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Autore: Vulpix    04/02/2016    2 recensioni
TIME LINE:
I fatti “narrati” vanno a collocarsi nella terza stagione, prima della Season Finale, in un’immaginaria serie di eventi che partono dopo la 3x23 e in cui gli avvenimenti della 3x24 non sono mai accaduti.
*****
PREFAZIONE:
Sono trascorsi 3 anni da quando tutto ebbe inizio…
Tre anni dall’inizio della fine.
Tre anni in cui molte cose sono accadute e forse troppe cose erano cambiate…
(dal testo)
"Il 3 è il numero perfetto per eccellenza...
Sant' Agostino diceva che il 6 era il numero perfetto perchè il Signore ha creato il mondo in 6 giorni...
Per Dante il numero perfetto è il 9... numero primo, divisibile solo per se stesso e multiplo del numero perfetto. Il 9 è il 3 al cubo, l’elevazione a potenza del numero perfetto a se stesso...
Tra le tre, io preferisco la terza versione...
Il 9 è la perfezione in assoluto... per questo tu sarai la mia nona vittima!"
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Roy Montgomery
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione, Nel futuro
Capitoli:
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  «Amor sì dolce mi si fa sentire,
che s'io allora non perdessi ardire,
farei parlando innamorar la gente.»

( da Vita Nova, XIX, 6 - 9)


In macchina regnava il più completo silenzio, i due occupanti non si rivolgevano la parola e apparentemente anche lo sguardo. In realtà la donna, di sottecchi, rivolgeva lo sguardo all’uomo al suo fianco, approfittando della via libera, di un semaforo, cercando di non farsi beccare. Nella sua testa vorticavano milioni di pensieri, ripercorreva la loro ultima lite e in cuor suo si chiedeva perché ogni volta le loro discussioni si trasformavano in divergenze e sfociavano in lite. Ripensò a tutte le volte che era successo, anni addietro e anche di recente, e rivedendo quei momenti fu colpita dal fatto che ogni qual volta lui faceva un passo verso di lei, lei si ritraeva e volendo o dovendo si barricava dietro al famoso muro e sferrava l’attacco. Era successa la stessa cosa anche pochi minuti prima, era ben conscia che non avrebbe potuto fare altrimenti che andare all’attacco e fingersi di infuriarsi con lui, fingere di essere costretta ad accettare quella situazione.
Un sorriso le uscì spontaneo, in ricordo del fatto che anche all’inizio della loro collaborazione aveva dovuto accettare quell’imposizione e anche allora aveva finto di non volerla. Ora, a differenza di allora, non le era stata imposta ma solo chiesta e lei, temendo per la vita dello scrittore, senza pensarci su due volte aveva accettato. Si voltò verso di lui, sperando che non avesse colto la sua espressione, il suo lieve sorriso e il portarsi la mano alla bocca per nasconderlo timidamente.
Per sua fortuna lui era assorto nei suoi pensieri e guardava fuori.
In realtà, anche lui fingeva di non rivolgerle lo sguardo e, approfittando del fatto di  prestare attenzione anche alla strada davanti a loro, voltava di poco il viso, lasciando lo sguardo vagare su di lei.
Era riuscito nel suo intento, l’aveva portata a confessare ciò che credeva e temeva. Se fosse stata vera tutta la storia che gli aveva raccontato, sarebbe stato più facile tenerla fuori e al sicuro. Avere la certezza che fosse lì per un motivo e che questo fosse un ordine del suo capitano, gli aveva provocato una doppia fitta al cuore. Ma forse, poi aveva pensato che poteva essere un vantaggio… Ora che le cose si erano fatte più complicate e il pericolo imminente, sarebbe riuscito a convincere quel vecchio romanticone ad allontanarla da lui per tenerla al sicuro.
La macchina riprese la corsa dopo l’ennesimo semaforo e lei tornò a concentrarsi sulla guida, lasciando da parte i suoi pensieri.
Quando lui era entrato in macchina, le aveva detto che Esposito l’aveva chiamato e gli aveva dato un indirizzo al quale trovarsi.
La cosa le era sembrata strana. “Perché ha chiamato lui e non me?”, si era domandata, ma poi l’espressione seria del partner l’aveva convinta. Ora guidava lungo la strada, diretta dalle sue istruzioni.
La voce dello scrittore la fece riemergere dai pensieri.
- Ecco adesso qui... - disse indicando il prossimo incrocio - gira a sinistra.-
- Sei sicuro che è qua l’appuntamento?- gli chiese ancora dubbiosa.
- Sisi - disse di fretta.
- Te l’ha dato Esposito?- chiese, notando che quella zona le era familiare.
- Si, si... dai siamo quasi arrivati.- disse lo scrittore senza voltarsi.
- A me questa sembra tutt’un altra zona rispetto a quella di nostra competenza!-
Nella sua mente, un paio di tessere stavano iniziando a formare un puzzle, anche perché lui non le aveva voluto dire la via ma si limitava a farle da navigatore, e ciò che stava uscendo dall’unione dei pezzi, non le piaceva.
- Dai adesso prosegui, arriva fino in fondo...-  si voltò verso di lei - Ecco dai fermati lì,  dopo la cabina telefonica.-
Tese la mano ad indicare un posto auto - Lì all’angolo.-
- È qui l’appuntamento?- stava per perdere la pazienza.
- Si.- 
- E te l’ha dato Esposito?- si voltò verso di lui, con un sopracciglio alzato.
- Si, perché? Cosa ha questo posto che non va?- anche lo scrittore si era voltato e in faccia aveva la sua espressione angelica.
- Che ha questo posto che non va?- ormai il nervosismo stava per dilagare - Innanzi tutto è zona...-
- Shhh - la interruppe Rick - Guarda chi c’è là...-
Sapeva benissimo cosa avrebbero incontrato i suoi occhi, una volta girata, o meglio chi. Sorrise voltandosi.
- Chi è, il nonno, che l’accompagna a scuola quando sei di servizio?- sentì chiedergli.
- Che ne sai che questo è l’asilo di Joe?- disse voltandosi di nuovo verso di lui.
- Lo sai che tu stai parlando con uno scrittore di Best Seller, nonché collaboratore del NYPD e non con un semplice correttore di bozze?-
- Lanie?- disse. Non era una vera e propria domanda ma più un’affermazione.
Lo scrittore non riuscì a sfoderare la sua faccia da poker e capì che ci era andata vicina.
- Javier!!!!- disse capendo perfettamente il giro che aveva fatto quell’informazione confidenziale.
Rick sorrise ma non ammise che aveva mandato Esposito ad indagare dall’anatomopatologa.
Beckett guardava Castle ancora in tralice, quando lui, fissando la bambina al di là delle cancellate, disse:
- E comunque... basta, finito, stop.- si guardarono negli occhi -Tu stasera non torni a casa con me… e dopo parlo anche con Montgomery!-
- Tu non parli proprio con nessuno!- lo minacciò.
- E invece si!- rispose determinato. 
- Io non voglio che tu stia lì a casa mia!-
La detective stava per rispondergli a tono, e se fosse stato necessario anche a tirare fuori la pistola ma lui la prese per le spalle e la voltò.
- Dai... stai con lei.- le disse dolce - Dai su... valla a salutare... io ti aspetto qua...-
Sul suo viso si aprì un sorriso, mentre nel suo cuore si faceva largo un calore che raramente aveva provato, soprattutto negli ultimi anni.
Annuì e scese dalla macchina.
Non fece in tempo nemmeno a chiudere lo sportello, fare il giro della macchina e a dirgli di aspettarla solo cinque minuti, che lo scrittore sedutosi al suo posto, aveva già preso il via, lasciandola impalata sul marciapiede.

⌘ * § * ⌘


Continuò a vagare ancora per qualche minuto, lungo quelle strade, finché non riconobbe la figura di spalle in lontananza.
Si avvicinò in silenzio e attese che terminasse.
L’uomo inginocchiato si accorse di lui e si voltò leggermente, senza cambiare posizione.
- Scusa non ti volevo disturbare - disse Castle - ma avevo una cosa urgente di cui parlare.-
- Come sapevi che ero qui?- chiese il Capitano.
- Esposito mi ha detto dove ti avrei trovato.-
Il capitano si alzò, finendo di sistemare il mazzo di fiori e si rivolse a lui.
- Beckett ha una figlia - disse serio.
Allo sguardo incuriosito dell’uomo, continuò: - una bambina di quasi due anni, si chiama Johanna.-
- Si lo sapevo - lo interruppe - c’ero anche io quando ne ha parlato il primo giorno.-
- Devi togliermi Kate da casa, è troppo pericoloso.- disse. Non era una richiesta ma sembrava più un imperativo.
- Non posso lasciarti solo in questo momento.-
- Cerca di trovare qualcun altro, ormai è questione di giorni, lui si sta avvicinando a noi e noi ci stiamo avvicinando a lui. Lascia dappertutto tracce, fa errori, o vuole che lo fermiamo o, in un modo o nell'altro, sta cercando di risolvere. Quindi ti prego, prendi Kate e portala via perché  è troppo pericoloso!- terminò la frase con la paura che aleggiava nei suoi occhi.
- Va bene troverò un altro.- rispose.
Passò una mano sulla foto nella lapide e si accomodò su una panca di marmo poco distante.
- Ogni volta che vengo qui penso che morire è un niente. Come è successo con lei,
una vena un po’ più grande di uno spillo si è rotta e io mi sono ritrovato solo.-
Alzò lo sguardo al suo interlocutore che era rimasto in piedi e gli fece cenno di accomodarsi.
- Vengo qui il 13 di ogni mese perché a Evelyn piacevano le date, i compleanni, il natale... quelle cose lì.-
Castle si voltò verso di lui ma riuscì a distogliere lo sguardo, prima di fargli notare gli occhi lucidi.
- Mi manca!- disse alzandosi e avvicinandosi alla lapide.
Passò una mano sulla foto e sulla scritta, prima di farsi il segno della croce e incamminarsi.
Quando lui gli fu vicino, riprese a parlare:
- L'ho conosciuta quando ero ragazzo a una festa, avevo da poco imparato il trucco: quando una ragazza non ti guarda vuol dire che gli piaci. Lei non mi guardava mai e io l'ho sposata.- sorrise.
- Appena mi sono laureato, ancora non sapevo che avrei trascorso la vita inseguendo delinquenti assassini, gente col cuore cattivo.-
Si fermò e rivolse verso di lui.
- Sai che sarà per questo che i poliziotti delle squadre investigative sono dei romantici…- sorrisero entrambi.
- Si, perché siamo troppo a contatto con la morte. Per questo ci sposiamo, facciamo dei figli, compriamo un appartamento con il mutuo e sogniamo una casetta al mare.-
Gli diede una pacca sulle spalle e sorridendo disse:
- Non è il tuo caso naturalmente, con tutti i tuoi soldi hai una villa negli Hampton, di proprietà...-
- Tu che ne sai di quello che sogno io?- disse serio lo scrittore.
- Lo so perché ti conosco.-
- Guarda… in questo momento non mi riconosco nemmeno io...- rispose abbassando lo sguardo.
- Perché che ti succede?- domandò l’uomo.
- Non so più cosa ho... Solo quello che voglio - alzò lo sguardo verso un punto lontano - o che avrei voluto.-
Tornò a guardare il Capitano, con un sorriso amaro in bocca.
- Pensa che quando vado sulle scene del crimine, mi verrebbe voglia di scappare…-
- Sei cresciuto...- disse Roy. Era consapevole che avrebbe potuto dirgli qualsiasi altra cosa, che lui non era tenuto ad investigare ma lo faceva per un solo scopo…
E forse, proprio quella sua risposta, richiudeva tutto in sé.
- Forse - rispose lo scrittore - o forse non mi basta più quello che ho...-
Calò per qualche secondo uno strano silenzio, finché Montgomery non fece quella domanda:
- Kate c'entra in tutto questo?-
- Forse…- fu la flebile risposta di Richard.
- Allora posso anche mandarla via… quello che doveva fare l'ha fatto!-
Si avviò verso l’uscita e senza girarsi verso Castle, ben conscio di quello che la sua risposta aveva provocato in lui, disse: - Vieni ti dò uno strappo a casa!-
 

⌘ * § * ⌘


Accostarono poco prima del portone e lui scese dalla macchina, salutando il suo accompagnatore.
- Ciao Roy, grazie!-
- Ciao!- rispose l'uomo, ingranando la marcia e partendo per ritornare a casa.
 
Stava per infilare la chiave nella serratura, quando un rumore alle sue spalle lo fece voltare.
Su una sporgenza, ai piedi del palazzo di fronte, seduto in angolo, scorse la figura di padre Francis
- Quello?- chiese avvicinandosi.
- Sono dovuto scendere perchè stava da un quarto d'ora qua sotto a piangere.- rispose il prete, mentre accarezzava un cucciolo di cane - Deve fargli male una zampa.-
Si sedette di fianco all’uomo e accarezzando il cucciolo chiese:
- Di chi è?-
- E chi lo sa - rispose Padre Francis - Lo vuoi? Sembra pure di razza.-
Rick lo coccolò un po’, prima di rispondere - Bah a me della razza mi importa poco, solo come faccio a prendermene cura, sto tutto il giorno fuori.-
- Già è vero! Vabbè stanotte lo tengo con me e domani cerco qualcuno!- 
Passarono ancora un paio di minuti ad accarezzare il cucciolo, prima che Francis prendesse coraggio e chiese:
- Senti non è per farmi gli affari tuoi, però c'è qualcosa dentro di te...-
- Stai cercando di confessarmi?- lo interruppe Rick.
- È una donna che ti fa penare così?-
- Ehe più di una!- rispose sarcastico.
- Ahi... di solito una già basta e avanza!-
Il rombo del motore di una moto che accostava li fece voltare in direzione del palazzo, il suo conducente scese e solo dopo che ebbe messo il cavalletto e tolto il casco riconobbero chi fosse.
La figura esile della donna con la giacca di pelle, fece trattenere il fiato allo scrittore e sorridere il prete nel vedere Rick imbambolato.
- Ohhh lupus in fabula!- riuscì a dire, trattenendo a stento le risate.
- Buona sera padre!- lo salutò la donna.
- Ciao Kate!- le rispose.
Senza aggiungere altro, si diresse verso le scale, sparendo dalla loro vista.
- No no guarda, non è come pensi tu!- disse Rick, dopo che si fu ripreso, voltandosi verso il prete.
- No no no, io non penso niente, sono i fatti!-
- E quali sarebbero i fatti?-
- Eh... voi due! Fate sempre cane e gatto però state sempre insieme!- si alzò prendendo tra le braccia il cucciolo - Io capisco la soluzione degli alloggi, però...-
Lasciò la frase in sospeso, aspettando che lo scrittore dicesse qualcosa, ma non ottenendo nulla sospirò e avviandosi verso l’ingresso aggiunse:
- Comunque... secondo me, se anche v’invito a cena stasera mi sa che mi dite di no... del resto, stando così le cose...-
- Hah...- disse sarcastico - è che vorrei saperlo pure io come stanno le cose...-
Alzò lo sguardo ad incrociare quello del prete che alla sua frase si era voltato verso di lui.
- Ricordati che... funziona sempre il vecchio metodo! Parlare, dire, chiedere... spiegarsi!-gli disse prima di imboccare l’ingresso dello stabile.
Quando lo scrittore annuì, lo salutò con una - Buonanotte!-
 




Questo capitolo lo dedico a Rebecca!
Tu sai perchè!!! <3
A Mercoledì prossimo!
Vulpix
<3
   
 
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