La morte si sconta vivendo
22
I want it so bad I’d shoot the
sunshine in my veins
(Chasing the direction you went)
«Sabo.»
«Ehi,
Rufy. Che cosa
c’è?»
Rufy
non rispose
subito: prima guardò il proprio fratellone attentamente,
facendo ondeggiare la
testa come un gufo, come se gli fosse utile per meglio inquadrare il
ragazzo
biondo che aveva davanti agli occhi – come se non fosse
sicuro di qualcosa. «Per
dieci anni? Per dieci anni non ti sei ricordato né di Ace,
né di me?»
«Non
l’ho fatto
apposta. Mi spiace, Rufy.»
«Non
sono
arrabbiato con te. Però mi sembra assurdo,
com’è possibile?»
«Non
lo so.»
Rimasero
in
silenzio, da soli, per diversi minuti. Il viso di Sabo era storto in
una
smorfia di dolore, di rimorso e di rimpianto – tutto insieme,
perché non
riusciva a distinguerli, ci sarebbe voluta una grande forza che al
momento gli
mancava. Rufy lo guardava, osservava il suo fratellone: forse non stava
pensando a nulla, visto che non parlava.
«Mi
dispiace così
tanto!» Esclamò alla fine Rufy, lanciandosi tra le
braccia del fratello. «Non
hai mai più rivisto Ace!»
Sabo
avrebbe
voluto piangere, ma le lacrime riuscivano appena a bagnargli gli occhi
prima di
evaporare come degli incubi del primo mattino. Era il potere del
Frutto: lo
sentiva agitarsi, rimestarsi nel cuore, desideroso di concretizzarsi
nel fuoco
per esternare il proprio dolore. Era come se il potere stesso
ricordasse la
persona che l’aveva maneggiato con sicurezza e talento,
sprigionando tutta la
sua forza; forse – forse il fuoco aveva riconosciuto Sabo
come fratello di Ace?
Eppure
non si
trattava di un legame di sangue, né quel Frutto aveva una
volontà propria –
figuriamoci avere dei ricordi!
Il
fuoco
continuava a borbottare, come un bollitore, come il magma in un
vulcano,
come
l’uomo rinchiuso nella caverna che, improvvisamente, decide
che vuole vedere
cosa c’è oltre le pareti di roccia di quella
grotta scura. Sabo sentì la
pressione di una stella nel cuore e poi quella di un buco nero: la
sensazione
gli mozzò il fiato, gli spezzò i nervi,
incrinò tutta la sua sicurezza in se
stesso, quella che si era costruito con fatica in dieci anni.
«Sabo?»
Rufy
sentiva
tutto. Ogni cosa. Come se potesse ascoltare l’anima del
mondo. Come avrebbe
potuto rimanere indifferente allo scricchiolio dell’anima di
Sabo e del crepitare
delle fiamme nel suo animo? Era tutt’altro che sordo al
dolore di suo fratello
maggiore.
«Sabo?
Ehi, Sabo?»
Rufy
lo aveva
chiamato per nome così tante volte che lui sarebbe scoppiato
come una bolla
dentro una pentola piena d’acqua bollente. Il suo fratellino
era la sua
salvezza – la sua àncora—no, le
àncore affondano, servono a tenere ferma una
nave, Sabo non voleva stare fermo, significava follia, significava
diventare
pazzo, non poteva permetterselo.
Il
fuoco aveva
cominciato a graffiare le pleure tra i polmoni; Sabo tossì.
D’accordo, forse
lui non era in grado di sfruttare le potenzialità del Frutto
Foco Foco come
Ace, ma quelle reazioni? Che diavolo gli stava succedendo?
«Sabo,»
disse
Rufy. Il suo viso era teso in un’espressione serissima.
«Non lasciarti
sopraffare dalle brutte emozioni. Ascoltami. Mi senti?»
«Rufy,»
balbettò a
causa del fiato corto, «questo non è
normale.»
«No,
non lo è.
Guardami.»
Sabo
guardò Rufy,
che aveva ora un bel sorrisone affettuoso in faccia. Un sorriso di
quelli che avrebbero
potuto sciogliere intere costellazioni.
«Voglio
aiutarti.
Sento che qualcosa non va con il Frutto del Diavolo.
Cos’è?»
«È
come se stesse
reagendo contro di me. Come se mi rifiutasse.»
Silenzio
che nelle
orecchie (e nella mente) di Rufy era interrotto dal crepitio delle
fiamme.
«Pensi
che Ace ti
avrebbe rifiutato, se ti avesse incontrato di nuovo?»
Qualunque
cosa
dicesse il mondo intero, Rufy era sveglio quando voleva. O meglio:
possedeva
un’empatia tale per cui ogni cosa gli si svelava, solo che
lui decideva cosa
tenere per sè (erano cose che neanche pensava, le sentiva
soltanto) e cosa
raccontare anche agli altri. Di tutti i suoi compagni, forse solo Zoro
si era
accorto di questa capacità straordinaria.
«Sabo,
per favore.
Dimmi perché lo stai pensando. So che non lo credi
davvero.»
«Perché
sono stato
distante dieci anni—»
«Fratellone,
lo
sai meglio di me. Ace ci voleva bene, più di tutto il resto
del mondo. Ace ha
continuato a cercare motivi per cui la sua vita fosse degna di essere
vissuta.
Ha trovato noi.»
«Per
noi,» ripeté
Sabo, respirando profondamente con la bocca. Nell’inspirare
le lacrime
scivolavano fino al mento – il fuoco si era acquietato e non
le bruciava più
come prima. Rufy annuì, ridacchiando in una maniera per
nulla fuori luogo.
Le
fiamme
ribollivano ancora, ma sembrava che avessero perso la loro forza
distruttrice.
Ora borbottavano piano, come quando si prega sottovoce nella speranza
di
sentirsi pentiti e puniti; il sangue nelle vene circolava e con esso
delle
piccole lingue di fuoco, che cercavano di rimettere insieme i pezzi di
animo e
anima che avevano rotto.
Cosa
ne sarebbe
risultato?
Un
corpo
restituito alla luce più splendente di prima,
perché il fuoco illuminava i
contorni di quei frammenti caduti a terra.
«Ace
ha vissuto la
propria vita come ha voluto. Nessuno gli ha imposto di viverla,
l’ha deciso
lui, e quando è morto, l’ho visto,»
sussurrò Rufy, «aveva gli occhi di chi ha
lasciato indietro tutti i propri rimpianti. Nel momento in cui era fra
le mie
braccia, Ace ha abbandonato tutte le cose brutte che si era tenuto
dentro.
Tutte le cose che non ha potuto fare, le ha buttate via tutte.
L’unica cosa che
ha rimpianto morendo è stata la luce del sole. A chi non
mancherebbe la luce? È stato felice di vivere.
È la cosa importante.»
Poi lo sguardo di Rufy si addolcì. «Ti fidi di me,
Sabo? Ti fidi, se ti dico
che ho visto com’erano i suoi occhi?»
Sabo
annuì e si
soffiò il naso arrossato. «Certo che mi
fido.»
«Bene!»
Disse Rufy
ad alta voce, senza nascondere una risata. «Come stai,
adesso?»
«Male,
ma
migliorerò.» Rispose Sabo, passandosi una mano
sulla fronte. «Come farei senza
di te, Rufy?»
«Non
lo so, ma
andresti avanti lo stesso. Tutti devono andare avanti lo
stesso.»
«Non
hai paura?»
«Sì
che ce l’ho.
Ma posso fidarmi dei miei amici.»
Sabo
si lasciò
affogare in un altro enorme abbraccio del suo fratellino. Si
lasciò cullare in
vecchi ricordi, sfuocati, miopi, memorie che si sentivano come dei
puzzle
abbandonati a metà, come una tazza di tè bevuta
solo un po’. Bei tempi che
erano andati e andati e tornati e andati di nuovo; che rimanevano
lì, in un
luogo imprecisato tra cuore e anima, a decantare, nella speranza di
essere così
separati – divisi per essere più comprensibili.
Se
si fosse
impegnato, forse Sabo sarebbe riuscito a sentire la volontà
di Ace muoversi per
osmosi dal Fuoco fino al Cuore.
[Sono
il custode di quella fiamma che
brucia
in eterno e accende gli incubi]
Guarda
le stelle,
diceva il fuoco, sono mille anime splendenti, e tra quelle anime
c’è chi è
stato con me così tanto tempo e con così tanta
forza da lasciarsi dietro un
vuoto enorme nello scomparire.
Sono
mille anime
brillanti, e tra di loro c’è chi mi ha abbandonato
nelle tue mani. Erano mani
sporche, le tue; ma mille anime sfavillanti le hanno inondate di luce e
le
hanno mondate di tutte le insicurezze che le lordavano.
Ora
io ti cederò
il mio potere, tu mi cederai il tuo corpo, finché morte non
ci separi.
Sarò
la luce nelle
tue vene e con me ricorderai ogni cosa, buona e cattiva,
sarò la tua pietra e
àncora, ti terrò fermo quando vorrai andartene.
La tua mente sarà la mia
cassaforte, la tua anima un pegno, il tuo animo la volontà
di chi è stato con
me prima che tu arrivassi e ti imponessi.
Ti
ho sfidato con
tutto quello che mi era rimasto di quell’anima bruciante che
non mi scalda più;
ho sentito nel tuo sangue un’affinità fuori da
ogni schema.
Fu il battesimo del fuoco
fratello
la voce
che mi ha sentito
uomo giovane
vecchia anima
Stretti
nel ciclo
Note Autrice:
Ringrazio
27 dei FOB. Amo tantissimo questa
canzone. Forse è la mia preferita di tutta la loro
produzione.
Il
sottotitolo è
una citazione da suddetta canzone: l’allusione
all’utilizzo di droghe me la
spiego dicendo che quando Sabo impara ad usare il potere del Frutto
sente i
“dati” del precedente possessore. L'idea dei dati viene da questa fanfiction inglese (vi avviso, è una SmoAce): poi io l'ho stravolta e resa molto triste, come sono ormai abituata a fare (ehm). Dicevo, visto che l'ultimo possessore del frutto è stato Ace, Sabo si trova in un
dolore simile (non uguale! Questo l’ho spiegato in
tutt’altro contesto) a
quello che Ace doveva aver provato, dal momento che credeva che Sabo
fosse
morto. Non so se sono riuscita a spiegarmi. Chasing
the direction you went me lo immagino come un
“sento quello che hai
provato, Ace, ed è come se il dolore mi portasse
più vicino a te”. Se mettiamo
vicine la frase di apertura della canzone, cioè If home is where the heart is, then we’re
all just fucked e quella
del sottotitolo... La parte tra parentesi quadre è una
citazione dalla versione
italiana della canzone Immortals
dei
FOB. Vi giuro che Patrick che canta in italiano è una delle
cose più belle che
abbia sentito da qualche mese a questa parte.
“22”
è il titolo
di questo primo capitolo. Sabo ha ventidue anni durante la saga di
Dressrosa,
ed Ace ne avrebbe avuti ventidue nel post timeskip, se fosse stato
ancora vivo.
Eh.
Il
titolo della
storia invece riprende un verso di una poesia di Ungaretti, Sono una creatura. Vi consiglio di
leggerla: è davvero bellissima, è corta (e quindi
non potete dire che non avete
tempo di leggerla!) e credo che si adatti bene a Sabo.
F(u)oco
e C(u)ore,
oppure Fuoco e Cuore –
il frutto Mera Mera in italiano è stato
tradotto come Foco Foco. Teniamo conto che, nel corso della vita
dell’italiano
in letteratura, il termine “core” per
“cuore” compare anche abbastanza
spesso... Ho messo insieme le due cose. In più Sabo si sente
ancora a metà,
quindi le “u” sbarrate, piuttosto che tra
parentesi, mi convincono di più. Non
credo che sia chiarissima la questione, ma nel caso aveste dubbi,
chiedete, non
mordo.
Il
ciclo del pezzo
finale è il ciclo della vita. Una sorta di reincarnazione.
Le anime di Rufy,
Ace e Sabo, una volta che si sono trovate in una vita, si troveranno in
tutte
le vite a seguire. Non intendo certo mettermi a livello di Ungaretti,
in quanto
a poesia: il mio intento era di sfruttare gli spazi vuoti per caricare
di
significato le singole parole. Solo questo.
Son
convinta che
Rufy prima o poi tirerà fuori la capacità di
sentire l’anima delle cose e la
sfrutterà come si deve. Qui forse gli ho dato un talento che
ancora non ha
sviluppato, ma non importa. Per i fratelli si fa questo e altro.
Ho
finito le note.
La seconda parte arriverà ai primi di Aprile: questo
perché le voglio
pubblicare in due giorni che per me sono molto importanti –
e, pur essendo
importanti, ho paura di dimenticarli. Di dimenticare la loro voce. Per
fortuna
che avevano voci molto particolari.
Grazie
per aver
letto.
claws_Jo
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.