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Autore: Vic    20/03/2009    1 recensioni
E lei,lei non lo sapeva. Ma Edward Anthony Masen, in Arizona, a Tucson, guardava la stessa stella che osservava lei, con lo stesso ardore,lo stesso rimpianto, e come lei ricordava un tempo che non c’era più ,ma , che forse,un giorno,sarebbe tornato.
Piccolo missing moment durante il periodo pre-annebbiamento. Enjoy.
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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;Sotto lo stesso cielo~

 

Dedicata a voi che sapete farmi sognare.

Grazie,ragazze.

A tutte.

V.

 

 

 

Forse lui sta guardando il cielo,in questo momento. Forse sta osservando le stelle,come me. Forse…

Forse sono solo un’idiota. Forse ho creduto che tutto questo fosse realmente esistito,che esistesse anche per lui.

Forse lui ha capito che non sono alla sua altezza,che non sono degna di stare al suo fianco. Come un fiore appassito accanto alla più bella delle rose,al più profumato dei giacinti,al sole più brillante,al miele più dolce.

Come… come un’umana.

E’ questo,il mio problema,vero?

Sorrido amara,affacciandomi alla finestra della mia stanza,in ordine innaturale, che si colora di toni grigi e spenti.

Come me.

Non so più come splendere,come sorridere davvero. Non so più niente.

Stare con lui era come… come vedere quanto veloce riuscivo a correre. Non ero abbastanza veloce. Mi ha superata,lasciando dietro di sé la polvere.

Squadro con amarezza una stella che sopravvive nel cielo nuvoloso di Forks, la piovosa e cupa Forks. Mi era sembrato un posto bellissimo,quando ci camminavo con lui.

 

«Bella,la vedi quella stella?»

Mi voltai a guardarla con curiosità; era una stella brillante,nel mezzo del cielo stranamente limpido del campo da baseball che i Cullen usavano per giocare, nelle giornate di tuoni e pioggia.

Scossi il capo. Non la conoscevo, e sinceramente la stella più bella del mondo di cui volevo conoscere il nome l’avevo accanto.

«E’ Deneb. E’ la stella più brillante e bella della costellazione del Cigno.» Sorrise con il suo sorriso sghembo,che adoravo.

«Sei un po’ come la mia Deneb,Bella.»

«Ti amo,Edward.»

«Ti amo,Isabella Swan. E questo non cambierà mai.»

 

Bugiardo!,bugiardo! Era cambiato tutto,invece. Mi diceva bugie,ed ora sono sola. Sola come un cane, un cane che guarda le stelle senza veramente vederle.

Forse Deneb è quella lassù,che brilla ammiccante nel cielo nero. Forse si fa beffe di me.

Ci aveva osservati,quella notte? Sapeva che sarebbe andata a finire così?

«Ehi,Bells. Io vado a letto… se ti serve qualcosa… dillo,okay?»

Non mi do la pena di rispondere a Charlie. Lo so che è una crudeltà,che lui soffre almeno quanto me.

Ma non sa cosa mi passa dentro,la devastazione che circonda il mio cuore.

Non brillo più,Deneb da lassù mi ruba tutta la luce.

Edward non c’è.

 

«E piantala di frignare,Bella. Non è una tragedia!»,sbottò Edward.

Mugolai un “si,si”, e sporsi il braccio verso la cicciona di fronte a me,che mi guardava con aria ostile.

Ma cosa voleva? Che facesse il suo lavoro in silenzio,piuttosto,e con grazia!

«Signora,Bella è pronta. Può fare l’iniezione.»

Edward mi strinse la mano guardandomi intensamente,costringendomi a sostenere quello sguardo.

Sapevo che cercava di non farmi guardare verso il braccio in cui avevano infilzato un’ago.

«Ci sono,Bella. Non avere paura. Ci sono io con te.»

E quello mi bastò.

 

Quante assurde bugie cui avevo creduto. Come,come avevo potuto essere così sciocca? Non mi amava.

O se lo aveva fatto,adesso non ha più importanza. Non per lui. Mi abbracciava, mi consolava; ma quelle parole [per lui] non valevano niente. Niente!

Con un gemito mi accoccolo a terra,stringendo il petto,cercando di chiudere la voragine che rischia di sottomettermi. Come potevo non credergli?

Sembrava così sincero! Mi sorrideva, e mi diceva parole belle,che mi rimanevano nel cuore. [ma ora quel cuore non c’è più.] Mi ha portato via tutto: la vita,la spensieratezza,l’amore. Mi ha portato via l’anima.

La bolla che avevo costruito tra noi e il mondo esterno,tra il mio rifugio felice e la curda realtà era esplosa,lasciandosi dietro una marea di goccioline e un vuoto assordante. E tu te ne sei andato. Io non posso più vivere.

Non voglio più vivere. Non ha più alcun senso.

Se non ci sei non voglio più ridere. Se non ci sei non voglio sentire il cuore battere,perché ogni pulsazione è una crudele e netta stilettata nel petto.

Perché?

Non c’è un perché,probabilmente. L’hai detto tu: vi distraete facilmente. Hai incontrato qualcuno che ti ha preso più di me. Semplice. Immediato.

E doloroso.

Mi hai detto che mi amavi. Che il mio sangue attraeva il tuo corpo come il mio essere attraeva la tua anima,il tuo essere. Due anime fatte per fondersi.

Ma forse hai ragione,non c’è l’hai l’anima.

Come hai potuto lasciarmi così?

Come hai potuto?

Perché?

Mi accascio contro la scrivania,lottando contro le lacrime che cercano di sfuggire,contro la vita che sfugge via,contro il mio cuore.

Lotto contro me stessa nel tentativo di dimenticarti.

Ho toccato il fondo,e mi sono ancorata a quello,non ne risalgo più.

Non c’è più niente per cui valga la pena combattere.

Non c’è più niente.

Solo la nebbia e il nulla,vuoto,opaco,silenzioso eppure assordante,limpido,affollato e… inutile.

Ma se tu ci sei,da qualche parte,io voglio dirti che ti amo. E non puoi farci niente.

 

«Sai,Bella,a volte mi chiedo come fai.»

«A fare cosa?»

«A stare così vicina ad un vampiro ed amarlo,senza temerlo minimamente. A stargli accanto per così tanto tempo senza la tentazione di scappare via.»

«Ti amo. Non ti basta?»

«Certo che mi ami. Anche io. E non puoi farci niente.»

Oh,io non posso. Nemmeno tu. Non lo capisci? Era qualcosa di troppo grande,troppo enorme per noi.

O forse solo per te. L’eternità è lunga,Edward. Tu potrai fare quello che vuoi.

Ma la mia vita è breve,fragile,pericolosa. E non vedo l’ora che termini,che i battiti del mio cuore martoriato si spengano,come una candela sotto il soffio del vento del Tempo.

Tu ne sei immune,vero? È per questo che puoi dimenticare. La memoria umana è come un colino,hai detto. Eppure sei stampato a fuoco nelle mie pupille,una statua di ghiaccio,bella e perfetta.

E che amavo.

Che amo ancora,nonostante tutto.

Mi trascino verso il letto,piangendo,osservando il brandello di cielo e Deneb,che continua a brillare fregandosene di me,comune mortale.

Brilla incommensurabilmente meglio di me. Io non sapevo come brillare,Edward mi ci ha costretta. Se avessi potuto mi sarei tuffata giù da una scogliera pur di non attriare gli sguardi come facevo quando ero con lui.

Come se lampeggiassi: “guardatemi,su”. E lui non capiva. Lui ci era abituato.

E conosceva i pensieri degli altri.

Tu sapevi cosa pensavano. Ma non sapevi cosa volessi io.

Non lo sai nemmeno adesso. Altrimenti saresti qui.

 

«Cos’hanno tutti questi qui da guardare?»

«Te. Guardano te.»

«E’ per questo che sei imbronciato?»

«Non mi piace quando ti guardano. Mi fanno impazzire di gelosia.»

«Ah ah ah! Tu?! Geloso?!»

«Credi che non sia possibile?»

«Sì. Sono io quella gelosa. Tu sei quello bello. Io quella goffa.»

«Sssh,Bella. Lo vuoi sapere cosa pensa quello lì?»

«Quello con la cresta e lo sguardo da pazzo? No grazie.»

«Ehm… veramente sta guardando me.»

«… ODDIO!»

 

E tu ti sei messo a ridere,quella volta,con la tua risata scampanellante e bella, così perfetta da risultare una melodia per uno strumento solo tuo.

E io risi con te,abbracciata al mio miracolo,camminando in mezzo a Port Angeles. Non mi importava nulla di quello che pensavano. Volevo solo te.

Mi hai uccisa,lentamente,inesorabilmente. Tutto questo non ha senso.

Non l’ha mai avuto. Se non mi volevi,perché mi hai detto di amarmi? Perché?

Piango,come una bambina. Piango come faccio da due settimane ormai,sospesa in un limbo tra un’annebbiamento senza dolore ed un dolore che mi permette di ricordare. Ora voglio il dolore.

Ma penso che sceglierò quest’annebbiamento,il nulla. Perché mi anestetizza.

Mi anestetizza dal dolore delle parole con cui hai messo tutto a tacere,con cui hai messo il punto,hai scritto la parola FINE con la tua bella calligrafia.

 

«Non voglio che tu venga con me,Bella.»

«Tu non…mi…vuoi?»

 

Che sciocca,che ingenua! Non mi volevi,era chiaro. Sfiguravo,sfiguravi anche tu. Era solo una banale infatuazione?

Guardo lo stralcio di volta notturna che mi è possibile scrutare dal mio letto,dalla finestra dalla quale tu entravi da me,tanto tempo prima [troppo tempo prima]. Prima di cosa? Prima di tutto questo.

Guardo il cielo,sperando che mi inghiotta.

Guardo il cielo,sperando che mi assalti.

Guardo lassù, e nonostante tutto questo dolore,sono felice che siamo ancora sotto lo stesso cielo.

 

 

 

 

E lei,lei non lo sapeva.

Ma Edward Anthony Masen,

in Arizona, a Tucson, guardava la

stessa stella che osservava lei, con lo

stesso ardore,lo stesso rimpianto,

e come lei ricordava un tempo

che non c’era più ,ma , che

forse,un giorno,sarebbe

tornato.

 

 

  
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