e dopo una breve pausa di incredulità scoppiammo a ridere. Guardai in giù e c'erano tutti i miei fogli sparpagliati intorno. Sembrava che fosse nevicata carta sul pavimento.

Mi alzai, cercando di risistemarmi. Iniziammo a raccoglierli e Warren il mago, mentre me li restituiva, mi disse ridacchiando: «Mi sa che questa cosa è un segno del destino, ormai».

Li presi, divertita. «Lascia stare, i miei fogli sono una causa persa. Piuttosto mi sa che ho capito chi sei... un parente di Houdini!»

Rise. «Ahahah bella questa! E chi lo sa... Ti riferisci alle mie apparizioni improvvise?»

Annuii. Lui continuò: «E certo che non mi sembra di essere tanto invisibile... anzi penso di essere abbastanza appariscente...». Gli diedi un colpetto sul petto, ridendo. Non era proprio da lui gasarsi, era troppo divertente quando lo faceva.

Uscii in corridoio, con lui al mio seguito, e misi i miei block notes nell'armadietto. «Come mai sei venuto a trovarmi?» gli chiesi.

«Sono venuto a prenderti per accompagnarti alla lezione di Tedesco» mi spiegò, offrendomi il braccio.

Lo presi a braccetto, proprio come se lui fosse il mio accompagnatore, e ci dirigemmo nell'aula per la prossima lezione, io con un sorrisone stampato in faccia.

Erano passati più di dieci minuti e ancora non si vedeva l'ombra né della professoressa né del lettore. Era successo un sacco di volte che la nostra prof di Tedesco arrivasse in ritardo in classe, ma dopo che furono passati una ventina di minuti ormai in aula regnava il caos. Si era trasformata in una specie di accampamento. C'era gente seduta per terra sotto le finestre, gente che scarabocchiava alla lavagna, gente che chiacchierava ad alta voce rendendo tutti bellamente partecipi alle loro conversazioni, gente che si sporgeva dalle finestre a urlare idiozie... insomma tutto sommato c'era un casino totale.

Per quanto mi riguardava, io ero una di quelli seduti per terra, ma in fondo all'aula. Warren era seduto accanto a me, con la schiena appoggiata al muro e le gambe distese per lungo, rilassatissimo. Stava leggendo un libricino.

«Che cos'è?» chiesi curiosa, sbirciando le pagine e appoggiando il mio mento sulla sua spalla.

Avvicinò il libro ai miei occhi e mi mostrò la copertina. «Una raccolta di poesie. Sono molto belle».

Mi meravigliai molto: non me lo sarei mai aspettato da lui! «Wow! Questa è nuova.» Mi guardò per vedere la mia reazione. «E ne scrivi, anche?»

Warren mi squadrò, come a studiare l'effetto che quella rivelazione aveva avuto su di me, e poi disse: «Qualche volta... Ma non poesie, le leggo perché a volte scrivo delle canzoni, e queste mi danno degli spunti interessanti». Adesso era tutto più chiaro; anzi, pensandoci, non era per nulla strano.

Non glielo dissi, ma dentro di me desiderai ardentemente che un giorno avrebbe composto una canzone dedicata a me.

Guardai le mie compagne aggregate intorno alla cattedra che imitavano la prof di tedesco e mi venne da ridere, perché mi era tornato in mente un episodio assurdo successo due anni fa, quando ero in seconda superiore.

«Cosa c'è?» mi chiese Warren sottovoce, notando che ridacchiavo.

«No è che... mi è tornata in mente una cosa...» iniziai tra una risatina e l'altra.

E così gli raccontai di quella volta in cui la professoressa aveva tardato come sua consuetudine e in classe c'era la situazione più o meno come quella attuale, ma eravamo solo noi ragazze di seconda linguistico perché quella era un'ora normale, non di conversazione. Insomma non so bene come ma la situazione era degenerata in fretta: per quanto ricordavo, stavo canticchiando qualcosa ad alta voce, e Ashley mi aveva trascinata per un braccio dicendomi: «Oh, mettiti sopra la cattedra!». Le mie compagne avevano cominciato a sorridere e a dire: «Sì, dai!» «Sì, sì! Ahaha!». Io mi ero avviata verso la cattedra, mentre le altre mi incitavano con «Vai Roooose!» «Rose!». Così alla fine ero in piedi sopra la cattedra, mentre tutte iniziavamo a ridere. «Sì ma ditemi se tipo arriva...» avevo bisbigliato io. «Stai scialla, ti diciamo noi se arriva qualcuno» mi avevano risposto, impazienti di vedermi in azione. Ash aveva perfino tirato fuori un microfono dalla sua cartella e me l'aveva dato.

Insomma alla fine mi ero messa a cantare di tutto e di più, lassù sul palco (mi sentivo proprio in cima al mondo), tra le risate generali e i video che mi stavano facendo. Mi mettevo in posa molto teatrale, facendo finta di essere una postar, tra chi mi diceva «Tu sei fuoooriiii» ridendo e chi lanciava l'idea: «Dobbiamo fare la folla!».

«Dai, la folla» l'aveva appoggiata un'altra, e così tutte avevano iniziato ad acclamarmi.

«Volete il mio autografo?» chiedevo io, e loro scherzosamente mi porgevano i quaderni.

Alcune mie compagne erano rimaste alla porta a fare da sentinelle, e ci avvisavano quando vedevano arrivare qualcuno in corridoio, e allora noi tutte agitate tornavamo ai nostri posti cercando di fare finta di niente. Io scendevo svelta dalla cattedra e pulivo con la mano le impronte delle scarpe che vi avevo lasciato, ma vi ritornavo subito sopra quando vedevamo che il pericolo "adulto in arrivo" era passato.

«Ti eleggiamo la "Lady Gaga" di questa classe!» mi avevano detto.

Allora io ero tornata a mettermi in posa e avevo detto qualcosa di scemo, tipo «No one seems to be as high as I'm fabulous?» dicendo l'ultima cosa con fare da star.

«Eccola che ricomincia» aveva riso Scarlett, che ben conosceva la mia abitudine di mettermi a fare la superstar da un momento all'altro.

«Yeah! Yeah! Yeah for my yeah!» avevo continuato io, facendo divertire tutte.

Alla fine la professoressa non era più arrivata, e tutte noi eravamo scoppiate in una fragorosa risata pensando all'ora appena trascorsa in assoluta anarchia. «DA RIFAREEEEE» «Ahaha che figata!» «Rose ci hai fatto divertire tutte un casino!» «No anche perché ci vuole coraggio eh!!»

«Tu sei matta!» mi aveva detto una mia compagna, ridendo, e io le avevo risposto citando una frase di Capitan Jack Sparrow e imitando i suoi modi di fare: «Ringraziando il cielo, perché se non lo ero ci provavo col cavolo!» facendo ridere tutte quelle che mi avevano sentita.

Dopo quell'ora di pazzia -mi sa che era proprio giornata- ero perfino andata in giro per i corridoi in calzini tenendo le scarpe in mano (è una storia lunga) per andare verso l'aula della lezione successiva, come se fossi una profuga che scappava, e tutti quelli che mi avevano vista o mi avevano guardato male o si erano uniti alle mie risate, perché io in primis mi stavo divertendo come una cretina.

Guardai Warren e scoppiammo a ridere entrambi. Lui ancora non lo sapeva, ma io ero una pazza. Ecco perché mi chiamavano Stregatta Matta.

«Ti avevo vista» mi disse Warren.

«Cosa?»

«Mentre scendevi le scale in calzini.» Mi rivolse un sorriso divertito. «I calzini con Hello Kitty.»

Io esplosi in una fragorosa risata. Fantastico!!! Il ragazzo che mi piaceva da matti mi aveva vista fare la scema in giro per la scuola, ma non solo, si ricordava perfino del disegno che avevano i miei calzini! Ma che cavolo ahahah!

Warren mi mise un braccio attorno alle spalle e mi attirò a se, stringendomi al suo petto. Stava ridendo. «Non ti preoccupare: mi piace anche questo tuo lato pazzoide.»

Ridacchiai anch'io, accoccolandomi fra le sue braccia. Per fortuna che gli piaceva, altrimenti si sarebbe fregato da solo, ahaha.

Rimanemmo così per un po'. Io avevo l'orecchio appoggiato al suo petto, e stavo ascoltando i suoi battiti cardiaci regolari. Era molto rassicurante.

Warren parlò. «Ho pensato una cosa.»

Mi raddrizzai, allontanandomi dal suo petto per poterlo guardare in volto.

«Sai, quel sabato sera quando siamo usciti... Mi sono reso conto di una cosa che non posso trascurare...» iniziò.

Io stavo fissando le sue labbra che si muovevano mentre parlava, e mi ricordai di quando le aveva appoggiate alla mia guancia lasciandovi un'impronta di fuoco...

Non so bene come, ma senza neanche pensarci allungai una mano verso il suo volto e con l'indice iniziai ad accarezzargli il labbro inferiore lentamente, senza nemmeno rendermene conto. Dio com'erano morbide...

Warren mi afferrò dolcemente la mano. «Rose» mormorò. «Non puoi fare così con me. Mi fai venire voglia».

Allora io improvvisamente realizzai cosa stavo facendo e allontanai la mano. Lo guardai negli occhi e provai a giustificarmi. «Oddio... scusami... non me ne ero neanche accorta...»

Ma davvero gli faceva quell'effetto? Anche se lo stavo solo sfiorando?

Probabilmente lui lesse nei miei occhi la mia confusione e, come per farmi capire che effetto gli faceva, appoggiò la mano sul mio viso e imitò il mio gesto. In effetti, a sentire il suo pollice caldo che sfiorava le mie labbra così, e il suo palmo sulla mia guancia, mi faceva un effetto stranissimo. Stavo iniziando a eccitarmi e non andava per niente bene.

Capendo cosa aveva provato, mi sentii in dovere di scusarmi. «No ok scusa, hai ragione, non è proprio il caso. E poi siamo in aula sotto lo sguardo di tutti.»

Warren però non stava guardando me. Indugiò col dito sul mio labbro, si avvicinò di più come per vedere meglio e mi chiese: «Avevi un piercing?»

«Oh» feci, capendo che aveva notato il buchetto appena visibile. Lui allontanò la mano. «Sì. Io e Alex siamo andati a farcelo lo stesso giorno, sullo stesso punto. Era il giorno del mio compleanno. Vedi? Ho ancora il buco». Gli mostrai meglio la parte destra del mio labbro inferiore, dove ancora sentivo il calore delle sue dita, ma cercai di ignorarlo. «Qualche volta porto ancora il piercing ad anello. Alex lo ha a pallino e lo porta sempre. Poi vabbè, ho i buchi alle orecchie...»

Warren disse: «Anch'io ho l'orecchino qui». Mi fece vedere il lobo sinistro.

Sorrisi. «L'avevo visto. Mi piace un sacco» Avevo tipo gli occhi luccicanti. «Lo sai, io amo i "bad guys", con i piercing, gli orecchini e i tatuaggi! Però non troppi». Scossi la testa.

Warren sorrise, io osservai i tatuaggi a fiamma che aveva sui polsi e sorrisi anch'io.

Lui continuò. «Comunque sai? Anch'io avevo un piercing, qui sulla lingua» aggiunse indicandosela.

Osservai il buchetto che si vedeva a malapena. «Sì è vero... ma poi l'hai tolto perché... hai fatto infezione?» tirai ad indovinare.

Sembrava leggermente imbarazzato. «Ehm... beh, a dire il vero ho dovuto toglierlo perché...» Mi guardò, come incerto se dirmelo o no. «Si è fuso.»

I miei occhi divennero grandi come due palline da tennis.

Oh. Mio. Dio.

Lui aggiunse, non accorgendosi in che stato ero: «E ho fatto infezione per quello. Comunque...»

Ero completamente scioccata. Nell'espressione e nei pensieri. Ma... e allora... cosa succede se... se lo bacio? Se riesce a fondere un piercing in metallo, a me cosa succede, evaporo? Ahahah..., pensai, leggermente isterica. Mi portai le mani sulle guance, per nascondere il rossore improvviso del mio volto.

Forse Warren intuì almeno la natura dei miei pensieri, perché si affrettò a spiegare: «Ah! Ma era perché lo tenevo sempre no, quindi pian piano... è andato... cioè, hai capito?»

Adesso sì che era nervoso.

E io non avevo mai visto Warren così in imbarazzo. Era allo stesso tempo tenero e divertente.

Alla fine io gli scoppiai a ridere in faccia e lui si offese tantissimo.

«Eddai stavo scherzando!» gli dissi, ma non riuscivo a smettere di ridacchiare. Warren mi squadrò per un po' e alla fine rise anche lui. Per farmi perdonare gli diedi un bacetto sulla guancia e lui per tutta risposta mi mise un braccio attorno al collo e affondò la mia testa nel suo petto, strofinandomi le nocche sui capelli, mentre ridevamo entrambi. Rimanemmo in silenzio per un po', mentre ci calmavamo dalle risate, e poi io mi staccai lentamente da lui ricordandomi che non dovevo esagerare coi contatti.

Dopo un po' Warren si alzò perché doveva andare in bagno. Lo seguii con lo sguardo mentre usciva dall'aula, e in quel momento la mia compagna di classe Beatrice si avvicinò a me.

«Ciao Bea» la salutai.

Si sedette sulla sedia del banco di fronte a dove ero seduta io, girandola verso di me. «Posso farti una domanda?»

«Dimmi».

«Ma Warren non ti fa paura?»

Un po' sorrisi. Non mi sorprese quella domanda. Mi aspettavo che prima o poi qualcuna delle mie compagne me l'avrebbe fatta.

Gli anni scorsi, la "relazione" fra me e Warren era sempre stata uno degli argomenti principali di gossip in classe. "Relazione" tra virgolette perché fra me e lui non c'era nessun tipo di contatto, né fisico né verbale, ma tutte sapevano benissimo che io ero innamorata persa di Warren. Mi inventavo sempre soprannomi assurdi con cui chiamarlo (tipo "Brioche" o "Cotoletta" o ancora "Tacos"... non chiedetemi il motivo della scelta di proprio queste parole fra tutte, perché non lo so), per non farmi capire dalle altre quando parlavo di lui tipo con Ashley o Scarlett. Ma alla fine tutte avevano capito che lui mi piaceva, e devo ammettere che io per prima non è che mi fossi impegnata tanto a nasconderlo... Da quando lo fissavo per tutta la ricreazione cercando di non farmi notare da lui, o quando lo guardavo dalla finestra quelle volte che nella pausa rimanevo in classe, a quando lo pedinavo per i corridoi facendomi trovare in postazioni strategiche proprio dove sapevo che passava lui di solito... Tanto che le mie compagne avevano iniziato a chiamarlo "mio moroso", tipo mi dicevano «Guarda Rosalie c'è tuo moroso!» quando lo vedevano dalla finestra, o «E alla festa c'era anche tuo moroso...», e io non potevo fare a meno di scoppiare a ridere. All'inizio la cosa mi aveva imbarazzata non poco, ma poi ci avevo fatto l'abitudine.

«Bea... devo confessarti una cosa. Sai perché gli anni scorsi non mi sono mai avvicinata a lui?»

Lei scosse la testa e mi si avvicinò di più, interessata. «No. Non l'ha mai capito nessuna. Cioè se ti piaceva così tanto perché non gli hai mai parlato?»

Sorrisi amaramente, ripensando a tutte le occasioni sprecate gli anni precedenti. «Perché faceva paura anche a me.»

Lei sgranò gli occhi. Era una cosa di cui erano a conoscenza solo i miei amici più stretti. «Ma adesso state assieme no?»

Stavo per risponderle quando iniziarono ad aggregarsi attorno a me anche le altre mie compagne. Siccome quell'argomento interessava a tutte (c'erano talmente pochi gossip in classe nostra, che quello era il più succoso) e iniziarono a farmi un sacco di domande e commenti.

«Vi siete già baciati?»

«Oddio no che bello!»

«Sarai pur contenta... dopo tutti questi anni che gli corri dietro»

«A me fa paura»

«Però Kelly devi ammettere che è figo.»

«Sì è proprio bello però mi fa paura lo stesso»

«Invece a te, Rose, lui è sempre piaciuto»

«E poi ha un fisico...»

«Sì beh! L'avete visto durante Salva il Cittadino??»

«Mamma mia...!»

«Ragazze, io sono ancora qui!» avevo cercato di dire io divertita, alzando un po' la mano per farmi notare. Volevo ricordare loro che stavano parlando di quanto fosse figo il ragazzo che amavo io, ma loro non mi badavano neanche e continuavano con le loro considerazioni.

«Io non avrei avuto il coraggio di parlargli»

«Però voi due state benissimo assieme!»

«Sì, lui con te diventa un'altra persona»

«È vero, quando è con te non fa più paura»

«Sai un po' ti invidio...»

«La vostra storia d'amore è così romantica»

«È vero, due Elementi opposti come i vostri non possono che essere ancora più meravigliosi assieme»

«Lui è il fuoco fatto persona, secondo me devi stare attenta!»

«Ma Emily cosa dici! Ma saprà lei no?!»

«No ma Rose veramente»

«Macché...»

«Rosalie non ascoltarla»

«Warren con te è sempre così gentile!»

Non potei fare a meno di sorridere a tutti quei loro commenti. Avevano ragione: Warren con me diventava un'altra persona. Veniva fuori il meglio di lui, e io mi sentii lusingata al pensiero di ciò. Mi sentivo privilegiata. Potevo vedere un lato di lui che agli altri era celato.

Le mie compagne si dispersero rapidamente quando videro Warren rientrare in classe. Lui tornò a sedersi di fianco a me sul pavimento in fondo all'aula. Beatrice però era rimasta sulla sedia, forse non accorgendosi che Warren era tornato, e ora lo stava fissando un po' impaurita.

Lui guardò un attimo lei, con sguardo interrogativo, poi si rivolse a me. «Perché c'era la folla attorno a te?»

Non sapevo come rispondergli. Di certo non potevo dirgli che tutte le mie compagne avevano paura di lui... Così gli risposi semplicemente: «Stavamo parlando di te.»

«Di me?»

Annuii con un sorriso. «Alle mie compagne piacerebbe conoscerti.»

Guardammo entrambi Beatrice seduta di fronte a noi, che spalancò la bocca interdetta. Spostò lo sguardo da me a Warren, non sapendo cosa fare.

Allora lui, dopo averla squadrata per un po', le disse: «Ciao». Sembrava quasi una domanda.

Bea si stava già alzando in piedi per andare via prima di trovarsi in una situazione imbarazzante, ma al saluto di Warren si bloccò. Allora tutta timida (non era da lei essere timida!) gli fece «C-ciao...», poi si girò e andò via, unendosi al gruppetto vicino alla cattedra.

Warren spostò lo sguardo a me, confuso, e io ridacchiai. «Lascia perdere» gli dissi, scuotendo la testa divertita.

Trascorremmo il resto dell'ora lì seduti a parlare del più e del meno, facendo molta attenzione a non toccarci, anche se non mancava molto al suono della campanella. Alla fine i professori non arrivarono proprio a quella lezione, e senza tanto chiederci il perché, noi studenti ci mettemmo a esultare e ridere per l'ora di libertà appena trascorsa.

Prima di uscire per andare in ricreazione, Warren mi chiese se poteva venire da me quella domenica e io, senza pensarci due volte, gli dissi di sì.

Forse sperava di trovarmi di nuovo in mutande.

  
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