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Autore: Danya    03/02/2016    2 recensioni
Erano sempre contatti nascosti, intimi. Durante la giornata si cercavano col solo sguardo ma quando lei era sola, Pai le si avvicinava o quando lei aveva qualche minuti di pausa, gli andava vicino.
Dita che si sfioravano per attimi, bocche che si cercavano timide e carezze goffe e tenere.
[...]
Perché era quello il loro modo di dirsi che si volevano, che si cercavano, che si amavano.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Pai Ikisatashi, Retasu Midorikawa/Lory, Zakuro Fujiwara/Pam
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non essere indifferente!
Salva anche tu una tastiera da pazzoidi che
le massacrano scrivendo come disperate!
Non chiudere gli occhi, puoi salvare milioni
di vite elettroniche

Mi è stato fatto notere che l’ultimo capitolo di Big Crunch sia stato un po’… pesantuccio (per usare un eufemismo) e mi sembrava doveroso una os come questa, fluffuosa e dolce.
Perché è sempre e comunque la mia OTP, perché l’amore va oltre ogni confine. Si cerca, si apprezza.
Perché sono state tante le maledizioni da quell’ultimo aggiornamento che sono stata male e un mix di canzoni di Ed Sheeran fa male ahah
Non voglio annoiarvi troppo… sappiate che mentre scrivevo passavano le seguenti canzoni: I’m a mess, this, All the stars, Cold Cofee, Autumn Leaves e troppe altre xD
Il titolo della canzone è proprio preso da “I’m a mess”. Perché l’amore ci rende un po’ confusi, alle volte xD
 
I’m a mess.
 
Era una strana sensazione.
Uno sfarfallio allo stomaco, un formicolio in tutto il cuore, battiti asincroni del cuore nel petto.
Era una ingiustizia.
Perché ne incrociava lo sguardo blu scuro, perché intravedeva la figura in mezzo ad una sala piena di persone, e non solo perché fosse alta, ma perché gli occhi la seguivano come calaminte.
Sospirò rassegnato all’idea di essere rincretinito di colpo, di aver preso troppo Sole terrestre o di aver ingerito troppe sostanze zuccherose somministrategli in quel Caffè tutto rosa e confetti.
Uno schiocco al suo orecchio lo fece quasi trasalire e si voltò verso l’origine del suono.
Kisshu sghignazzò, contento di averlo sorpreso e indicò con la testa Taruto: - Qualcuno si diverte, qui.
Pai seguì seccato la direzione dello sguardo di Kisshu, vedendo –attraverso la finestra a cuore - che Taruto era fuori dal locale con Purin, così vicini che le teste si sfioravano appena, rossi e con un sorriso ebete e felice che arricciava le labbra. Un’altra fitta al petto.
Gelosia?
No, magari fastidio perché certe effusioni in pubblico erano alquanto disdicevoli, specie poi con una… umana.
Forse era quello uno dei grandi problemi, o forse Kisshu diceva bene ed erano solo seghe mentali, testuali parole sue.
-Oh! Ci sei? - Kisshu gli sventolò una mano davanti al viso e Pai tornò nuovamente e con prepotenza al presente, scoccando un’occhiata gelida a Kisshu.
-Che c’è, ancora?
Il verde lo squadrò confuso: - Ti senti bene?
Pai annuì seccamente e si alzò dalla sua postazione, uno sgabello vicino al bancone alto della sala. Quel pomeriggio avrebbe dovuto raccogliere dati e analizzare della flora terrestre, per mandare poi i campioni su Gea, ma si era preso il pomeriggio, visto il bel sole tiepido e il ciel azzurro. Stranamente gli era venuta voglia di uscire.
Uscire. Lui. Anziché lavorare.
No, forse stava veramente male.
Kisshu lo guardò allontanarsi con passo marziale senza averlo degnato di una risposta e mise le mani in tasca, piegando la testa di lato e seguendolo con lo sguardo.
Pai si stava avvicinando alla porta che dava sul retro del locale e lo vide fermarsi un attimo e gettare uno sguardo impenetrabile alla sala.
Kisshu lo imitò e cercò il punto osservato da Pai per quei secondi di troppo e vide la pesciolina scusarsi ripetutamente con una cliente per aver gettato un vassoio a terra, causando una sincope alla poveretta.
Ridacchiò della scena, intenerito dalla goffaggine della ragazza.
-Il tuo amico dovrebbe darsi una calmata.
Kisshu detestava Zakuro e l’ammirava al tempo stesso: era l’unica ad arrivargli alle spalle senza farsi sentire e ciò lo inquietava facendogli accapponare la pelle delle braccia.
-Che ha fatto? – domandò alla modella.
La donna assunse un’aria sorniona, mentre incrociava le braccia sotto il petto, esaltando la sua figura snella ed elegante: - Il suo cervello lavora così tanto che lo posso sentire elaborare.
Kisshu parve non capire ancora e Zakuro alzò gli occhi al cielo con supponenza, guardando anche lei la sala mentre, soffermandosi su Retasu.
Kisshu fece lo stesso e dopo una decina di secondi tornò a guardarla, occhi a tegamino e mascella al pavimento: -Non dire scemenze!
Zakuro non parve sentirsela e si portò una ciocca dietro l’orecchio: -Si vede che non sei un attento osservatore.
-Kisshu, smettila di infastidire la nee-sama! - lo rimproverò Minto, passandogli accanto.
Il verde fece per protestare, ma vedendo Zakuro sorridere in quello strano modo enigmatico, desistette: - Pai non è… quel tipo di persona.
-Magari la gente cambia. – disse la donna, scrollando poi le spalle –Ma non sono affari miei. Spero solo che non ci resti secco.
 
Da quel momento in poi, Pai fu oggetto di studio per Kisshu, una volta tanto.
Il fratellastro maggiore era sempre nervoso e sulle sue, eppure al contempo sembrava che gli occhi si animassero quando scambiava semplici frasi con la verdina. Le spalle si rilassavano e l’espressione si addolciva per pochi attimi. In quel tratto la somiglianza con Taruto era lampante perché socchiudevano gli occhi allo stesso modo e sorrideva lievemente, giusto un po’ imbarazzato, goffo.
“No, sta male, per forza. Deve essere confuso o roba simile”.
Che la ragazza avesse un debole per Pai era una cosa lampante, chiara come il sole e certa come la formula dell’acqua fosse H2O. Ma Pai…
Eppure sembrava che anche Pai fosse caduto in quella spire. Cosa facessero le Mew Mew a loro, non lo avrebbero mai scoperto.
Come Purin per Taruto e per lui prima Ichigo e ora Minto. Come Lune attratte da pianeti con gravità più forti.
Si grattò la testa, pensoso. Il primo istinto fu quello di punzecchiarlo, cavargli una confessione con la forza, ma quella volta… no. Pai lo avrebbe ucciso e occultato il cadavere.
Sospirò e intrecciò le dita dietro la nuca: che le cose facessero il loro corso. Forse quella era la punizione per tutti i peccati di Pai: innamorarsi ed essere incapace di gestire la cosa.
 
Pai dovette far i conti con i propri sentimenti nell’arco delle settimane e ammise a se stesso che sì, Retasu era la sua calamita.
Era adorabile quando arrossiva e abbassava lo sguardo perché non riusciva a sostenere il suo troppo a lungo o quando inciampava sui suoi stessi passi. Ne conosceva i tratti delle espressioni e le alterazioni della voce quando era infervorata in un discorso, quando questo la rendesse triste, allegra o pensosa.
Come quello di quel giorno.
Era finito il suo turno al Caffè e la ragazza era andata in cucina a sistemare alcune cose al posto dell’umano, Keiichiro, e l’aveva intravista alzarsi sulle punte e cercare di posare un pacco di qualcosa in uno stipetto fuori dalla sua portata. Stava rinunciando, quando era entrato nella stanza e toltole l’oggetto di mano, lo aveva fatto al posto suo. Era avvampata in un colpo.
-Grazie. – mormorò.
Pai si chiese se non avesse sbagliato ad aiutarla, magari l’aveva solo imbarazzata e fatta prendere di vergona.  Ma lei sorrise, veramente grata.
Si schiarì la gola: - Figurati.
Retasu giocò un attimo con l’astina degli occhiali: - P…Pai-san? Posso… chiederti una cosa?
Lui annuì semplicemente, sperando che ciò la incoraggiasse un po’ di più: in vita sua non aveva mai conosciuto nessuno di tanto remissivo e timido.
-Ti dispiacerebbe venire con me in un posto? Kisshu-san mi ha detto che siete… indietro con le vostre ricerche ed… ed io devo andare a… a una mostra di botanica per dei crediti e…
-Va bene.
-Ch…che?
Aggrottò appena le sopracciglia, divertito: - Va bene. Sarebbe utile.
“Utile e dilettevole.”.
 
A Retasu piacevano veramente quel genere di cose: guardare nelle vetrine, leggere le etichette informative. Guardava meravigliata i fiori colorati ed aspirava delicatamente i profumi emanati.
Aveva preso un sacco di brochure, commentandole ad alta voce, apprezzando con calore o criticando lievemente.
Lui si era limitato a seguirla e di quando in quando aveva sguinzagliato para-para, affinché rubassero un po’ di dna della flora presente.
Non amava la calca, la gente che spintonava senza sosta, né quell’odore troppo penetrante di fiori ma passeggiarle accanto alleviava quella sofferenza.
Quando si apprestarono verso uno stand delle piante tropicali, la calca era talmente tanta che le poggiò una mano sulla schiena, guidandola con calma perché di quel passo non sarebbero andati da nessuna parte.
Retasu arrossì e lo guardò appena da sotto gli occhiali, giocherellando con gli indici.
No, non era buono per il suo autocontrollo. Decisamente no. Scostò lo sguardo, cercando di concentrarsi su una serie di teche, ma in pochi minuti tornò a guardarla, attirato dal suo agitarsi sulle punte dei piedi.
Retasu allungò il collo per vedere un esemplare dentro una teca oltre un muro di persone, senza successo. Mogia abbandonò l’idea ma Pai le prese discretamente un polso e la fece scivolare più in là, in modo da poter vedere meglio. Retasu non scostò la sua mano, né si allontanò: lo seguì mesta, arrossendo e tenendo lo sguardo un po’ più basso, imbarazzato e tormentato come il mare d’inverno.
Le dita di Pai scivolarono, soffermandosi un attimo di troppo sul palmo. Avrebbe dovuto scostare la mano e basta, ora che erano arrivati alla meta, ma c’era quella strana e piacevole scossa che sentiva sotto pelle nello sfiorarla che lo faceva sentire un po’ confuso e un po’ irrazionale.
Retasu chiuse le proprie dita intorno all’indice e anulare di Pai, trattenendo la mano.
La guardò sorpreso, ma lei tenne lo sguardo davanti a sé, rossa, tesa, che se avesse stretto un po’ di più la mascella le si sarebbe rotto qualche molare.
Rimasero fermi davanti alla teca per un bel po’, mentre la gente scivolava attorno a loro, incurante di quello che stava accadendo dentro di loro. Ormai Retasu doveva aver imparato a memoria ciò che recitava la targhetta argentata, quando la strattonò dolcemente verso l’uscita.
Non sciolse la presa, convinto l’avrebbe fatto lei, né lo fece lei, attraversata dallo stesso pensiero.
Erano rimasti in silenzio troppo, la situazione era già di per sé imbarazzante e Retasu ruppe il silenzio: -Hai… raccolto i dati?
Lui annuì: - Vuoi che ti accompagni a casa?
 
Anziché teletrasportarsi, camminarono. Presero l’autobus che lei indicò, camminarono ancora.
Pai non aveva mai preso un mezzo umano e Retasu si sentì un po’ scema nel sentirsi tanto bene. Stava facendo una cosa normale, normalissima con un ragazzo. Alieno. Sì, un ragazzo alieno.
Con Pai, un ragazzo alieno con il quale aveva passato un fin troppo piacevole pomeriggio e con il quale era ancora stretta per mano.
-E’ stato fruttuoso il pomeriggio. – disse dopo un po’ Pai, mentre entravano nella strada che conduceva a casa sua.
Lei sorrise impacciata: -Ne sono felice.
Davanti alla porta di casa, Retasu dovette sciogliere la presa su Pai e… e lui ritirò la mano, mettendola in tasca.
Il cervello di Retasu parve incepparsi e guardandolo con incertezza, domando: - La vorresti… una tazza di the?
Lui scosse la testa: - Credo di dover andare.
-Oh.
La faccia di Retasu si incupì: le sopracciglia si unirono verso il centro e il labbro si sporse un po’ in fuori.
Retasu vide l’ombra di Pai allungarsi su lei e pian piano chinarsi alla sua altezza.
Fu un contatto veloce di labbra, troppo veloce perché si imprimesse un sapore deciso dell’alito dell’altro ma abbastanza lento da darle la possibilità di chiudere gli occhi e perdersi per pochi secondi.
Si staccò da lei e la frangetta viola sfiorò quella verde, un contatto fin troppo intimo e si fissarono direttamente negli occhi. Retasu avrebbe potuto contare le pagliuzze degli occhi di Pai e Pai poteva sentire il buon profumo della ragazza.
-A domani.
-A domani.
 
Erano sempre contatti nascosti, intimi. Durante la giornata si cercavano col solo sguardo ma quando lei era sola, Pai le si avvicinava o quando lei aveva qualche minuti di pausa, gli andava vicino.
Dita che si sfioravano per attimi, bocche che si cercavano timide e carezze goffe e tenere.
 
La cucina del Caffè era silenziosa, se non fosse stato per quel rumore di passi che trotterellavano qua e là o per il rumore nei piatti nel lavello.
Pai si affacciò alla porta, notando la figura con le trecce che stava armeggiando con acqua e detersivo su alcuni piatti e bicchieri. Aveva le mani immerse nel lavello e canticchiava allegra a bocca chiusa una canzoncina che era passata per tutto il giorno nella musica di sottofondo nel locale.
Era leggermente curva su se stessa e ogni tanto si aggiustava gli occhiali alzando la spalla e sistemandoseli un po’ verso l’alto o soffiava su alcune ciocche più lunghe.
Si guardò attorno, assicurandosi che fossero soli e si mosse silenziosamente dentro la stanza senza che lei lo sentisse.
Le passò le mani intorno alla vita, affondando la faccia sulla spalla della ragazza e inalando il suo buon profumo. Retasu trasalì con un urletto, tranquillizzandosi un attimo dopo averlo riconosciuto ma rimanendo comunque rigida.
-Mi hai spaventato! - si lamentò debolmente.
Pai sorrise appena, posandole un bacio sul collo: -Scusami. – contrasse un attimo la mascella e poi disse un po’ a disagio –Mi andava di farlo.
Retasu arrossì di piacere, sentendosi felice, mentre avvertiva le farfalle nello stomaco.
-Grazie…
-Grazie a te.
Perché era quello il loro modo di dirsi che si volevano, che si cercavano, che sia amavano.
 
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Quanto miele e amore XD Anche a me mancavano ahahah xD
Spammo giusto un po’… Sono anche io su FB (NuuUU ndtutti)

https://www.facebook.com/Danya-EFP-952622578162590/?ref=hl
Se qualcuno volesse sclerare con me… faccia pure <3
Bacini!
 
   
 
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