Videogiochi > Final Fantasy VIII
Ricorda la storia  |       
Autore: Leonhard    02/02/2016    6 recensioni
Alla fine il suo mondo si era sempre ridotto a quello: un intero universo, il suo, che partiva dalla porta e finiva alla finestra. Ed in mezzo lui, in silenzio, ad interrogarsi sul perchè una cosa come quella era successo proprio a lui: un'altra domanda che non avrebbe mai avuto risposta. Aveva affrontato Streghe, Cavalieri, mostri di ogni tipo e poi era arrivato bello bello un RubRum Dragon che aveva provveduto a mettergli addosso una catena che mai, mai sarebbe riuscito a togliersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NOTA DELL'AUTORE:
Salute a tutti. Non potevo stare lontano da questo fandom per troppo tempo e così sono tornato con una fic nuova e fresca per la gioia(?) di tutti coloro che hanno avuto modo di apprezzare i miei vecchi lavori.

E così sono ricomparso come un herpes a scrivere, scrivere, scrivere e nel tempo libero scrivere. Mi auguro che questa breve storia venga accolta con lo stesso calore con cui sono state accolte le altre: io cercherò come sempre di dare il massimo per divertirvi e strapparvi per qualche minuto dalla realtà.

Un saluto a tutti quanti, ci leggiamo alla fine dell'opera.

Leonhard


 
TO LOSE


Squall non aveva che due certezze nella vita. Solo due, le stesse che avevano tutti i SeeD presenti nel Garden di Balamb. Non erano cose che normalmente pensava: tendeva a lasciarsele scorrere addosso, esattamente come gli era stato insegnato. Avere pensieri disturbava la concentrazione, la lucidità ed il sangue freddo, le tre cose più importanti durante una missione.

Ma in quel momento, svaccato sul letto e con la noia che lo lavorava a dovere, non gli venne in mente nessun motivo per non pensarci. Erano certezze: voleva dire che non c'era modo di evitarle, indipendentemente da quanto si fosse allenato e da quante e quali cariche avrebbe ricoperto. Matricola, SeeD, Comandante, Cavaliere della Strega, non importava: era certezze e non si discuteva.

Prima certezza della vita: si muore. Tutti. Nessuna eccezione.

Seconda certezza: l’ultima missione attiva per tutti. Nessuna eccezione.

Con un sospiro si alzò e si avviò alla mensa, in compagnia di una sorda voglia di caffè. Era arrivata una richiesta di intervento due giorni prima: i clienti erano stati Watt e Zone dei Gufi del Bosco. Dicevano che Timber era prossima alla liberazione e, come da contratto, i SeeD dovevano intervenire. Il preside aveva dato disposizione perché partissero tutti tranne Squall: lui era stato assegnato ad un'altra missione, più lontana, più pericolosa e, anche se nessuno ancora lo sapeva, più personale.

Rinoa era andata con loro: non poteva non essere presente alla liberazione di Timber e lei l'aveva capita. Alla sua richiesta aveva annuito una volta sola, mentre lo stomaco gli si contorceva per la paura di vivere un'altra esperienza come quella infantile, un sorellina-io-sono-solo-bis. Lei, percependo il suo terrore, gli aveva stretto leggermente il braccio e gli aveva sorriso.

“Tornerò” aveva promesso, sussurrandola con una tale dolcezza che in qualche modo anche lui si era convinto. “Io voglio stare con te, Squall: solo che...non sai da quanto tempo aspettiamo una cosa del genere: io ho bisogno di essere lì quando avverrà. Quando sarà tutto finito tornerò qui da te”.

Come poteva dirle di no, di non lasciarlo solo, della sua folle paura di non vederla più? Era una cosa sua, una cosa che per un sacco di tempo aveva lavorato, combattuto, una cosa che aveva lasciato da parte per seguire lui in una campagna che non le era veramente appartenuta finché non era diventata Strega. Ma quando lo era diventata era già troppo tardi: lui teneva a lei e lei teneva a lui: era già comparso quel sottile, indistruttibile legame che li aveva portati sul balcone del Garden, quando lui l’aveva presa per la vita e l’aveva baciata. Il quel momento, almeno nella sua mente, tutto c’era meno l’indipendenza di Timber.

La convinzione di non essere più solo.

Prese il caffè seduto alla mensa, ignorando le occhiate ed i sussurri ammiccanti nella sua direzione dei cadetti SeeD, delle matricole che avevano sicuramente sentito parlare di lui e delle ragazze che, Irvine insegna, non c’era nulla al mondo che le attraesse più di un eroe che ha salvato il mondo.

Il mondo? No, lui era andato avanti: l’eroe che salva il mondo c’è solamente nei romanzi, nei film e nei videogiochi. Lui aveva salvato il tempo e questo voleva dire il mondo di ieri, di oggi e di domani, di tutti i domani. Ogni domani che quelle persone avevano lo dovevano a lui ed alla sua squadra di elementi che alla cerimonia dei diplomi non valevano più di quelli che stavano loro accanto.

Lui lo sapeva e se ne fregava di tutti quegli sguardi ammirati e delle occhiate languide e perse delle ragazze che incrociava nei corridoi. Si volse verso la finestra ed il suo sguardo si perse verso la terraferma: il Garden aveva scortato la squadra a Timber e poi si era mossa verso Winhill, ma senza lasciare il mare. L’avrebbe lasciato poco distante dal villaggio e poi avrebbe fatto rotta nuovamente nei pressi di Timber, città a quell’ora meno occupata ma non per questo libera.

Rinoa doveva restare nei pressi del Garden quando non rinchiusa dentro: era il modo migliore per tenerla al sicuro da un mondo che si proclamava ormai libero da tirannie e terrori militari, ma ancora prigioniero della paura verso il diverso, verso lo speciale, verso un certo potere magico tremendamente alto rinchiuso nel corpo di una ragazza che non aveva ancora fatto vent’anni. Una ragazza dal carattere deciso e sincero, ma reso volubile ed instabile dall’amore che provava per lui: per lo meno, secondo Edea. È una ragazza, innamorata per di più: i poteri da Strega dovrebbero stare in una cassaforte ed invece sono in una piastra di Petri. Wow, confortante.

I motivi per cui Rinoa doveva stare all’interno del Garden erano due: protezione e prevenzione. Il mondo non era pronto alla comparsa di una Strega, anche se giovane, non quando la minaccia di un governo gestito da una come lei era così vicina. E poi, il Garden di Balamb era famoso e rinomato per il suo corpo ammazza-Streghe: se ci fossero stati problemi, beh…era giusto che se ne occupasse lui.

Uscì dalla mensa e si diresse all’ingresso del Garden, con il Gunblade appeso alla sua spalla: aveva deciso di portarlo sulla schiena e non al fianco dopo un incidente con la custodia. Non era stata una vera e propria emergenza, o comunque non un’emergenza che implicasse l’estrazione rapida di un Lionheart. Semplicemente aveva stabilito che un’arma grossa come quella al fianco aveva lo sgradevole vizio di insinuarsi in mezzo alle falcate durante i suoi giri al centro addestramento ed ogni volta terminava in ruzzoloni e capitomboli decisamente non da eroe-che-aveva-salvato-il-tempo.

“Ciao Squall” salutò Cid all’ingresso. Lui si mise sull’attenti e fece il saluto.

“Signor preside” rispose lui, marziale. L’uomo fece una risata bonaria.

“Squall, il tuo grado non è più importante del mio” disse. “Non mi devi il saluto ogni volta che ti rivolgo la parola”. Il ragazzo rimase immobile e fermo sull’attenti finché il preside non gli concesse il riposo.

“I dettagli della missione?” chiese.

“Farai da guardia del corpo a Laguna” fu la risposta.

“…prego?” chiese lui, aggrottando un sopracciglio. L’uomo sorrise, nascondendo le mani dietro la schiena.

“Il presidente Laguna deve recarsi a Winhill per faccende personale ed ha richiesto una guardia del corpo” specificò.

“Non credevo che il presidente di Esthar avesse bisogno della SeeD per farsi scortare in un paese come Winhill” osservò Squall, non del tutto contento di un incarico banale come quello.

“Sì, nemmeno io” assentì Cid. “Ma ha pagato per i servigi di un SeeD e Hyne solo sa quanto abbiamo bisogno di fondi in questo periodo: con la scomparsa della Strega non abbiamo più alcun tipo di esclusiva ed il Garden di Galbadia è molto competitivo sul mercato. Inoltre ha fatto esplicita richiesta di te”. Fantastico: tre giorni in compagnia di quell’idiota di presidente, un soldato che si sarebbe perso anche nel discount sotto casa, un uomo che si faceva mille complessi stupidi prima di farsi una figura epocale solo per essersi avvicinato ad un pianoforte.

Ah, e tra l’altro suo padre.

Che diavolo ci faceva il presidente di una città ipertecnologica come Esthar in un paesino sperduto come Winhill lo sapeva solo lui. La domanda gli vorticò nella testa per tutto il tragitto, ma quando lo vide sbracciare nella sua direzione, urlando il suo nome con gioia quasi infantile ebbe il buon gusto di tenersi la curiosità per sé.

“Ciao Squall!” esclamò, felice di vederlo. “Ne è passato di tempo, eh?”. Lui non seppe fare nulla se non fissarlo: la notizia della parentela gli era giunta poco dopo il loro ritorno dalla Compressione Temporale. Laguna lo aveva preso in disparte e, davanti ad un bel whisky doppio, aveva vuotato il sacco: pochi secondi dopo, necessari per metabolizzare la notizia, Squall aveva vuotato il bicchiere con un sorso solo, poi un altro ed un altro ancora. Della sua prima sbronza ricordava poco, ma i postumi li aveva ancora abbastanza vividi per non accostare alla bocca nulla di più forte di una limonata. Laguna accolse il suo silenzio con una grattata alla nuca ed un sorriso di circostanza.

“È da un po’ che non ci vediamo, eh?” disse. Squall sospirò, si mise una mano sul fianco e si guardò intorno.

“Che ci fai in questo posto?” chiese. “Credevo che il presidente di una città come Esthar non potesse allontanarsi così tanto”.

“Beh, tecnicamente è così” rispose. “Ma Kiros e Ward hanno il preciso compito di non farlo sapere in giro: se Odaine lo viene a sapere mi farà una lavata di capo di ore e non so se è più terrificante i suoi discorsi sulla disciplina e sull’onore di essere presidente o il dialetto con cui mi snocciola tutta questa manfrina”. Un sorrisetto increspò il viso del SeeD nell’immaginarsi la scena.

“Quindi sono al tuo servizio per quanto?” chiese Squall tornando serio.

“Oh non è una cosa lunga” replicò Laguna, agitando una mano. “Per stasera sarai nuovamente al Garden ed io sul mio elicottero. Solo che mi serve il tuo aiuto per tutto il giorno: è una cosa che solo recentemente ho trovato il coraggio di fare”. La curiosità serpeggiò nella mente di Squall, ma non fece domande.

“Vogliamo andare?” propose. L’uomo sorrise ed annuì.

Il paese era pacifico, quasi sonnolento, esattamente come entrambi lo ricordavano. I due camminarono per il paese, in silenzio: persino Laguna, con la sua parlantina che gli aveva procurato il malvoluto ruolo di presidente non sapeva bene che pesci pigliare con il suo stesso figlio.

Con grande sorpresa di Squall, entrarono in un bar e si sedettero. Laguna ordinò un elisir al mirtillo e, quando il SeeD non proferì verbo, ne prese due. Le due bevande arrivarono che i due non avevano ancora proferito verbo: Squall era insieme confuso e stupito, mentre Laguna lo guardava con uno sguardo gentile, quasi…Hyne non voleva dirlo…paterno.

“Fammi capire…” borbottò Squall, appoggiandosi al tavolo e senza degnare di uno sguardo la bottiglia di elisir. “La missione per la quale mi hai reclutato è prendere da bere?”.

“Sì” rispose Laguna.

“Stai scherzando” decise il ragazzo, perplesso, ben sapendo che quell’uomo era capace di arrivare anche a quello. Scosse la testa.

“No, niente affatto” disse, versandosi l’elisir nel bicchiere e lasciandoci cadere un cubetto di ghiaccio. “Volevo solo passare un po’ di tempo insieme: tutto qui, dico davvero”.

“Se ho sempre rifiutato i tuoi inviti è perché non voglio passare del tempo con te” sibilò lui, gelido. “Non ho bisogno di un padre: non a diciotto anni”. Il sorriso dell’uomo divenne triste.

“Lo so, Squall” disse. “So che ce l’hai con me e che non mi vedi come un padre, ma io non voglio questo da te: so quello che ho fatto e quello che avrei dovuto fare e non ho intenzione di campare scuse. Avrei dovuto starti vicino, venirti a prendere alla prima occasione e tenerti con me e comportarmi da padre. Non ho il diritto di essere tuo padre e per questo non voglio che tu mi veda in queste vesti”.

“Allora cosa vuoi?” chiese lui. “Perché questa farsa? Perché mi hai reclutato?”. Laguna non rispose subito. Si accasciò contro lo schienale della sedia con un sospiro, poi bevve un sorso dal bicchiere: a Squall sembrò stranamente a disagio e così…stanco.

“Volevo solo parlare un po’” rispose. “Con qualcuno che non mi vedesse come il presidente di Esthar. Tu sai quanto questa carica mi sta stretta: tutto quello che volevo fare era tornare da Raine e dal Ellione, ma non mi è stato possibile”. Squall non rispose. Voleva parlare? Che storia era quella?

“Che succede Laguna?” borbottò: era una domanda di rito, in realtà non aveva la minima voglia di ascoltarlo. L’uomo scosse la testa.

“Nulla: cosa deve succedere? Sono solo un po’ nervoso” rispose.

Squall sospirò. In qualche modo sentiva di capirlo, anche se mai si era trovato in una situazione come la sua. Si appoggiò allo schienale della sedia ed incrociò le braccia. Vedeva la sua frustrazione, i suoi rimpianti erano stampati in faccia e la vergogna erano quegli occhi fissi sulla bottiglia di elisir, come se fosse particolarmente interessante.

“Non ce l’ho con te” borbottò infine. Distolse lo sguardo quando l’uomo alzò il suo su di lui. Il resto fu silenzio: Squall non sapeva veramente cosa dire e non sentiva che ci fosse realmente bisogno di parole, anche se mille domande rischiavano di farlo impazzire.

Perché lì? Perché adesso? Perché Ellione e non lui? Perché, perché, perché. Per tutta la sua vita aveva evitato di domandarsi perché: sapeva che era la domanda più pericolosa del mondo ed in quel momento avrebbe preferito la tensione di combattere Omega Weapon con un Gunblade spezzato e scarico a quella. Prese la bottiglia di elisir e bevve.

Quando uscirono dal bar era ormai tardo pomeriggio. Il tramonto a Winhill era da considerarsi come una delle meraviglie del mondo: il sole morente all’orizzonte colorava la campagna di un giallo abbagliante ed i raggi sfioravano i tetti e la strada, accarezzandoli con una dolcezza quasi commovente. Laguna si stirò la schiena e sbuffò il suo sollievo.

“Beh, avrei ancora una tappa da fare prima di tornare all’elicottero, ma sono sicuro di potermela cavare da solo tranquillo” disse. All’elisir se n’era aggiunto un altro lì dentro ed erano riusciti a parlare solo della situazione economica e politica tra Esthar e Galbadia: il colonnello Caraway aveva riaperto la superstrada e fatto di FH il più importante centro di scambio tra i due paesi.

“Quello sgangherato porto ne aveva bisogno” aveva commentato Laguna. “Adesso la città è in ristrutturazione e diventerà ricca e fiorente: sono veramente contento del nostro lavoro”. Squall non aveva risposto: non era particolarmente interessato, ma preferiva che lui parlasse di cose futili e senza senso piuttosto che far parlare lui.

“Dove devi andare?” chiese Squall, sospettoso.

“Solo in cima alla collina” replicò lui, indicando un punto poco oltre i confini della città. “C’è Raine da quella parte”. Il SeeD non rispose: si limitò ad abbassare lo sguardo ed a fissare un punto imprecisato del selciato. “Non ti chiederò di venire: ho bisogno di parlare con lei da solo”.

“Ne sei sicuro?” chiese Squall diffidente. Da un lato era contento di poter tornare alla sua noiosa camera, ma dall’altra era preoccupato: era preoccupato perché si era sentito in qualche modo bene e, anche se non lo avrebbe ammesso mai, sentiva un sordo desiderio che quel giorno non passasse, che quel sole non tramontasse. Laguna annuì con un sorriso.

“Si” disse. “Ho passato una bella giornata con te: vorrei che tua madre lo sapesse”. Infine annuì anche lui.

“Beh, allora…ehm…” disse. Non sapeva cosa dire e Laguna venne ancora in suo aiuto.

“Sono abbastanza sicuro che in questi casi si dica alla prossima, rompiscatole” disse, con un sorriso divertito. Sul viso di Squall comparve un piccolo sorriso.

“Giusto” mormorò. “Stammi bene Laguna”.

“Certo; anche tu”.


Il Garden era parcheggiato a pochi chilometri di distanza dal paese: torreggiava imponente sull’orizzonte, bagnato anch’esso dalla luce tenue del tramonto. Il sole morente gli conferiva un’aura quasi mistica, la spessa lamiera bianca e blu brillava si poteva quasi dire di luce propria e Squall si affrettò verso l’accademia. Si sentiva agitato, pesante, ancora con le budella in subbuglio per la giornata passata con suo padre; non era assolutamente il caso di chiamarlo così e lui non pensò nemmeno quella parola. Si chiese se gli altri fossero tornati, se lo stessero aspettando: si chiese se avrebbe trovato Zell nell’atrio, che aspettava solo lui per una birra e quattro chiacchiere. Si chiese se Quistis gli avrebbe chiesto com’era andata e Rinoa: ci sarebbe stata Rinoa? Sarebbe tornata da lui?

Altri punti interrogativi che andavano a sommarsi ad altri. Alcune avrebbero avuto risposta presto, per altre avrebbe dovuto aspettare mesi, anni. Altre non l’avrebbero mai avuta: sarebbero state per sempre domande insoddisfatte, domande incomplete. Tra lui ed il Garden improvvisamente comparve un rosso che lo riscosse.

(Un RubRum?) pensò, spiazzato dalla bestia che gli ruggiva in faccia. “Che diavolo di fa un RubRum da queste parti?”. Sguainò il Gunblade e scartò di lato per evitare una zampata della bestia. Forte dell’elisir, attaccò ma il drago sbatté le ali spostandosi quel poco che bastava per evitare il fendente. Si raddrizzò sulle zampe posteriori, ringhiando: Squall si rese conto che era un grosso esemplare, probabilmente un capobranco. E lui era solo e con poche junction. Digrignò i denti e si volse per fuggire, ma fece pochi metri ed il drago fu nuovamente davanti a lui; tra le fauci ardevano le fiamme del suo prossimo attacco.

Rapido si spostò sotto il ventre del drago e mosse un fendente. La lama penetrò facilmente la tenera carne del ventre della bestia, che squarciò l’aria con un ruggito insieme furioso e dolorante. Squall non demorse e spinse il Gunblade in profondità nella carne; non contentò premette il grilletto e scaricò il tamburo contro il drago, che sussultò ad ogni colpo. Dallo squarcio sgorgò copioso il sangue che gli macchiò il viso ed i vestiti. Bruciava. Dove aveva letto che il sangue del RubRum aveva la stessa temperatura dell’acqua in ebollizione? Strappò via la lama e scartò via da quella pioggia ustionante. Si sentì quasi al sicuro, alle spalle del bestione che, con un ultimo strozzato ruggito perdeva l’equilibrio.

Quello che in gergo si chiama colpo di coda indica un’ultima rappresaglia prima della sconfitta. Una sorta di premio di consolazione, un modo come un altro per lasciare il segno del proprio passaggio, anche se superfluo visto l’epilogo a cui si andava incontro. Squall ebbe appena il tempo di volgere un’occhiata al Garden: una squadra si era accorta del pericolo e tre figure ancora troppo piccola per essere distinte si muovevano tremolanti sotto il Garden, apparentemente lanciate velocemente nella sua direzione.

Poi lo schianto.

Si sentì improvvisamente leggero, mentre un dolore quasi insopportabile esplodeva nel suo cervello. Davanti a suoi occhi il mondo si trasformò in un turbinio di colori dalle forme indistinte: macchie colorate saettavano sotto il suo sguardo, attonito e disorientato. Poi l’impatto e le macchie colorate lasciarono il posto ad una visione di tutte le stelle del firmamento: più di quante avesse visto in tutta la sua vita e lui era stato nella spazio.

Il dolore s’ingigantì, a tal punto da non permettergli di urlare, di tendersi, di muoversi, nemmeno di respirare. Rimase a boccheggiare, mentre davanti ai suoi occhi tutte quelle stelle non smettevano di nascere e scomparire, nascere e scomparire. Sentì come un fruscio il pesante tonfo del drago che stramazzava morto a terra, ma era un fatto che aveva improvvisamente perso ogni attrattiva ed ogni importanza: la priorità in quel momento era tornare a respirare. Non riuscì a mettere insieme due pensieri, il suo cervello era preso dal panico più cieco e non fu in grado di fare nulla se non di star immobile ed ascoltare il suo cuore che batteva forsennatamente ed a guardare quei lampi che aveva davanti agli occhi. Poi tutto scomparve: lampi, dolore, asfissia, cuore, tutto. Ciò che rimase fu il buio in cui lui non poté fare a meno di annegarci dentro.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VIII / Vai alla pagina dell'autore: Leonhard