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Autore: jillien    19/03/2009    5 recensioni
Una piccola one shot scritta per la festa del papà sul mio personaggio preferito, Severus! quali sono i pensieri di papà Severus sulla sua famiglia? E come si comporta?

Mentre ci dirigiamo verso il lago mi osserva timorosa.

“Papà?”

“Dimmi”

“Posso prenderti la mano?”

Spero che vi piaccia.


Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la festa del papà - daddy's party

Daddy’s Party

 

 

 

Mi sono svegliato presto questa mattina, non voglio alzarmi dal letto, né staccarmi del suo profumo che persiste sul cuscino. Questa notte è rimasta ancora in quel dannato edifico opulento e io ho dovuto dormire da solo, di nuovo. Ormai sono più di venti minuti che mi rigiro tra le lenzuola cercando di riprendere sonno, mi stendo sulla schiena e chiudo gli occhi, le mani incrociate dietro alla nuca ad ascoltare il silenzio.

 Fuori dalle mie stanze i corridoi dei freddi sotterranei sono deserti, più del solito: è domenica e tutti i ragazzi sono ad Hogsmeade e Dalia è andata a trovare suo nonno, non penso che tornerà prima dell’ora di pranzo. Quei due si divertono molto insieme e a volte penso che Albus sarebbe un padre migliore di me per quella piccola, esuberante peste.

Dopo la prima uscita Silente ha esteso a tutti il permesso di partecipare alla gita, anche a quelli del primo anno. Ho costretto Brian a seguire il suo amico Lupin, è molto legato a sua madre ed è rimasto colpito da ciò che è successo; anche se cerca di non darlo a vedere per non far preoccupare sua sorella so che è così, io lo so, lo capisco perché siamo uguali. A volte, mentre sta a lezione o in Sala Grande, lo sorprendo con lo sguardo vacuo fisso su un punto, perso completamente nei suoi pensieri; se non fosse mio figlio penserei che tale comportamento è dovuto ad una ragazza, una cotta adolescenziale…impossibile lui è sangue del mio sangue, non si perde in queste cose futili. Credo. Spero. Dannazione, un altro pensiero ad aggiungersi a quelli che già ho…ha undici anni, è troppo presto per parlargli delle api e dei fiori, gli adolescenti dovrebbero avere in allegato il libretto delle istruzioni, almeno saprei cosa fare. Lil dice che sono un ottimo padre anche se non porto mio figlio a pesca o faccio finta di prendere il the con mia figlia, spero che abbia ragione, spero di non diventare ciò che mio padre era per me. Uno sconosciuto iracondo e violento.

Dopo tutte le mie elucubrazioni sono ancora qui, a rigirarmi ad occhi chiusi nel letto, sentendo le lenzuola che scivolano sulla pelle nuda del petto, sulla schiena, sulle braccia, incastrandosi a volte, durante i miei molteplici movimenti, nel piccolo smeraldo sulla fede.

Appena riesco a prendere un po’ di sonno sento battere sulla porta, una due tre volte. Faccio finta di nulla e mi accoccolo sotto le lenzuola. Quattro, cinque, sei. Apro gli occhi infuriato e guardo l’ora. 8.30. Mi sto rigirando da mezz’ora nel letto e i ragazzi sono già tutti al villaggio, chiunque sia lo scocciatore si pentirà amaramente di avermi disturbato mentre sto in camera mia a perdere tempo. Mi districo dal groviglio di lenzuola con un calcio, ignora la vestaglia che sta mollemente abbandonata sulla poltrona e mi dirigo alla porta cercando di darmi un contegno e di fare la faccia più spaventosa che possa uscirmi appena alzato.

Apro velocemente la porta e davanti a me trovo ad accogliermi un rosso sorriso raggiante.

“Dalia? Che ci fai qui?”

la bambina fa un passo avanti continuando a sorridermi.

“Io ci vivo qui, papà”. Papà. Non mi stancherò mai di sentirmi chiamare così. Mi dispiace per Silente ma credo che mi terrò la mia piccola peste.

“Lo so, Dalia, ma dovresti essere dal nonno.” La piccola smette di sorridere per un momento e s’imbroncia, per un attimo ho la visione di una Lilyth in miniatura che mi guarda.

“Se non mi vuoi torno a nonno allora.” Sbuffo, è troppo furba per la sua età. Sicuramente sarà un’ottima serpeverde quando verrà il suo tempo.

“Dai, vieni, ero solamente sorpreso perché solitamente rimani fino a tardi da Albus,” non contenta delle mie ‘scuse’ tende le braccia. La guardo un attimo interdetto, volgo la testa a sinistra e a destra nel corridoio. Nessuno. Mi abbasso e prendo mia figlia tra le braccia, rabbrividendo appena quando, con la manina fredda, mi sfiora il petto; chiudo la porta alle nostre spalle e la faccio sedere sul letto mentre mi infilo qualcosa di più che un paio di pantaloni per la notte, poi mi giro e la guardo con un sopracciglio alzato, in attesa e solo allora mi accorgo della pergamena che tiene stretta nel pugnetto.

“Auguri”

La guardo senza capire.

“Sai che giorno è oggi, papà?”

“Il 19 di marzo?” chiedo.

Dalia sbuffa scuotendo la testa, come se stesse parlando con un ragazzo particolarmente stupido, come parlo io ai miei alunni durante le lezioni. Ha imparato bene.

“Oggi è la tua festa, la festa del papà”

Rimango interdetto. Io non ho mai festeggiato nulla del genere, nemmeno Brian ha mai dato particolare peso a questo giorno, arrivo alla conclusione che probabilmente è stato Albus a parlargliene.

Dalia mi porge la pergamena stropicciata che teneva in mano. Sull’angolo di quel foglio quattro persone, che riconosco come la mia famiglia, mi salutano sorridenti mentre al centro una Dalia stilizzata abbraccia un Severus (almeno spero) che ricambia con affetto.

Rimango ipnotizzato a guardare quei disegni infantili che muovono le mani nella mia direzione, sono i disegni che deridevo tanto, scarabocchi di pargoli senza talento che non capivo come potessero piacere ai loro genitori, eppure ora mi sembra di avere davanti il più bel capolavoro che la storia dell’arte abbia mai visto. Mi chino ad abbracciare mia figlia mentre un sorriso mi nasce sulle labbra,

“Ti piace papà?”

“E’ molto bello piccola, grazie”

Mi stringe ancora di più il collo.

“Sai papà è la prima volta che mi chiami così, di stolto lo fa solo la mamma”

“Non lo dire a nessuno.” Le sussurro sorvolando sull’errore nella frase, per le lezioni aspetterò più avanti. Mi stacco da lei accarezzandole la testa.

“Andiamo a vedere la piovra?”

“Gli occhi della mia piccola si illuminano ed inizia a saltare sul letto, euforica.

“Mi cambio e arrivo, non rompere nulla”

 

Mentre ci dirigiamo verso il lago Dalia mi osserva timorosa.

“Papà?”

“Dimmi”

“Posso prenderti la mano?”

Mi blocco e la vedo fissarsi i piedi, le mani strette dietro la schiena, mi guardo un attimo attorno e poi le porgo la mano. Lei l’afferra felice. Basta così poco per farla sorridere!

Continuo a guardarmi attorno circospetto per accertarmi che nessuno studente testa-di-legno abbia disertato la gita e che nessuno dei miei colleghi mi possa vedere…

Ma dopotutto cosa c’è di male se un padre accompagna per mano sua figlia a vedere una piovra gigante?

 

 

Una piccola One- shot scritta tra storia ed arte per la festa del papi… fatemi sapere che ne pensate!!!!!

Ps. Tra poco arriverà il continuo di de anima colubris, appena ho un momento per respirare!

 

   
 
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