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Autore: marta_bilinski24    05/02/2016    3 recensioni
[Sterek!AU, Humans!AU]
Di quella volta in cui Derek fece il perfetto fidanzato, bendò Stiles e lo portò sulla neve. Di quella volta in cui Stiles si rese conto che amava la neve ma amava Derek di più. Dell’ennesima volta in cui il latino fu il loro anello di congiunzione.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Questa è la seconda OS! C’è tanto fluff, ma proprio tanto per cui spero possa scaldarvi il cuore nonostante l’ambientazione invernale ;) non ho altro da aggiungere se non BUONA LETTURA!! :D

 

 

UBI TU IBI EGO

 

«Perché non posso sapere dove stiamo andando?» Stiles affondò ancora di più nei sedili di pelle della Camaro, portandosi di nuovo una mano agli occhi, che erano bendati da una ventina di minuti. Derek sospirò in maniera rumorosa mentre cambiava la marcia, esasperato dalle continue richieste e lamentele di Stiles. «Numero uno: che sorpresa sarebbe se tu sapessi dove ti sto portando? Numero due, ma questa è più una domanda a me stesso: perché non ho seguito la mia idea iniziale e non ti ho sedato e messo nel bagagliaio??» Stiles spalancò la bocca indignato e si girò verso la sua sinistra, sventolando le mani verso l’alto in un gesto di stizza. «E così volevi mettermi nel bagagliaio? Ti sembra una bella cosa da fare al proprio fidanzato? Sai, potresti anche trovarti single questo Natale!» sbottò Stiles e subito dopo si ributtò sul sedile, con le braccia conserte strette al petto. «Ma Natale è la settimana prossima, avresti il coraggio di abbandonarmi come un cane sull’autostrada in questo periodo? Saresti così crudele, Stiles?» Stiles non poteva vederlo ma poteva giurare che stava facendo brillare quelle due pietre verdi che aveva al posto degli occhi e che al 99% aveva anche tirato fuori il labbro inferiore per fargli pena. «…disse quello che voleva mettere l’unico e insostituibile amore della sua vita nel bagagliaio…» commentò sarcastico Stiles, cercando di non farsi incastrare dall’innata abilità di Derek di essere un cucciolo spaurito parecchio sexy e convincente; per una volta il fatto che non potesse vederlo lo aiutava a mantenere la facciata indifferente e offesa.

 

«Non credere di potertela cavare con il linguaggio del corpo, perché oggi non posso vederti. Dovrai sforzarti di fare di meglio, signor Hale» lo stuzzicò ancora imbronciato Stiles, mentre sotto sotto ghignava. Il suo ghigno soddisfatto però sparì velocemente quando Derek allungò la mano dal cambio verso il suo ginocchio, strofinandola in maniera leggera verso l’interno della coscia del ragazzo e risalendo piano verso l’alto; Stiles stava cercando di dissimulare il brivido che gli saliva lungo la schiena e senza accorgersene aveva cominciato a torturare il labbro inferiore con i denti e a stringere i pugni, ancora posati sul petto. «Dunque, dicevamo» cominciò Derek con voce bassa e roca «se tu mi lasciassi, oltre alla crudeltà di farlo in un periodo come quello natalizio in cui tutte le coppie sono felici» proseguì imperterrito arrivano a metà della coscia di Stiles «ti ritroveresti anche senza il mio aiuto per qualcosa qui sotto» concluse arrivando a lambire l’inguine del ragazzo. Stiles stava andando fuori di testa ma non voleva dare quella soddisfazione a Derek; eppure quella mano lì era così invitante e i suoi ormoni così in subbuglio… Stiles prese improvvisamente la mano di Derek e la portò sul rigonfiamento dei suoi pantaloni, sentendo un immediata ondata di calore e piacere invadergli il petto. Nello stesso momento però la allontanò di scatto e la posizionò di nuovo sul cambio della Camaro. «Sai, qui posso anche arrangiarmi da solo!» sbottò, indispettito dalla sua dipendenza da quelle mani. «Perfetto, Stiles, il prossimo anniversario non servirà nemmeno bendati, sarai già cieco di tuo!» ribatté Derek mettendosi a ridere piegato sul volante. Stiles beccheggiò un attimo e poi chiuse la bocca, deciso a non parlare più per il resto del viaggio. Derek lo guardò a lungo e pensò che quel ragazzo era sempre due volte più bello di quanto potesse figurarsi in mente, soprattutto quando si arrabbiava. Allungò di nuovo la mano destra verso Stiles e questa volta la fece scorrere dietro la sua nuca, facendogli girare la testa verso di lui e coinvolgendolo in un lungo e umido bacio. «Ma tu non devi guidare?? Vuoi ucciderci entrambi?» disse alla fine Stiles, ancora un po’ stordito dal bacio. «Siamo ad un semaforo. E comunque ti amo anch’io, Stiles» concluse dolcemente Derek.

 

«Penso di aver aspettato abbastanza adesso, no?» disse dopo un’ora e mezza di chiacchiere leggere Stiles, sentendo rallentare il motore della Camaro. «Saremo mica all’ennesimo semaforo??» chiese con un po’ di preoccupazione nella voce. «Stiamo parcheggiando, Stiles, tranquillizzati e goditi il momento. Carpe diem» gli rispose Derek sterzando per parcheggiare nel vialetto. «Ti ho mai detto che mi eccita sentirti parlare in latino?» disse con un pizzico di malizia Stiles, ghignando e cercando a tentoni il corpo di Derek verso la sua sinistra. «Almeno tre volte a settimana, tesoro» sussurrò Derek al suo orecchio, strofinandovi la punta del naso e prendendo la mano di Stiles per appoggiarsela sulla guancia. Gli dava sempre una sensazione di tranquillità quel gesto, lo rilassava qualsiasi cosa fosse successa, anche se non c’era nulla da temere come in quel momento: era solo la sua assicurazione che tutto stava andando bene. Stiles come sempre si perse ad accarezzargli la barba sfatta, tracciando immaginarie linee sulla sua pelle con la punta delle dita, cercando di studiare quella fisionomia che sapeva a memoria e che non era mai stanco di contemplare, anche solo attraverso quel tocco. Stiles desiderava sentire quella barba ispida sotto i polpastrelli e sotto le labbra, quando cominciava a baciare Derek ovunque, mentre lui mugugnava il suo nome mescolato a elogi e ringhi gutturali, che eccitavano Stiles quasi quanto il latino.

 

Quella storia del latino, poi, era particolare: Derek aveva fatto a Stiles la sua prima dichiarazione in latino e da quel momento per il ragazzo quella lingua apparentemente morta aveva preso un sapore particolare e un gusto mai provato. Stiles non aveva studiato latino per cui tutto gli giungeva come nuovo, ma Derek era stato un buon insegnante e gli aveva dati i primi rudimenti della lingua. Tutto era successo quasi due anni prima, quando Stiles aveva diciannove anni e Derek solo un paio di più. Stiles si era recato in biblioteca per una trovare un nuovo libro da leggere visto che aveva finito la scuola superiore e aveva più tempo libero; si era diretto subito nella sezione “Fantascienza”, ma la corsia “Fantasy” che di solito percorreva per arrivare a ciò che più gli interessava era completamente occupata da un gruppo di ragazzi che discutevano su “Il Signore degli Anelli”. Aveva quindi optato per arrivare al suo obiettivo attraverso la corsia parallela, quella che recava il nome “Letteratura latina”. Di solito evitava quella corsia perché era sempre occupata da topi di biblioteca che leggevano avidamente libri in una lingua che Stiles non conosceva e che non gli pareva nemmeno tanto interessante. Aveva scansato un paio di uomini sulla sessantina immersi in voluminosi tomi antichi e mentre li sorpassava aveva visto un foglietto per terra; si era chinato per raccoglierlo e rialzandosi si era reso conto che non apparteneva ai due uomini che, davanti al suo sguardo sperduto, avevano silenziosamente fatto segno di no col capo. A quel punto Stiles aveva sollevato del tutto lo sguardo e si era trovato di fronte ad un ragazzo che poteva avere al massimo tre anni più di lui, bello da far tremare le ginocchia. «Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.» Queste erano state le prime parole che Derek aveva rivolto a Stiles in quella biblioteca. Erano usciti insieme quello stesso pomeriggio, mentre Stiles non riusciva a capacitarsi di tutto quello che stava accadendo: da quando era attratto e eccitato dagli sconosciuti in biblioteca e da quella lingua morta? Derek rendeva tutto poetico e romantico, soprattutto quando dopo una citazione cominciava a spiegare ogni particolare significato e risvolto ad un attento e sognante Stiles. Derek dal canto suo era stato folgorato da quella frase di Catullo fin dalla prima volta che l’aveva letta e quando Stiles aveva raccolto quel foglietto, proprio quello su cui l’elegante calligrafia di Derek aveva impresso quella citazione, aveva capito che non poteva lasciarsi sfuggire quell’occasione.

 

«Dunque» riprese imperterrito Stiles «siamo arrivati nel posto segreto dove ci sarà la mia sorpresa». Silenzio. «Derek, puoi almeno dare un segno di vita??» Silenzio. Stiles allargò il braccio sinistro fino a farlo ricadere sul sedile di guida, trovandolo vuoto. Il ragazzo cominciò a preoccuparsi, Derek era lì un attimo prima, dov’era finito? Stava addirittura per sfilarsi la benda dagli occhi quando due mani grandi e calde gli bloccarono con delicatezza i polsi e prima che se ne accorgesse due soffici labbra arrivarono a portargli via ogni pensiero. Quando Derek si allontanò dal suo viso, Stiles rilasciò un sospiro di serenità e tornò a sorridere. «Dai che ti faccio scendere dalla macchina, dammi la mano» lo spronò con dolcezza Derek. Stiles si aggrappò forte alla mano di Derek e ne approfittò per attrarlo in un lungo abbraccio, mentre affondava il naso e il viso nel piumino di Derek, alla base del suo collo. Derek gli circondò la vita con un braccio e lo sollevò leggermente da terra, strofinandogli il naso sulla tempia e annusandogli i capelli. «Hai usato quel balsamo che mi fa impazzire stamattina, ecco perché non uscivi più dalla doccia…» gli sussurrò Derek. «È per questo che sei dovuto venire in doccia anche tu, allora…per convincermi ad uscirne…non sai fare tanto bene il tuo lavoro, Derek, ci siamo rimasti più del dovuto» gli ricordò Stiles col viso ancora nel suo collo, mentre cercava di spostare la sciarpa e arrivare alla pelle. Derek allargò il suo sorriso a quel ricordo e cominciò a baciare la tempia di Stiles, con una leggerezza infinita. «Che ci posso fare» un bacio «se a me la doccia» un altro bacio «eccita quanto a te il latino?» ancora un bacio, questa volta sulla linea netta della mandibola. «Amo l’acqua bollente sui nostri corpi bollenti, amo toccarti quando siamo sotto il getto d’acqua, amo che i tuoi gemiti si confondano con lo scrosciare della doccia, amo vedere i tuoi occhi in mezzo alle nuvole di vapore…» la voce di Derek si stava abbassando e Stiles sentì che se non fossero stati all’aperto sarebbero già stati praticamente nudi dopo un discorso del genere. «Oddio, potrei spogliarti seduta stante e non ti ho nemmeno visto in faccia. Sei una maledetta divinità delle parole eccitanti, Derek Hale!» sbuffò leggermente indispettito Stiles, anche se non riuscì a nascondere il sorriso che gli spuntava sulle labbra. «Allora entriamo» asserì risoluto Derek. «Entriamo? Entriamo dove??» Stiles doveva rinunciarci, Derek Hale era anche una maledetta divinità delle sorprese.

 

Derek si posizionò dietro di lui, lo circondò con le braccia e posò le mani sui suoi occhi, ancora coperti dalla benda; delicatamente la fece scivolare lungo le guance di Stiles, fino a liberargli del tutto la visuale. Stiles faticò a mettere a fuoco subito ciò davanti a cui si trovava: la luce era abbastanza forte e i suoi occhi non vi erano più abituati. In aggiunta, i raggi del sole colpivano la superficie della neve rimandando un riverbero accecante; appena riuscì a definire i contorni delle figure, Stiles si trovò di fronte ad una visione da cartolina. Davanti a lui c’era una casetta, piccola e accogliente, in pieno stile Hansel e Gretel, interamente fatta di legno, con una porta abbastanza bassa e due finestre che erano decorate all’intero con delle graziose tendine bianche e rosse; tutto intorno regnava sovrana la natura, completamente ovattata da uno strato parecchio spesso di neve. L’unico tocco di colore oltre al legno della casa era il vialetto di sassi che avevano percorso con la macchina e dove ora era parcheggiata la Camaro. I pini verdi erano completamente coperti dal manto nevoso e i cespugli bassi erano scomparsi sotto la coltre soffice. Stiles amava la neve, amava le casette di legno e, Dio, amava Derek ogni minuto di più. Fece un passo avanti, incapace di credere ai propri occhi e al fatto che tutta quella bellezza fosse a sua diposizione. Cercò di balbettare qualche parola, che però gli si morì in gola quando Derek appoggiò il mento sulla sua spalla e gli avvolse le braccia intorno al torace, all’altezza della vita; rilassò il respiro e cercò di rallentare il battito cardiaco, fino a farlo sincronizzare con quello di Derek; poteva sentire battere il suo cuore contro la sua schiena. Era a casa.

 

Stiles prese la mano di Derek, la intrecciò nella sua e lo convinse a seguirlo verso la casetta; prima di arrivare alla porta, però, Stiles svoltò sul lato sinistro della costruzione, dove si apriva un’ampia radura delimitata da una fitta boscaglia. Derek si chiese cosa avesse in mente Stiles, ma ci mise poco a capire. Il ragazzo lasciò andare la sua mano, si girò verso di lui, allargò le braccia e col sorriso più luminoso del mondo si lasciò andare all’indietro, affondando nella neve fresca. Derek non ebbe il tempo di reagire e prenderlo al volo ma si preoccupò subito di sapere se Stiles stesse bene. «Mai stato meglio!» disse il ragazzo scoppiando in una risata genuina e serena. Derek era ancora incredulo e chinato su di lui, intento ad assicurarsi che davvero non avesse sbattuto la testa per terra. «Derek, ti prego, facciamo un angelo di neve, è sempre stato il mio sogno» piagnucolò Stiles aggrappandosi alle spalle di Derek e scuotendolo un po’ per la giacca. «Ma come facciamo a farlo insieme??» chiese interrogativo Derek, alzando un sopracciglio a dimostrare la sua confusione. «Distenditi accanto a me, stai con me» disse Stiles serio, come se significasse molto più di quello che stava dicendo. Derek assentì in silenzio, adagiandosi con cura accanto a Stiles, posandosi sul fianco ma allo stesso tempo posandosi anche sul ragazzo, in modo che i loro corpi aderissero come un’unica entità in due forme diverse. Si sistemò col petto sul fianco destro di Stiles, con la guancia sulla sua spalla e con la mano sul suo cuore: poteva sentire ogni suo battito, come se ciascuno rispondesse a quelli del suo. Chiuse gli occhi concentrandosi solo sui loro respiri, inspirando a fondo i loro profumi mescolati insieme in un unico aroma di felicità e amore. Stiles lo strinse a lungo tra le braccia, deciso a non lasciarlo mai più; lo abbracciò forte, lasciando una serie di teneri baci nei suoi capelli morbidi e lucenti. Ci fu un imprecisabile tempo di coccole e carezze prima che Stiles riaprisse le braccia e cominciasse a strofinarle in su e in giù sul terreno, scavando le sue “ali” nella neve. In realtà Stiles scavò le loro ali, quelle con cui potevano volare ovunque volessero perché erano un corpo unico e indissolubile e lo erano per sempre. Derek rimase immobile, ancorato al ragazzo, con gli occhi chiusi, prestando attenzione solo al rumore della neve che veniva modellata sotto i loro corpi. «Ora sei parte di me» gli mormorò Stiles tra i capelli, con un respiro caldo. «Sono sempre stato parte di te, anche quando ancora non ci conoscevamo» gli rispose sicuro Derek, aprendo gli occhi su Stiles e rendendosi conto che non avrebbe mai potuto fare a meno di amarlo.

 

La luce della luna filtrava attraversi le finestrelle della camera da letto, illuminando coi suoi raggi candidi la stanza e immergendola in un’atmosfera misteriosa e intrigante. Le linee di luce colpivano e scolpivano il corpo scultoreo di Derek, appisolato nudo sul letto, disteso prono e rilassato. Stiles ammirò la curva della sua schiena muscolosa che terminava con la perfetta rotondità del suo fondoschiena. Si soffermò a lungo a contemplarlo, i capelli arruffati sulla fronte, il profilo rilassato della mascella, l’espressione calma e pacifica nella penombra della stanza. Teneva un braccio piegato sotto il cuscino, posizione che metteva in evidenza i suoi bicipiti ben sviluppati, mentre l’altro era disteso lungo il fianco. Aveva una gamba leggermente piegata e i piedi scalzi sfioravano appena la pediera di legno del letto. Stiles allungò la mano per tirare un po’ su il piumino, avrebbe passato la vita a guardarlo dormire così ma non voleva che prendesse freddo. Quando arrivò a coprirgli metà della schiena, fermò lo sguardo sulla triscele tatuata tra le scapole: non poté trattenersi dal tracciarne i contorni con l’indice, sfiorando appena la pelle calda di Derek. Risalì la schiena, arrivando alla nuca e a lambire l’attaccatura dei capelli, con fare molto delicato e cercando di evitare di svegliarlo: a giudicare dall’altezza della luna nel cielo si erano appisolati al massimo un’ora prima. Stiles era solito svegliarsi anche nel bel mezzo della notte, forse perché il suo cervello non smetteva mai di funzionare; la giornata era stata impegnativa ma soddisfacente. Derek aveva organizzato la sorpresa nel migliore dei modi: Stiles aveva potuto divertirsi sulla neve, avevano sistemato le decorazioni natalizie in casa, avevano sorseggiato cioccolata calda sul divano guardando “Il Grinch” e alla fine erano finiti a fare l’amore in camera, proprio su quel letto, dimenticandosi addirittura della cena. Derek era crollato felicemente tra le sue braccia e per un’ora aveva riposato anche Stiles, anche se ora era nuovamente sveglio; da quando stavano insieme non poteva smettere di pensare che stare con Derek fosse la cosa più bella che gli fosse capitata e dormire gli sembrava uno spreco del tempo che potevano passare insieme. Così tante notti si svegliava all’improvviso, col fiato corto, alla ricerca di Derek al suo fianco e poi si fermava per minuti (e alle volte per ore) semplicemente ad ammirarlo in silenzio. D’un tratto però si accorse che l’espressione serena di Derek stava mutando: le sue sopracciglia si avvicinarono e la fronte si corrugò, dandogli un’espressione spaventata e triste. Non era la prima volta che Derek aveva un incubo e Stiles sapeva che esisteva un solo modo per aiutarlo a superarlo. Gli si avvicinò all’orecchio e gli strofinò il naso sulla guancia, poggiando il labbro inferiore sulla sua barba e respirando a fondo il suo odore. «Ubi tu ibi ego, dovunque sarai tu ci sarò anche io» sussurrò Stiles, lasciando che il suo respiro caldo gli lambisse il viso. Derek non aprì gli occhi ma si girò sul fianco e allungò una mano per sfiorare il viso di Stiles, per disegnare il profilo del suo naso e per accarezzare il suo labbro inferiore che fino ad un attimo prima gli aveva accarezzato il viso. Solo allora aprì piano gli occhi e puntò le sue iridi in quelle di Stiles, foresta e sabbia che si incontrano, montagna e mare che si fondono. Lo avvicinò a sé e senza dire una parola portò le loro bocche ad unirsi, in un bacio lento e languido, come se si stessero baciando per la prima volta. Era un intreccio di lingue, un mescolarsi di sapori, una fusione di corpi; era un appartenersi che non richiedeva alcuno sforzo, un donarsi in cui non si perdeva nulla, uno scambio che arricchiva entrambi. Era il piacere nella sua forma più alta, la felicità nella sua forma più completa, l’amore nella sua forma più pura.

 

 

Note finali: Eccoci alla fine, spero proprio che vi sia piaciuta! Grazie a tutti quelli che continuano a seguire, preferire, recensire e anche solo leggere le mie storie, siete fantastici *.*

P.S. Per chi segue “What’s inside you” ci vediamo (al 99%) lunedì 15 febbraio col sesto capitolo! A presto ;)

   
 
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