Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: whiteangeljack    05/02/2016    1 recensioni
Emma Swan, poliziotta in servizio, sceglie di intraprendere la carriera di investigatore privato. Non ama essere coinvolta – né nei casi né con le persone. Ma nel momento in cui una losca società che basa i propri profitti sulla possibilità di mettere a posto le questioni lasciate irrisolte dai morti – o di conversarci- inizia a provocare pericolose conseguenze, potrebbe ritrovarsi ad esserlo contro ogni sua aspettativa.
[TRADUZIONE]
Genere: Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Conversations with dead people


 

 
-Dall’originale di Loganmars
 
 
 
 




I died so I could haunt you


Essere un detective privato è veramente uno dei migliori lavori sulla Terra.
 
O almeno lo è in una città come Storybrooke, dove quello che una volta era un piccolo paese tranquillo ha finito negli ultimi dieci anni per trasformarsi in uno dei centri di d’affari più importanti di tutta la nazione oltre che del Maine. La mole di lavoro è alle stelle.

Specialmente per Emma Swan.

C’è qualcosa nell’aumento del flusso di denaro che rende le persone in città disposte a fare cose che normalmente non farebbero – come tradire il proprio marito e poi darsi alla fuga. Il tutto si limita però a quella categoria intenta a trarre profitto dal recente monopolio affaristico di Storybrooke. Le persone non incluse…beh. Le accentuate differenze di classe rendono l’altro volto della città, la zona in cui Emma lavora – d’altronde i detective privati hanno bisogno di un alloggio economico- un catalizzatore della restante parte di crimini, quella decisamente meno di moda. E decisamente meno proficua a livello di affari.

La maggior parte dei casi le arrivano per telefono o online proprio per questo motivo. Un conto è assumerla per sporcarsi le mani con le proprie questioni personali, un conto è trovare il coraggio di metter piede nel quartiere in cui abita. Non che le dispiaccia troppo. Emma Swan ha imparato a sue spese che meno ha a che fare con le persone, meglio è. Loro le chiedono di dare la caccia ad un marito infedele, lei scatta qualche foto e l’affitto è a posto per un mese. Qualcuno sceglie di darsi alla fuga per non pagare i propri debiti e la bolletta della corrente è sistemata.
La maggior parte di quelli che scelgono di tagliare la corda poi, sono facili da incastrate tramite il classico trucco del sito di incontri. Emma si mette in contatto con il ricercato, lo incontra, e poi lo consegna alla prima stazione di polizia.


(Quel Tinder è riuscito davvero a durare di più di quanto chiunque avrebbe scommesso: la cosa non riesce a smettere di divertirla).


Al di là di tutto questo, fare il detective è un lavoro facile da gestire. Molto più di quanto non lo fosse il suo vecchio impiego.
Motivo per cui la cosa la sorprende, quando una donna più anziana di lei, bionda e statuaria, entra quasi a passo di valzer nel suo ufficio, il ticchettare dei tacchi sul legno a riempire il silenzio tanto amato da Emma.

Quello e il fatto che Ingrid Swan sia una delle ultime persone che voglia vedere al momento.

“Ho bisogno del tuo aiuto,” taglia corto Ingrid, senza perder tempo prima di arrivare al punto.

“L’unico aiuto che sono disposta ad offrire è quello su ingaggio,” borbotta Emma senza alzare lo sguardo dal PC di fronte a lei, dove le è appena giunta la notifica di un nuovo caso, “ quindi almeno che tu non abbia bisogno che mi nasconda tra i cespugli o dia la caccia a qualche evasore non credo ci sia molto che possa fare per-“

Emma sente un tonfo e alza lo sguardo per ritrovarsi una ventiquattrore appoggiata sulla scrivania. Alza un sopracciglio.

“Ho bisogno che investighi per me,” aggiunge Ingrid. “La mia cliente, una madre disperata, ha presentato istanza per fare causa a Robert Gold in seguito alla morte della figlia. La ragazzina si è uccisa dopo aver parlato con suo padre. Voglio che tu scopra cosa c’è dietro.”

“Non hai bisogno di me per ottenere tutte le informazioni che vuoi sulla tua assistita disperata, mamma,” ribatte Emma sarcasticamente. “Perché non chiedi alla figlia morta cos’è successo veramente– non è questo quello che vuoi sapere?”

“Dubito altamente della veridicità di ogni informazione proveniente dalla società responsabile della sua morte,” replica Ingrid ancora più dura, la postura già naturalmente rigida. “ Mi hai fatto capire chiaramente di non volermi nella tua vita.”

“E guarda come ha funzionato bene,” sospira Emma, spostando una pila di fogli accatastata sulla scrivania, “visto che sei qui. Perché sei venuta da me?”

“Non mi sarei fidata di nessun altro per occuparsi di una questione simile. Dopotutto, sei la migliore sulla piazza.”

“Smettila,” la avvisa Emma, la voce tagliente. “Non provare nemmeno a tirar fuori la storia della mamma orgogliosa: sappiamo entrambe che non funziona
con nessuna delle due.”

“Non sto provando a tirar fuori nulla,” le risponde Ingrid, continuando però sulla stessa linea di prima. “Fai ricerche su Gold. Scopri che diamine sta succedendo.”

Emma sospira, estraendo un contratto in bianco dalla pila.

“Va bene. Voglio un anticipo di duecentocinquanta dollari.”

“Il contratto dice duecento.”

“Bonus amici e famiglia,” replica sardonicamente Emma. “Non che tu abbia problemi di soldi. Che c’è, l’amministratore delegato ha scelto di fare causa ai suoi dipendenti perché consumano la sua aria?”

“Entrambe le cose,” ribatte ironica Ingrid firmando il contratto e spuntando la casella dalla sua agenda con un sospiro. “Posso fidarmi di te per occuparti di questa storia?”

“Non abbiamo bisogno di fidarci l’una dell’altra per una cosa del genere,”riprende Emma, piatta. “Mi basta essere pagata.”

Ingrid sospira, guardandola con qualcosa negli occhi che assomiglia tremendamente al rimpianto. “Quindi le cose stanno così.”

“Ti mando un messaggio quando ho novità,” dice Emma a mo’ di risposta. “Come faccio con tutti i miei clienti. Accosta la porta senza sbatterla quando esci.”
 


-/-
 


La cronaca del successo di Robert Gold è una storia piuttosto banale. Isaac Newton ha scoperto la gravità quando una mela lo ha colpito in testa. Dennis Gabor ha inventato l’olografia in un’azienda di forniture elettriche. Steve Jobs ha costruito un computer in una cantina. E Robert Gold, in lutto per la prematura dipartita di sua moglie, ha reso la città di Storybrooke fottutamente ricca rendendo possibile parlare con i morti.

E non tramite un medium, tutt’altro.

Fosse stato così, la questione avrebbe mantenuto una certa rispettabilità.


È solo questione di tempo ormai prima che i suoi affari decidano di allargarsi anche oltre frontiera, ma finché l’azienda mantiene le sue radici a Storybrooke, la città ha intenzione di trarre quanto più profitto possibile da un’opportunità così esclusiva. A giudicare dalle pubblicità fin troppo appariscenti che hanno riempito la città, Emma ha una vaga idea di come funzioni la cosa. Attraverso la materia celebrale estratta dai cadaveri, Gold e il suo team di scienziati pazzi hanno fatto una fortuna vendendo la possibilità di parlare con i propri amati defunti. Alcuni spot includono la testimonianza di una madre in lacrime che cerca di spiegare come riesca a parlare con suo figlio ogni domenica dopo colazione da quando quest’ultimo è stato coinvolto in un incidente d’auto. In un altro una ragazzina, la cui madre è morta nel darla alla luce, mostra alla mamma la sua pagella.
L’ultima testimonianza la disturba più delle altre, ed è il motivo per cui forse non ha mai provato il desiderio di pagare per una stronzata simile.
 

(Non che non ci abbia pensato, specialmente dopo-
 

No, non ci ha mai pensato.)
 


La sua linea di pensiero a riguardo la rende più dell’idea che quello di Gold non sia il modo per dare una possibilità alle persone, quanto piuttosto per sfruttarle.  Ma alla fine dei conti, non c’è nulla che la sorprenda. Uomini ricchi che fanno soldi approfittandosi della vulnerabilità degli altri.

Cosa c’è di nuovo in tutto questo?
 


-/-


 
Stabilisce di dover parlare innanzitutto con la madre della ragazza, quantomeno per stabilire un punto di inizio. Gli interrogatori – specialmente quelli con persone emotive – non sono mai stati il suo forte, ma almeno Emma è brava a riconoscere quando qualcuno le sta mentendo. E deve assolutamente accertarsi che non ci siano altre spiegazioni migliori prima di ficcare il naso negli affari di una persona così potente come Gold.

Ashley Boyd, la madre in lutto, appare distrutta esattamente come ci si aspetterebbe quando va ad aprirle la porta.

“Emma Swan,” si presenta. “Sono un’investigatrice privata e lavoro per Ingrid Swan, che mi risulta essere il suo legale.”

Ashley fa un cenno di assenso. “È così. La prego, entri.”

Emma le rivolge un sorriso cordiale, cercando di fare attenzione a non lasciare pedate sul linoleum. Il posto è il ritratto perfetto di un salotto borghese. La casa ha due piani, c’è uno zerbino di benvenuto e l’intera proprietà è perfino recintata con una staccionata.
Non si direbbe mai che una ragazzina possa impiccarsi dalle scale di un posto del genere.
Emma scaccia via il pensiero.

“Quindi, Emma Swan, giusto?” prorompe Ashley, pesando attentamente ogni parola. “Nessuna parentela con Ingrid?”

“No,” si affretta a rispondere Emma. “Solo un’insolita coincidenza. È un cognome comune.”

“Huh,” annuisce l’altra, non troppo convinta.

“Io-“Emma si ferma, non sapendo che parole vadano usate per tirar fuori un argomento così delicato come quello del suicidio della figlia. “Um, mi scusi.
Potrebbe dirmi tutto quello che sa su… cosa è successo a Sidney?”

Ashley annuisce, gli occhi già un po’ lucidi.

Emma annota mentalmente l’idea di chiedere ad Ingrid un extra per una situazione come quella. Di nuovo, non ci sa fare con le persone emotive.

“È iniziato tutto dopo la morte di mio marito. È successo qualche mese fa e Thomas e Sidney erano… loro erano molto legati. Lei aveva solo quindici anni quando è morto in seguito alla sua battaglia con il cancro, è accaduto tutto così velocemente... Una delle terapiste da cui siamo andate dopo… è stata lei a suggerirci di provare alla Gold Inc. Diceva che Sidney avrebbe potuto ottenere qualche giovamento parlando a suo padre un’ultima volta.”

“Ma una volta sola non è stata abbastanza,” termina Emma, cupa.

“Come avrebbe potuto esserlo?” domanda Ashley tra le lacrime. “Intendo, quello era suo padre. Anche se non sembrava veramente lui, o almeno io non lo avrei detto. L’ho amato così tanto che io.. era solo una mera copia. Lo avevano configurato dopo alcuni colloqui con noi in cui ci avevano chiesto che aspetto avesse. Ci avevano detto che si trattava solo di misure terapeutiche – cosa di cui dubito perché gli unici ricordi che sembrava avere erano proprio quelli di cui gli avevamo parlato.”

“Quindi la roba sulla materia celebrale è solo una cazzata inventata da loro?”

Ashley fa un’alzata di spalle. “Erano così costose, quelle sessioni. Centinaia di dollari per la prima, e più andavamo avanti più il prezzo aumentava. Dopo la morte di Thomas la nostra situazione finanziaria era già abbastanza difficile. Lavoro come infermiera  in ospedale, ma allora riuscivo a malapena a pagare le bollette per me e Sidney anche senza ricorrere alle sessioni. Ma lei era così disperata, così ho messo un’ipoteca sulla casa. Ho venduto tutti i gioielli che mia nonna mi aveva lasciato in eredità, ho fatto tutto quello che potevo. Ma ad un certo punto, abbiamo dovuto fare i conti con la realtà.”

Emma annuisce mentre annota qualche stralcio della conversazione. “Quindi le sessioni sono finite.”

“E Sidney non riusciva…lei non riusciva a farsene una ragione. Voleva così disperatamente vedere suo padre, anche se non era veramente lui. Mi supplicava ancora e ancora ma non c’era nulla che io potessi fare. Ho scongiurato il personale della Gold Inc. di aiutarmi, di aiutarla, ma mentre loro erano comprensivi,  Robert Gold ha rifiutato categoricamente di fare qualsiasi cosa dicendomi che gestiva una compagnia, non un’associazione di beneficenza.

“Un dirigente modello,” commenta Emma sarcasticamente.

Ho perso mia figlia per colpa sua,” dice Ashley, la voce ancora più dura. “I suoi affari – se possiamo definirli tali- l’hanno ridotta così. Lei non è mai stata
in grado di elaborare il lutto. Tutto quello che lui le ha fatto è  stato renderla dipendente da quelle… quelle visioni. Quelle immagini non erano reali. Nulla di tutto ciò era reale.”

“Ed ora vuole vederlo rovinato,” osserva Emma. “Perché non è andata alla polizia? Perché procedere con una causa?”

Asheley si trattiene a malapena dal ridere. “Ha mai visto lo sceriffo?”

Emma fa una smorfia. “Sfortunatamente sì. Posso capire quale sia il suo punto di vista.”

“Voglio che quella società non abbia più soldi nemmeno per tenersi in piedi. Non voglio che quello che è successo a mia figlia accada ad altri bambini.,” dice Ashley, asciugandosi le lacrime con un fazzoletto. “Può farlo per me?”

“Io…” inizia Emma. C’è qualcosa di familiare in quella donna, qualcosa che le ricorda il suo modo di essere. Odia rimanere coinvolta in un caso (generalmente non c’è nulla in cui rimanere coinvolti nel compito di un investigatore privato ma prima, nel suo vecchio lavoro, era abituata a dare tutta se stessa finché non le rimaneva più nulla – che è probabilmente il motivo per cui si ritrova ad essere la persona che è ora), ma dannazione, c’è una piccola parte di lei che vuole anche lei giustizia per quella bambina. “Farò del mio meglio signora Boyd.”

Ashley le dà un abbraccio. Emma rimane goffamente bloccata per un minuto, incerta sul da farsi. Alla fine le dà una pacca sulla schiena in quello che spera sia un gesto rassicurante. “Mi dispiace per quello che è successo a sua figlia.”

Ashley si lascia andare contro lo schienale della sedia, mostrandosi per la prima volta più determinata che disperata. “Non sia dispiaciuta. Mi aiuti solamente a rovinare quel bastardo.”
 


-/-


 
Emma è in grado di capire quanto la famiglia possa essere un fattore estremamente motivante, ad essere onesti. Altrimenti non si ritroverebbe incastrata in una caffetteria fin troppo costosa ad un isolato dal quartier generale di Gold.

Sua cugina ottiene tutto quello che vuole. Quando la incontra ha il viso arrossato e si sta togliendo il cappotto. È Dicembre, il periodo dell’anno che odia di più, e sta nevicando. Emma ha sempre sofferto tremendamente il freddo.

“Grazie per aver accettato di vedermi,” dice Elsa con il tono sincero che le è divenuto così familiare. Le sue mani si affrettano a stringere la tazza di caffè.

“So che la situazione si è fatta un po’ tesa con-“

“Non parliamo di questo,” la interrompe Emma. “ Ho sentito che Anna si è fidanzata, parliamo di lei.”

“Emma,” tenta di contraddirla con prudenza Elsa. “Parlarne aiuta, lo sai vero?”

“Se avessi voluto parlarne con qualcuno, sarei andata da uno strizzacervelli,” replica allora, un po’ troppo brusca. “Ora dimmi del matrimonio di tua sorella o me ne vado.”

Elsa corruga la fronte. “Ok… va bene. Lui si chiama Kristoff ed entrambi sono al settimo cielo. E adesso, come va il lavoro?”

Emma assottiglia lo sguardo. “ Il lavoro è lavoro. Ci sentiamo in vena di ficcanasare oggi?”

“Ma guarda! Un investigatore privato che mi dà del ficcanaso,” la prende in giro lei.

“Perdonami se voglio discutere del matrimonio di mia cugina invece che della cattura di coppie rinchiuse a far sesso in un motel a ore,” replica Emma sarcasticamente. “Non succederà mai più.”

“Sono sicura che il tuo lavoro comprenda anche altro,” le dice Elsa, educatamente.

È sempre stata molto più pacata e a modo di Emma. È per questo forse che insieme si trovano così bene – per contrasto. Elsa non dà troppo peso al modo di fare brusco e sfrontato di Emma.

“Hai ragione. Faccio anche altro. La tua zia sociopatica mi ha ingaggiato per fare il lavoro sporco contro l’uomo più influente della città. Ora, cosa c’è per il brunch?”

Elsa sbatte le palpebre. “Scusami, puoi ripetere?”

“Non ne ho voglia,” ribatte candidamente Emma. “Prendo un omelette o del formaggio grigliato? A cosa siamo più vicine – alla colazione o al pranzo?”

“Ad entrambe, è un brunch,” replica Elsa distrattamente. “Quindi Ingrid ti ha ingaggiata per dare la caccia a Gold? Perché mai?”

 “Questo Kristoff è meglio di quell’Hands?”

Hans. E sì, è molto meglio. Al momento gli sto ancora facendo il terzo grado. Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda.”

Emma si lascia andare ad un sospiro di rassegnazione. “Una morte sospetta legata a Gold. Una bambina si è suicidata perché la madre non poteva più permettersi di farla parlare con il padre.”

“O mio Dio,” l’espressione di Elsa si fa scandalizzata. “Ma è orribile. Povera ragazza! Come l’ha presa la madre?”

“Sono abbastanza sicura che voglia tritargli i genitali con un macina carne, per ora.”la butta lì Emma, aprendo il menu. “Non che possa darle torto.”

“Ho sempre pensato che il concetto base di quell’azienda fosse disturbante, per non dire altro,” continua Elsa. “Pagare per parlare con i morti? Che poi come è possibile riuscire a farlo?”

“Non si può,” conclude Emma. “I morti sono morti e non puoi riportarli indietro.”

Elsa sembra pensarci su per un momento prima di replicare. “Quindi non ci hai mai pensato, dopo quello che è successo con-“

“Elsa,” la mette in guardia Emma. “Ti voglio bene ma ti giuro che se dici quello che penso tu abbia intenzione di dire, ordinerò tutto quello che c’è in questo dannato locale pretenzioso e lo metterò sul tuo conto.”

Elsa alza le mani in segno di resa. “Ricevuto. Vuoi sentire una storia divertente sulla famiglia di Kristoff?”

“Assolutamente,” le risponde Emma.
 


-/-


 
Dopo il brunch torna al lavoro.
Emma non si è mai interessata agli affari della compagnia di Gold se non in modo superficiale, accontentandosi di dare una semplice occhiata ai giornali. Non ne ha mai avuto motivo. Eppure ora sta passando al setaccio ogni singolo documento su cui sia riuscita a mettere le  mani con estrema perizia.

Alcuni articoli includono titoli assurdi come ‘GOLD SCOPRE L’ORO A STORYBROOKE.’*

Emma alza gli occhi al cielo alla mancanza di creatività dell’autore. Quella è solo una delle cortesie rivolte a Gold, nello specifico un omaggio dello Storybrooke Mirror.
Figuriamoci.

Dopo il ventesimo articolo che ripete la solita storia su come Gold sia un genio creativo impegnato a salvare la città con il suo modo di essere così brillante, Emma inizia ad essere stanca di cercare. Questo la lascia di fronte ad un’unica opzione, che non è molto meglio di questa ma che sembra essersi resa necessaria.

Alza il telefono con un sospiro scoraggiato.

“Salve!” Emma tira fuori il tono di voce più squillante di cui è capace. “Sono Elizabeth Nolan e sto lavorando ad un progetto per il corso di biologia dell’università del New England. C’è per caso qualche possibilità per… non saprei…. Fare un giro all’interno delle Industrie Gold?”

E questo è tutto ciò di cui abbia realmente bisogno.
 


-/-


 
“Salve,” un uomo, che sembra poco più giovane di lei, la accoglie alla scrivania d’ingresso. “Benvenuta alla Gold Incorporated. Come posso aiutarla?”

“Salve,” dice Emma, cercando di sembrare quando più timida possibile. “Credo di aver parlato con lei al telefono. Sono Elizabeth Nolan. Abbiamo parlato di un tour?”

“Elizabeth!” esclama l’uomo, come se fossero due amici che si rincontrano dopo tanto tempo. È così amichevole e gentile, non ci sono dubbi sul perché sia stato assegnato all’accoglienza. “Sì, penso proprio che avessimo parlato di questo. Io sono Merlin, credo che per oggi sarò la tua guida qui.”

“Fantastico!” Replica Emma, gongolando. “Sono pronta quando vuoi.”


Il tour è una colossale perdita di tempo, come si rivela poco più tardi. Di sicuro tutto è nuovo e scintillante e le tecnologie sembrano essere costate una fortuna, ma non ci sono informazioni nuove in tutto questo. Non è che quando Emma e Merlin entrano in un corridoio che – nonostante sia anche lui scintillante, metallico e pulito – ricorda ad Emma alcune immagini dello spot, che le cose iniziano a farsi più interessanti.

“Quindi queste sono… sono queste le stanze in cui le persone possono… intendo… parlano loro? Come nelle pubblicità?” domanda Emma, assicurandosi di suonare quanto più entusiasta possibile. Forse sta esagerando con il fingersi allo scuro di tutto, ma in passato il trucco è sempre riuscito a rendere le persone più disposte a lasciar trapelare qualche informazione in più.

Emma lo ritiene un metodo scientificamente provato, ormai.

“Noi li chiamiamo portali,” le viene incontro Merlin, gesticolando all’indirizzo delle porte. “Verso l’aldilà, se preferisci. Un’esperienza che mette a proprio agio i nostri ospiti e le persone con cui vogliono parlare.”

“Gli ologrammi,” lo corregge Emma, forse più risentita di quanto non debba mostrarsi e dannazione, si suppone che  sia sotto copertura: dovrebbe fingersi una ragazzina ingenua! “Gli ologrammi con cui vogliono parlare.”

Merlin esita, mostrandosi un po’ a disagio.

“A noi non piace chiamarli così, signorina Nolan.”

Tra di loro cala un silenzio impacciato che Emma non è sicura di come voler spezzare. Sta considerando l’idea di farlo in quel momento quando un uomo in abiti da laboratorio si imbatte in loro.

“Dottor Whale!” esclama Merlin, rivolgendosi all’uomo in questione. Emma punta uno sguardo critico ai capelli biondo ossigenati dell’uomo, tagliati cortissimi. Che diamine di problemi aveva il parrucchiere con cui ha avuto a che fare?

“Le presento Elizabeth Nolan. Sta realizzando un progetto sulle nostre ultime scoperte qui alla Gold Incorporated.”

“Fantastico,” replica piattamente Whale. “Ora devo andare.”
E così come è arrivato, scompare dalla loro vista in meno di un batter d’occhio.

Merlin aggrotta le sopracciglia. “Beh, i nostri ricercatori sono molto occupati. E poi vengono assunti per le loro capacità nel campo scientifico, non per quelle di comunicazione. Ad ogni modo, voglio mostrarle i nostri laboratori!”

Lo sguardo di Emma esita per qualche istante di troppo sulle porte di accesso alle stanze.

“Sono spiacente,” si scusa Merlin. “Le mostrerei volentieri l’interno ma è contro il nostro regolamento. Prima bisogna pagare e firmare un contratto e poi…”
Emma sorride a mo’ di scusa. “Mi perdoni! Sarei comunque felicissima di visitare i laboratori.”


I laboratori sono dannatamente inutili al suo scopo. Primo: Emma non è uno scienziato. E anche se lo fosse non sa quanto sarebbe in grado di dedurre dalla vista di quelle gigantesche macchine e degli schermi dei computer pieni di complicate stringhe di codici. Per questo si limita a sorridere e ad annuire a tutto quello che Merlin dice, un discorso che le sembra più un omaggio all’alta tecnologia che non una spiegazione di reale sostanza.

A giudicare da quanto sembra entusiasta, Emma può giurare che l’intera cosa lo stia uccidendo. Non è sicura se a farlo sia il dilemma morale o l’esaurimento tipico di ogni lavoro.

Può dedurre con certezza se una persona sta mentendo, non il motivo per cui lo stia facendo.

Dopo di ciò il tour finisce. Merlin la guida verso la lobby, ripetendo ancora una volta che piacere sia per loro servire la comunità in un’impresa di tale portata.

L’unica cosa che stanno servendo è il portafoglio di Gold, ma Emma si astiene dal replicare. Ha già detto troppo.

“Grazie mille per aver impiegato il suo tempo a spiegarmi tutte queste cose! Il nostro prossimo esame sarà sull’olografia, e il mio professore ci ha consigliato di dare un’occhiata a questo posto per farcene un’idea più precisa,” dice Emma, completando il tutto con un bel sorriso radioso.

“Può tornare quando vuole,” replica educatamente Merlin.

“Odio dover chiedere di nuovo altre informazioni, ma sa dirmi dov’è il bagno?”

“Giù in fondo alla hall e poi a sinistra, Dovrebbe trovarselo davanti.”

Emma lo ringrazia, quindi imbocca il corridoio. Poi gira a destra, determinata a tornare indietro a quel dannato cunicolo pieno di stanze per i morti.

Forse non ci sono proprio cadaveri, ma comunque si tratta di persone non più in vita.

Emma si ferma di fronte a una porta che sembra relativamente messa in disparte rispetto alle altre grazie a una parete sporgente che proietta la sua ombra sull’ingresso e ad un’illuminazione ridicolmente soffusa. Impreca quasi subito. Ma certo, è ovvio che sia bloccata. E non è semplicemente chiusa a chiave o con un sistema a codice. C’è uno scanner, un fottuto display come quello per i badge. Probabilmente prima era troppo distratta dall’idea che qualcuno potesse scoprirla per accorgersene.

Non che entrando avrebbe potuto carpire qualche informazione in più, ma c’è ancora qualcosa che non le torna nel fatto che Merlin non abbia potuto mostrarle nemmeno l’interno della stanza.

Alcuni passi risuonano non troppo distanti da lei.

Emma sobbalza, certa di esser stata beccata.

“Non li riporterai indietro,” mormora una voce sconosciuta, cupa. “Qualunque cosa ti abbiano detto, chiunque tu abbia perso, non li riavrai indietro.”

È di un uomo. Ha un accento vagamente britannico, forse irlandese. Emma non è mai stata brava a riconoscere gli accenti. Ma è a circa dieci metri da lei e questo è tutto quello che riesce a dedurre dalla sua voce.

Emma si acciglia. “Parli per esperienza?”

“Qualcosa di simile.”

Emma gli lancia un’occhiata veloce, cercando di cogliere qualche elemento del suo aspetto. Tutto quello che riesce a vedere è la sagoma del suo viso e del suo corpo, grazie alla luce fioca del corridoio. È alto pressappoco un metro e ottanta e ha i capelli disordinati. Decisamente non si tratta di Gold, è troppo alto è il timbro della voce è troppo diverso. Ci deve essere qualcos’altro riguardo quell’uomo che glielo rende familiare, potrebbe giurarlo.

“Aspetta, tu chi diamine sei?”

“Nessuno di cui ti importi, tesoro.” La liquida lui, accennando ad andarsene.

Emma è testarda e gli appoggia una mano sul petto per impedirgli di andare oltre. Il ragazzo ama le camicie scollate e non sembra preoccuparsi di depilarsi il petto. Può ancora percepire qualcosa col tatto anche se riesce a vedere a fatica. “Lavori qui? Sei un cliente? Beh, un cliente abituale a giudicare dal-“
L’uomo emette un gemito. “Con tutto il rispetto dovuto, occupati dei tuoi affari, ok? Almeno che tu non voglia che ti chieda perché sei qui.”

“Non è ovvio? Per vedere i miei amati cari defunti, come hai già notato prima.”

L’altro rimane a fissarla per qualche istante e, con un movimento aggraziato, scuote la testa. “Mm. Non è proprio la verità.”

“Quindi dimmi, quale sarebbe il mio vero motivo – grande uomo saggio?” replica al vetriolo Emma.

Lui sorride, ma non risponde.
Se ne va un momento dopo. Emma resta a guardarlo mentre si allontana, le sopracciglia aggrottate in un’espressione confusa. L’uomo la lascia con più domande che risposte e di certo sapere che è alto e misterioso non potrà esserle molto d’aiuto nemmeno nel caso in cui decidesse di cercarlo.


Ragione #99 per cui la sua indagine sta andando a rotoli.









Note:

Bene, innanzitutto ringrazio chiunque sia arrivato fino a qui nella lettura ( che visto la mole del capitolo non è così breve). Inizio col comunicarvi che la storia si comporrà di nove capitoli come da originale ( che a proposito pote trovare qui http://archiveofourown.org/works/5494874/chapters/12694532 )  e che probabilmente manterrò il ritmo di un aggiornamento a settimana. La storia è tutta già scritta quindi non dovrebbero esserci particolari problemi nel completarla. Io personalmente leggendola l'ho adorata, quindi spero che sarete in tanti a recensire e a far sapere all'autrice che ne pensate. Spero anche di essere stata all'altezza del testo e di non averlo rovinato!
L'asterisco che trovate nel testo è riferito al titolo "
GOLD STRIKES GOLD IN STORYBROOKE” in cui il gioco di parole non poteva essere tradotto senza tradurre anche il nome di Gold, che dopo Tremotino mi sembra già abbastanza colpito dal fenomeno di resa in italiano. Che dire? Voglio sperimentare l'idea di rispondere alle vostre recensioni progressivamente in coda al capitolo, quindi adotterò questo metodo. Per qualsiasi dubbio, chiarimento, critica o proposta basta inviarmi un messaggio privato. 
Alla prossima

Whiteangeljack

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: whiteangeljack