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Autore: _paleface_    03/02/2016    0 recensioni
Era come se tutti volessero sbarazzarsi di me. Avevo nove anni.
Avevamo poco, ma io e lui ci bastavamo. Avevo diciassette anni.
Ero arrabbiata, avevamo litigato e lui era morto. Avevo ventitre anni.
Se per tutti la tristezza e la disperazione non possono altro che essere seguite da felicità e gioia, io non facevo parte del "tutti".
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ed Sheeran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella notte quasi non dormii, le palpebre erano stanche e volevano solo cedere e permettere al buio di avvolgermi, ma il mio cuore, stava ancora pensando allo stupido messaggio che avevo ricevuto da Ed. Voleva sapere se stavo bene. Ma chi voleva prendere in giro? Quando scopava con Lisa, pensava per caso al mio benessere? Non credo proprio. 
Un'improvvisa luce mi accecò gli occhi anche se ancora chiusi e mi girai dall'altro lato del letto, senza trovare alcuna differenza. 
"Hey, briciola." Una mano ruvida mi accarezzò gentilmente il viso e all'improvviso, ero di nuovo quella bambina di quattro anni che veniva svegliata dal fratellone la mattina, ma tutto svanì nell'istante in cui aprii gli occhi e Dean aveva ventisette anni, non più tredici. Mi allontanai dalla sua mano, evitando di guardare i suoi occhi feriti. 

"Mi dispiace davvero, lo sai?" Sussurrò. Rimasi in silenzio, osservando il muro alle sue spalle. 

"Non potevo più restare in quella casa non-"

"E io sì? Io potevo restare lì, invece?" Ringhiai, puntando i miei occhi furiosi, nei suoi mortificati.

"Sai cos'è successo una volta che te ne sei andato?" Chiesi, senza aspettarmi davvero una risposta. "Ha ricominciato a... A violentarmi, ma era peggio delle altre volte. Era sempre più rude e..." Non riuscii a finire la frase che mille singhiozzi uscirono dalle mie labbra. Dean mi strinse al suo petto, accarezzandomi lentamente la schiena. 

"Sono andato via, solo perché pensavo che sarei ritornato a riprenderti, una volta trovato un lavoro stabile ed un casa in cui farti crescere in serenità. Proprio come ti meritavi, ma nulla è andato come previsto." Si scusò. 

"Dovevi portarmi con te." Mormorai nel suo petto.

"Avrei dovuto, sì, ma cosa avrei potuto darti? Non avrei potuto prendermi cura di te." 

"Tutto sarebbe stato meglio che vivere con nostro padre." Sputai l'ultima parola con disgusto. "Come pensi che si sia preso cura di me, eh? Tu avresti fatto di sicuro un lavoro migliore." Lo sentii sospirare ed annuire deciso col capo. Mi staccai dalla sua presa, strofinandomi il naso sulla sua maglietta grigia. 

"Oh, sì. Wow. Grazie mille, davvero." Sbuffò, fingendo una faccia disgustata. Ridacchiai con un'alzata di spalle e tutto era tornato come prima. Eravamo di nuovo lui ed io, contro chiunque altro. Non c'era bisogno di una parola in più da parte sua o mia, tutto era come doveva essere: noi due, in un appartamento a Londra, lontani dal passato. 

"Come hai dormito stanotte?" Chiese, cambiando discorso. 

"Bene." Mentii. Mi stiracchiai, alzando le braccio al cielo. 

"Non ho perso i miei super poteri per capire quando dici cazzate." Inarcò un sopracciglio. 

"È che... Ho pensato." 

"A quel coglione che non la smetteva di chiamarti ieri?" Domandò, alzandosi dal materasso. Abbassai lo sguardo, guardando le mie dita giocherellare con le lenzuola. 

"È per colpa sua che sei scappata fino a qui?" Sentii una nota di fastidio nel suo tono. 

"Non sono scappata." Protestai, a voce bassa, incrociando le braccia al petto. 

"Ho perso i tuoi anni da teenager e non ho potuto darti i consigli da bravo fratello maggiore quale sono, permettimi di farlo ora." Accennò un sorriso sincero. "Intanto facciamo colazione." Propose e non potei fare altro che annuire e seguirlo in cucina. 

Gli raccontai tutto quello che era successo: dalla sera che atterrai a terra il mostro con la bottiglia di vodka alla pesca, ottengo un "dammi il cinque" da parte sua, all'incontro con Ed, alla nostra "convivenza", tutti i problemi e le insicurezze, fino a Lisa che faceva sesso con Ed. Tutto. 

"Che bastardo!" Esclamò, sbattendo il pugno sul tavolino. Il latte staripò leggermente dalla tazza a causa del colpo. "Deve pregare di non incontrarmi, o il pene glielo taglio." Affermò, deciso. Scoppiai a ridere, agitandomi sulla sedia, cercando di non cadere. Una volta ripreso fiato, mi alzai per poi posare le tazze vuote nel lavandino. 

"Devo cercare un lavoro." Pensai, ad alta voce. 

"Giusto. Non ho intenzione di tenerti in casa mentre fai la mantenuta." Scherzò, arruffandomi i capelli con la mano destra. Lo scacciai in malo modo, mentre un dolce sorriso gli nacque sul viso. "Ora che mi fai pensare, un mio amico che lavora in un albergo nel centro di Londra, mi ha accennato che stanno cercando uma cameriera per le camere. Non è il massimo, ma sempre meglio di nulla, no?" Mi guardò, scrollando le spalle. 
Aveva ragione, non era di sicuro il mio sogno di sempre, lavorare come cameriera dei piani in un albergo, ma avevo bisogno di soldi, non avevo intenzione di stare a casa di Dean senza contribuire con la spesa o con l'affitto. 

"Come inizio, è perfetto." Lo rassicurai. Presi un cereale che era rimasto sulla tovaglia e glielo tirai sul viso. Mi guardò scioccato per un attimo, ma si riprese in fretta e nel giro di qualche secondo, stavamo già rincorrendoci per tutto l'appartamento, lanciandoci residui di cibo addosso. Eravamo cresciuti, ma eravamo rimasti gli stessi idioti.

   
 
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