Erina
era nella sua camera, da sola, con i suoi pensieri a tenerle compagnia. Il ballo
era stato ricco di emozioni e di sorprese. Aver scoperto che Yukihira era il
figlio di Joichirou l’aveva scioccata, si sentiva in colpa per tutte le
cattiverie che aveva detto a Soma, ma nonostante la verità non poteva certo
pensare di Yukihira come un cuoco d’elité.
Comunque
apprezzava il fatto che Yukihira si sforzasse tanto per superare la cucina del
padre e anche per lei Joichirou era un modello fondamentale a cui ispirarsi.
Tuttavia
era confusa sul rapporto tra Saiba e suo padre. Come si erano conosciuti? Perché
aveva avuto l’impressione, alla festa, che non andassero molto d’accordo?
Aveva
assaggiato il cibo di Soma che le aveva doto quella sera, ma era ancora lontano dalla perfezione di Joichirou
Saiba. Così si addormentò con la mente affollata di domande.
- Come
mai mi hai fatto chiamare, papà? – chiese Erina il mattino seguente.
-
Oggi pomeriggio dopo le lezioni vorrei che mi raggiungessi qui in ufficio, perché
devo parlarti di una cosa importante. –
-
Aspetta, quindi posso frequentare le lezioni? – domandò speranzosa la ragazza.
-
Certo tesoro, se lo desideri, ma non scordarti di oggi pomeriggio. –
-
Non mancherò. – disse Erina felice di poter rivedere Hisako, ma prima di uscire
dalla stanza fece una domanda a suo padre – Come vi siete conosciuti tu e
Joichirou Saiba? –
-
Te ne parlerò in un altro momento. Sono occupato al momento. Ci vediamo dopo. –
Erina
si diresse verso l’aula di storia della cucina delusa dalla risposta fredda di
suo padre. Hisako era felicissima di vedere Erina a lezione, mentre gli altri
studenti un po’ la temevano perché faceva parte dei migliori dieci e perché era
la figlia del direttore che stava conducendo la nuova rivoluzione.
Il
pomeriggio non tardò ad arrivare ed Erina si trovò nell’ufficio di suo padre come
se il tempo fosse volato in un istante. Alice intanto che cercava il suo
assistente vide la porta di suo zio semi aperta e con lui sua cugina così si
fermò ad ascoltare ogni cosa.
-
Vado dritto al punto, Erina. Vorrei che facessimo un viaggio all’estero. In America.
Ci sarebbero delle persone che voglio farti conoscere –
-
Ma…all’estero? E la scuola? –
-
Non preoccuparti, non saranno più di quattro o cinque mesi puoi sempre
recuperare. Sei preparata abbastanza con la teoria e poi sono io il direttore
quindi non ci sono problemi.
-
Ma… - non sapeva come controbattere. Questa sarebbe stata la sua fine.
-
E’ un’occasione per conoscere nuovi sapori, persone e luoghi. Non farà che
accrescere le tue abilità culinarie questo viaggio, vedrai! E poi in questo
modo non disturberò i tuoi amici del dormitorio Stella Polare e sospenderò un po' anche gli shokugeki. –
Era
chiaro che Azami voleva convincere con ogni mezzo sua figlia anche ricorrendo
ad azioni buone.
Erina
ricordò tutti i volti dei ragazzi del dormitorio Stella Polare. Amici? Erano
davvero diventati suoi amici? Tutto quello che sperava Erina era che Azami li
lasciasse in pace.
Amici
o no erano delle brave persone con cui
aveva passato dei momenti sereni a parte Yukihira che la infastidiva sempre.
-
Inoltre. – continuò Azami – Potrò spiegarti come conosco Saiba Joichirou. –
Erina
sapeva che accettando di partire avrebbe rinunciato alla sua libertà, ma
desiderava dare tranquillità ai ragazzi della Stella Polare e di coloro che
potevano perdere le loro attività in ogni momento. Poi era davvero curiosa di
sapere di Joichirou e di suo padre così decise in fretta.
- D’accordo,
partirò con te. Quando patiremo? –
-
Domani pomeriggio. Il più presto possibile. –
-
Domani? – domandò sorpresa la figlia.
-
Si, così non perdiamo tempo e tu puoi salutare i tuoi amici. Puoi andare ora. –
disse tranquillo Azami seduto alla scrivania.
Suo
padre aveva preparato tutto prima ancora di conoscere la risposta di Erina. Ma ormai era troppo tardi per lei.
Erina
uscì dallo studio con la testa bassa.
-
Non posso credere che tu abbia accettato di partire. – disse Alice qualche
metro più avanti.
-
Alice… -
-
Se partissi non ti perdonerò. –
Erina
non rispose. Andò via senza degnare di uno sguardo Alice.
La
ragazza dai capelli bianco platino sbuffò per poi di colpo intristirsi. Si rendeva
conto che sarebbero state nuovamente lontane.
Erina
quella sera non toccò la cena, ma si preparava psicologicamente alla partenza. Non
avrebbe avuto vicino né la sua amica Hisako né un conoscente stretto, ma solo
suo padre. Suo nonno riprendeva temporaneamente il suo ruolo di direttore ma
non aveva il diritto di fare alcun cambiamento senza la consultazione di Azami
o dei migliori dieci.
Alle
lezioni del giorno dopo Erina non si presentò e Hisako incominciò a
preoccuparsi, perciò avrebbe chiesto ad Alice se ci fosse stato un problema.
Erina
stava facendo le sue valigie. Non voleva l’aiuto di nessuna domestica e di
proposito non era andata a lezione quella mattina perché era troppo doloroso
dire della sua partenza a Hisako.
“Sicuramente
prenderà male la notizia” pensò a come avrebbe potuto reagire la sua amica.
Tuttavia
colui che non voleva più di tutti incontrare era Yukihira.
Di
lui però non riusciva a immaginare la reazione del ragazzo a questa improvvisa
partenza.
“Forse
incomincerebbe a sparare battutine stupide e insensate” pensò Erina. Sarebbe partita
alle prime ore del pomeriggio e ancora i suoi pensieri non le davano pace. Cominciò
a credere che avrebbe passato mesi di terrore con suo padre.
Finché
non bussò alla sua porta Saenzemon.
-
Nonno! – lo abbracciò d’impulso. Voleva tanto tornare come i vecchi tempi solo
loro due senza Azami e questa insensata partenza.
-
Mi dispiace nipotina mia. Ma proverò a fare qualcosa, vedrai. – la consolò suo
nonno sempre disponibile e affettuoso.
-
Grazie nonno, ma cerca di non metterti nei guai per me, ok? –
-
Abbi fiducia. Farò il possibile. –
La
partenza era agli sgoccioli Erina era sul punto di salire sulla vettura nera,
la solita limousine quando sua cugina la fermò.
-
Che fai qui Alice? Non mi farai cambiare idea perciò.. – Erina non finì la
frase perché Alice le aveva mollato uno schiaffo sulla guancia.
-
Stai sbagliando, sappilo. – disse Alice senza rimorsi di quello che aveva
fatto.
Erina
aveva la guancia rossa ma non le importava, indossò gli occhiali da sole e disse – Non essere triste per me, me la caverò. –
Ryou
a fianco di Alice poté notare una lacrima sul volto della ragazza, ma tacque.
Erina
salì sulla limousine e si raccolse i capelli in modo tale da farli entrare in
un cappello che avrebbe indossato per non farsi riconoscere dai paparazzi poi
ordinò al guidatore di partire. Il volo per New York l’aspettava.