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Autore: SabrinaPK    04/02/2016    7 recensioni
Due anni dopo essere fuggito in Europa, Castle vuole rivedere Kate.
Ma rivedendola si ritroverà con una sorpresa che non si aspettava…
Storia di rubbert.
Datele un'opportunità.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Salve a tutti!
Ecco a voi il nuovo capitolo e anche una piccola curiosità che l'autrice stessa ha deciso di condividere con noi lettori: nell'idea originale della storia, il bambino avrebbe dovuto essere una bambina e, in ogni caso, non sarebbe stato un neonato ma un adolescente. Questo avrebbe cambiato molto la storia, no?
Buona lettura!


Mi trovo nel salotto di casa mia, seduto sul pavimento vicino a mio figlio mentre lui tocca i tasti del pianoforte giocattolo che gli ho comprato quello stesso pomeriggio. Mia madre è uscita a cena con delle amiche e Alexis è seduta sul divano, a ripassare per l’esame di domani, mentre la vedo stiracchiarsi il collo e chiudere gli occhi per la stanchezza.

‘Alexis, va a dormire, sei stanca.’ lei annuisce e si alza.

Mi da un bacio e si accovaccia vicino ad Allan, rimanendogli accanto per qualche secondo, perché sa che domani, quando si sveglierà, lui non sarà più qui. Lo prende in braccio e gli da un sonoro bacio sulla guancia mentre lui ride e gioca con i suoi capelli.

‘Spero di rivederti presto’ gli sussurra prima di rimetterlo a terra. ‘Buonanotte papà.’

‘Buonanotte tesoro.’

Quando Alexis sale al piano di sopra, poso di nuovo lo sguardo su Allan, che ha messo da parte il piccolo pianoforte per giocare con uno dei peluches. Sospiro. La tristezza di doverlo salutare sta cominciando ad impadronirsi di me. So che, da un momento all’altro, Kate apparirà da quella porta e dovrà portarsi via Allan. Voglio rivederla, ma non voglio separarmi da mio figlio. Questo fine settimana insieme a lui ha creato un legame speciale tra di noi. Sorrido quando ricordo che è da tutto il giorno che mi chiama papà, e ciò mi riempie il cuore di gioia.

Qualche minuto dopo suona il campanello. Prendo in braccio mio figlio e ci dirigiamo insieme verso la porta. Nel momento in cui la apro e vediamo che è Kate, Allan si lancia tra le sue braccia. Kate lo abbraccia forte mentre io rimango in silenzio, osservandoli felici di rivedersi. Quando Allan finalmente si scioglie dall’abbraccio per cominciare a giocare con uno dei bottoni della camicia di Kate, anche lei alza la testa.

‘Ciao.’ le dico con un lieve sorriso. Mi fa piacere rivederla, mi piacerebbe abbracciarla, ma mi trattengo.

‘Ciao.’ ricambia il saluto con un piccolo sorriso. ‘Come si è comportato?’

‘Benissimo, siamo stati molto bene insieme. Credo che non mi consideri più come un estraneo. E, finalmente, mi chiama papà.’

‘Papà.’ Allan si gira verso di me quando mi sente parlare, ripetendo la mia ultima parola e facendo sì che nel mio viso si rifletta quella felicità che ho sentito tutte le volte in cui mi ha chiamato così.

Guardo Kate e la vedo sorridere, con uno speciale luccichio negli occhi. Anche lei sembra felice del fatto che nostro figlio mi riconosca come padre e questo, di conseguenza, mi rende ancora più felice.

‘Entra’ le dico, spostandomi dalla porta. ‘Prendo le sue cose.’

Lei annuisce e entra in salotto, mentre io mi dirigo verso la camera da letto per prendere la borsa con le cose di Allan. Quando ritorno, Kate ha messo nostro figlio a terra e lui le mostra il piccolo pianoforte con cui stava giocando prima.

‘Chi te l’ha comprato, tesoro?’

‘Papà’ dice lui, sicuro, indicandomi con il braccio.

Kate sorride ampiamente al risentirlo, e anche io. Poi mi guarda e sembra che voglia dirmi qualcosa, ma non lo fa. Rimane pensierosa qualche altro secondo, finché non si decide a parlare.

‘Grazie per… avermi tenuta informata su come stava e… per le foto.’

‘Era il minimo che potessi fare.’

Un silenzio scomodo si crea tra di noi, finché il rumore di Allan che sbatte il pianoforte a terra mi fa inginocchiare per raccoglierlo e metterlo nella borsa con le sue cose. Kate s'inginocchia insieme a me per raccogliere i vari peluches di nostro figlio ancora sparsi per terra. Quando me li da per metterli nella borsa, sfioro di proposito le sue dita con le mie. I nostri sguardi s’incrociano per un istante, durante il quale vorrei prenderle il viso tra le mani e dimostrarle con un bacio quello che sento in questo momento, ma lei si schiarisce la voce e si alza.

’Sarà meglio che andiamo.’ dice, un po’ a disagio.

’Non volete rimanere un antro po’?’ chiedo.

‘No, è tardi e sono stanca. E Allan dovrebbe già essere a letto.’

Io annuisco dispiaciuto e mi accovaccio vicino a mio figlio. É arrivato il momento di salutarci.

‘Hey, piccolo, ti sei divertito con papà?’

'Ti. Papà.’ dice lui, muovendo la testa su e giù in modo deciso.

Lo prendo in braccio, accennando un sorriso triste, e lo stringo contro il mio petto.

‘Se ti chiamo domani potrò vederlo?’ chiedo guardando Kate.

’Sì… certo.’ dice lei, che fino a quel momento ci osservava con quello che sembrava un filo di tristezza sul volto.

Bacio mio figlio sulla testolina e lo metto a terra, dove Kate gli porge la mano e lui l’afferra immediatamente, appoggiandosi contro di lei.

‘Allora… ci sentiamo domani.’ dice lei, prendendo la borsa con le cose di nostro figlio e mettendosela in spalla.

Io annuisco e mi dirigo verso la porta, non volendo più allungare il momento, visto che non credo di riuscire a far sparire in pochi secondi il bruciore che ho negli occhi.

Kate mi segue verso la porta, ma Allan tira la sua mano in direzione contraria.

‘Forza tesoro, dobbiamo andare a casa.’ gli dice dolcemente.

‘No!’ Allan grida, rifiutandosi di camminare verso la porta e lasciando la mano di Kate, per poi correre verso il divano, dove rimane appoggiato, e guardarci imbronciato, come se fosse arrabbiato.

Kate ed io ci guardiamo con sguardo serio. Immagino che nessuno dei due si aspettava questa reazione.

‘Vieni amore’ gli dice in tono dolce.

’No.’ grida di nuovo Allan e incrocia le braccia al petto, in un modo talmente buffo e testardo che mi fa sbozzare un sorriso. ‘Papà.’

Quest’ultima parola mi fa sciogliere il cuore. Il nostro piccolo non vuole andarsene, o meglio, non vuole allontanarsi da me. Kate e io ci guardiamo, senza sapere cosa fare. Lei storce il labbro e sospira, per poi avvicinarsi a nostro figlio. Lo prende in braccio mentre lui scalcia. Guardo la scena stupito ma suppongo sia la cosa più giusta e poi Kate non riuscirà a far ragionare Allan adesso. Io so come potrebbero finire questi momenti perché, anche se non ho mai visto Allan così capriccioso, li ho già vissuti con Alexis.

‘Dobbiamo andare Allan, papà lo vedrai domani.’

Lui continua a scalciare tra le braccia di Kate. Non piange, ma è ancora arrabbiato.

‘Mi dispiace.’ dice Kate guardandomi.

Io annuisco, facendole capire che anch’io credo sia la cosa giusta da fare, prima che la rabbia di Allan aumenti e allora sarà impossibile farlo ragionare.

‘Ciao Kate.’ le dico, mentre escono sul pianerottolo, dirigendosi verso l’ascensore.

‘Ciao Castle.’ mi dice lei dalle porte dell’ascensore, mentre passa una mano sulla schiena di Allan per farlo calmare.

Entro di nuovo in casa e mi dirigo verso la mia camera. Mi sdraio sul letto e comincio a pensare. Devo cominciare ad abituarmi al fatto che tra me e Kate non ci sarà più niente, che la nostra relazione si limiterà solamente a nostro figlio e che saremo come quei genitori divorziati che devono mettersi d’accordo e dividersi il tempo da passare con lui. Con questo pensiero e qualche lacrima sul cuscino, sento gli occhi chiudersi per poi addormentarmi piano piano.


Mi sveglio nel bel mezzo della notte a causa della vibrazione del mio cellulare sotto il cuscino. Mi sollevo e lo prendo, allarmandomi immediatamente quando vedo il nome di Kate sullo schermo. Forse è successo qualcosa ad Allan.

‘Kate.’

‘Castle.’ la sua voce sembra debole dall’altro lato del telefono.

‘Allan sta bene?’

‘Sì, lui sta bene, è che… io… sono caduta.’

‘Stai bene?’ dico immediatamente preoccupato.

‘Ho sbattuto la testa e la gamba, devo andare all’ospedale ma non posso lasciare Allan da solo.’

‘Sto arrivando.’

Chiudo la chiamata e mi vesto velocemente. Lascio un biglietto per Alexis sul tavolo della cucina, se dovesse svegliarsi e io non fossi ancora tornato, ed esco dal loft correndo. Fermo un taxi, perché non voglio perdere tempo ad uscire la macchina dal garage, e una volta dentro chiamo Lanie. Ho il sospetto che Kate abbia chiamato me perché ha bisogno che qualcuno rimanga con nostro figlio, ma non ho intenzione di lasciarla andare sola in ospedale. Proprio come avevo immaginato, Lanie non sa niente. Le dico cos’è successo, così mi dice che sarà lì tra qualche minuto.

Quando arrivo all’appartamento di Kate suono il campanello e aspetto pazientemente finché non mi apre la porta. Zoppica e ha un fazzoletto macchiato di sangue premuto sulla testa. Ha i capelli un po’ umidi, per cui immagino stesse facendo una doccia quando è successo tutto.

‘Cos’è successo?’ le chiedo mentre la sorreggo per evitare che faccia altri sforzi con la gamba.

‘Sono scivolata uscendo dalla vasca.’ dice lei facendo una smorfia di dolore. ‘Allan sta dormendo, ho bisogno solo che tu rimanga con lui finché non torno.’

Cerca di avvicinarsi all’appendiabiti vicino alla porta, per prendere il cappotto, ma io la fermo.

‘Lanie sta arrivando, rimarrà lei con Allan. Non penso di lasciarti andare da sola in ospedale.’

‘Castle’ cerca di protestare, mentre mi guarda con un’espressione mista tra rabbia e dolore.

‘No’ la interrompo io prima che continui a lamentarsi ‘Non sei in condizioni né di guidare né di prendere un taxi.’

Lei non dice nient’altro, probabilmente perché sa che ho ragione, e si appoggia contro la parete sospirando. In quel momento arriva Lanie, spaventata.

‘Stai bene? chiede a Kate, spostando il fazzoletto dalla testa per guardare la ferita.

‘Ho un po’ di nausea.’ confessa lei.

‘Avrai bisogno di alcuni punti qui. Andate, rimango io con Allan.’ dice la forense.

Nonostante le sue lamentele, passo una mano sulla schiena di Kate, sorreggendola e lasciando che appoggi il suo peso su di me in modo da non fare sforzi. Scendiamo in ascensore e saliamo sul taxi che mi ha portato fin lì, avendogli chiesto di aspettarci. Quando arriviamo alle porte dell’ospedale pago il tassista, lasciandogli anche una generosa mancia, e aiuto Kate a scendere. Una dottoressa la visita immediatamente, concentrandosi prima sulla ferita alla testa, proprio sopra la fronte, per la quale riceve cinque punti di sutura. Le rimango accanto per tutto il tempo, visto che neanche lei mi ha chiesto di andarmene. La dottoressa le fa alcune domande, chiedendole se ha un po’ di nausea o no, per poi passare ad esaminarle la gamba, dicendole che sarà sicuramente fratturata e che per questo dovrebbe avvisare il suo collega, il traumatologo. Nel frattempo chiede a Kate di togliersi i pantaloni, affinché la possa visitare meglio. Sento Kate irrigidirsi quando la dottoressa scompare oltre la porta. Immagino che non voglia togliersi i pantaloni con me davanti, ma ha sicuramente bisogno di aiuto, così glielo chiedo.

‘Vuoi che esca fuori?’

Lei non risponde, così la osservo attentamente per alcuni secondi e noto come cerca di controllare la respirazione, che è diventata improvvisamente veloce.

‘Stai bene?’ le chiedo preoccupato.

‘Ha… ha detto che è un uomo.’ finalmente reagisce, ma parla balbettando e sembra spaventata.

‘Cosa?’

‘Il traumatologo. Ha detto che è un uomo e… vuole che mi tolga i pantaloni. Io…’

In quel momento capisco tutto, capisco perché Kate sta reagendo così, perché è diventata improvvisamente nervosa. La guardo di nuovo, preoccupato, e vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime, con lo sguardo perso.

‘Va bene.’ dico, afferrandole la mano, facendole sentire la mia presenza ‘Andrò fuori e chiederò che ti visiti una dottoressa, d’accordo?’ lei annuisce.

‘Grazie’ sussurra, stringendomi la mano.

Esco in corridoio, dove vedo la dottoressa che ha visitato Kate ritornare verso la sala con un dottore al suo fianco. L’uomo sembra avere più di quarant’anni e non sembra inaffidabile, ma visto come sta Kate non permetterò né a lui né a nessun altro uomo di visitarla. Mi avvicino a loro e gli spiego il problema. All’inizio insistono dicendo che lui è un dottore di fiducia, ma vedendo la mia chiara e tonda negazione accettano di chiamare una traumatologa.

Entro di nuovo nella sala delle visite e Kate mi guada dal lettino su cui è sdraiata, interrogandomi.

‘Chiameranno una dottoressa per visitarti.’ le dico io.

Lei sospira, adesso più tranquilla.

‘Vuoi che… esca fuori mentre ti spogli e ti visitano?’

‘No, rimani per favore.’

La guardo negli occhi e vedo il suo sguardo supplicante, così annuisco, facendole sapere che le resterò vicino. Si slaccia i pantaloni e prova a toglierseli, io distolgo lo sguardo perché, anche se non sarebbe la prima volta che la vedo in biancheria intima, non voglio metterla a disagio. Nonostante ciò, lei comincia a gemere di dolore.

‘Hai bisogno di aiuto, Kate.’ le dico, ancora senza girarmi.

’No. Faccio da sola.’

Scuoto la testa per la sua testardaggine. Non so nemmeno come abbia fatto a vestirsi da sola. Qualche minuto dopo, quando sembra che finalmente si sia disfatta dei pantaloni, entra una nuova dottoressa. Mi giro, cercando di non guardare Kate, e lei si presenta, passando poi ad esaminarle la gamba. Mi siedo in una delle sedie lì presenti e comincio a pensare a tutto quello che è successo. Sembra che Kate non abbia ancora superato tutto quello che è successo con Josh, ma si fida ancora di me, o non mi avrebbe fatto restare lì. Mi ferisce averla vista così e sapere che il passato continua a perseguitarla, così prometto a me stesso di aiutarla a superarlo. Giro la testa e vedo la dottoressa esaminarle la gamba, chiedendole su quali punti fa più male. Kate è molto più tranquilla adesso e la vedo a suo agio con la nuova dottoressa, così mi permetto di rilassarmi un secondo e guardare le sue gambe, una piegata sul lettino e l’altra, quella che la dottoressa sta esaminando, stesa. Sono perfette, penso, distogliendo di nuovo lo sguardo prima che lei o la dottoressa se ne accorgano.


Un’ora dopo, Kate si trova sdraiata su un letto d’ospedale, con la gamba ingessata. Dovrà restare lì ancora un po’ a causa del colpo alla testa, ma sembra stare bene, quindi credo che tra qualche ora verrà dimessa per tornare a casa, dove dovrebbe riposare e non sforzare la gamba.

‘Adesso puoi andare Castle, sto bene, non c’è bisogno che tu rimanga.’ mi dice lei.

‘Non me ne vado.’ le dico, avvicinandomi al letto. ‘Non penso nemmeno di lasciarti sola finché non ti rimetterai.’

‘Cosa intendi con ‘finché non ti rimetterai’?’ chiede lei, facendo una smorfia.

‘Kate, hai sentito la dottoressa. Non puoi sforzare la gamba e vivendo sola con Allan… avrai bisogno di qualcuno che stia con te finché non starai di nuovo bene.’

‘Mi aiuterà Lanie.’ assicura lei.

‘Lanie lavora.’

‘Allora lo dirò a mio padre.’

‘Kate, lascia che ti aiuti. Poi Allan è mio figlio, e in questo modo potrò prendermi cura di lui. Sai che il mio lavoro non ha un orario fisso, potrei trasferirmi da te senza alcun problema.’

‘Trasferirti a casa mia?’ chiede lei, adesso allarmata.

‘Dormirò sul divano.’ dico, alzando le mani per farla ragionare. ‘Cosa succederebbe se Allan dovesse svegliarsi durante la notte?’

Lei sospira e rotea gli occhi, ma non dice di no, né si lamenta, quindi suppongo sia un sì.

‘Cerca di riposare.’ le dico, dirigendomi verso la finestra e vedendo l’alba sorgere su New York.

‘Castle…’ dice, qualche minuto dopo ‘Quello che è successo prima…’

Mi giro per guardarla mentre lei si fissa le mani nervosamente, prima di continuare.

‘Non dirlo a Lanie, va bene? Io sto bene, mi sono ripresa, è stato solo…’

‘Ci vai ancora dallo psicologo?’ la interrompo io.

‘No, ti ho già detto che sto bene.’

‘Kate, questo non è stare bene.’

Mi pento subito di aver detto questa frase e vedo come le lacrime cominciano ad accumularsi negli occhi di Kate.

‘Mi dispiace.’ le dico, e mi avvicino di più, sedendomi sul bordo del letto. ‘Senti, capisco che ti sei quasi ripresa, ma ci sono ancora delle cose che devi superare. Hai ancora bisogno di aiuto, Kate.’

’No che non capisci!’ dice lei, quasi urlando ‘Se verranno a sapere che ho ancora bisogno di aiuto, dovrò mettermi in malattia e non voglio smettere di lavorare.’

Io annuisco, so che per Kate il lavoro è come una via di fuga, ne ha bisogno per scappare dai suoi problemi e si sente bene nel fare quello che fa. Ma so che è anche spaventata e ha paura di sentirsi vulnerabile, come poco fa.

‘Adesso avrai alcune settimane libere per la gamba, nel frattempo potremmo cercare uno psicologo. Nessuno dovrà saperlo, ma accetta quest’aiuto per poterti riprendere del tutto. Per favore.’

Lei annuisce e io respiro sollevato al sapere che si lascerà aiutare, anche se non sarà facile. Kate è troppo testarda, e in questo non è cambiata per niente.

‘Adesso dormi un po’, ti chiamo io quando torna la dottoressa.’

Kate comincia piano piano ad addormentarsi e io rimango seduto sulla poltrona vicino a letto, guardandola dormire.











Angolo:
Eccovi il link della storia originale https://www.fanfiction.net/s/10296601/1/Pap%C3%A1-por-Sorpresa
Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con una recensione piccina piccina.
A presto!

   
 
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