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Autore: claws    02/02/2016    3 recensioni
«Sei sicuro? Ringraziarli? Il tuo dolore non è altro che la luce di un faro! Se ne va e torna a intermittenza! Ogni volta, prima di addormentarti, devi fare queste improbabili riflessioni sulla morte e sulla vita e sui tatuaggi e sulle bandiere, poi—ogni mattina riprendi da zero, come se non avessi mai parlato con Rufy, come se non avessi pianto con lui e come se non sapessi benissimo che quello che ti ha detto il tuo piccolo fratellino è la verità!
«Ma è la verità?»
Ma certo che no, sciocchino, come si può sapere la verità di una persona?, diceva una voce debole nella sua testa.
[ASL][≈3000 parole][Double-shot]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: ASL, Monkey D. Rufy, Sabo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'ASL & FOB'
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La morte si sconta vivendo




22



I want it so bad I’d shoot the sunshine in my veins

(Chasing the direction you went)

 

«Sabo.»

«Ehi, Rufy. Che cosa c’è?»

Rufy non rispose subito: prima guardò il proprio fratellone attentamente, facendo ondeggiare la testa come un gufo, come se gli fosse utile per meglio inquadrare il ragazzo biondo che aveva davanti agli occhi – come se non fosse sicuro di qualcosa. «Per dieci anni? Per dieci anni non ti sei ricordato né di Ace, né di me?»

«Non l’ho fatto apposta. Mi spiace, Rufy.»

«Non sono arrabbiato con te. Però mi sembra assurdo, com’è possibile?»

«Non lo so.»

Rimasero in silenzio, da soli, per diversi minuti. Il viso di Sabo era storto in una smorfia di dolore, di rimorso e di rimpianto – tutto insieme, perché non riusciva a distinguerli, ci sarebbe voluta una grande forza che al momento gli mancava. Rufy lo guardava, osservava il suo fratellone: forse non stava pensando a nulla, visto che non parlava.

«Mi dispiace così tanto!» Esclamò alla fine Rufy, lanciandosi tra le braccia del fratello. «Non hai mai più rivisto Ace!»

Sabo avrebbe voluto piangere, ma le lacrime riuscivano appena a bagnargli gli occhi prima di evaporare come degli incubi del primo mattino. Era il potere del Frutto: lo sentiva agitarsi, rimestarsi nel cuore, desideroso di concretizzarsi nel fuoco per esternare il proprio dolore. Era come se il potere stesso ricordasse la persona che l’aveva maneggiato con sicurezza e talento, sprigionando tutta la sua forza; forse – forse il fuoco aveva riconosciuto Sabo come fratello di Ace?

Eppure non si trattava di un legame di sangue, né quel Frutto aveva una volontà propria – figuriamoci avere dei ricordi!

Il fuoco continuava a borbottare, come un bollitore, come il magma in un vulcano, come l’uomo rinchiuso nella caverna che, improvvisamente, decide che vuole vedere cosa c’è oltre le pareti di roccia di quella grotta scura. Sabo sentì la pressione di una stella nel cuore e poi quella di un buco nero: la sensazione gli mozzò il fiato, gli spezzò i nervi, incrinò tutta la sua sicurezza in se stesso, quella che si era costruito con fatica in dieci anni.

«Sabo?»

Rufy sentiva tutto. Ogni cosa. Come se potesse ascoltare l’anima del mondo. Come avrebbe potuto rimanere indifferente allo scricchiolio dell’anima di Sabo e del crepitare delle fiamme nel suo animo? Era tutt’altro che sordo al dolore di suo fratello maggiore.

«Sabo? Ehi, Sabo?»

Rufy lo aveva chiamato per nome così tante volte che lui sarebbe scoppiato come una bolla dentro una pentola piena d’acqua bollente. Il suo fratellino era la sua salvezza – la sua àncora—no, le àncore affondano, servono a tenere ferma una nave, Sabo non voleva stare fermo, significava follia, significava diventare pazzo, non poteva permetterselo.

Il fuoco aveva cominciato a graffiare le pleure tra i polmoni; Sabo tossì. D’accordo, forse lui non era in grado di sfruttare le potenzialità del Frutto Foco Foco come Ace, ma quelle reazioni? Che diavolo gli stava succedendo?

«Sabo,» disse Rufy. Il suo viso era teso in un’espressione serissima. «Non lasciarti sopraffare dalle brutte emozioni. Ascoltami. Mi senti?»

«Rufy,» balbettò a causa del fiato corto, «questo non è normale.»

«No, non lo è. Guardami.»

Sabo guardò Rufy, che aveva ora un bel sorrisone affettuoso in faccia. Un sorriso di quelli che avrebbero potuto sciogliere intere costellazioni.

«Voglio aiutarti. Sento che qualcosa non va con il Frutto del Diavolo. Cos’è?»

«È come se stesse reagendo contro di me. Come se mi rifiutasse.»

Silenzio che nelle orecchie (e nella mente) di Rufy era interrotto dal crepitio delle fiamme.

«Pensi che Ace ti avrebbe rifiutato, se ti avesse incontrato di nuovo?»

Qualunque cosa dicesse il mondo intero, Rufy era sveglio quando voleva. O meglio: possedeva un’empatia tale per cui ogni cosa gli si svelava, solo che lui decideva cosa tenere per sè (erano cose che neanche pensava, le sentiva soltanto) e cosa raccontare anche agli altri. Di tutti i suoi compagni, forse solo Zoro si era accorto di questa capacità straordinaria.

«Sabo, per favore. Dimmi perché lo stai pensando. So che non lo credi davvero.»

«Perché sono stato distante dieci anni—»

«Fratellone, lo sai meglio di me. Ace ci voleva bene, più di tutto il resto del mondo. Ace ha continuato a cercare motivi per cui la sua vita fosse degna di essere vissuta. Ha trovato noi.»

«Per noi,» ripeté Sabo, respirando profondamente con la bocca. Nell’inspirare le lacrime scivolavano fino al mento – il fuoco si era acquietato e non le bruciava più come prima. Rufy annuì, ridacchiando in una maniera per nulla fuori luogo.

Le fiamme ribollivano ancora, ma sembrava che avessero perso la loro forza distruttrice. Ora borbottavano piano, come quando si prega sottovoce nella speranza di sentirsi pentiti e puniti; il sangue nelle vene circolava e con esso delle piccole lingue di fuoco, che cercavano di rimettere insieme i pezzi di animo e anima che avevano rotto.

Cosa ne sarebbe risultato?

Un corpo restituito alla luce più splendente di prima, perché il fuoco illuminava i contorni di quei frammenti caduti a terra.

«Ace ha vissuto la propria vita come ha voluto. Nessuno gli ha imposto di viverla, l’ha deciso lui, e quando è morto, l’ho visto,» sussurrò Rufy, «aveva gli occhi di chi ha lasciato indietro tutti i propri rimpianti. Nel momento in cui era fra le mie braccia, Ace ha abbandonato tutte le cose brutte che si era tenuto dentro. Tutte le cose che non ha potuto fare, le ha buttate via tutte. L’unica cosa che ha rimpianto morendo è stata la luce del sole. A chi non mancherebbe la luce? È stato felice di vivere. È la cosa importante.» Poi lo sguardo di Rufy si addolcì. «Ti fidi di me, Sabo? Ti fidi, se ti dico che ho visto com’erano i suoi occhi?»

Sabo annuì e si soffiò il naso arrossato. «Certo che mi fido.»

«Bene!» Disse Rufy ad alta voce, senza nascondere una risata. «Come stai, adesso?»

«Male, ma migliorerò.» Rispose Sabo, passandosi una mano sulla fronte. «Come farei senza di te, Rufy?»

«Non lo so, ma andresti avanti lo stesso. Tutti devono andare avanti lo stesso.»

«Non hai paura?»

«Sì che ce l’ho. Ma posso fidarmi dei miei amici.»

Sabo si lasciò affogare in un altro enorme abbraccio del suo fratellino. Si lasciò cullare in vecchi ricordi, sfuocati, miopi, memorie che si sentivano come dei puzzle abbandonati a metà, come una tazza di tè bevuta solo un po’. Bei tempi che erano andati e andati e tornati e andati di nuovo; che rimanevano lì, in un luogo imprecisato tra cuore e anima, a decantare, nella speranza di essere così separati – divisi per essere più comprensibili.

Se si fosse impegnato, forse Sabo sarebbe riuscito a sentire la volontà di Ace muoversi per osmosi dal Fuoco fino al Cuore.






[Sono il custode di quella fiamma che

brucia in eterno e accende gli incubi]






Guarda le stelle, diceva il fuoco, sono mille anime splendenti, e tra quelle anime c’è chi è stato con me così tanto tempo e con così tanta forza da lasciarsi dietro un vuoto enorme nello scomparire.

Sono mille anime brillanti, e tra di loro c’è chi mi ha abbandonato nelle tue mani. Erano mani sporche, le tue; ma mille anime sfavillanti le hanno inondate di luce e le hanno mondate di tutte le insicurezze che le lordavano.

Ora io ti cederò il mio potere, tu mi cederai il tuo corpo, finché morte non ci separi.

Sarò la luce nelle tue vene e con me ricorderai ogni cosa, buona e cattiva, sarò la tua pietra e àncora, ti terrò fermo quando vorrai andartene. La tua mente sarà la mia cassaforte, la tua anima un pegno, il tuo animo la volontà di chi è stato con me prima che tu arrivassi e ti imponessi.

Ti ho sfidato con tutto quello che mi era rimasto di quell’anima bruciante che non mi scalda più; ho sentito nel tuo sangue un’affinità fuori da ogni schema.







Fu il battesimo del fuoco

fratello


 

la voce

che mi ha sentito

uomo giovane

vecchia anima


 

Stretti

nel ciclo















Note Autrice:

Ringrazio 27 dei FOB. Amo tantissimo questa canzone. Forse è la mia preferita di tutta la loro produzione.

Il sottotitolo è una citazione da suddetta canzone: l’allusione all’utilizzo di droghe me la spiego dicendo che quando Sabo impara ad usare il potere del Frutto sente i “dati” del precedente possessore. L'idea dei dati viene da questa fanfiction inglese (vi avviso, è una SmoAce): poi io l'ho stravolta e resa molto triste, come sono ormai abituata a fare (ehm). Dicevo, visto che l'ultimo possessore del frutto è stato Ace, Sabo si trova in un dolore simile (non uguale! Questo l’ho spiegato in tutt’altro contesto) a quello che Ace doveva aver provato, dal momento che credeva che Sabo fosse morto. Non so se sono riuscita a spiegarmi. Chasing the direction you went me lo immagino come un “sento quello che hai provato, Ace, ed è come se il dolore mi portasse più vicino a te”. Se mettiamo vicine la frase di apertura della canzone, cioè If home is where the heart is, then we’re all just fucked e quella del sottotitolo... La parte tra parentesi quadre è una citazione dalla versione italiana della canzone Immortals dei FOB. Vi giuro che Patrick che canta in italiano è una delle cose più belle che abbia sentito da qualche mese a questa parte.

“22” è il titolo di questo primo capitolo. Sabo ha ventidue anni durante la saga di Dressrosa, ed Ace ne avrebbe avuti ventidue nel post timeskip, se fosse stato ancora vivo. Eh.

Il titolo della storia invece riprende un verso di una poesia di Ungaretti, Sono una creatura. Vi consiglio di leggerla: è davvero bellissima, è corta (e quindi non potete dire che non avete tempo di leggerla!) e credo che si adatti bene a Sabo.

F(u)oco e C(u)ore, oppure Fuoco e Cuore – il frutto Mera Mera in italiano è stato tradotto come Foco Foco. Teniamo conto che, nel corso della vita dell’italiano in letteratura, il termine “core” per “cuore” compare anche abbastanza spesso... Ho messo insieme le due cose. In più Sabo si sente ancora a metà, quindi le “u” sbarrate, piuttosto che tra parentesi, mi convincono di più. Non credo che sia chiarissima la questione, ma nel caso aveste dubbi, chiedete, non mordo.

Il ciclo del pezzo finale è il ciclo della vita. Una sorta di reincarnazione. Le anime di Rufy, Ace e Sabo, una volta che si sono trovate in una vita, si troveranno in tutte le vite a seguire. Non intendo certo mettermi a livello di Ungaretti, in quanto a poesia: il mio intento era di sfruttare gli spazi vuoti per caricare di significato le singole parole. Solo questo.

Son convinta che Rufy prima o poi tirerà fuori la capacità di sentire l’anima delle cose e la sfrutterà come si deve. Qui forse gli ho dato un talento che ancora non ha sviluppato, ma non importa. Per i fratelli si fa questo e altro.

Ho finito le note. La seconda parte arriverà ai primi di Aprile: questo perché le voglio pubblicare in due giorni che per me sono molto importanti – e, pur essendo importanti, ho paura di dimenticarli. Di dimenticare la loro voce. Per fortuna che avevano voci molto particolari.

Grazie per aver letto.

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

  
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