Nota:
FanFiction
scritta per il concorso a pacchetti ”Dichiarati a
me” indetto
da Grazianaarena
sul Forum Di EFP. Purtroppo, dato che la dea bendata il mio indirizzo
lo salta
sempre a piè pari, nei pacchetti non mi è uscito
il mio personaggio preferito, nonché
cavallo di battaglia, Kol. Mi avrebbe sicuramente facilitata le cose.
:) Ho
scelto quindi di fare la crossover tra TVD e il mondo di Harry Potter,
cercando
di sfruttare al meglio le carte che avevo in mano. Inoltre: per le
regole del
concorso, questa storia non avrà betaggio… che
Silente me la mandi buona! : )
Sette
La
colpa era tutta del colore nero.
Tutti
sapevano quanto quel colore portasse sfiga, quindi l’unica
cosa sensata da fare era ovviamente
bandirlo
in tronco dalla faccia della terra!
Esempio? Lei non indossava mai il nero, a meno che non ci fosse di
mezzo un funerale o un ballo di gala super importante, ma
nell’ultimo caso era sempre accompagnato da parecchi
centimetri di pelle scoperta!
Invece,
ora si ritrova lì, a correre a perdifiato in quei vecchi corridoi che le sembrano tutti uguali, con due stregoni alle calcagna,
intenti a lanciarle maledizioni di ogni tipo, e il tutto accompagnato dalla sua orrenda
mise che non avrebbe sognato di mettersi nemmeno in uno dei suoi
peggiori
incubi!
Orribili scarpette di vernice nera con le fibbie, collant in pendant
con la gonna nera lunga fin sotto il ginocchio (lunghezza che le sue gambe non vedono da quando
aveva cinque anni)
e, per finire, un inutilissimo e inspiegabile mantello, con i risvolti
blu, il
cui scopo generale doveva essere quello di rendere ancora
più difficili le
situazioni di emergenza, grazie al suo inopportuno e fastidioso
svolazzare.
A
proposito di fastidi: dà
un’occhiata oltre le sue spalle, dove il ragazzotto dalla
zazzera di capelli
castani e gli occhi terrorizzati, sta correndo a perdifiato,
lanciando dietro
di lui maledizioni a caso che, il più delle volte rimbalzate
sui muri in
pietra, aggiungono confusione al quella accozzaglia di urla, rumori ed
esplosioni.
«Neville!»
urla esasperata «A
meno che tu non abbia intenzione di fermarti e mirare il bersaglio,
smettila di
gettare incantesimi come se fossi Pollicino con la bacchetta!»
Il
ragazzo si asciuga la fronte madida
di sudore con la manica della sua divisa e, smettendo per un attimo di
puntare
la bacchetta oltre la sua spalla, dà
un’occhiata veloce alla bionda
ragazza, con sguardo corrucciato:
«Chi,
Caroline?»
«Lascia
perdere!» continua lei
abbassandosi per schivare un bagliore di colore verde «Spero
che tu abbia idea
di dove stiamo correndo, perché se è un vicolo
cieco, ammazzerò te con le mie
mani prima che lo facciano quei due
Carrows!».
«No,»
fa Neville, ansante «siamo
al settimo piano! Alla fine di questo corridoio, svoltando a destra,
vedrai un
arazzo blu. È li che siamo diretti! Ma dobbiamo distanziarli
di più o non
riusciremo a infilare la porta senza che loro ci seguano!»
«Quale
porta?» chiede Caroline,
febbrilmente, desiderando con tutte le sue forze di essere
già alla fine del
corridoio. Neville, invece di rispondere alla domanda, rallenta
impercettibilmente e, con uno scatto sicuro
del
polso che Caroline gli ha visto esibire raramente in quei mesi di
permanenza
lì, grida con tutto il fiato che ha in corpo:
«Impedimenta!»
«Bel
colpo!» commenta lei, entusiasta, quando vede cadere per
terra come sacchi di
patate Amycus e sua sorella Alecto; per poi fulminarlo con lo sguardo
quando, una
manciata di secondi dopo, li rivede di nuovo in piedi:
«Neville!»
urla al colmo della frustrazione;
«Si!»
si
lamenta il ragazzo continuando a correre «È che
l’incantesimo della pastoie ha
un movimento troppo difficile! Non riesco mai ad eseguirlo
sottopressione!»
«Oh,
al
diavolo tutti!» sbuffa Caroline, e svelta afferra il ragazzo
per la collottola
del mantello, lanciandosi in uno sprint a velocità
vampiresca verso la fine del
corridoio.
«No,
Caroline! Così capiranno che non sei una maga!»
protesta Neville che però,
sopraffatto dalla forza soprannaturale della vampira, non
può fare altro che
tenersi stretta la bacchetta contro l’impatto
dell’aria.
«Neville
non so se ti è chiaro, ma quei due svitati ci vogliono far
fuori! Non credo
proprio che faccia alcuna differenza ora!» sbotta Caroline,
mentre dietro di
lei sente la voce fastidiosa di Amycus abbaiare: “Non
è un essere umano!” .
Arrivati
finalmente davanti l’arazzo blu di “Barnaba il
babbeo”, Caroline
lascia andare il mago senza troppa
delicatezza e guarda freneticamente da una parte e
dall’altra, in cerca della
fantomatica porta, ma non vede altro che mura di pietra;
«Non
ci posso credere: Neville, dimmi
la verità! Ti sei perso!» salta su tutte le furie
la vampira, sapendo che a
momenti le figure imbestialite dei Carrows avrebbero svoltato
l’angolo e loro
si sarebbero ritrovati intrappolati come dei topi.
«No.»
balbetta il giovane mago,
disperato, mentre appoggia entrambi le mani sulla parete opposta
all’arazzo e
chiude gli occhi.
«Non
è il momento di meditare!»
lo tartassa lei, ben consapevole di come stia mostrando il suo lato
peggiore,
ma decidendo che non gliene importa un fico secco, date le circostanze.
«Caroline!»
fa Neville frustrato,
aprendo per un attimo gli occhi «mi hai detto di credere in
me, ricordi? Mi
serve che tu lo faccia ora! E che chiudi la bocca anche!»
conclude,
sorprendendo entrambi per il suo tono duro.
L’arrivo
dei due MangiaMorte, i
Carrows, blocca qualsiasi altra interazione tra i due; la bionda
vampira
borbottando un “lo sapevo che facevo meglio a non fidarmi di
questi ragazzini
che credono di essere discendenti di Merlino!”, afferra lesta
l’arazzo di
Barnabba il Babbeo e si lancia contro i due assalitori, sperando che
qualsiasi
cosa Neville stia facendo, la completi in
fretta.
Il
tempo sembra quasi rallentare
e a Caroline pare di vedere scorrere la scena fotogramma per
fotogramma:
uno
Amycus
le scaglia una contro una
maledizione,“Stupeficium”, e rimane basito quando
oltre che farla
indietreggiare di alcuni passi, non succede nulla.
Due
Alecto
cerca di intervenire, ma
lei le butta prontamente l’arazzo addosso, incapacitandola
momentaneamente nei
movimenti e nella vista, grazie ai due o tre giri che le fa intorno;
con
un’abile movimento le strappa la bacchetta di mano e la
spezza tra le dita come
se fosse un fuscello.
Tre
Amycus
fa un passo indietro
quando lei voltandosi mostra il viso digrignante nelle sue sembianze
vampiresche: occhi iniettati di sangue, vene scure prominenti e canini
aguzzi
che promettevano un mare di sofferenze.
«Vampiro!»
lo sente sibilare
mentre con un mano lo afferra per il collo e lo sbatte contro il muro:
le
basterebbe una facile torsione del polso per liberare quel posto
dall’orribile
mago.
«Caroline!»
chiama Neville
davanti quella che ora sembra una porta di legno massiccio
«Presto vieni!»
Quattro
La
vampira scaraventa Amycus dall’altra
parte del
corridoio e fa un sorriso soddisfatto quando sente il rumore di ossa
rotte: con
un po’ di fortuna nell’impatto si
dev’essere spezzato una gamba o un braccio. O
tutte e due, se proprio la dea bendata voleva fare straordinari!
Cinque
Si
volta per correre verso Neville
(Alecto, l’impiastro, è quasi riuscita a liberarsi
dall’arazzo in cui l’ha
arrotolata come il ripieno di un involtino), quando vede il ragazzo
assumere
un preoccupante colorito grigio, un’espressione spaventata
sul volto.
Sei
Il
giovane mago avanza un passo verso di lei, bacchetta tesa in avanti
e urla a pieni polmoni “Protego” mentre alla sue
spalle sente risuonare un
boato. Voltarsi per capire cosa stia succedendo è
chiaramente una pessima idea,
quindi fa l’unica mossa possibile in quel frangente:
raggiungendo finalmente
Neville, lo afferra per un lembo del mantello e lo trascina via.
L’urlo
soffocato di Neville “No! Aspetta!” si perde nel
ronzio quasi assordante di un
qualcosa (anzi più di uno) che si avvicina. Riesce a
infilarsi nella maledetta
porta nell’attimo stesso in cui avverte un dolore lancinante
alla spalla; lei e
Neville cadono a terra con un tonfo, mentre al di fuori della stanza,
ora
impenetrabile per i loro nemici, si può sentire chiaramente
l’urlo di rabbia di
Amycus, accompagnato dalla minaccia “La pagherete
cara!”.
Nove mesi prima
1
Settembre, Hogwarts
La
biblioteca della
scuola, con i suoi alti soffitti gotici, sinistre figure di Gargoyle e
corridoi
bui che si diramavano come un labirinto, non era sicuramente il posto
migliore
per celebrare il primo giorno di scuola.
Nonostante ciò, due giovani maghi erano ricurvi su un
libro, in un angolo della biblioteca lontano
dai severi occhi scrutatori di Madame Pince; una
ragazza dai
lunghi capelli color del grano e occhi resi ancora più
sporgenti da bizzarri
occhiali a forma di cuore, stava prendendo minuziosi appunti da un
vecchio ed
enorme libro, così grande che c’erano volute due
persone per portarlo fino a
quel tavolo. Il suo compagno di ricerche era seduto al lato apposto e
ogni
tanto mandava occhiate nervose verso la fine degli scaffali, quasi
aspettandosi
che da un momento all’altro Madame Pince comparisse per
sgridarli su
fantomatiche e gravissime mancanze: ad esempio, non era sicuro che i
bagliori
rosa degli occhiali di Luna fossero contemplati nella lunghissima lista
delle
cose da non fare in quel posto.
«Luna,»
si schiarì la gola Neville «quanto tempo pensi
che ci vorrà ancora? Tra un po’ Madame Pince ci
sbatterà fuori. E non ho fatto
nemmeno in tempo a prendere il dolce a cena.» aggiunse con
una nota di
rimpianto nella voce.
«Oh,»
si
riscosse Luna con voce trasognata «se vuoi ho
una caramella ai mille gusti più uno»
offrì come se quello potesse pareggiare
le cose.
Neville
scosse la testa
passandosi una mano tra i corti
capelli castani, un po’ affranto «Ripetimi,
cos’è che stiamo cercando qui?»
La
bionda maga puntò i suoi
occhi chiari, schermati dalle lenti
fucsia degli occhiali, su di lui e con molta pazienza
rispiegò di nuovo, come
se fosse una cosa estremamente logica:
«Stiamo
cercando
informazioni sugli ybris dai denti aguzzi,
ovvero gli
animali incantati che proteggono i maghi dagli spiriti maligni. Sono
molto
antichi.» sorrise, sicura che il suo amico fosse genuinamente
interessato alla
sua ultima scoperta.
«Certo,
giusto.» rispose
Neville con un cenno assente del capo; chissà cosa stavano
facendo Harry e gli
altri in quel momento. Erano ormai mesi che non aveva più
notizie di loro e la
cosa lo impensieriva parecchio. Avrebbe tanto voluto avere i suoi amici lì,
ad affrontare uno degli anni
più neri che Hogwarts avesse mai visto: difatti a cena quasi
tutti gli alunni
dell’ultimo anno si erano guardati a tratti sbigottiti a
tratti sgomenti,
quando il professor Piton si era seduto al posto del preside. Per non
parlarle
di quei maledetti MangiaMorte, i Carrows, con il loro ghigno arrogante
mentre
sedevano al tavolo dei professori. Per tutta la cena gli era sembrato
di
inghiottire fiele e infine, quando aveva visto Luna alzarsi
insolitamente
presto dal tavolo dei CorvoNero, aveva deciso su due piedi di seguirla
piuttosto che sopportare quell’abominevole vista ancora un
secondo di più.
Ovviamente
non aveva
considerato le strampalate idee di Luna e il mondo fantastico
(Lunalandia, come
lo chiamava lui) in cui essa viveva!
Si
accorse un secondo troppo
tardi che la compagna
aveva continuato a parlare di quegli strani animali dai denti aguzzi e
ora stava
chiedendo:
«Pensi di poterlo
fare?»
«Uh.
si?» rispose lui insicuro, tornando a sbirciare il
libro su cui era focalizzata e
aggrottando ancora di più le sopracciglia davanti le figure
di bestie
spaventose che si ricorrevano e assalivano tra le pagine del libro.
Lei
lo guardò
incoraggiante, spostando lo sguardo da
lui a una sezione della biblioteca che sembrava la più buia
e isolata di tutta
la sala. Neville intuì che Luna gli aveva appena chiesto di
prendere qualcosa
negli scaffali di quella sezione e le sue speranze di uscire da
lì e andarsene
finalmente nella sala comune dei Grifondoro diventarono trasparenti
come il
naso della volpe translucida che gli stava scodinzolando vicino.
«Cosa?»
balzò il ragazzo, quasi candendo dalla
sedia.
«Neville»
lo rimproverò la bionda maga, tornando a
sfogliare tranquillamente le pagine del libro «non spaventare
il povero Rouge.»
«Io?
Spaventare
lui?» ripeté il ragazzo a bassa voce,
mentre la dispettosa volpicina gli mostrava i denti affilati quasi in
un ghigno
canzonatorio «Rouge? Cosa diamine è?»
Un
autoritario
“Silenzio” tuonato da qualche parte
della biblioteca gli fece capire che madame Pince avrebbe sopportato
ancora per
poco il loro concitato parlottare.
«Non mi dire che
non hai mai visto Rouge prima d’ora?»
bisbigliò Luna, sopracciglia lievemente aggrottate, come se
trovasse la cosa
estremamente strana.
«Mai!»
rispose lapidario il ragazzo, cercando di
evitare che quella dannata cosa gli addentasse una manica della divisa
«E ti
posso assicurare che non sono l’unico! Luna, penso che
perfino Madama Prince non
lo abbia mai visto prima!»
«È
un
Rossino argentato,» spiegò Luna, indicando le
striature argento che il piccolo animaletto aveva qua e là
lungo la sua
pelliccia rossa «un parassita dei libri. In genere vivono
nelle biblioteche,
dove si nutrono della carta stampata e della concentrazione degli
studenti.»
«Cosa?»
ripeté Neville come un ebete, per un attimo
incapace di dire altro;
«È
per
questo che si possono trovare molti studenti ad
oziare nelle biblioteche» continuò la maga
imperterrita «Sono i Rossini
argentei. Non hai letto la copia di Luglio del Cavillo? Abbiamo
dedicato un
intero inserto a questi spiritelli.»
«Io…
lui… Madame Pince» cercò di articolare
il
Grifondoro;
«Non
si
è mai accorta di lui perché Rouge è un
Rossino
molto educato, in realtà. Si limita a mangiucchiare vecchie
riviste e qualche
volta la copertina di alcuni libri nuovi, ma nulla di estremamente
dannoso.»
«Luna!»
sbottò Neville, esasperato «Ti rendi conto che
molto probabilmente migliaia di
studenti sono stati puniti con l’accusa di deturpare la
proprietà scolastica
per colpa di questo mostriciattolo?»
Il
rossino
in questione, da come stava addentando la gamba del mago,
sembrò non gradire
affatto l’epiteto rivolto contro di lui.
«Oh!»
esclamò
Luna, inclinando la testa di lato, come se non avesse mai pensato a
un’eventualità del genere.
«Va
bene!» concesse alla fine Neville con un sospiro di resa
«Lasciamo cadere
l’argomento, vorrei uscire di qui prima che inizi la
sorveglianza nei corridoi.
Meglio non trovarsi faccia a faccia da soli con quei farabutti dei
Carrows.
Cosa devo fare?»
«Segui
Rouge.» gli spiegò la maga «Lui sa quale
libro vorrei consultare. Qui c’è un
riferimento a un tomo molto vecchio, risalente alla Grande Divisione
tra Umani
e Maghi.»
Neville
sospirò
di nuovo, passandosi una
mano sul volto; effettivamente, pensò mentre seguiva mogio
la figura
scodinzolante di Rouge, se una roba come i “Rossini
Argentati” esistevano sul
serio, non vedeva nessuno motivo per il quale questi Ybris dalle zanne
o denti
aguzzi non fossero altrettanto veri. Sperava
solo che anche loro non si nascondessero negli
angoli bui della
biblioteca di Hogwarts; deglutì fissando il diramarsi di
scaffali in cui era
scomparso l’animaletto trasparente.
Si accorse che Rouge stava saltellando verso
la fine del corridoio, dove una scala a chiocciola di legno,
incorporata tra
gli scaffali pieni di libri, si snodava fino ad arrivare al soffitto.
Titubante
(non gli erano mai piaciute le altezze, nonostante la cavalcata sui
thestral
dell’anno passato), il ragazzo seguì
l’animaletto su per i primi venti gradini,
per fermarsi quando si
rese conto che esso,
con il suo muso appuntito, stava indicando qualcosa sul ripiano proprio
davanti
ai suoi occhi: lì difatti, in mezzo a vecchi libri di storia
e cronache del
passato, un tomo dalla spessa copertina di cuoio saltava subito
all’attenzione.
Il dorso di tale volume aveva in rilievo l’inquietante figura
di una testa di
leone dalle corte corna, con in bocca uno strano anello color rame.
Neville ebbe la bruttissima sensazione che quella bizzarra creatura lo stesse osservando, sospettosa; cercando di
prendere il
tomo da un angolo che fosse in nessun modo vicino alle fauci del rilievo
(perché chi poteva
mai sapere quali strani trucchi Madame Pince si era inventata per
preservare i
suoi preziosi libri dai quei vandali degli studenti?), il ragazzo
estrasse il
libro dallo scaffale e delicatamente lo posò su uno dei
gradini sopra di lui.
L’intento era quello di controllare che non
stesse per trasportare inutilmente cinque chili di carta da una parte
all’altra
della biblioteca e poi scoprire miseramente che era il tomo sbagliato,
quando
un disegno sulla prima pagina lo fece fermare di sasso.
Vi
erano disegnate tre colonne su cui ruotava, placido, la figura di un
mappamondo.
Ai piedi delle tre colonne si intravedevano tre figure incappucciate.
“Mangiamorte”
pensò automaticamente.
Nella
pagina successiva però era riportata l’immagine di
un uomo dalla vesti antiche,
il cappuccio ricadeva dietro le spalle e tra le pieghe del mantello si
poteva
scorgere l’elsa dorata di una spada. Di fianco
l’individuo era accucciata,
maestosa, la figura di uno strano animale: una tigre bianca, con delle
portentose ali di falco stava ghignando in direzione di Neville,
mostrando due
affilatissime zanne che arrivavano a toccare il suolo. Nel
margine in basso del foglio si leggeva,
scritta a mano, la didascalia:
“Eques”
e “ybris”
Neville
aggrottò le sopracciglia: almeno in questa raffigurazione le
bestiole dai denti aguzzi sembravano un filino meno mostruose rispetto
a quelle
viste nel libro mostrato da Luna.
Continuando
a sfogliare le
pagine, si rese conto di come quello fosse piuttosto il memoriale di
qualcuno;
una persona vissuta molti secoli fa, a giudicare
dall’alfabeto runico in cui era
scritto. L’autore del libro raccontava di un ordine segreto i
“Cavalieri delle
Tre Colonne”, custodi dell’equilibrio tra gli
esseri umani ed esseri
soprannaturali. Da
quanto riusciva a
capire (dopotutto le Antiche Rune erano una materia facoltativa! A
sapere che
sarebbe stata utile prima o poi, avrebbe sicuramente messo
più impegno nello
studio, in passato!) le Tre colonne rappresentavano tre
virtù: Sapienza,
Coraggio e Temperanza, su cui, sempre secondo l’autore, si
basava l’armonia di
tutte le civiltà.
«Neville?»
la voce interrogativa di
Luna lo riscosse dalla profonda lettura in cui era immerso; stufa
evidentemente
di aspettare il suo ritorno, lo stava ora scrutando da qualche gradino
più in
basso.
«Luna,»
rispose lui, accigliato «a
me sembra che questo libro riporti una quantità assurda di
cavolate. Parla di
cavalieri. E di colonne. Fa anche accenno ai tuoi mostri, ma non
aiutano
affatto i maghi. Vengono definiti come i fedeli compagni di questi
fantomatici
cavalieri. Secondo me sono solo i vaneggiamenti di un vecchio
paz-»
«Neville,»
lo interruppe la voce
severa della maga una volta arrivata sul gradino dove l’amico
era appollaiato
«non è carino parlare male dei morti.» e
senza dargli tempo di ribattere, si
chinò anche lei sul libro, interessata.
«Luna,»
tentò di nuovo Neville,
passandosi una mano sugli occhi stanchi «forse dovremo
proprio andare. Sono
quasi le dieci. E domani ci aspetta già un inizio di lezioni
abbastanza brutto
con quei schifosi MangiaMorte in giro.»
«Oppure
potrebbe essere molto
interessante!» controbatté la maga, nel
suo modo tipico di vedere il lato positivo in ogni cosa.
«Certo.»
sbuffò lui, esasperato
«Luna, non so se hai notato, ma non c’è
Harry! O Hermione o anche Ron! Siamo
senza una guida! E-»
«Le
guerre non sono combattute da
un solo uomo, Neville. Chi ti dice che dev’essere per forza
Harry la nostra
“guida”?» lo interruppe lei di nuovo, in
tono pacato.
Neville
buttò la testa indietro,
appoggiandola contro la balaustra ricurva della scala, sconsolato:
«A volte mi sembra che tu viva
totalmente su un altro pianeta, Luna.»
«Mi
piacerebbe molto!» cinguettò
la ragazza prendendolo alla lettera, per poi continuare «Oh,
guarda qui: dice
che l’ordine dei Cavalieri delle Tre Torri è
scomparso verso il X secolo, a
causa di una tremenda lotta all’interno dello stesso gruppo.
E gli Ybris si
estinsero con loro.»
Il
tono di genuina delusione della compagna fece effetto
sull’animo
gentile di Neville, che si sentì costretto a dire:
«Be’, almeno il giornale di tuo padre
aveva ragione no? Sembra che queste creature siano esiste…
nel senso… non so
quanto questo libro possa essere attendibile, ma il fatto che le
menzioni
significherà qualcosa, no?»
La
fronte di Luna si aggrottò e il
giovane Grifondoro iniziò a sudare freddo, timoroso di aver
peggiorato la
situazione:
«Nel
senso… non volevo dire che
il tuo giornale non sia…» balbettò
disperato e mandò un’occhiata veloce a
Rouge, quasi sperando nel suo aiuto; il quale tuttavia si
limitò a fissarlo con
uno sguardo accusatore.
«Neville!»
la voce eccitata di
Luna mise fine alla sua miseria «Guarda!
C’è scritto che i cavalieri sono sempre
esistiti! In epoche diverse, con nome forse anche diversi, ma ci sono
sempre
stati. Erano “esseri comuni”!»
«Uh,
Luna sinceramente io non
farei troppo affid-» il ragazzo si sporse per leggere anche
lui il paragrafo in
questione, per poi accigliarsi, interdetto:
«Luna?
Perché mi stai indicando
la figura di quel coniglio con le ali da pipistrello? Dove stai
leggendo?»
La
maga lo guardò al di sopra
delle sue lenti rosa, cercando di capire se stesse scherzando;
«Come dove? Qui!» indicò
l’identico stesso punto con il coniglio zannuto
«L’ordine cadde perché nessuno,
dopo la Grande Lotta, volle più avere nulla a che fare con
le Tre Colonne,
preferendo operare singolarmente. Non capisci? Questo significa che i
cavalieri
non sono realmente estinti!» accorgendosi che
l’amico la fissava ancora di più
confuso, realizzò:
«Oh,
scusa! Non devi essere
pratico della lingua dei Sassi Canterini. Non te ne devi vergognare
sai? Una
volta mio padre fece uscire un piccolo inserto linguistico con il
Cavillo!»
continuò comprensiva.
Quando
Neville riuscì a
riprendersi dalla sorpresa (la sua bocca aperta in una grande e rotonda
“O”),
tentò di interrompere il vaneggiamento di Luna:
«Luna,» disse lentamente «di cosa
stai parlando? Il libro è scritto in Rune Antiche! E no, per
favore, non voglio
sapere cosa siano questi “Sassi
Canterini”!»
«Neville,»
rispose Luna imitando
il suo stesso tono «il libro è scritto in sassese.
La lingua dei Sassi!»
«Merlino!
Questo è assurdo!» sbottò il ragazzo,
nascondendosi il viso
tra le mani «Stiamo impazzendo! Entrambi! Scommetto che tra
poco anche questa
piccola volpe bicolore si metterà a parlare una lingua
completamente assurda.»
guardò la volpe come a sfidarlo a fare quello che aveva
appena detto.
«Ok,
basta così direi che è tempo
di andare a letto!» si alzò in piedi
«Sono sicuro che domani tutto questo avrà
un senso; magari potremmo mostrarlo a uno dei MangiaMorte e vedere che
lingua
legge lui!»
«Aspetta
un attimo,» lo fermò Luna, ridacchiando:
evidentemente lo
straparlare di Neville doveva sembrarle estremamente divertente, ma il
ragazzo non
riuscì a registrare altro che la mano della maga stretta
nella sua, in un gesto
casuale; «qui c’è scritto che coloro in
grado di vedere oltre l’orizzonte
delle cose aiuteranno l’Ordine a
rinascere.»
Di
seguito, come se dietro ci
fosse una volontà precisa (stranamente la coda del piccolo
Rouge aveva preso ad
agitarsi, eccitata) una serie di eventi si susseguì davanti
ai due ignari maghi:
Luna, mentre spiegava concitata
quello che leggeva, girò distrattamente la pagina del libro,
accarezzandone con
la mano la ruvida superficie.
Neville, cogliendo con la coda
dell’occhio un movimento strano, distolse
l’attenzione dalla ragazza, e fissò,
stupito, il disegno di quella che sembrava essere un’enorme
porta di legno
massiccio… porta che si stava aprendo lentamente.
Le fiaccole della biblioteca si
spensero di colpo. E Una strana brezza iniziò a soffiare
all’interno della
biblioteca. Rouge gli si intrufolò in mezzo ai piedi, come
se aspettasse qualcosa.
Quando si accorse che oltre quella porta, due occhi neri come la pece
stavano fissando Luna in un’espressione che non aveva nulla
di rassicurante,
agì di istinto: facendo presa sulla mano che la CorvoNero
stava ancora tenendo
nella sua, fece uno scatto indietro in modo da spostarla dalla
traiettoria di
quegli occhi. Purtroppo nella foga di mettersi tra Luna e il libro
inciampò
sulla coda di Rouge e tutte e tre rotolarono giù per la
scala, fino a fermarsi
con un tonfo sordo ( e un guaito acuto del Rossino Argentato) sul duro
pavimento di pietra.
Neville,
ormai abituato a come
gli eventi potessero precipitare rapidamente grazie alla gita
nell’Ufficio
Misteri di due anni prima, si rimise in piedi velocemente su gambe
traballanti,
già pronto con la bacchetta in mano, fissando la scala a
chiocciola come se si
aspettasse che da un momento all’altro qualcosa di terribile
sarebbe sceso da
lì.
«Aspetta
Neville» tentò di
bloccarlo Luna, rimettendosi anche lei in piedi, nonostante
l’amico si
ostinasse a fare da scudo tra lei e qualsiasi cosa stesse per uscire da
quel
libro, in uno sprazzo di audacia che ormai stava diventando tipico del
suo
carattere nelle situazioni di emergenza.
«Neville,» continuò Luna, serafica
«il libro non ha brutte intenzioni. Non lo senti?»
nelle orecchie del ragazzo vibrarono
solo dei suoni sconnessi «Sta dicendo che attraverso la sua
porta sono passati
molti valorosi cavalieri.»
«La
sua porta?» gracchiò Neville,
chiedendosi tra sé e sé dove diamine fosse finita
madame Pince con tutto quel
chiasso «É un libro, Luna! E
che lingua
starebbe parlando ora? Il linguaggio delle foglie morte?»
La
risposta di Luna fu spazzata
via dal fracasso di vetri infranti; un vento fortissimo aveva
sostituito la
precedente brezza e qualcosa di simile a un liquido rosso stava colando
giù per
tutta la scala a chiocciola.
«Dimmi
che il tuo libro non sta
sanguinando!» urlò Neville al colmo del panico
ora, esterrefatto dalla
situazione sempre più assurda.
«Non
essere sciocco, Neville.» gli
disse lei calma, guardando con interesse
la pozza rossa che si stava raccogliendo vicino ai loro piedi
«I libri non
sanguinano»; poi come se stesse parlando con qualcuno in
direzione delle scale,
esclamò: «Ma davvero?» e intinse la
punta della sua bacchetta nel liquido.
Neville
giurò di aver visto brillare una scintilla appena la
bacchetta
di Luna era entrata a contatto con quella “cosa”, e
di istinto seppe cosa
sarebbe successo nei successivi cinque secondi. Fece in tempo a
pronunciare
“Theca”, in modo che una grande bolla di sapone
avvolgesse entrambi, quando
un’immensa esplosione li sbalzò in fondo al
corridoio.
“Ecco,” pensò il ragazzo mentre sbatteva
per la seconda volta per
terra “abbiamo fatto saltare in aria la biblioteca! Dopo
nemmeno cinque ore
dall’apertura della scuola! Madama Pince suggerirà
di farci sbattere in
Azkaban!”.
Controllato che Luna, di fianco a lui, si muovesse ancora, si fece
infine
coraggio a guardarsi indietro.
Per
rimanere di stucco.
La
biblioteca era immacolata come dopo un giorno di grandi pulizie:
non c’era nessuna traccia dello strano liquido rosso, tutte
le finestre erano
intatte con i propri vetri e non c’era nemmeno un libro
spostato dal vento dei
pochi attimi precedenti.
Luna
si tirò in piedi per prima,
alzandosi gli occhiali rosa sulla fronte e, fissando il pavimento
proprio sotto
la scala a chiocciola, esclamò:
«Rouge!»
Neville
seguì la direzione del suo sguardo e si rese conto di come
effettivamente non tutto fosse al suo posto: lì,
nell’angolo dove iniziava la
scala, il piccolo Rouge era intento a leccare, entusiasta, una mano.
La mano di una ragazza per essere precisi: riversa per terra, i lunghi
capelli biondi a coprire il viso, gisveva il corpo immobile di una
sconosciuta.
Neville deglutì un paio di volte e, bacchetta sempre fissa
davanti a
sé, si avvicinò, cauto.
A occhio e croce quella ragazza
sembrava a avere la loro stessa età; indossava normali abiti
Babbani e al dito
della mano destra (quella che Rouge stava completamente leccando da
cima a
fondo) aveva un anello con una grossa pietra azzurra.
«È…morta...» Neville
deglutì ancora una
volta, chinandosi verso il corpo «Non respira. Merlino, cosa
è successo? Cosa
abbiamo fat-»
Come
se caricata da una molla,
gli occhi della presupposta morta si aprirono di scatto e la ragazza si
girò su
un fianco, boccheggiando. Appena riuscì a riprendere fiato,
la sentirono
sbraitare:
«Liv! Non so cosa hai fatto, ma
se hai cercato di fregarmi me la pagherai cara!» con una mano
si scostò i
capelli dal viso e guardò il piccolo rossino che ora stava
annusando la sua
giacca.
«Che diamine…» finalmente
sembrò
rendersi conto delle altre due presenze nella stanza. Si
tirò su in piedi a una
velocità che i due maghi fecero fatica a distinguere e, con
loro sommo orrore,
i suoi occhi si tinsero di rosso.
La situazione sembrò degenerare di male in peggio quando,
con un
sibilo minaccioso mostrò lunghi e affilati canini.
«Merlino!»
disse Neville, facendo
un passo indietro e alzando un braccio contemporaneamente a
mo’ difesa davanti
a Luna.
«Chi
siete voi?» chiese la
creatura, intimidatoria «E dov’è
Liv?»
Neville
e Luna si guardarono tra
di loro, non sapendo cosa rispondere.
«Liv!
Se questo è uno scherzo non
mi piace affatto!! Dove sei?» iniziò a urlare la
bionda, dato il silenzio degli
altri e due.
«Non
urlare!» intervenne
automaticamente Neville, per un attimo dimentico dei canini in bella
mostra
«farai accorrere Madame Pince!»
«Chi?»
fece aggressiva lei,
fissando l’asticella di legno che il ragazzo teneva in mano.
«Uh,»
parlò infine Luna, che al
contrario di Neville aveva messo via la bacchetta, ovvero dietro il suo
orecchio, avendo deciso che non correvano nessun pericolo
«sei una Vedova dagli
Occhi Strabici?»
«Prego?»
esclamò l’altra ragazza,
accigliandosi ancora di più, come se stesse prendendo come
un’offesa personale le
parole della maga «Non sono una vedova! E di certo i miei
occhi non sono strabici!»
«Luna
non è il momento di
investigare sulle tue strane creature!»
si
lamentò Neville, sempre più esasperato
dall’assurdità di tutta quella
situazione; poi rivolgendosi verso l’estranea «Da
dove sei arrivata? E come hai
fatto a materializzarti ad Hogwarts?»
«Io
non ho fatto proprio nulla!»
ribatté la bionda che però, intuendo in qualche
modo la non pericolosità dei
due ragazzi, si rilassò nella postura e si piegò
ad accarezzare Rouge,
apparentemente non turbata dal fatto che si trovasse di fronte a una
specie di
volpe bicolore. «Ero con quella maledetta strega da
strapazzo, Liv. Avevamo un
accordo! Doveva far tornare in vita Bonnie! Lo sapevo che non dovevo
fidarmi
quando mi ha detto di entrare nel cerchio magico!»;
continuò più parlando a se
stessa che al resto dei presenti, «Avevamo individuato Bonnie
e Demon! Eravamo
vicini a farli ritornare! E nel mezzo del rito mi ha detto che le
serviva
incanalare più forza. Stupida Caroline! Perché
non hai capito subito che era
una trappola! Molto probabilmente era il suo piano fin
dall’inizio! Farmi
finire nel bel mezzo di….» si bloccò di
colpo, tornando a guardare gli altri e
due «Dove avete detto che sono?»
«Hogwarts»
risposero i due maghi
in coro. Neville sospirò, mettendo da parte la bacchetta.
«Ehm… sono sicuro che
c’è una spiegazione a tutto questo. Prima di
tutto: cosa sei?»
La
ragazza lo fissò, inarcando un
sopracciglio:
«Pensavo fosse chiaro: un
vampiro!»
Neville
impallidì, mentre Luna
fece un sorriso entusiasta, esordendo con un:
«Piacere vampiro. Io mi chiamo
Luna!» e allungò la mano verso
di lei.
Il
vampiro spostò lo sguardo da
lei alla mano tesa, indecisa. E poi, lasciandosi sfuggire anche lei un
sorriso
rispose:
«Piacere. Credo. E non mi chiamo
“vampiro”. Il mio nome è
Caroline»
«Merlino!»
si lamentò il povero
Neville, passandosi una mano sul viso. Una cosa era sicura: quella
notte si
poteva anche scordare di dormire!
Presente
Camera delle Necessità
Quando
apre gli occhi di scatto,
si rende conto di una fastidiosa sensazione di umido sulla faccia.
È notte, se
l’oscurità della stanza non mente, e man mano che
riacquista coscienza del suo
corpo, la fastidiosa sensazione di essere stata schiacciata da un rullo
compressore si impossessa di lei; tenta di muovere un poco la testa, ma
è
subito spinta giù da un qualcosa
che
le sale sul petto.
«Nike!»
esclama, ripulendosi la
faccia dalla bava del piccolo lupo che la sta tranquillamente
osservando,
accucciato sul suo petto «Non avevamo già parlato
del tuo modo molto incivile
di salutare le persone?»
Alza
un braccio con l’intento di
scostare il cucciolo alato, ma si rende solo ora conto che la sua
spalla destra è fasciata e bloccata con un asticella di
legno fino alle dita.
«Non
ti muovere troppo, Caroline.
Non sai che fatica abbiamo fatto nel tentare di rimetterti apposto la
spalla.
Meno male che qui il vecchio Seamus sa qualcosa di rimedi babbani. O
non so
proprio come avremmo fatto, altrimenti!»
La
vampira volta lo sguardo verso
il ragazzo che ha appena parlato: le sta dando le spalle mentre
traffica con la
legna dentro il camino; anche se di spalle, Caroline può
notare che la sua
divisa è bruciacchiata e strappata in più punti.
«Neville,
stai bene? Ti hanno
colpito?» fa di nuovo per mettersi seduta e questa volta,
Nike, con un colpo di
coda oltraggiato, scende dalla sua postazione.
Il
giovane mago finalmente si
volta verso di lei, esibendo un largo sorriso:
«Si, io sto bene grazie a te.
Purtroppo però quel maledetto Amycus ha
fatto esplodere qualcosa e un paio di grosse schegge hanno colpito
te.»
«Schegge?»
ripete Caroline
attonita, guardandosi la spalla fasciata; le è stato tolto
mantello e pullover
grigio, il suo cravattino è appoggiato su uno dei pomelli
del letto e i primi
due bottoni della camicia bianca le sono stati aperti.
Quando
manda un’occhiata
tagliente verso Neville, il ragazzo diventa rosso e inizia a balbettare:
«Ehi! Volevamo controllare che
non avessi altre ferite, ma il tuo guardiano lì»
fa un cenno verso il
lupacchiotto dalla piccole ali piumate «si è messo
a ringhiare e mostrare i
suoi denti avvelenati neanche avessimo le intenzioni peggiori su questa
terra.»
fa una risata nervosa e per sdrammatizzare «Sei sicura che
non sia sul serio
parente dell’altro tuo
ibrido?»
«Molto
divertente!» sibila la
vampira, incenerendolo con lo sguardo. Si guarda intorno disorientata,
osservando i pannelli in legno della stanza e gli spicchi
dell’alto soffitto a
volta. C’era qualcosa che le stava sfuggendo… ne
era sicura, ma non riusciva ad
afferrare cosa.
«Dov’è
Seamus?» chiede distrattamente.
«In
bagno. Si sta ripulendo da un po’ di sangue. A quanto pare
avevano
fatto un bel lavoro quegli schifosi prima che Nike riuscisse a tirarlo
fuori di
lì», il citato lupacchiotto scodinzola tutto
felice, leccando di nuovo la mano
di Caroline.
«Tieni.»
le fa Neville,
porgendole incoraggiante un calice pieno di liquido rosso.
All’occhiata
interrogativa della vampira, spiega imbarazzato: «Sangue. Il
mio. Ho pensato
che ne avessi bisogno; soprattutto perché non penso che
d’ora in poi ci sarà
facile accedere alle riserve di sangue di Madame Chips.»
Caroline
prende tra le mani il
calice e sente già le vene sotto i suoi occhi premere per
uscire. Appoggia
lentamente le labbra sul bicchiere.
C’è
qualcosa che le sta
sfuggendo.
Neville
le sorride di nuovo,
tornando ad accatastare legna nel camino.
Ma cosa?
Fine primo
NB: Ok, per chi conosce quanto io eccella nell'arte del procastinare: ho tempo fino a questa domenica per finire gli altri due capitoli.... cielo, cielo che Apollo mi aiuti. :)