Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: momoPastec    07/02/2016    0 recensioni
Non ho mai pubbllicato nulla prima e ho deciso di iniziare con questo: una specie di resoconto breve e ispirato a un sogno di un pomeriggio di sonno, scritto d'istinto al risveglio e in uno stile che non è affatto mio, ma che ho voluto comunque sperimentare.
Troviamo le vicende di una notte: il sogno di una ragazza in un tempo non reale, in una situazione di antagonismo tra povertà e ceti benestanti; si accenna d'arte e gratitudine come da sfondo alla relazione reale con un caro amico che sembra essere molto di più.
Come ho detto è istintivo e assolutamente non pretenzioso, è molto breve e lontano dal genere che di solito apprezzo e in cui generalmente scrivo, è riportato sulla pagina come un racconto orale all'amico in questione e spero solo venga apprezzato.
Grazie e buona lettura.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ricordi quella ragazza? Laura? Deve poter frequentare l’accademia di belle arti, come noi. È brava, molto, e vuole farlo, ma le condizioni in cui vive non sono le migliori. Di questi tempi nessuno si permetterebbe mai di rischiare per una ragazza del genere, nessuno del nostro rango, a parte noi, si farebbe mai vedere con lei, quindi figurati se qualcuno che può permetterselo le pagherebbe i corsi… ma è davvero brava, capisci cosa mi fa arrabbiare? Merita davvero di frequentare l’accademia.        
                    
Per questo si presenta una notte, nella strada deserta e con un mucchio di fogli arrotolati sotto braccio. Ha appuntamento con noi e con il professore che siamo riusciti a convincere, per darle almeno una possibilità. Lui vede i disegni ma è irremovibile, teme che, con lei, l’accademia perda il suo giudizio positivo.
Ti viene un’idea: vuoi confrontare i suoi lavori con quelli degli studenti, così corri all’accademia e noi ti raggiungiamo per mostrare al professore che non c’è differenza. Alla fine lui va via, non sappiamo se si è convinto, ma lo lasciamo comunque andare. Laura ringrazia, è felice e continua a sorridere per i miei complimenti. Mi abbraccia persino, prima di andare via.    

A questo punto penso ci serva qualcosa, perché ci fermiamo nell’edicola che sta aprendo giusto adesso, quando il sole non è ancora sorto.
Forse, invece, l’unico motivo per cui siamo qui è per mostrare i disegni della ragazza all’edicolante ancora assonnato, perché è quello che faccio prima di salutarlo senza prendere nulla. Quando mi giro, però, tu non ci sei.
Ti cerco qui in zona, ma so già che sei a casa, nel cortile dietro, dove ci sono i garage. Ti trovo proprio li: è ancora buio e vedo una figura nascosta nella penombra, ti chiamo “Daniel” e intravedo il tuo volto. Non so perché, so che sei tu, ma continuo a chiamarti comunque così. Ti chiedo perché sei andato via  all’improvviso e tu mi dici solo di andare da Laura, dici che lei mi piace e che devo andare a cercarla. Io ti dico che no, non è vero, che volevo solo aiutarla perché merita di frequentare l’accademia se vuole. Tu sei di fronte a me, sei vicino e neghi con la testa, sembra che tu stia piangendo e io ti dico di smetterla, perché prima avevo avuto paura di non trovarti, io avevo avuto davvero paura e tu, adesso, semplicemente abbassi gli occhi.

Alla fine siamo in uno dei garage, è socchiuso e in fondo c’è una finestra con le persiane chiuse da cui penetra solo qualche spiraglio di luce. Siamo seduti li, su una sedia per lato, quando la porta si solleva e, sulla soglia, compaiono Laura e l’edicolante. Noi stiamo ancora riguardando i disegni che tu hai messo nella cartellina solo poche ore prima, quando sei andato in aula quella notte. La luce invade la stanza e vedo il tuo viso commosso e stanco, abbasso lo sguardo sul disegno che stavi guardando: è tuo e ritrae noi due in ricordo a una foto fatta anni fa a Firenze. Allora capisco e mi chiedo se potrò mai volerti ancora, se potrò tenerti davvero. Mi sento in colpa perché è come se non sentissi nulla per te, anche se non è così.
Ma la ragazza e l’edicolante se ne vanno lasciando aperto, e io mi sporgo e circondo le tue spalle con le braccia, lascio che tu ti appoggi a me col capo. È  un abbraccio goffo e ti stringo, ti abbraccio perché d’improvviso ho voluto farlo. E so che, adesso, non mi respingeresti più.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: momoPastec