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Autore: rasha85    06/02/2016    1 recensioni
Denise è una studentessa molto diligente al terzo anno di college ad Harvard. Ha un passato oscuro e tenebroso da cui cerca di fuggire, e per questo pensa solo a studiare e a raggiungere il suo obiettivo, lavorare per le più importante case editrici d’America. Niente e nessuno può distrarla dal suo obiettivo, sicuramente non la sua coinquilina e amica del cuore Alexandra, l’unica persona che abbia mai fatto avvicinare, che cerca in tutti i modi di farle tirare la testa fuori dai libri e farla divertire. Tutto questo fino a quando una mattina si ritrova nel letto di un bellissimo sconosciuto..
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Apro piano un occhio, mentre la testa continua a vorticarmi furiosamente. Lo richiudo velocemente, cercando di alleviare quel mattone che mi comprime la testa. Aspetto 5 minuti e provo di nuovo ad aprire entrambi gli occhi, cercando di capire dove mi trovo.
Appena riesco a mettere a fuoco un lampadario di cristallo che pende dal soffitto, e che sicuramente non è quello della mia modesta stanza di college, mi sollevo di scatto sul letto, impaurita. Mi giro alla mia sinistra, sentendo solo in quell’istante la presenza di un corpo sdraiato vicino al mio. Spalanco sempre di più i miei occhi color nocciola intenso quando capisco che non ho idea di dove mi trovo e soprattutto di chi è il corpo del ragazzo sdraiato vicino a me, coperto solo in parte dal lenzuolo che lascia scoperti i muscoli ben definiti della schiena e i foltissimi capelli scuri che coprono il suo volto.
Rimango per qualche istante a fissarlo per cercare di ricordare una qualsiasi cosa di quello che poteva essere successo la sera precedente, ma la mia mente sembra completamente svuotata.
In un secondo prendo una decisione: non sarò qui quando lui si sveglierà e, visto che io non ricordo niente, molto probabilmente anche per lui è così, ed è molto meglio che le cose restino in questo modo, se non voglio perdere a reputazione che mi sono costruita così faticosamente nel corso dei primi due anni ad Harvard.
Mi alzo non facendo nessun rumore, cerco i miei vestiti, che trovo in un angolo della camera buttati alla rinfusa, li raccolgo ed esco, trovandomi immediatamente in uno dei soggiorni più lussuosi che abbia mai visto: il pavimento in parquet è ricoperto da soffici tappeti bianchi, due grandissimi divani di pelle bianca troneggiano al centro della stanza, ed sono talmente grandi che quasi fanno sparire il maestoso pianoforte a coda nero che si trova alla destra della porta della camera.
Le pareti sono ricoperte di stampe di foto giganti in bianco e nero e un grande televisore al plasma occupa quasi per intero la parete che si trova di fronte ai divani.
Rimango per qualche minuto sulla soglia della porta della camera, con in braccio i miei vestiti, per ammirare la grandezza e la ricchezza di quel posto, poi mi ricordo cosa devo fare e rientro velocemente nel mio completino intimo fuxia e blu e nel mio vestito aderente color corallo allacciato al collo. Mi metto alla ricerca dei sandali, che probabilmente mi devo esser tolta appena entrata nell'appartamento, visto il mio totale astio verso qualunque paio di scarpe superi i 5 cm di altezza, e li trovo, dopo aver attraversato tutto il soggiorno ed essere finita in una specie di gigantesca cucina, con piani di lavoro in marmo bianco, frigorifero in acciaio e pensili e armadi in legno chiaro, sotto il bancone di marmo al centro della stanza, separato dalla cucina.
Prendo in mano i sandali dorati con il tacco 15 che sono stati un prestito della mia coinquilina, così come il vestito, che mi ha gentilmente dato dicendomi che l'unica cosa che dovevo fare e a cui dovevo pesare ieri sera era divertirsi. E probabilmente era esattamente quello che avevo fatto, a giudicare dal tizio sdraiato nudo nel letto e ai vari bicchieri di vino che ho visto sul bancone, diversi dei quali hanno ancora il segno del suo rossetto.
Mi dirigo subito verso quello che sembra essere il portone principale, recupero la mia pochette fuxia da un mobile vicino alla porta e, con quella e i sandali in mano, comincio ad armeggiare con i vari chiavistelli.
Quando riesco finalmente ad aprire l'ultimo e poso la mano sulla maniglia, pronta alla fuga, sento una voce roca e profonda dietro di me:
"Ehi, ciao! Ma dove te ne vai, non facciamo colazione insieme e ci presentiamo? ".
Per un attimo, mi si gela il sangue: non ho nessuna intenzione di far sapere a questo ragazzo, per quanto interessante sia, chi sono, e sicuramente non voglio che lui dica in giro che è stato a letto con lei facendomi perdere tutto ciò per cui ho lavorato, visto che, da quello che lui ha appena detto, non ha assolutamente idea di chi lei sia.
Prendo la scelta più giusta per me: abbasso la maniglia e spalanco la porta, ritrovandomi in un luminosissimo corridoio ma senza la minima idea di dove andare. Basta quella frazione di secondo della mia esitazione, e subito mi ritrovo la mano dello sconosciuto sul suo polso, al quale continuo a dare ostinatamente a schiena.
"Ehi, dove pensi di andare? Non penserai mica di scappare così facilmente da me dopo la notte che abbiamo passato insieme? E se io volessi rivederti? E se volessi conoscerti? Avanti voltati e fammi vedere chi sei".
Le mie sicurezze vengono meno, ma solo per un attimo, a quelle parole: ad un ragazzo come lui, con quell'appartamento, cosa diavolo importa di conoscere una come me? Per lui sarebbe stata sicuramente una tacca in più sulla cintura, e io avrei avuto la reputazione rovinata, visto che non faccio mai queste cose e nessuno si aspetta che io le faccia.
Mi libero dalla sua presa forte con uno strattone e corro verso sinistra, grata di vedere la porta di un ascensore sul fondo della parete, non appena sono più vicina. La fortuna è dalla sua parte quando premo il tasto di chiamata dell'ascensore e le porte si aprono immediatamente, mentre mi catapulto dentro, continuando ostinatamente a tenere gli occhi bassi, e il ragazzo continua ad urlare nel corridoio: "Ehi, ehi, dove scappi? Torna qui".
Gli concedo solo una rapida occhiata prima che le porte dell'ascensore si chiudano, e sicuramente sarebbe stato meglio che non lo avessi fatto: vedo una specie di dio greco con muscoli scolpiti e pelle dorata, con il lenzuolo che gli copre solo le parti intime, e due occhi, sicuramente chiari visto come vi si rifletteva la luce del corridoio, coperti da qualche ciuffo ribelle.
Faccio appena in tempo a pensare a quanto sia bello, e a cercare di capire dove posso averlo già visto, che riabbasso velocemente la testa e le porte dell'ascensore si richiudono, lasciando il bel ragazzo da solo e me ritornare alla mia realtà.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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