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Autore: myheartwillgoon    02/02/2016    0 recensioni
Tutto iniziò con una vacanza... Da sola, a Dublino
La famiglia che la ospita diventa la sua seconda casa. Marito e moglie con due figli adorabili.
Uno scontro con un uomo al parco la condiziona nel profondo.
Una serie di coincidenze li riporta a rincontrarsi.
Un incidente e tutto va a rotoli.
L'odio che prova è grande, ma riuscirà a resistere al suo cuore?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny O'Donoghue, Glen Power, Mark Sheehan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sedile di pelle, che doveva essere morbidissimo, aveva assunto la stessa consistenza di una roccia e mi costringeva in una scomoda posizione, facendomi sembrare una sorta di manico di scopa.
            Probabilmente anche Danny se ne era accorto, a giudicare dal sorriso sfacciato che aveva. Intorno a bocca e occhi la pelle era stropicciata, solcata da piccole pieghe che ricordavano la superficie di uno stagno quando ci si getta un sasso. Questo mi ricordò che, per quanto potessi negarlo, non era più un ragazzino e probabilmente il suo interessse verso di me si limitava alla semplice simpatia.
            Lottando con tutte le mie forze contro il nervosismo provai a rilassarmi, adagiandomi allo schienale. «Pensavo che Mark avesse fatto montare senza dirmelo dei chiodi nello schienale» disse ad un certo punto, facendomi arrossire. Ma perchè avevo accettato l'invito?
            «No.. È solo che ho problemi alla schiena.» Lo guardai con convinzione, sperando di non aver distrutto completamente la mia reputazione. Ma lui continuava a sogghignare, come se lo divertisse ogni mia stranezza.
            «Posso chiederti una cosa?» gli domandai.
            «Spara.»
            «Ma trovi così divertente ogni cosa che dico o quel sorrisetto è dovuto ad una paralisi?»
            Rise. Come se non avesse fatto altro in quel lasso di tempo. «Io rido quando sono nervoso o quando sono in imbarazzo. In questo momento per entrambi i motivi.»
            Rimasi interdetta. Pensare che Danny, un cantante carismatico e dal fascino magnetico si trovava in imbarazzo per causa mia non fece altro che peggiorare la situazione. Così decisi di tagliare corto e cambiare argomento: «Come va la guarigione?»
            «Non male... ho ancora un grosso livido all'altezza delle costole fratturate» ed alzò la maglia per mostrarmi una grossa macchia violacea «ma sto bene.»
Poi prese una pausa, sospirò e disse: «Ma continuo a fare esercizi per la voce. Quando parlo è normale, ma quando provo a cantare sembro un'oca starnazzante.»
            «Mi dispiace...»
            «Oh, non dispiacerti. Non è colpa tua. E scusa ancora per essermela presa con te, non avrei dovuto.»
            «Non pensarci.»
            «Sai, ho ricevuto le scuse della famiglia di Kevin, l'uomo che... beh, che mi è venuto addosso. Erano mortificati. Ma non lo incolpo. Io sono ancora vivo, lui no.»
            Aveva assunto un'aria malinconica. Perchè i nostri discorsi dovevano sempre vertere su morti, malati e feriti? Mi sembrava parlare con mia nonna, quando mi parlava di gente sconosciuta che era morta o stava morendo. «Che ne dici di cambiare argomento? Altrimenti potrei iniziare a deprimermi!» sdrammatizzai, strappandogli un sorriso.
            «Ci sto!» rispose. «Iniziamo con te: come sei arrivata in questo luogo di pioggia e alcolisti?»
            «Oddio... beh... Piacere sono Anna, vengo da un posto di sole e mafiosi...»
            «Dai dicevo sul serio!» mi interruppe.
            Tornai seria. «Beh sono qua perchè avevo bisogno di cambiare aria. Ero stanca della solita gente, con i soliti pregiudizi. Io provengo da una zona di montagna, dove la mentalità si è fermata al secolo scorso. Ma non sono gli anziani a infastidirmi, sono i ragazzi come me, che hanno sempre da ridire su tutto e su tutti.»
            «Esistono anche qua persone del genere.»
            «Prova a vestirti come quella ragazza» e indicai una giovane che indossava pantaloni strappati e una maglia scura. Il braccio destro era interamente tatuato e stringeva quello di un'anziana, mentre con l'altro trasportava due sacchetti della spesa. «E per tutti diventi subito una drogata. Non una ragazza con gusti particolari, una da emarginare. Capisci?»
            Lui si zittì e guardò il tatuaggio che compariva dallo strappo dei miei jeans: un acchiappasogni. Sollevai la manica del maglione e gli mostrai la piuma e i gabbiani che avevo sul braccio. «Rappresentano i componenti della mia famiglia. E non mi drogo, lo giuro!»
            «Amo le ragazze tatuate» disse lui. Sorrise e gli si illuminarono gli occhi. Quei denti bianchi e un po' storti formavano il sorriso più dolce del mondo, un sorriso a cui era impossibile resistere.
            Mi ricomposi. «E tu perchè sei a Dublino, cioè voi?»
            «Segreto professionale» mi rispose. «No, scherzo. Quando non siamo in tournèe torniamo a Dublino, Londra è troppo caotica per tre irlandesi. E, dato che Chris ha uno studio di registrazione, ci ha proposto di provare da lui, senza dover per forza tornare subito nella grande città. Per tutta l'estate dovremmo stare qua.»
            La me interiore esultò. «Capisco» mil imitai ad esclamare.
 
Dopo venti minuti arrivammo in centro, dove si apriva la via pedonale dei pub. Danny parcheggiò lì vicino, in un parcheggio privato per il quale sostenne di avere il permesso di sosta.
            Scendemmo dall'auto e venni investita dalla brezza, non propriamente estiva, che mi fece rabbrividire. «Hai freddo?» mi chiese lui, con addosso solo una T-shirt.
            «Posso resistere» mentii io.
            «Aspetta.» Riaprì la portiera dell'auto e si sporse all'interno, alla ricerca di qualcosa. Uscì tenendo in mano una specie di cardigan scuro, nel suo stile. «Probablimente sarà stropicciato, ma se chiudi gli occhi tiene caldo» disse imbarazzato.
            «Andrà più che bene, grazie» lo ringraziai io, indossandolo. Aveva il suo profumo e, nonostante fosse troppo grande per me, mi sentii subito meglio.
            «Andiamo» esordì, chiudendo l'auto.
 
Camminammo per alcuni minuti lungo il fiume Liffey. L'aria profumava di pioggia e nuvole scure danzavano nel cielo, formando una cappa sopra la città. «Come ti trovi a Dublino?» mi chiese, mentre il mio sguardo era catturato da una donna seduta su una panchina che controllava di continuo l'orologio e si guardava attorno. Chissà chi stava aspettando.
            «Anna, va tutto bene?» mi domandò Danny, piazzandomisi davanti e facendomi inciampare. Gli caddi addosso, ma lui riuscì a sorreggermi. Sollevai il volto, per scusarmi, e mi ritrovai a non più di dieci centimetri di distanza dal suo. Venni attratta dai suoi occhi del colore del sottobosco, un miscuglio tra marrone e verde, che mi fece pensare ai prati dell'Irlanda, la sua terra. Sorrideva.
            Mi sollevai imbarazzata e mi sentii avvampare. «Ehm...» deglutii, «scusami. Sono un po' distratta!»
            «Ho notato. Ma non preoccuparti, sono anche io un tipo con la testa sulle nuvole.»
            Ero sicura che l'avesse detto solo per pietà.
 
Ogni momento che passava era sempre più convinto di avere di fronte una ragazza straordinaria. Il suo modo di approcciarsi, quel suo accento strano da italiana, il suo abbigliamento, le sue idee un po' folli e il suo sorriso timido ma sincero. Tutta quell'accozzaglia di caratteristiche che racchiuse in lei sembravano amalgamarsi alla perfezione. La guardò camminare, avvolta in quel maglione troppo grande e in quei jeans distrutti ad arte. Poteva quasi immaginarsela con in mano un taglierino mentre li riduceva a brandelli. Non sapeva che scuola frequentasse, che passioni avesse, quali fossero i suoi gusti, cosa li accomunasse, ma non gli interessava, voleva semplicemente passare un po' di tempo con lei.
            «Di me saprai già molto quindi dimmi qualcosa di te...» esordì, preoccupato dal suo silenzio.
            Lei si ridestò. «Scusami se non riesco a connettere» si scusò. Poi iniziò: «Allora, da dove posso iniziare... Sono una persona testarda, disordinata, svampita, ma dicono che sia per colpa del mio segno zodiacale...»
            «Vergine?»
            «Sì, perchè?» rispose lei, voltandosi verso Danny con un'espressione interrogativa.
            «Appassionato di zodiaco. Giuro che non sono andato a cercare da qualche parte la tua biografia.»
            «Non troveresti nulla» rise. «E, tra i difetti, diciamo che non sono nemmeno una ragazza eccessivamente aggraziata...» Si parò davanti a lui, improvvisando un pezzo rap e strappandogli una risata. «Ma questo penso che tu l'abbia capito dall'abbigliamento e dalla mia estrema eleganza nei movimenti! Tra i pregi posso dire di essere una buona ascoltatrice...»
            «Interessi?» aggiunse lui, curioso.
            «Vediamo... la mia vera passione è il disegno! Sapessi quanti ritratti ho fatto di te!»
            «Scherzi?» Danny era lusingato da una simile dichiarazione e le rivolse tutta la sua attenzione.
            Anna, rendendosi conto della rivelazione, iniziò a boccheggiare, cercando qualcosa da dire che la potesse liberare dall'imbarazzo. Rassegnata sbuffò e borbottò qualcosa che lui non comprese, probabilmente in italiano. «I tatuaggi che ho li ho disegnati personalmente. Ma ho lasciato a qualcun’altro il compito di rifarli sulla pelle.»
            Lui non potè fare a meno di spalancare la bocca.
            «Tutto ok?» chiese lei.
            «Mi stupisci ogni secondo di più. Mi chiedo come possano tanti pregi stare in una sola persona!»
            «Come sei egocentrico!» controbattè lei, sarcastica. Danny notò con quanta fatica lei riuscisse a tenere un discorso serio e fu felice di non essere l'unico.
 
Continuavo a pensare quanto fosse strano ritrovarmi lì, in compagnia di Danny, come se fosse una persona come le altre, non un cantante ammirato e conosciuto al mondo intero, dal talento straordinario e, secondo me, sottovalutato. Quando parlava rimanevo stregata dalla sua voce limpida e forse leggermente nasale, certamente non al pari della mia. Un timbro maschile ma non cupo, che sapeva infondere sicurezza e avvolgerti con quel tipico accento irlandese. Seppure il mio livello d'inglese fosse buono, mi risultava abbastanza difficile cogliere alcuni modi di dire o parole pronunciate troppo velocemente. Alcune volte fui tentata di chiedergli di rallentare ma non volevo rischiare di rovinare quel suo bellissimo modo di pronunciare le parole. ''Ok'', mi dissi ad un certo punto, ''ti stai veramente bevendo il cervello''.
E forse era vero.
Ma non m'importava.
Ero nella città che mi aveva rapito il cuore, con Danny O'Donoghue.
Al diavolo il resto.



 
Nota dell'autrice
Era il ontano 2013 quando iniziai questa storia e Dio solo sa per quale motivo io non abbia più pubblicato nulla.
I miei interessi sono cambiati da allora, ma dannazione, sono sempre innamorata di Danny.
Ecco qua un ennesimo capitolo, risistemato in una noiosa gioranata di febbraio.
Spero che possa piacervi e possa in qualche modo rimediare al mio periodo di assenza.
Un bacio a tutte le lettrici (e ai lettori, se esistono)
 
  
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