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Autore: proudtobea_fangirl    04/02/2016    0 recensioni
[Sequel di Living the Present]
Vedere il futuro.
Conoscerlo, comprenderlo, sognarlo.
Per la Chiaroveggente Lorianne Herondale, il futuro non è altro che un nuovo presente per fuggire da un doloroso passato. È libertà nella costrizione, unità nella solitudine, vendetta nella sottomissione. Una scelta non facile da prendere, e altrettanto complicata da attuare, che richiede pazienza e riflessione.
Sono infatti questi gli ingredienti della spensierata vacanza con cui Lorianne intende maturare la propria decisione e chi la ama intende farle cambiare idea, mostrandole quante meraviglie si perderà se arriverà davvero a compiere quel passo fatale.
Ma la piccola cittadina di mare loro meta nasconde qualcosa di affatto piccolo, un potere oscuro e terribile, che miete vittime tra la popolazione innocente e che ne mieterà una proprio davanti agli occhi ignari di Lorianne.
Perché vedere il futuro serve a ben poco, se non cogli i segnali del presente.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clarissa, Jace Lightwood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shadowhunters ~ Past, Present and Future'
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Prologo - Profeta delle nazioni

Prologo ~ Profeta delle nazioni

4La parola del Signore mi fu rivolta in questi termini: 5«Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni.»

 [Geremia 1, 4-5]

 

Alicante ~ Primavera 2032

Non è esattamente una pacchia avere come genitori i due Shadowhunters più famosi del mondo.
  A volte, addirittura non mi sento figlia loro.
  Sono sempre appartenuta più ai piani alti che a questa dimensione monotona e maligna che chiamiamo Terra.
  Sembrerebbe facile vivere ad Alicante, lontana dalla baraonda di New York e del mondo lì fuori, che ho conosciuto solo grazie ai racconti della mia famiglia e a qualche visita sporadica all’Istituto da zio Simon e zia Isabelle. E invece, udite udite, non lo è affatto.
  Il mio posto “d’onore”, come chiunque avrebbe giudicato e giudicherebbe la mia condizione, in realtà era peggio di una panca misera e malandata in ultima fila.
  Per me sarebbe stato meglio sedere su uno sgabello mezzo rotto e rischiare di rompermi l’osso sacro piuttosto che guardare tutto dall’alto, oziando bellamente su una comoda poltrona rivestita di velluto.
  Il Consiglio? Oh certo, per loro ero una leader. Contavo quasi più del Console e di quello stronzo dell’Inquisitore – che teoricamente è mio nonno. Ma fuori da quell’aula, persino il più ignobile dei demoni era trattato meglio di me.

  Lorianne, prendi bei voti solo perché sei raccomandata! Lorianne, non ti becchi mai una nota se arrivi in ritardo o non fai i compiti! Lorianne, perché tu puoi sottrarti alle interrogazioni senza sorbirti un rimprovero o prendere un impreparato?
  E questo è solo ciò che dicevano i miei compagni di classe alle mie spalle nelle ore scolastiche.
  Lo odiavo. Odiavo vivere così. Mi sentivo come un filo d’erba nelle mani di un bambino: torturata, schiacciata – spezzata.
  Come se non bastasse, ci si metteva anche Raziel.
  Qualsiasi altro Shadowhunter avrebbe pagato oro, dato un occhio e pure di più, pur di parlare, o anche solo vedere, l’Angelo. Io avrei fatto altrettanto per togliermelo dai piedi. Anzi: dalla testa.
  Tecnicamente il sangue angelico che scorre nel mio corpo appartiene per metà a Raziel e per metà a Ithuriel. Ma per sfortuna – o per fortuna, mettetela come vi pare – solo il primo dimorava nel mio cervello.
  Qualsiasi cosa facessi o anche solo pensassi era condizionata da quella ripugnante vocina che brontolava di continuo. Raziel non stava un attimo zitto; non mi lasciava mai un momento di tregua. Mi appariva persino in sogno, pressoché ogni notte.
  Continuava a ripetermi la stessa frase: Vieni con me.
  Lo ammetto, a volte riusciva quasi a corrompermi. Non raramente sono stata tentata di seguirlo. Per pura forza di volontà mi sono costretta a restare, a rimanere qui sulla Terra. Avevo buoni motivi per farlo, o almeno così pensavo.
  C’è stato un periodo in cui la tentazione era aumentata. All’epoca mi capitava quasi quotidianamente di meditare su che vita avrei potuto avere, se avessi ascoltato Raziel. Se fossi andata con lui, in qualsiasi luogo avesse voluto portarmi. La prospettiva di passare il resto dei miei giorni in Paradiso era molto allettante.
  In ogni caso, in quel tempo ero così debole, psicologicamente e fisicamente, da non essere all’altezza di fare nulla.
  Ogni cosa in cui credevo – poche, comunque – era crollata di botto. Le persone nelle quali riponevo la mia più cieca fiducia mi avevano tradita, voltandomi le spalle senza ripensamenti né rimorsi. Il Consiglio, forse la mia unica certezza, mi aveva abbandonata proprio quando avevo più bisogno del suo aiuto – e di un buon tribunale.
  Tutto era diventato troppo.

 

Da piccola ero felice. Non che negli anni successivi io non lo sia stata, ma l’infanzia è stata di gran lunga la parte migliore della mia vita. All’epoca Raziel non mi parlava ancora, avevo le visioni sì e no una volta ogni sei mesi, ed era molto più facile alzarsi dal letto la mattina per affrontare una nuova giornata.  
  Non tutti ricordano quel periodo della loro esistenza; in fondo si è ancora piccoli per comprendere il senso del mondo e il modo in cui gira. Io invece lo ricordo perfettamente.
  Uno dei ricordi più impressi è la nascita di Jonathan. Già dalla prima volta in cui ho visto il pancione di mamma ho capito che era incinta, anche se avevo solo cinque anni. Ovviamente non sapevo tutto ciò che c’era dietro quel pancione – per mia fortuna, oppure ne sarei rimasta traumatizzata.
  È stato... interessante scegliere il nome di mio fratello.
  Agli altri bambini venivano raccontate le favolette dei Grimm, di Perrault o di Andersen; io ascoltavo la mitologia greca e romana e le peripezie dei miei genitori. In particolare mi piaceva la storia del loro viaggio a Edom. Era inquietante e allo stesso tempo bellissima. Solo verso i tredici anni mamma mi rivelò la versione integrale, comprensiva di tutti i risvolti incestuosi della vicenda, ma lo zio Sebastian mi ha affascinata sin da subito.
  Così, quando papà mi chiese quale nome avrei voluto dare al fratellino che stava per nascere, risposi: — Jonathan — senza ripensamenti.
Loro storsero un po’ il naso, ma alla fine acconsentirono. Immagino che per loro debba essere stata dura. Comunque fui io a chiamarlo così per la prima volta, quando finalmente potei entrare nella stanza della Basiliade dove mamma aveva quasi perso l’uso delle corde vocali e vedere quella piccola creatura che ronfava nella culla.
  Non credo di essere mai stata gelosa di Jon sul piano affettivo. Sono gelosa però dei suoi magnifici capelli rossi, perfettamente ricci – non come i miei, biondi e indecisi tra il liscio e il mosso – e ovviamente del fatto che lui sia un normale Shadowhunter.
  Eh già, la genetica mi ha tirato un brutto scherzo. Jon è semplicemente più veloce e più forte della norma, come papà del resto. Solo la mia testa è dimora fissa di Raziel.
  Jonathan mi adorava, e io adoravo lui. Mi piaceva guardarlo gattonare nel prato e sporcarsi di terra, mi piaceva quando mamma cercava di fargli mangiare qualcosa di disgustoso e lui arricciava la bocca in quel modo buffissimo, mi piaceva sentire il suo respiro sulla guancia mentre dormiva.
  Crescendo, il nostro rapporto è cambiato di poco. Litigavamo, certo, e non potevo dirgli nemmeno un piccolo segreto perché sapevo che l’avrebbe spifferato. Ciononostante non mi è mai pesato avere un fratello, nemmeno quando dovevo aiutarlo con i compiti oppure ero costretta a rimanere a casa per fargli da babysitter.
  Chrysta mi invidiava per questo. Voleva avere anche lei un fratellino o una sorellina, ma per zio Magnus e zio Alec era già troppo avere solo lei.
  Chris l’ha capito sin da subito. Ha sempre saputo che, arrivata a un certo punto della vita, sarebbe cambiato tutto. Avrebbe visto uno dei suoi genitori invecchiare e morire, e l’altro restare sempre uguale. Il suo stesso corpo sarebbe rimasto uguale. Ma, parlando sinceramente, lei non ci ha mai dato molto peso.
  Almeno Chrysta aveva una certezza. Io invece no. Per quanto ne sapevo, anch’io potevo essere immortale. Al contrario di Chris, ci pensavo continuamente.
  Non sarei mai riuscita a vivere con quella consapevolezza.
  E paradossalmente il dubbio era anche peggio.

 

Dall’adolescenza tutto divenne più difficile. Raziel prese a sussurrarmi all’orecchio, e le mie giornate si fecero progressivamente più pesanti.
  I miei genitori, Jonathan, gli zii Magnus e Alec e Chrysta l’avevano notato, e avevano cominciato a pormi un milione di domande credendo che io avessi una risposta a ciò che mi stava succedendo. Non ce l’avevo, naturalmente.
  Andavo a scuola senza voglia, senza scopi, senza obiettivi. Era raro che facessi i compiti o mi impegnassi almeno ad ascoltare durante le spiegazioni. Malgrado ciò i miei voti non calarono, quindi iniziai a sospettare che i professori avessero davvero delle preferenze nei miei confronti. La conferma mi fu data quando la prof di Lingue Demoniache mi diede una A ad un compito sul quale avevo scritto solo il nome e scarabocchiato qualcosa di non troppo carino.
  I pettegolezzi dei miei compagni di classe si diffusero molto velocemente. Venni etichettata come la lecchina di turno, quella che si becca sorrisetti e pacche amichevoli sulle spalle invece di ramanzine e rimproveri. Provavo a spiegare che la realtà non era quella, ovviamente senza risultati. Alla fine mi ci abituai.
  Una parziale svolta nella monotona e tutt’altro che piacevole routine ci fu quando Logan e Trish vennero a stare da noi perché il loro mentore, Sikh, era dovuto scappare in Egitto per motivi familiari, e nessun altro tutore aveva le referenze richieste da zia Iz. Così si iscrissero all’Accademia, nella mia stessa classe – abbiamo nove mesi e più di differenza, ma loro hanno iniziato a studiare un anno prima.
  Prima di allora li vedevo una volta ogni morte di Papa, e non esagero nel dire che non ricordavo nemmeno la loro voce. Con Trish parlavo relativamente spesso, ma Logan era per me quasi uno sconosciuto. Non ero legata a loro come lo ero, e lo sono tuttora, con Chrysta.
  Quando si presentarono alla nostra porta ero sola in casa. Pensavo che avremmo trascorso le tre ore che ci separavano dal ritorno dei miei genitori in un imbarazzante silenzio, ma invece Trish attaccò a chiacchierare a manetta. Rimasi sorpresa da fino a che punto riuscì a trascinarmi nella conversazione, e dalle capacità oratorie che aveva.
  Trish – che all’epoca chiamavo ancora con il nome completo, Patricia – è molto simile a zia Iz nel carattere, però di fisico sinceramente non so di chi abbia preso. Certo, zia è formosa, ma non quanto Trish. Lei è decisamente oversize. Già a quattordici anni aveva un fisico a pera invidiabile, e i capelli lunghi e ricci la rendevano una mini Sophia Loren. Zio Simon invece la paragonava a Jennifer Lawrence.
  Non si può dire che Logan non regga il confronto. Sotto il profilo del carisma Trish lo batte – anzi, lo umilia – ma la sua irrefrenabile curiosità e la gioia che gli sprizza da tutti i pori compensano questa mancanza.
  Ripensandoci ora, a distanza di anni, forse fa anche un po’ schifo dire che mi ero presa una cotta tremenda per mio cugino. Mi correggo: ero innamorata pazza di mio cugino.
  Logan chiaramente non ricambiava. All’epoca stava con Tara, una Seelie. O era un’Unseelie? Non ricordo... in ogni caso, sul piano amoroso ha preso dalla madre.
  Così io mi sentivo morire dentro.
  No, sul serio, non ero disperata fino a quel punto. Capivo che Logan non fosse interessato a me: ha sempre amato l’avventura e qualsiasi cosa di estremo, e io non potevo – non posso – esattamente definirmi tale.
  Capivo anche che il mio essere Chiaroveggente allontanasse chiunque. A molti faceva paura. A me stessa faceva paura. E a volte mi stava bene così: la paura mi tratteneva dall’azzardare azioni di cui poi avrei potuto pentirmi. Come, ad esempio, seguire Raziel.
  Con la mente del tutto occupata da pensieri legati alla scuola, agli amici e a Logan – soprattutto a lui – al tempo non ci davo più di tanto peso. La voce di Raziel nella mia testa era stata soppiantata da quella di Logan, le immagini dell’Angelo sostituite dai film a luci rosse con protagonista, sottolineo, mio cugino.
  Ma Raziel si vendicò. Approfittò di un mio momento di debolezza per inculcarmi un’idea che in circostanze diverse non avrei mai nemmeno lontanamente contemplato.
  E, come nella maggior parte delle normali situazioni drammatiche successe alla maggior parte dei normali adolescenti, c’entrava il mio ex-fidanzato.

  

Quando conobbi Jean non volevo ammettere che mi piacesse. Logan occupava ancora il primo posto nel mio cuore, e così per i primi tempi frequentai il signorino Argentsang – mi piaceva chiamarlo così, lo faceva andare in bestia – senza realmente essere interessata a lui.
  Be’, con Jean c’è stato il colpo di fulmine. In fondo, chi non sarebbe attratto da un meraviglioso francese dall’adorabile accento con tanto di erre moscia e un fisico da fare invidia allo Shadowhunter più allenato del mondo?
  E poi, mi chiamava Lorian. Si mangiava l’ultima sillaba e trasformava la e in una a. Questo suo difettuccio di dizione era terribilmente sexy. In realtà, Jean era sexy da capo a piedi.
  Era simpatico, aperto, divertente, ma anche cupo e misterioso. Si presentò in classe senza conoscere un’unica parola in inglese – si sa, i francesi sono talmente nazionalisti da non parlare lingue diverse dalla loro, figuriamoci poi se sono Shadowhunters – e totalmente sprovvisto di libri e altro materiale didattico. Ciononostante sorrideva come un bambino, e non smise nemmeno quando il professore iniziò a rimproverarlo. (In effetti, credo non capisse niente di ciò che gli stava dicendo).
  Nei primi tempi fu difficile riuscire a comunicare con lui. Chiesi a papà di insegnarmi il francese – anzi, di rinfrescarmelo in quanto seppur avendolo studiato non ricordavo nulla – e ascoltai ogni singolo album di Céline Dion per imprimermi nella memoria la corretta pronuncia. Mossa abbastanza sbagliata, dato che Céline e le licenze poetiche, in particolare nella pronuncia, andavano molto d’accordo.
  Quando finalmente ero in grado di formare un periodo sensato senza confondere gli articoli francesi con i loro corrispettivi in greco antico e avevo preso in mano tutto il mio coraggio per provare a intavolare una conversazione con Jean, lui aveva già imparato l’inglese. Coglione.
  Ma naturalmente questo andò a mio favore. Chiacchieravamo tanto, anche se capitò svariate volte che “the pen is on the table” e “le stylo est sur la table” fossero decisamente più logici di qualsiasi altra frase ci fossimo detti.
  Al sesto appuntamento ci scappò il bacio. E da allora i baci furono all’ordine del giorno.
  Non sapevo, però, che con quei baci Jean mi avesse marchiata come Giuda aveva fatto con Gesù.
  Non sapevo che con quei baci mi avesse designata come traditrice.

  

E così, dopo aver lasciato Jean senza ripensamenti né rimorsi ed essermi chiusa in camera mia con il calendario costantemente sott’occhio in attesa del fatidico giorno cerchiato in rosso, Raziel ebbe la sua occasione per infilarmi nella testa quell’idea.
  Chiunque ti sia vicino si fa del male, Lorianne. E fa del male anche a te. Sei destinata a una vita solitaria, figliola. Tutti noi Angeli lo siamo, anche se vogliamo farvi credere il contrario. Ma magari potresti mettere i tuoi talenti al servizio di una causa superiore. Rinunciare a qualche piacere per avere finalmente uno scopo. Puoi farcela, Lorianne. Lo so, e lo sai anche tu.
  Sì, lo sapevo. Sapevo cosa fare.
  Il problema era dirlo alla mia famiglia.



MA CIAAAO!

 Yu-uh, ho pubblicato come mio solito con due settimane di ritardo! YEE!

 Avrete sicuramente notato un cambio nello stile: niente più POV (narrerà solo ed esclusivamente Lorianne), passato al posto del presente, trattini invece delle caporali, linguaggio e registro un po’ più aulici e ambientazione MOLTO futura. Nel 2032 Lorianne ha quasi 18 anni, Chrysta quasi 19, i gemelli Lewis quasi 17. Per quanto riguarda i nostri Shadowhunters avranno tutti più o meno 41-42 anni, se non mi sono fatta male i conti.

 Bene, volevo presentarvi un po’ il personaggio di Jean. Ciò che è successo tra lui e Lorianne verrà rivelato integralmente verso i ¾ della storia, ma darò man mano degli indizi per farvi rosicare e scervellare. Jean è sì francese, ma ha origini nordiche in quanto secoli fa un ramo della sua famiglia (i Vertlance) disertò e si rifugiò tra i vichinghi. Per la sua storia ringrazio infinitamente Althea Matijacic, alla quale avevo solo chiesto un cognome Shadowhunter francese. Ma lei è così, mi sorprende sempre.

 La ringrazio anche per il banner, ancora in costruzione.

 Vi avevo anticipato che StF sarebbe stata ambientata a Gaeta, e in effetti sarà così tra un po’. Prima, be’... c’è qualche casino da combinare a Idris e New York. Ritorneranno due nostre vecchie conoscenze che collaboreranno per rompere indirettamente le scatole a una persona, e ho già detto troppo. Anche Cameron e Nathan saranno presenti, ma comunque non eccessivamente. Ad ogni modo ho iniziato a scrivere la minilong su di loro, e forse non sarà tanto mini.

 E come potete constatare non ho perso il vizio di concludere i capitoli lasciandovi sulle spine. Penso però di annunciare qual è l’idea di Raziel nel prossimo capitolo, che è anche quella “soluzione” menzionata nella trama; non credo che questo dubbio si protrarrà troppo a lungo, per la vostra gioia. Ma di dubbi e domande ne avrete molti altri, naturalmente.

 Volevo dire solo un’ultima cosa: dovete capire che per me questa storia è qualcosa di indescrivibile. C’è così tanto di me nelle parole che ho scritto e che scriverò da far quasi sembrare che la protagonista non sia Lorianne, ma me stessa. Non vi preoccupate, non sono depressa come lei. Più che altro la mia mentalità, il mio modo di pensare e di fare, la mia anima e il mio cuore verranno fuori quando inizierà la parte ambientata a Gaeta, città in cui sono cresciuta e che mi ha cambiata. Sono molto più emotivamente coinvolta qui che in RtP e LtP, e credo fermamente che questo maggior interesse si noterà a occhi bendati durante la lettura.

 Bene, fatemi gli auguri per le semifinali delle Olimpiadi d’italiano che disputerò il 19 febbraio a Latina. Se passo quelle poi vado a Firenze per le nazionali, e addio alle prove di grammatica: lì si scrive sul serio.

 VOTATE e COMMENTATE, bye!

  
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