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Autore: Lady_Midnight    04/02/2016    1 recensioni
Sguardo nel profondo di Castiel, tormentato dalle allucinazioni e dal dolore prelevato da Sam, durante il suo soggiorno in manicomio.
Dal testo:"All'inizio era solo Lucifero.
Suo fratello, la stella del mattino che lo torturava psicologicamente. Non fisicamente, o almeno non più. La tortura fisica andava bene su un umano o su qualche altra creatura inferiore, ma non per un soldato della schiera celeste del Paradiso. Gli Angeli non erano esseri deboli e sono pronti a sopportare tutto il dolore necessario. La tortura fisica era solo un gioco che divertiva Lucifero, ma non era abbastanza per piegare Castiel. Ed è lì che entrava in campo la tortura psicologica. Parole, frasi, discorsi interi sviluppati per ferirlo nel profondo, per fargli sanguinare la coscienza e farlo affogare nei sensi di colpa."
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Balthazar, Castiel, Dean Winchester, Lucifero, Meg Masters
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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The ghost of you It keeps me awake.



"I keep going to the river to pray 
'Cause I need something that can wash all the pain 
And at most 
I'm sleeping all these demons away 
But your ghost, the ghost of you 
It keeps me awake."
Ghost ~ Ella Henderson
 
 
 
 
All'inizio era solo Lucifero.
Suo fratello, la stella del mattino che lo torturava psicologicamente. Non fisicamente, o almeno non più. La tortura fisica andava bene su un umano o su qualche altra creatura inferiore, ma non per un soldato della schiera celeste del Paradiso. Gli Angeli non erano esseri deboli e sono pronti a sopportare tutto il dolore necessario. La tortura fisica era solo un gioco che divertiva Lucifero, ma non era abbastanza per piegare Castiel. Ed è lì che entrava in campo la tortura psicologica. Parole, frasi, discorsi interi sviluppati per ferirlo nel profondo, per fargli sanguinare la coscienza e farlo affogare nei sensi di colpa.
"Vedi fratello, avevo ragione. Noi siamo dalla stessa parte. Ci siamo ribellati al Paradiso per seguire i nostri ideali, ci siamo messi contro tutti perché credevamo che le nostre intenzioni fossero giuste. È inutile che continui ad ignorarmi, Castiel. Io so cosa sei realmente. Tu sei come me. Sei riuscito a scatenare il caos nella tua intenzione di portare ordine e pace, sei riuscito a far sanguinare il Paradiso e a scatenare una forza distruttiva sulla Terra. Devo dire che sono colpito. Sei riuscito a fare più danni di me, fratello. Sulle tue mani c'è più sangue di quanto ce ne sia sulle mie."
Ed è così che trascorse i suoi giorni e le sue notti, dall'alba al tramonto e dal tramonto all'alba in una veglia continua. Col primo angelo caduto sempre lì, come un'ombra, a fargli compagnia con i suoi giochetti psicologici, in un circolo senza fine che era diventata la sua routine.
 
Ma un giorno Lucifero scomparve.
Castiel non gli diede peso all'inizio perché pensava fosse un altro dei trucchi del fratello per torturarlo. Ma le ore passarono, segante solamente dallo spostamento del sole fuori la sua finestra, in silenzio, interrotto soltanto dal rumore di Meg quando passava a controllarlo. Ma Castiel non la guardava e non dava segni di essersi accorto di lei. Si ostinava a guardare la parete bianca davanti al suo letto, aspettando la prossima tortura.
Le ore continuavano a passare lente, e quando arrivò il tramonto l'angelo si arrese alla curiosità di capire cosa stava succedendo. Si guardò intorno, studiando il luogo dove soggiornava: pareti bianco sporco, un letto, un comodino con lampada, una scrivania e una sedia vicine alla porta, e una finestra sbarrata nella parete opposta, che mostrava il crepuscolo e la notte che avanzava.
Nessuna traccia di Lucifero, Castiel era solo. Quanto tempo aveva trascorso rinchiuso in quella stanza bianca? Una settimana, un mese o forse di più?  Non sapeva dirlo. Forse era finita. Forse proprio perché era un angelo, era riuscito a sconfiggere quell'allucinazione. La notte era ormai calata del tutto e la luce della luna si riversava nella stanza. La speranza si accese in lui come una flebile fiamma, e con altrettanta facilità, si estinse quando si accorse della figura silenziosa in piedi davanti alla finestra, che gli dava le spalle. Castiel rimase immobilizzato a guardare la figura alta e snella che si girava verso di lui. La luce della luna alle spalle dell'intruso, rendeva difficile riuscire a distinguere bene i tratti del volto celato dalle ombre. Ma non aveva bisogno della luce per sapere che gli occhi dell'uomo davanti a lui erano celesti. Lo avrebbe riconosciuto ovunque, coi suo capelli biondi, resi argentei dalla luna, e la giacca nera lasciata aperta che mostrava una maglietta grigia con uno scollo a V. 
"Ciao, fratello." disse Balthazar.
"No, non è possibile." Rispose Castiel turbato "tu sei..."
"Morto" concluse l'altro. " Si Castiel, lo sono, e sei proprio tu, la persona da incolpare. Tu mi hai ucciso, colpendomi alle spalle, come un vigliacco. Io ti stavo aiutando! Ti avevo già dato le armi del Paradiso per contrastare Raffaele, ma a te non bastava.  Dovevi proprio allearti con quella feccia demoniaca per trovare il Purgatorio. Quando l'ho saputo, non potevo credere che tu avevi compiuto un atto così immorale. Io mi fidavo di te."
"Ho fatto ciò che era necessario e che ritenevo giusto."
"Che ritenevi giusto? E chi ti ha dato il diritto di sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato? Tu non sei Dio! E di sicuro non lo eri quando avevi tutte quelle anime dentro di te che ti offuscavano il cervello. Sapevo che aprire quelle porte era sbagliato, per questo ho detto ai Winchester dove ti trovavi, sperando che ti trovassero in tempo e ti fermassero. Ma così non è stato. Non mi sarei mai dovuto alleare con te. Avrei dovuto consegnare le armi a Raffaele e lasciare che ti distruggesse."
Castiel aveva capito. Lucifero se ne era andato perché non era lui il suo fantasma, ma era la reminiscenza del fantasma di Sam. Era lui che gli torturava l'anima all'inferno ed era giusto che fosse lui a torturarlo nel subconscio. A quanto pare, il suo fantasma era Balthazar, il fratello che aveva ucciso pugnalandolo alle spalle con una lama angelica perché lo aveva tradito. 
Balthazar stava ancora parlando, accusandolo di tutto il male che aveva fatto, di tutto il sangue che aveva versato, di tutta la distruzione che aveva causato. Castiel barcollò verso il letto e si sedette, guardando ostinatamente la parete bianca di fronte a lui, mentre cercava di farsi scivolare via, come se fosse acqua, tutte le parole avvelenate che il fratello pronunciava. 
E così andò avanti, tutta la notte e tutto il giorno seguente, finché non tornò la calma e il silenzio nella stanza.
Ma Castiel era preparato e non si faceva ingannare da quella calma apparente. Sapeva che Balthazar non era il suo unico fantasma, era stato soltanto il primo di una lunga lista. A conferma dei suoi pensieri, una nuova figura comparve nella stanza. Un altro suo fratello che aveva ucciso perché si era schierato dalla parte di Raffaele. E così ricominciò.
Ogni volta compariva un nuovo fantasma, un angelo o un umano che aveva ucciso durante il suo periodo da Dio megalomane. Ogni volta gli urlava tutto l'odio che provava; ogni volta spariva nel nulla, lasciandolo da solo nel buio con il suo tormento. E dopo qualche ora tutto ricominciava, come se si trovasse in un incubo.
Ma Castiel sapeva che non poteva svegliarsi, questo non era un sogno. 
Ma a volte, non era nessuna delle due specie a comparire. Al loro posto c'era Dean. Ma ciò accadeva di rado, perché in tutto comparve quattro volte.
La prima volta, l'angelo stava cercando di riposare, disteso su un fianco sul letto, dando le spalle alla porta. Anche se non era umano e non sentiva la necessità del riposo, Castiel lo faceva ogni volta che quelle allucinazioni lo lasciavano solo. Si auto-convinceva a sdraiarsi sul letto, chiudere gli occhi e cercare di sgombrare la mente da ogni pensiero, per avere almeno qualche minuto di solitudine e pace con se stesso. Ma cercare di tenere la mente vuota, non si era mai rilavato facile, perché ogni volta che riusciva ad allontanare un pensiero, un altro arrivava immediatamente a sostituirlo, e ciò comportava più impegno, da parte dell'angelo, di allontanarlo. Perciò, concentrato nel suo intento, non si accorse del rumore della porta che si apriva e si richiudeva, e dei passi che si avvicinavano al letto.
"Hey, Cas."
La voce lo aveva preso di sprovvista, facendolo trasalire e interrompendo il fiume dei suoi pensieri. Era ironico, di solito era l'angelo a comparire all'improvviso alle spalle del cacciatore facendolo trasalire, ma questa volta i ruoli si erano invertiti. 
La voce di Dean era calda e profonda proprio come se la ricordava, e sembrava calma, ma le voci di tutti i fantasmi delle sue allucinazioni erano calme all'inizio, per poi mutare in urla furenti. 
Sapeva che Dean sarebbe stato uno di loro, dopo tutto il male che aveva causato al suo amico, dopo tutte le bugie e i tradimenti, Castiel si aspettava la sua comparsa, e anche quella di Sam. E sapeva che quando sarebbe successo, sarebbe stata la piu devastante di tutte.
L'angelo si mise seduto sul letto, continuando a dare le spalle alla porta e al cacciatore, e si passo le mani sul viso tenendo gli occhi chiusi. 
Non voleva vederlo, non ce la faceva. Era troppo vigliacco per riuscire a guardare Dean, anche solo con la coda dell'occhio, che gli gridava tutto il male che gli aveva causto nella sua vita.
"Cas." 
Lo chiamava ancora la voce, con una nota preoccupata. Ma Castiel non si muoveva, teneva gli occhi chiusi, il corpo rigido come se si aspettasse l'arrivo di un pugno, le mani chiuse che stingevano il lenzuolo sotto di lui, e prendeva di respiri profondi per provare a calmarsi.
Vedendo che non si muoveva, il cacciatore fece il giro del letto e lo ragiunse.
"Hey, Castiel, stai bene?"
Provò ancora Dean, ma non ricevendo reazioni da parte dell'angelo, si abbassò al livello del suo volto e lo prese per le spalle, provando a rassicurarlo. Dopo quello che aveva passato con il fratello, sapeva cosa stava passando l'angelo. ma non sapeva quali allucinazioni lo tormentavano, se c'era ancora Lucifero o qualcosa che Castiel riteneva peggiore. 
"Castiel, guardami, sono io, Dean. Va tutto bene, sei al sicuro qui. Questa è la realtà. Non sono un'allucinazione. Per favore, apri gli occhi." 
Disse con voce rassicurante, ma in risposta a tutto cio non ottenne altro che il movimento della tasta di Castiel che la scuoteva, come se ciò che diceva lo tormentava.
Per Castiel, quella, era l'ennesima allucinazione, ne era certo. Per quanto le parole di Dean sembrassero rassicuranti, e per quanta era forte la tentazione di crederci, lui respingeva tutto. Molte volte Lucifero gli aveva detto che lui era reale, che tutto cio che faceva era reale, quindi perchè credere alle parole di Dean? Erano soltanto altre bugie che venivano dette per dare una falsa speranza prima di tormentarlo.
Perciò Castiel negava la realtà, e la realtà in questo caso era che l'uomo di fronte a lui era il vero Dean, e non un'altra allucinazione.
Il cacciatore non ricevendo risposta, si allontanò dall'angelo, e andò verso la scrivania a prendere la sedia che portò dall'altra parte della stanza, proprio di fronte Castiel, e si sedette.
"Bene, quindi non vuoi guardarmi, ma devi ascoltarmi." iniziò a parlare Dean "Non ho idea di come quel figlio di puttana ti stia friggendo il cervello, ma ci sta riuscendo, e a quanto pare, sta facendo un ottimo lavoro. E ciò è male... Accidenti, Cas! Devi combatterlo! Puoi farcela! Sei un angelo del Signore, dannazione! Lui non è reale, non può farti male. Io sono reale... Ascolta, so che ci sono stati diverbi tra noi, e non sto dicendo che non sono più arrabbiato con te, perché lo sono ancora... e tanto. Come potrei non esserlo? Insomma, dopo tutto quello che hai fatto! Riportare Sam senz'anima, rompergli il muro che aveva in testa che bloccava i ricordi della gabbia, allearti con Crowley alle mie spalle, aprire il Purgatorio, far uscire i Leviatani che hanno ucciso Bobby e che stanno facendo diventare la Terra la loro dispensa personale, non esserti fidato di me..." disse alzando la voce " Io ancora non posso perdonarti, Castiel. Ancora non ci riesco. " Dean si fermò per riprendere fiato, e continuò a parlare con un tono più dolce.
"Comunque sia, se sono qui è per vedere come stai. Non posso negare tutto quello che abbiamo passato, sei stato un amico per me, eri uno di famiglia, ed hai sacrificato tutto per l'umanità. E ora stai sacrificando la tua sanità mentale per mio fratello. Quando ti ho chiesto di aiutarmi, non intendevo questo, non volevo che qualcun'altro prendesse quel dolore, nemmeno tu. Sono ancora molto arrabbiato, ma ciò non significa che non voglia la tua guarigione, anzi, ti rivoglio indietro, Cas. Così possiamo sistemare questa situazione insieme, come abbiamo fatto in passato."
Castiel schiuse gli occhi. Non riusciva a capire. Vide Dean che sedeva sulla sedia a poco più di un metro da lui: la postura composta e rigida, con le braccia incrociate davanti al busto, vestito con i suoi soliti vestiti, jeans, scarponi, maglietta nera sotto una camicia di flanella dai toni del marrone, e la sua giacca militare. Anche il taglio dei capelli biondi era militare, con i lati più corti. Gli occhi verdi lo fissavano in silenzio. Non era cambiato molto da tre anni prima, quando lo aveva salvato dalla perdizione tirandolo fuori dall'inferno. L'unica cosa che mancava, era l'amuleto regalatogli da Sam quando erano bambini, che poi si era rilevato essere uno dei mezzi per riuscire a trovare Dio, e gettato nella spazzatura di una camera di motel, quando ormai, in preda allo sconforto, l'oggetto era diventato inutile da usare, visto che Dio non li avrebbe aiutati a fermare l'Apocalisse. 
Chi lo conosceva bene come Castiel aveva potuto fare, nel corso degli anni, poteva notare che il volto era diventato una maschera impassibile, che non mostrava alcuna emozione; i lineamenti erano più duri, gli occhi verdi più freddi, e sapeva che ciò era dovuto al peso che aveva deciso di portare sulle sue spalle, e il peso in questione era quello della salvezza dell'umanità, messa a rischio dai Leviatani. E l'angelo sapeva che doveva incolpare solo se stesso. Perciò non capiva, se quello era il vero Dean, perché era venuto? Castiel non lo meritava, secondo lui doveva essere abbandonato a se stesso in preda al dolore, e ciò riteneva solo come la minima punizione, per aver peccato di superbia, per aver messo in grave pericolo l'umanità, per aver messo sulle spalle del suo amico quel peso insostenibile. E credeva anche che Dean pensasse lo stesso. Pensava che il cacciatore non sarebbe più riuscito a guardarlo negli occhi dopo tutto il male che gli aveva causato. 
Ma più guardava l'uomo di fronte a lui, più l'idea che quello fosse il vero Dean diventava reale, e se così fosse, allora non poteva sprecare quell'occasione.
"Perdonami." Disse piano l'angelo.
"Come?" rispose il cacciatore, sentendosi improvvisamente sollevato dal sentire l'amico parlare.
"Perdonami, Dean. Per ciò che ho fatto. Per ciò che ti ho fatto."
"Castiel, no, me l'ho hai già detto troppe volte, non ho bisogno di altre scuse."
"Ma è la verità. Io..."
"No, basta. Ora sei ferito, e tutto quel dolore ti rende consapevole degli errori che hai commesso, e i sensi di colpa ti fanno dire che sei dispiaciuto. Ma per me queste  sono parole vuote."
"Io stavo solo cercando di fare la cosa giusta."
"La cosa giusta? Cas, tu non hai fatto la cosa giusta, tu hai fatto ciò che era necessario. Fare la cosa giusta non era allearsi con il re dell'Inferno, e di sicuro non era tradire ed ingannare i tuoi amici. Ma ora basta parlarne, ciò che è fatto è fatto."
"Ma io voglio farmi perdonare."
"L'unica cosa che puoi fare al momento è guarire, e una volta fatto, tornare da me. Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Cas, ma finché sei qui e in questo stato, non sei altro che un moccioso col trench." 
A quelle parole, l'angelo fece un sorriso tirato. Ormai aveva capito che era lui, che Dean era reale, ed era venuto davvero a controllare se stesse bene. 
"Bene, Cas. Ora devo proprio tornare da Sam, se lo lascio solo per troppo tempo riempie il frigo di cibo per conigli."
Il cacciatore si alzò dalla sedia, e si avvicinò all'angelo dandogli una pacca sulla schiena.
"Vedi di rimetterti e di guarire in fretta, Cas, c'è bisogno del ultimo membro ancora in vita del Team Free Will." disse il cacciatore avviandosi verso la porta. "ci rivediamo."
"Ciao, Dean." rispose l'altro.
Dean usci dalla stanza, e si richiuse la porta alle spalle. Mentre procedeva nel corridoio del manicomio, incontrò Meg.
"Allora, com'è andata la visita coniugale?" chiese il demone con un sorriso.
"Castiel non sta migliorando, non è vero?" disse il cacciatore.
"No, se è possibile sta peggiorando. Qualunque cosa abbia tirato fuori dal testone di Sam, lo sta stremando."
"Bhe, questo mette in pericolo il tuo piano contro Crowley."
"Hai davvero così poca fiducia del tuo angioletto, Dean?"
"No, ho fiducia in Cas, ma come hai detto te, qualunque cosa abbia preso da Sam, lo sta distruggendo dall'interno. Ha bisogno di tempo per rimettersi, tutto qui."
Detto ciò, il cacciatore continuò a camminare verso alla porta, ma prima di aprirla si fermò e si girò verso il demone.
"Continua a tenerlo d'occhio... e chiamami per qualsiasi cosa succeda."
"Non ti preoccupare Winchester, terrò d'occhio il tuo ragazzo per te."
Dean fece un cenno di saluto ed uscì dalla porta, diretto verso la sua Impala.
Una volta che il cacciatore se ne andò, Meg aprì la porta della stanza di Castiel, e vi si affacciò dentro. L'angelo era ancora seduto sul letto, a guardare fuori dalla finestra. 
Castiel stava pensando alla sua vita. Quando era in Paradiso, sapeva di far parte di qualcosa di più grande, come in un macchinario, dove aveva le sue mansioni da eseguire, e ciò era il suo unico scopo. Da quando si trovava sulla Terra, dopo aver ripudiato gli ordini che riteneva sbagliati, Castiel aveva fatto di tutto per ciò che riteneva giusto. Si era ribellato, aveva dato tutto se stesso per proteggere l'umanità, aveva dato tutto se stesso per Dean e Sam. Credeva di fare del bene, ma aveva peccato di superbia, e tutti i suoi piani erano andati in fiamme con le ceneri che si disperdevano nel vento. Tutto ciò che aveva fatto, si era riversato contro di lui, come se stesse sperimentando su di sé uno dei principi della dinamica di Newton.
Non sapeva come redimersi agli occhi dei suoi fratelli e dei suoi amici, forse aiutare a sconfiggere i leviatani, era un inizio, ma sapeva che quello non era abbastanza. Come avrebbe fatto a farsi perdonare? Come avrebbe fatto a perdonare se stesso?
Era questo ciò a cui pensava dopo che Dean se ne era andato. Per tutto il tempo che il cacciatore era rimasto con lui, Castiel non aveva sofferto di allucinazioni. Ma sapeva che presto sarebbero ritornate, ed era pronto ad affrontarle. 
Aveva imparato ad accettare questa sua nuova realtà, la sua nuova routine. 
Il dolore che aveva portato via da Sam e che aveva caricato sulle sue spalle stranamente lo stava aiutando. Il tormento di tutti i suoi errori, di tutte le vite che aveva ucciso, lo facevano sentire perso, finché non si era caricato quel dolore. 
Forse, pensava Castiel, era nato per questo, per portare quel peso. Forse era il suo modo di redimersi, non per farsi perdonare dai suoi fratelli, o da Dean e Sam, ma era il suo modo per perdonare se stesso per ciò che ha fatto. 
E forse, soltanto portando questo dolore per sempre, ci sarebbe riuscito.





Note dell'autrice 
Salve a tutti e grazie a chiunque abbia letto la mia fic.
Prima volta che scrivo (e finisco) una storia, spero che sia piaciuta. :)
Ringrazio la mia amica Juls che mi ha supportata e mi ha incitato a scrivere. :D
Critiche e commenti sono ben accetti.
A presto, Lady_Midnight.












 
   
 
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