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Autore: Shin4    04/02/2016    3 recensioni
La vita a Beika continua a scorrere ininterrotta. Shinichi si ritroverà a dover fare molte scelte difficili per preservare la sicurezza di chi ama mentre l'ombra dell'organizzazione si allungherà sempre più su di lui. Riuscirà il nostro eroe a mantenere il suo sangue freddo, il suo carisma, mentre il mondo sembrerà crollargli addosso?
La mia storia riprende il manga direttamente a partire dal capitolo 940. insomma fresca fresca di novità cercherò di riempire le vostre giornate con nuovi casi, nuove rivelazioni e forti sentimenti che si dipaneranno attraverso questo racconto che prevede essere una lunga fanfiction all'insegna del crimine
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Verità Nascoste
 
“Non ci credo…”
“Fallo invece perché ti aspettano ore ed ore di lavoro adesso!”
I suoi occhi guizzavano ininterrottamente da una parte all’altra dello schermo quasi a volersi sincerare che non fosse un sogno.
Quasi tutte le sue ricerche, i suoi esperimenti, gli studi ed anche gli accertamenti fatti dagli scienziati dopo di lei erano su quel maledetto dischetto. Finalmente ogni informazione disponibile sull’APTX4869 era nelle loro mani, e soprattutto non in quelle degli Uomini in Nero.
“Nonostante ora abbia tutti i dati e i componenti necessari, non credere che sarà così facile creare l’antidoto definitivo.” Replicò seria Ai, precedendo qualsiasi domanda a riguardo e riacquistando la sua solita freddezza.
Conan sbuffò risentito “Però questo è un notevole passo avanti, non credi?”
Non voleva smorzare il suo entusiasmo ma non voleva nemmeno dargli false speranze, o meglio, non voleva che lui si imputasse sul riavere indietro il proprio corpo fino a che l’Organizzazione non fosse stata definitivamente distrutta.
Ma non era facile resistere al suo sguardo implorante e all’accenno di sorriso che, dopo molte ore, aveva finalmente riacceso il suo volto. Quegli occhioni blu erano sempre stati uno dei suoi punti deboli.
“Sì è vero” concesse infine la ragazzina “Ma ricordati che i nostri problemi non sono finiti qui.”
“So anche io che adesso loro sanno che c’è qualcuno a dargli la caccia, ma non potevi proprio lasciarmi godere di questa piccola vittoria almeno un poco, vero?” chiese lui sarcastico di rimando.
Ai lo fissò intensamente per qualche secondo, combattuta se mantenere quella linea dura e cinica che la caratterizzava o se, per una volta, lasciarsi andare un poco anche lei all’ottimismo.
Optò per la prima.
“No, perché se non ci sono io a tenerti con i piedi per terra, rischi di far saltare la nostra copertura per la tua troppa esuberanza.”
“Haibara! Sai bene quanto ogni singola mossa che faccio sia sempre accuratamente studiata e calcolata.” Replicò lui punto sul vivo.
“Quasi sempre” sottolineò lei, ripensando alle tante volte che aveva agito d’impulso per colpa della ragazza dell’agenzia.
Lui sospirò ma non rispose. Si vedeva che era stanco e non aveva le forze per ribattere. A differenza sua, lui non aveva chiuso occhio quella notte.
Ai si concentrò nuovamente sulle sue ricerche, facendo scorrere velocemente il cursore sullo schermo, per assicurarsi di nuovo che fosse veramente tutto lì, quando lo sentì ridere sommessamente.
“E adesso che c’è?” domandò voltandosi nella sua direzione.
Conan stava tentando inutilmente di trattenere una risata isterica, dovuta probabilmente alla mancanza di sonno e allo sconvolgimento emotivo della sera precedente.
“Che faccia pensi abbia fatto Gin, quando ha scoperto che il suo dischetto era del tutto inutile?”
 
“Ma qui non c’è niente” disse l’uomo in tono seccato “assolutamente niente che possa rivelarsi minimamente utile.”
Lo sguardo che scorreva fra una sfilza di conti bancari, dati di accesso e mail scambiate fra diverse aziende farmaceutiche.
“Lo so, credi che altrimenti Gin ti avrebbe permesso di controllare?” rispose la donna con evidente divertimento nella voce.
L’uomo biondo smise di battere ripetutamente il dito sul mouse e allontanò un poco la sedia dalla scrivania. Uno dei primi deboli raggi di sole filtrava dalle imposte abbassate, illuminando un tratto della pelle abbronzata.
Un pensiero inespresso delineò un sorriso beffardo sul suo volto “Deve essere stato proprio alle strette per aver chiesto il mio intervento.”
“Diciamo che era piuttosto seccato, ma non credere di essere l’unico incaricato di indagare. Anche Rum sta muovendo in prima persona i suoi fili.” Rivelò Vermouth con tono affabile, espirando piano il fumo dalle labbra rosse vermiglio. “E non è una cosa che accade molto spesso” avrebbe voluto aggiungere.
Bourbon si aprì in un’espressione incredula “Devono ritenerlo veramente pericoloso questo ficcanaso allora.”
“Non è facile farla sotto al naso di Gin, per di più senza lasciare tracce.”
“E come pensate che io possa trovarlo questo ragazzo, senza avere la benché minima descrizione o indizio?” chiese lui di rimando, evidentemente scocciato.
“Potrebbe essere uno qualsiasi fra le centinaia di migliaia di persone a Tokio.”
Non aveva tempo da perdere per queste cose. Non credeva possibile che un semplice ragazzino potesse rivelarsi effettivamente in grado di minare i piani di quell’Organizzazione, a cui nemmeno diverse agenzie governative riuscivano ad arrivare. Perfino Akai, l’uomo più temuto dell’FBI, aveva dovuto fingere la sua morte per continuare ad operare indisturbato nel buio.
“Uno qualsiasi? Io non direi” disse Vermouth appoggiando delicatamente un plico di fogli sulla scrivania.
“Ma questa è una copia del rapporto di polizia della notte scorsa, come hai fatto ad averlo così presto?”
“Ho i miei mezzi” replicò lei seducente accavallando le gambe.
Bourbon iniziò a sfogliare il fascicolo con attenzione fino a leggere ad alta voce
“Un testimone anonimo rivela che due uomini sospetti sono stati visti allontanarsi da un ufficio al 50esimo piano…”
Alzò di scatto la testa, cogliendo finalmente ciò che Vermouth intendeva dire “Chi ha tanta influenza da far manipolare un rapporto di polizia?”
La donna sorrise maliziosamente “È proprio questo che devi scoprire.”
“La cosa ti sta divertendo molto, non è vero?”
“Oh sì enormemente”
La osservò socchiudendo gli occhi con uno sguardo indagatore “Tu hai già qualche sospetto, avanti parla.”
Non era una domanda, ma una fondata insinuazione.
Lei continuò a sorridere, i denti bianchi che si stagliavano nella semioscurità
“Oh my darling, ma quando imparerai? A secret makes a woman woman.”
 
Aveva trascorso l’intera giornata sul divano o girovagando per la casa del professore. Di solito non amava l’inattività ma non si sentiva ancora pronto per rituffarsi nel ritmo frenetico della città e soprattutto, per far ritorno stabilmente a casa Mori. Così aveva cercato di tenere la mente sgombra, perdendosi nella lettura o tenendo il corpo impegnato in qualche banale occupazione che però gli impediva di pensare.
“Ci sono novità?” chiese ad Ai, vedendola riemergere dalla scala del laboratorio.
Era almeno la decima volta che le rivolgeva quella domanda nell’arco di un giorno e mezzo.
“Kudo” ingiunse lei, in un tono che non ammetteva repliche “non puoi chiedermi ogni volta che mi vedi se ho fatto dei progressi. Sto ancora esaminando e catalogando le informazioni raccolte. Ci vuole tempo.”
Lui rassegnato ricacciò la testa fra le pagine de ‘Il segno dei quattro’ che stava rileggendo, di nuovo.
Quando aveva qualche problema, o anche voleva semplicemente distrarsi, i libri del suo mito Holmes erano sempre la soluzione migliore.
“Tu piuttosto, intendi passare lì tutto il giorno anche oggi?”
Il tono sarcastico di Ai lo costrinse a mettersi sull’attenti.
“Non ho molto da fare” commentò poi con un’alzata di spalle, ma sapeva di non averla data a bere a quella ragazzina.
“La verità è che non te la senti di tornare all’agenzia.”
Lui abbassò gli occhi colpevole ma mantenne la linea difensiva “No ma che dici, sto controllando che qui proceda tutto come deve.”
Ma lei non aveva torto. Ora come ora non credeva che sarebbe riuscito a sorridere e a parlare ingenuamente come il bambino che tutti pensavano che fosse, non davanti a Ran almeno. Ed era lei quella che doveva convincere più di tutti.
Ai surclassò la bugia, continuando ininterrottamente per la sua strada, mettendolo davanti alla nuda e cruda realtà che gli trapassò lo stomaco.
“Non potrai ignorarla per sempre.”
“Lo so, ma mi piace pensarlo ogni tanto.”
“Ma perché le hai detto quelle cose allora?”
Lui puntò lo sguardo davanti a sé senza soffermarsi su nulla in particolare, alla ricerca delle parole per definire il turbinio di emozioni che lo avvolgeva.
I perché erano tanti. Perché non voleva più mentirle in continuazione al telefono, anche se così le aveva scaraventato addosso la bugia più grande che avesse mai detto. Perché sapeva che da quella sera gli Uomini in Nero gli avrebbero dato la caccia e, indipendentemente dal fatto che fossero a conoscenza della sua identità o meno, prima o poi era certo lo avrebbero trovato. Perché non voleva che Ran finisse in mezzo a quella storia e potesse farsi male. Ma soprattutto perché, anche se lui era sempre al suo fianco, non voleva più vederla piangere per una persona che lei credeva non ci fosse, anche se questo significava non avere più un posto nel suo cuore.
Ma non avrebbe mai ammesso nessuna di quelle cose ad alta voce con Ai, non si sarebbe mai scoperto vulnerabile fino a quel punto, per cui disse solamente
“Perché era giusto così”
La ragazzina ramata lo fissò, non sapendo bene come replicare a quella frase che racchiudeva tutto e niente.
Vennero entrambi distratti da una leggera vibrazione. Uno strano messaggio, decisamente un po’ criptico era arrivato sul cellulare di Conan.
“Passa da me appena puoi. Ho un bisogno urgente di parlarti.”
Lui perplesso, rispose senza troppa enfasi e poi riportò la sua attenzione su Ai che lo stava ancora fissando, come se in questo modo potesse carpirgli ciò che non le aveva rivelato.
“Comunque hai ragione” continuò lui, interrompendo il silenzio e il contatto visivo “è tempo che Conan rimedi per l’ennesima volta ai danni che Shinichi ha provocato.”
Ai lo guardò alzarsi dal divano e avvicinarsi alla porta
“Non puoi sempre accusarti in questo modo, tutto quello che fai, lo fai per il suo bene.”
Lui le rivolse un ultimo triste sorriso prima di uscire “Cosa importa se tanto lei non lo sa?”
 
“Come fai ad essere così tranquillo dopo quello che ti ho detto?”
“Perdere la calma servirebbe forse a qualcosa?”
“No, ma sarebbe comunque una reazione di qualche tipo, cosa che tu non hai avuto a quanto pare!” esclamò Jodie seccata, sbattendo le mani sul tavolo della cucina di Villa Kudo.
Da quando due notti prima si era allontanata dal grattacielo Ikuzo, aveva passato ogni istante alla ricerca di un qualsiasi indizio che la portasse a ricostruire quanto successo. Invano.
Dopo aver seguito tutte le tracce possibili si era rivolta a Shuichi in cerca di qualche idea, ma sembrava che non avesse fatto altro che sbattere la testa contro un muro. Ormai aveva i nervi a fior di pelle.
“L’unica cosa che sappiamo è che qualcuno si è messo in mezzo e ha impedito allo scambio di andare come doveva.” ripeté nuovamente, come se quell’affermazione fosse di un’importanza fondamentale e le desse la forza di calmarsi.
“Beh ma questo torna utile anche a noi, no?” asserì Akai, senza scomporsi.
“E come?” Jodie lo guardava sconsolata “Non sappiamo cosa contenessero quei dischetti perché uno è disperso e l’altro è nelle mani dell’Organizzazione. E ti ricordo che Kir non è riuscita a fare una copia nemmeno di quello in loro possesso.”
Lui rispose in tono conciliante “Sappiamo che questo ragazzo è abbastanza in gamba da non farsi trovare e, sono certo, che sarà un ottimo alleato quando verrà il momento opportuno di uscire allo scoperto.”
La donna non rispose e si limitò a scuotere la testa.
Come poteva fare un’affermazione del genere senza sapere nemmeno chi fosse?
Aveva cieca fiducia nei confronti di Shuichi, ma da un po’ di tempo a quella parte, ovvero da quando si celava sotto l’identità di Subaru Okiya, le sembrava di non riuscire più a comprendere appieno le sue intenzioni.  Non che prima tutto ciò che faceva risultasse ovvio nell’immediato, anzi spesso era il contrario, ma almeno in un modo o nell’altro ne capiva la necessità.
Era sempre stato bravo a progettare e a prevedere le azioni a lungo termine, cosa che gli era tornata estremamente utile durante i tre anni sotto copertura nell’Organizzazione, ma riteneva che adesso, oltre ad essersi eclissato alla vista dei nemici, avesse anche qualcos’altro da nascondere.
“E per di più” disse Akai, distogliendola dalle sue elucubrazioni “sono convinto che quel dischetto scomparso sia in mani migliori delle nostre.”
Non c’era la minima traccia di insicurezza nella sua voce, ma Jodie non poteva fare a meno di fissarlo attonita come se avesse detto un’ulteriore assurdità.
“Io proprio non capisco. Perché ne sei così sicuro?”
Lui si avvicinò alla finestra, come fosse un gesto sovrappensiero, e lasciò che lo sguardo vagasse fuori qualche istante prima di voltarsi verso di lei e sorridere
“Perché, paradossalmente, da quando sono lontano dalla prima linea, il disegno generale si è fatto molto più chiaro.”
 
Stava aspettando immobile davanti alla finestra, lo sguardo pigro che inseguiva il procedere lento dei mezzi nel traffico cittadino. Unico segno della sua impazienza era il tamburellare ritmico delle dita, che inondava la stanza da alcuni minuti.
La risposta era stata un secco “Arrivo fra poco” che era stata inviata più di mezz’ora prima.
L’attesa stava iniziando a farsi snervante, soprattutto pensando alla conversazione che doveva affrontare, che non la rendeva certo più serena.
Aveva quasi rinunciato quando finalmente sentì bussare alla porta.
“Entra pure, è aperto.”
Una piccola figura apparì sulla soglia.
“Ce ne hai messo di tempo.”
“Scusami Sera-neechan, ma ero dal Dottor Agasa. Ho fatto il prima possibile” dichiarò Conan chiudendosi la porta alle spalle “Cosa c’è di così urgente che dovevi dirmi?”
Lei si voltò a guardarlo. Tutto il discorso che si era preparata era sfumato con il suo ingresso, non sapeva da dove cominciare.
“Perché l’hai fatto?” si sentì dire. Non era certo il modo migliore per iniziare, ma ormai era fatta.
Lui la guardò senza capire con la testa un po’ inclinata di lato. Sembrava proprio un tenero bambino innocente con degli occhiali troppo grandi per lui.
Sera tirò un sospiro e attaccò di nuovo “Perché hai fatto questo a Ran?”
“Non riesco a capire di cosa tu stia parlando” replicò lui con tono argentino.
O era veramente un ottimo attore o era diventato improvvisamente stupido.
“La smettiamo di prenderci in giro per favore? Io so chi sei” lo aggredì lei.
Un’ombra improvvisa passò sul volto di Conan, ma fu tanto veloce che quasi Masumi non se ne accorse.
“E chi sarei scusa?”
“Vuoi proprio sentirtelo dire? Tu sei Shinichi Kudo.”
“Senti lo so che ci assomigliamo, ma non ti sembra di esagerare? Io sono solo un bambino.” Tentò di difendersi inutilmente lui.
Le parole si susseguivano ancora con una cadenza tranquilla e squillante, ma la postura si era fatta impercettibilmente più rigida.
Sera sorrise raggiante “La tua parte la reciti bene senza dubbio, ma appena si scava un po’ sotto la superficie, si scopre che non esiste nessun Conan Edogawa fra i documenti ufficiali. Quando Shinichi è scomparso sei apparso stranamente tu e poi non si è mai visto un bambino di sette anni così acuto e intelligente che risolve dei casi da solo. Devo continuare?”
La scrutò per un momento prima di replicare “No non credo sia necessario, sospettavo già che tu fossi a conoscenza della mia doppia identità. Che cosa vuoi da me?”
La sua voce, che aveva perso qualsiasi inflessione ingenua o fanciullesca, si era fatta improvvisamente seria e tagliente. Era strano sapere che proveniva da quello che, fino a poco prima, si era comportato proprio come un bambino.
“Voglio delle spiegazioni e non ammetto risposte evasive.”
Lui incrociò le braccia e alzò un sopracciglio, senza mostrarsi minimamente intimidito dal tono veemente usato da Sera.
“Voglio sapere” ripeté lei per la terza volta “perché hai trattato Ran in quel modo.”
“Non credo proprio che questi siano affari tuoi.”
Come l’altra sera sul taxi, la rabbia iniziò ad affiorare lenta in Sera come lo sgorgare dell’acqua da una fonte.
“Sì che lo sono. Ran è una mia amica e tu la stai facendo soffrire inutilmente. Si capisce che ci tieni a lei allora perché le fai questo ogni singola volta, quando potresti tornare definitivamente da lei o dirle semplicemente la verità?”
“Tu non sai proprio quello che dici” affermò Conan scuotendo la testa.
Mostrava una calma innaturale e rigida, preludio di uno scoppio d’ira, che però non era altro che benzina sul fuoco per lei.
“Un attimo prima sei un bambino, dopo compari con il tuo vero aspetto. Se hai un modo per tornare adulto perché non lo usi, invece che comportarti da stupido egoista standotene nascosto a casa sua?”
“Non accetto di essere insultato da qualcuno che non ha la minima idea di quello che succede!” sbottò lui furioso, fissandola duramente con occhi di un blu cupo ardente, che riflettevano il tumulto interiore.
“Se mi dici queste cose significa che non sai niente, NIENTE!”
“Mio fratello è morto per colpa di quelli che ti hanno ridotto così, cosa credi di…”
“No ascolta tu” la interruppe lui con la voce che si alzava di tono e incatenandola con lo sguardo “Tu non hai la minima idea di quello di cui questi uomini sono capaci. Ti stai per buttare a testa bassa in una vendetta che ti ucciderà, ci ucciderà tutti.”
La situazione si era repentinamente ribaltata, rendendo l’accusato accusatore.
“Lo so che sono pericolosi ma…” provò a difendersi lei.
“No, non lo sai è questo il punto. Loro ti sono vicini più di quanto tu creda e nemmeno te ne accorgi!”
La forza del suo improvviso scatto d’ira la travolse come un’onda costringendola a fare un passo indietro e lasciandola interdetta
“Ma cosa stai dicendo?”
“Ti ricordi quando un po’ di tempo fa girava per le vie di Beika un uomo che assomigliava ad Akai con una cicatrice da ustione sul volto? L’hai incontrato anche sul mistery train…”
La voce di Conan si era fatta inaspettatamente priva di colore e di calore inchiodandola sul posto. Non riuscì nemmeno a chiedersi come facesse a saperlo.
“Quello non era tuo fratello, era uno degli uomini dell’Organizzazione che se andava in giro travestito per verificare che Shuichi Akai fosse realmente morto. E questo è solo un esempio.”
Sera sbiancò completamente, senza sapere che cosa replicare.
La rabbia si era dissolta come una nuvola di fumo e mille crepe si erano aperte sul muro delle sue convinzioni.
“Tu non hai alcun diritto di giudicare le mie scelte e criticarmi per le mie decisioni quando non sai assolutamente niente.” ribadì lui approfittando del suo momento di debolezza.
“Allora spiegami. Hai l’obbligo di farlo.” Lo supplicò lei in un sussurro.
“Io non ti devo proprio nulla quando, tu per prima, nascondi nella tua camera d’albergo una bambina che ha assunto, se non lo stesso veleno, uno simile al mio.” Ribatté lui lanciando sul tavolino un piccolo fazzoletto, con il nome ‘Mary’ ricamato in un angolo.
“E adesso scusa ma ho di meglio da fare che stare qui a farmi urlare addosso da te.” concluse lui dandole le spalle.
Sera lo guardò uscire e sbattere forte la porta dietro di sé.
Anche dopo che se ne era andato, continuò a fissare l’imposta di legno cercando di rielaborare la catastrofe che aveva appena combinato.
Perché invece che aggredirlo a quel modo, non gli aveva chiesto quello che realmente voleva sapere?
Per colpa del suo temperamento impulsivo aveva probabilmente perso, nel giro di pochi minuti, la fiducia e l’aiuto del detective che lei stimava quasi quanto suo fratello.
E ne aveva davvero bisogno quanto prima.
Doveva assolutamente trovare un modo per rimediare.
 
Tutta la rabbia che era rimasta sopita in lui in quei giorni, era esplosa in un attimo.
Ora camminava veloce cercando di soffocare l’incendio che divampava e lo consumava interiormente.
Rimproverò se stesso per aver perso così maldestramente la lucidità.
Sapeva che prima o poi Sera lo avrebbe affrontato, mettendo le carte in tavola. Si era preparato a quel momento, anche se non si era di certo aspettato che agisse così.
Avrebbe dovuto chiederle chiarimenti su quella bambina misteriosa e sulla sua venuta in Giappone, ma non era riuscito a rimanere freddo e distaccato di fronte alle sue provocazioni.
A posteriori gli dispiaceva anche un poco per come l’aveva assalita, annientandole le speranze che il fratello fosse vivo. Inutilmente per di più, dato che Akai era effettivamente vivo e nascosto a casa sua.
Si sfregò il volto fra le mani cercando di imporsi la calma: non poteva presentarsi così scombussolato all’agenzia.
Doveva recuperare l’autocontrollo e indossare nuovamente la maschera che gli era stata strappata via poco prima con la forza.
Fece alcuni respiri profondi, concentrandosi sul pensiero di Ran e di come avrebbe potuto trovarla dopo due giorni. Ma questo sembrava agitarlo più di tutto il resto.
Si ritrovò ai piedi dell’agenzia Mori prima ancora di accorgersene. Salì irrequieto le scale fermandosi un attimo sull’ultimo gradino.
Aveva appena appoggiato la mano sulla maniglia, girandola leggermente, quando sentì delle voci familiari provenire da dietro la porta.
“Cosa siete venuti a fare qui? Non ho tempo per altri due rompiscatole come voi.”
“Ma come? È da così tanto che non ci vediamo, e non ci fa nemmeno un saluto Mori-san?”
“Beh effettivamente ha ragione, ci siamo presentati così all’improvviso.”
“Ma se sei stata tu a voler venire a tutti i costi!”
Purtroppo aveva già sbilanciato il peso in avanti e non riuscì a fermarsi, ruzzolando praticamente oltre la soglia.
Tutti i presenti si voltarono verso di lui attirati dal rumore, ricevendo in cambio un’espressione stupita e confusa da parte di Conan.
Fece a malapena in tempo ad alzarsi in piedi, che una figura sfocata si gettò su di lui, stringendolo in un forte abbraccio e sussurrandogli poche parole, che lo raggelarono all’istante.
“Sei tornato finalmente, pensavo mi avessi abbandonato anche tu.”
 
 
 
Angolo d’Autrice
Buona sera a tutti!
Ho deviato un po’ dal mio stile facendo un capitolo più dialogato…ma è uscito così!
Rileggendolo mi sono anche accorta che forse la time-line non è molto chiara, quindi volevo fare una piccola precisazione: i primi due paragrafi sono ambientati la stessa notte della festa, diciamo poco prima e dopo l’alba, mentre dal terzo in poi c’è uno stacco di due giorni.
Diciamo che se l’evento al grattacielo avviene di venerdì allora poi si passa direttamente a domenica (non che i giorni della settimana siano importanti era solo per fare capire.)
Allora cosa ne pensate della discussione giusto un po’ animata fra Sera e Conan?
E avete capito chi sono i nuovi arrivati? ^^
Fatemi sapere!
Baci
Shin4
   
 
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