For I Am Proud
(Perché ne vado fiero)

Dopo due anni, finalmente sta per tornare. Il giorno che lui e la sua ciurma hanno promesso sta arrivando. Sarà un giorno di riunione ma allo stesso tempo vuol dire separarsi da altre cose con cui ha fatto amicizia nei due anni trascorsi e Rufy si prende il suo tempo per salutare. Le sue cose sono sparse lungo la riva e seppellite nella sabbia ma non gli importa; lui sta in piedi con le spalle alle onde, guardando l'isola un'ultima volta.

Quando un gabbiano grida in sintonia con le onde, lui sa che è tempo di andare. Trova la sua camicia rossa che è un grumo di grinze e sabbia. La infila, con le dita che automaticamente si allungano per chiudere i bottoni.

La cicatrice arrossata vivida sul petto riempie la sua visuale e lui si ferma.

Nami gli ha insegnato l'importanza di essere discreto, il bisogno di nascondere a volte per proteggere e anche se lui non capisce completamente Rufy si fida di Nami abbastanza da ubbidire. Ace non ha qualcosa che lo copre perché il tatuaggio sulla sua schiena è incorporato nella sua pelle e nasconderlo – questa potrebbe essere l'unica cosa che il fratello maggiore di Rufy non è capace di fare.

Forse è a causa del suo silenzio riflessivo lungo un secondo di troppo che Ace lancia un'occhiata verso di lui. Quando segue lo sguardo del suo fratellino il sorriso sul volto lentigginoso si fa più grande perché sa. Rufy vuole chiedere ma non sa in che modo. Alla fine non importa, Rufy decide. Lui è contento della scintilla divertita e feroce negli occhi di suo fratello e capisce che qualche volta le parole non bastano a spiegare, che le parole a volte possono togliere la magia.

Così Rufy inclina solo la testa e sorride al teschio viola scuro che lo guarda. Ace ride ad alta voce fa cenno che è il momento di muoversi. I loro nemici gridano alle loro spalle e Ace li schernisce tutto il tempo mostrando loro il suo orgoglio e la sua gioia, lasciando la sua schiena nuda...

...Rufy osserva Zoro infilarsi una camicia nuova, la precedente era stata martoriata in un'altra battaglia. I suoi occhi seguono la ferita che parte da una spalla e si snoda fino all'altro lato del fianco.

«Non mi dispiace» Zoro si stringe nelle spalle mentre aggiusta il suo colletto.

È la prova della sua sconfitta ed entrambi lo sanno.

«Davvero», lo sguardo di Zoro si ammorbidisce quando vede il ricordo negli occhi di Rufy. «È qualcosa di cui essere orgogliosi, o forse no. In ogni caso mi va bene».

Rufy pensa che questa potrebbe essere l'unica cosa che non capirà mai su Zoro perché per lui quella ferita è dolore e paura e non va bene.

Zoro spolvera con la mano la propria spalla prima di riporre le sue katana nel posto familiare al suo fianco. I due si allontanano in silenzio insieme in cerca di cibo e buona birra e nessuno dei due accennerà nuovamente a quell'argomento.

Dopo quasi ogni battaglia, Zoro cambia la sua camicia e Rufy sempre domanda fra sé. Lo spadaccino non si abbottona mai, lasciando il suo petto scoperto.

Lui piega la sua testa, ricorda e ha il coraggio di capire.

Le sue mani ricadono al suo fianco e Monkey D. Rufy si volta verso il mare e affronta il mondo con la sua camicia sbottonata e la sua cicatrice scoperta.

Lascia che vedano. Rufy decide. Lascia che tutti vedano.

I lati della bocca di Rufy lentamente si rivolgono verso l'alto in un sorriso accecante.

Non si abbottonerà la sua camicia mai più.


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