Fumetti/Cartoni americani > I Vendicatori/The Avengers
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Autore: Scemochiscrive    09/02/2016    0 recensioni
"Sara Collin si era appena abituata al suo nome, alla sua vita, al freddo di quell’Università e dopo tre anni, avrebbe dovuto cambiare tutto, un’altra volta? Tutta la sua esistenza, così insulsa, rispetto a quella vissuta nelle sue “vite precedenti”, tutta la sua sudata tranquillità, tutta quella calma apparente, quella normalità ostentata. Avrebbe dovuto cambiare maschera per l’ennesima volta? Il suo destino dipendeva nuovamente dalla volontà del burbero Nick Fury."
Cosa succede quando gli Avengers in persona hanno bisogno d'aiuto? Il destino dell'umanità è messo a repentaglio da un vecchio nemico che non muore mai. Per salvare il mondo c'è bisogno dei guerrieri più forti. Per salvare il mondo c'è bisogno di Sara Collin.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’attesa dell’arrivo di quel “fenomeno” sembrava interminabile. Nick si guardava attorno, fingendosi calmo e pacato, ma in fondo, sapeva benissimo di non aver idea di  cosa aspettarsi. L’aveva lasciata ragazzina, ora era quasi una donna. E pensare che era già così potente in adolescenza. Se fosse progredita? Se fosse cambiata? Da un primo sguardo, appostato nella sua macchina nera, a Fury non sembravano passati tutti quegli anni. Gli era parso di scorgere, nei suoi occhi neri, la stessa luce di melanconia che aveva visto l’ultima volta che si erano parlati. Quegli occhi, che celavano tante verità e tanti orrori, ma non smettevano di brillare.
Nick, sovrappensiero, si sistemò ad un capo del tavolo.
«Capitano, ti troverai bene in questa topaia; sembra uscita dal dopoguerra!» aveva subito detto, in tono più che spavaldo, il miliardario Stark, sorridendo e ammiccando alla giovane Lucy e interrompendo i pensieri di Fury.
Steve Rogers si era limitato a guardare di sottecchi il suo amico, intimandogli il silenzio. «Siamo sotto copertura, cerchiamo di non farci scoprire. Per favore, evita di chiamarmi in quel modo.»
«Okay, Cap. ma sarà difficile nascondere il mio volto, noto in tutto il mondo!» rispose Tony, solo per il gusto di infastidire l’altro e, dopo, prese posto al centro dei quel bizzarro gruppo.
«Dici che anche qui esiste una televisione o dei mezzi di comunicazione su cui trasmettere il tuo viso da star? » domandò in tono ironico Clint, per far tacere l’ego dell’uomo d’acciaio.
«Spero che almeno il cibo non lasci a desiderare, come sembra da questa specie di menù.» riprese Stark, dando un’occhiata ad un fogliettino rosa con scritte nere a penna, titolato: “Piatti del Giorno”. «Mio Dio! L’idea del rapimento durante la notte, continua ad essere quella vincente. Perché non l’abbiamo attuata? D’altronde è una MIA idea. Come può fallire?»
«Stark, facci il favore di chiudere il becco!» lo zittì Nick, con lo sguardo perso a cercare quella ragazza mingherlina venire verso di loro, ma nulla si muoveva all’orizzonte.
«Uh, nervoso, Fury? Non ti ho mai visto così agitato. Ti sei rabbuiato di colpo e, lasciami dire, non è facile scurirti più di così!»
«Tony!» lo rimproverò con voce suadente una donna dai capelli rossi e dalla straordinaria bellezza. «Ascolta, Nick » disse poi, rivolgendo la sua attenzione altrove «non essere preoccupato. Stai calmo, sarà difficile, ma riuscirai a parlarle …»
«È sempre stato difficile con lei. Sempre …»
«Non riesco a biasimarla. » aggiunse Natasha, a bassa voce.
«Ecco perché il rapimento avrebbe risolto molte cose, per esempio niente chiacchiere e molta azione.» si intromise Iron Man, beccandosi l’ennesima occhiataccia dal resto del gruppo.
«Forse il rapimento è un po’ eccessivo, ma davvero non capisco tutto il vostro interesse per una semplice mutante. Ricordatemi cos’ha di speciale questa ragazzina, per favore!» obiettò Clint.
«È una creatura speciale. Appena la vedrai te ne accorgerai.» rispose il burbero Fury, ma Occhio di Falco continuava a non  essere molto felice di aver dovuto lasciare i suoi affetti, nell’unico periodo in cui poteva restare a casa, solo per cercare questa famosa “creatura speciale”. Che aveva di diverso? E perché non convocarla in centrale come tutti gli altri? Gli avevano spiegato che era molto potente e molto giovane, un mix alquanto pericoloso se non ben domato, ma continuava a pensare che tanti altri mutanti, magari con più esperienza, avrebbero potuto entrare nel team, invece la scelta era ricaduta proprio su quella ragazza “speciale”.
«E fa anche tardi!» riprese Tony Stark, beccandosi un’altra occhiataccia dal gruppo. «Lo dicevo più per te, Capitano, voi militari non apprezzate la precisione?»
«Stark, Finiscila. » lo ammonì nuovamente Fury. «Quando ti dissi che non eri in grado di essere un Avenger, avevo davvero ragione.»
«Ma poi hai cambiato idea, come darti torto!»
«Posso sempre cambiarla di nuovo.» concluse il burbero Fury.
«E va bene, forse sono un po’ pedante sulla questione dell’orario, ma il mio disappunto è dovuto dal fatto che avrei un appuntamento con una mia cara … “amica”, dall’altra parte del continente, sapete tra le persone civili, con villa di lusso e una piscina con acqua salata?»
Clint scosse la testa, divertito.
«Tony …» Steve Rogers, con voce bassa e severa, richiamò il compagno, mentre si sistemava sul divanetto, allargando le spalle e irrigidendo la schiena, quasi impettito, come in un saluto militare. 
«Lo so, lo so, acqua salata! Non è di certo il massimo per la pelle, ma ha la SPA proprio accanto alle docce, tanto vale farci un salto, non credete?»
Stavolta, Stark ricevette una leggera gomitata da parte del soldato, che lo costrinse a voltarsi dal suo lato. Alzò lo sguardo e vide un figura mingherlina, con in dosso un grosso cappotto verde col cappuccio di pelliccia. Sembrava così piccola - sia di età che di fisico - con quelle occhiaie grigiastre; sembrava quasi affaticata nel portarsi dietro una borsa pesante e stracolma di roba. “Come pretendiamo che salvi il mondo una… praticamente una bambina!” pensò Clint, guardandola con un’aria che lasciava trapelare un po’ di disappunto.
Sara, con i capelli un scompigliati, sotto il cappello di lana e le cuffiette penzolanti dalla borsa,  apparve a pochi metri da loro. Camminava a passo spedito, per non tradire la sua ansia e la grande emotività che avrebbe dovuto celare davanti a tutti, come era abituata a fare da tempo immemore. Dal tavolo, subito, si voltarono tutte le teste per vederla meglio. Si sentiva un fenomeno da baraccone. Che brutta sensazione, essere l’attrazione di turno, come una gioco da fare al lunapark, come un’insignificante paperella a cui sparare con un fucile di plastica. Quel paragone, che la sua mente aveva prodotto, le fece accapponare la pelle, le fece venir voglia di fuggire, ma, ormai, era lì ed era troppo tardi per tornare indietro e fare finta di niente. Così, quando capì che ormai bisognava rischiare il tutto per tutto, si schiarì la voce e, giunta alle spalle di Nick, esordì con: «Mi auguro che tu mi abbia almeno ordinato il pollo fritto, Fury!»
I presenti, la fissarono dritto in volto. Erano, lì, tutti schierati come un plotone di esecuzione. Dalle loro facce, Sara, capì che, probabilmente, nessuno sembrava aspettarsela così, come dire ... normale.
Nick, senza girarsi a guardarla e continuando a fissare il posto vuoto davanti  a sé, controbatté seccamente: «Siediti. Ti stavamo aspettando.»
Sara prese posto davanti a Fury, quasi ignorando il resto della banda e lanciando solo uno sguardo furtivo a Tash, la cui bellezza era rimasta invariata negli anni, anzi, probabilmente, con i capelli più corti era ancora più affascinante.
Un imbarazzante silenzio iniziò a circondare il tavolo. Sembravano tutti ammutoliti, mentre Sara continuava a cercare nello sguardo di Fury delle risposte che non smettevano di sfuggirle.
«Allora? » chiese spazientita la giovane. «Perché sono qui?»
Per Nick, sentire quelle parole che uscivano nette e piene di risentimento dalla bocca della ragazza era come ricevere una coltellata al cuore. Non riusciva ancora a smettere di pensare all’ultima volta che si erano visti, ai pianti, all’odio provato da quella mutante, a come fosse cambiata. La prima volta che l’aveva vista, l’aveva trovata sola e spaventata, come un animale in gabbia, come una cavia da laboratorio torturata per giorni, mesi, anni; forse, l’aveva trovata in condizioni in cui non aveva mai visto nessuno. L’aveva raccolta come un fiore appassito, le aveva dato acqua e cure e poi l’aveva vista rinascere. Era più di un semplice incarico, per Fury. Era diventata una questione personale. Difendere quella mutante, così potente da poterlo distruggere con uno schiocco di dita, ma così fragile da aver bisogno di continuo amore e  costante vicinanza, era diventata la sua missione. Si sentiva una sorte di padre, il padre che quel piccolo fiore appassito non aveva mai avuto. “Tu sei la mia famiglia” gli aveva detto una volta, Sara. Aveva solo tredici anni eppure tante brutture alle spalle e Nick li vedeva, li conosceva quegli orrori; erano tutti lì, davanti a lui, tra le pieghe del suo viso, incastrati nelle occhiaie grigie, racchiuse in quelle mani affusolate con le unghie curate, ma, soprattutto, si riflettevano nei suoi occhi neri. Due pozzi profondi in cui si specchiava l’orrore. In nome di quell’orrore, Nick sapeva che Sara avrebbe accettato. Non poteva rifiutare di sconfiggerli per sempre. Non poteva rifiutarsi di dar pace a quel buio, custodito nel profondo della sua anima. “È molto inquieta, Nick. Ho bisogno di più sedute, ma temo non saranno mai abbastanza.” gli aveva  confessato, una volta, Charles Xavier, parlando della mutante, al tempo, nota tra gli X-men come Electro-Wave. “È davvero grave, più di quanto immagini.” aveva continuato il professore, “tu sei come un padre per lei, stalle vicino. È quello di cui ha bisogno.” Nick non faceva che ripensare a quel momento e continuava a rimproverarsi di non essere stato in grado di trattenerla, ma il lavoro non può mischiarsi ai sentimenti. Gli avevano detto di farla andar via, perché restare alla scuola di mutanti l’avrebbe fatta scoprire in un battibaleno, lo aveva fatto per il suo bene e aveva dovuto dimenticarsi di quella “figlioccia” per anni . L’aveva cancellata dalla sua vita, ma non dal suo cuore. E ora era lì, davanti a lei e non le sembrava vero, ma non poteva abbracciarla e dimostrarle affetto, non era nel suo stile. Infatti, fece tutt’altro.
«Devi tornare a New York.» iniziò Fury, brusco, come al solito.  
«Devo?» ribattè seccata Sara. «E perché? Se mi è consentito saperlo!» continuò, fissando l’uomo.
«Per aiutare lo S.H.I.E.L.D. Noi abbiamo bisogno del tuo aiuto. »
«Oh mio Dio! » scandì con enfasi la ragazza. «Allora, se lo S.H.I.E.L.D. mi vuole, lascio tutto e vengo a New York. Cavolo! È tutto qui o c’è altro? No, perché ogni secondo che passa è un secondo in più che sto sprecando invece di fare la valigia, metterci dentro tutte le mie belle cosine, i miei libri, i miei attestati, la mia vita degli ultimi tre anni e partire subito all’avventura, accanto allo S.H.I.E.L.D. Perché se lo chiede Nick Fury in persona, non si può rifiutare, no?» Sara era fuori di sé, visibilmente scossa dalla notizia e con la voce tremante, così come le sue mani che si muovevano freneticamente, accompagnando quelle parole piene di sarcasmo e puro dolore. Ogni verso che fuoriusciva dalla sua bocca era un nuovo colpo allo stomaco, che la faceva contorcere dall’angoscia. 
«Non l’ho deciso io. Ci sono ordini superiori e …»
«NO, certo! Tu non decidi mai niente quando si tratta di far star male le persone, sono sempre decisioni altrui e tu devi sottostare, naturalmente!» perseverò nel sarcasmo per poi ritornare seria «Nick, non hai mai fatto quello che ti hanno chiesto, nemmeno per un’opera di bene, figuriamoci se in questi casi ti metti a seguire gli ordini»
«È più importante di quello che credi e ti prego di abbassare la voce. Non dare spettacolo!>>
« Certo che è importante, altrimenti non avresti portato tutto questo parterre di ospiti, qui a godersi lo spettacolo in prima fila. Ah, non c’è bisogno che me li presenti» disse, girandosi a guardarli, mentre, in silenzio, assistevano alla scena «tanto li riconosco benissimo. Colgo anche l’occasione per farvi i miei sentiti complimenti per questi travestimenti così azzeccati, nessuno vi riconoscerebbe mai se indossate addirittura un cappellino e degli occhiali da sole. Assolutamente nessuno, state sicuri!» continuò indicando il Capitano.
«In effetti io ero molto contrariato, i travestimenti non sono il mio forte; alla fine, la fama mi precede sempre! »la interruppe Tony.
Sara lo guardò, strabuzzando gli occhi, mentre il miliardario si sfilò gli occhiali a specchio che indossava. «Tony Stark, sì, QUEL Tony Stark.» disse poi, dandole la mano. La mutante la strinse titubante, colpita più dal suo egocentrismo che dall’importanza dell’uomo con cui stava parlando.
«Questa è una parte del team al quale ti chiediamo di far parte, Sara. Loro sono gli Avangers.» si intromise Nick, cercando di essere il meno brusco possibile, senza, però, riuscirci appieno.
«Che volete?» chiese la giovane. «Ve lo chiedo per l’ultima volta e voglio informazioni chiare e dettagliate.»
«Lo S.H.I.E.L.D. ha affidato una nuova missione ai suoi agenti migliori, e ai geni più grandi di cui il pianeta disponga, tra cui, naturalmente, il sottoscritto.» spiegò Iron Man «Abbiamo bisogno del tuo aiuto per  salvare il mondo da …»
«…sono tornati. Ti cercano, ma, stavolta, scappare non servirà a niente. » arrivò al sodo Nick.
Sara alzò lo sguardo dal volto di Stark, per posarlo su quello di Fury. I suoi occhi si offuscarono con un velo di lacrime. «Che vuol dire che sono tornati? Tu … voi li avevate bloccati, loro non possono tornare. C’era scritto sui giornali. C’erano anche gli alieni e foto di New York distrutta e … tutto questo per niente?»
«I vari e precedenti tentativi non sono riusciti a sconfiggerli, ma solo a placarli. Per un po’ di tempo non li abbiamo sentiti, ma, nell’ombra, hanno elaborato un nuovo piano di conquista del mondo, a partire dall’America. » prese la parola Natasha, sapendo che Nick sarebbe stato troppo duro e Sara non avrebbe retto un colpo simile. Non di nuovo.
La mutante si appoggiò, per la prima volta, con le spalle sullo schienale, guardando il vuoto. Cercava di scacciare le lacrime, di assorbirle e farle tornare da dove erano arrivate. Si ritrovò a pensare a quante sofferenze aveva provato sulla sua pelle, a quanto odio aveva covato in quegli anni per ciascuno di loro, per tutti quegli “uomini” che l’avevano seviziata in ogni modo possibile. Tutto stava riaffiorando. La salivazione si stava annullando e il fiato non riusciva a salire fin in gola, si fermava appena prima dello sterno. C’era una specie di blocco di marmo sui suoi polmoni, che spingeva l’aria sempre più giù. Provò l’istinto di portarsi una mano attorno alla gola per allentarsi il collo alto, come se fosse una semplice maglia ad impedirle di respirare.
«È nostro dovere proteggere l’America, così come il resto della popolazione. » aggiunse il Capitano, con sincero patriottismo. A vederlo pronunciare quelle parole, pareva che se nelle sue pupille sventolassero due bandiere americane, ma Sara era troppo sconvolta e avvilita per poter apprezzare quelle iridi chiare infuocarsi per un ideale. La studentessa si portò una mano alla tempia, il mal di testa era arrivato di colpo e aveva già toccato picchi incredibili. Ultimamente, si sentiva sempre così debole, ma, allora, sembrava pronta a svenire da un momento all’altro.
«Perché vogliono proprio me?» chiese, infine, con una serietà quasi spaventosa, come fosse un robot e non più un essere umano. Non ricevette nessuna risposta, ma le bastò guardare Fury per capire che la storia si stava ripetendo, per l’ennesima volta. Tornò a fissare un punto non ben precisato del tavolo. Il silenzio attorno a sé divenne un leggero ronzio che continuava a frullarle in mente. Si sentiva così impotente, lei che di potenza ne aveva fin troppa e, proprio per questo, si trovava in una situazione simile. «Sappiamo di chiederti molto, ma il tuo aiuto potrebbe essere la svolta decisiva della nostra missione.>> fu la voce di Occhio di Falco a interrompere la calma. L’uomo, nonostante la sua spavalderia, sapeva dimostrare un ottimo spirito di squadra, al momento opportuno e, sebbene covasse molteplici riserve sulla effettiva necessità di avere Electro-Wave tra gli Avengers, capiva che l’insindacabile decisione di Fury celava la sua immensa fiducia nelle  capacità della giovane.
« Electro-Wave sarebbe un elemento utile!» concluse Tony. La ragazza portò lo sguardo su Nick. Era stato lui a fornire tutte quelle informazioni agli Avengers e chissà cos’altro sapevano. “Electro-Wave non esiste più.” pensò Sara, ma sapeva di mentire a se stessa, dicendolo. Forse, non esisteva più quell’eroe dallo strano nome, che aveva militato tra le fila degli X-men, ma, in fondo al suo cuore e al suo animo, si nascondeva la forza di quella super eroina che aveva sconfitto piccoli e grandi nemici e portato un po’ di tranquillità tra mutanti e razza umana. Così, la fanciulla dai capelli viola, si riprese da quei pensieri e con tono cupo e spaventosamente sconsolato, si rivolse a colui che, tra loro, conosceva meglio e disse: «Non finirà mai, eh Nick?» L’altro la guardò senza parlare, mentre tutti i presenti restarono impietriti a sentire tanta disperazione in quelle parole.
«Questa potrebbe essere la battaglia decisiva.» si intromise Capitan America. «Dobbiamo combattere con tutte le nostre forze o non ce ne libereremo mai.» concluse risoluto.
Sara, con le mani nei capelli, appoggiata coi gomiti sul tavolo, si voltò appena verso Steve e gli sorrise amaramente, pensando fossero tutte balle. La storia si era ripetuta tante di quelle volte da diventare, per lei, una vera e propria routine. «”Taglia una testa, altre due prenderanno il suo posto”» recitò la mutante «Almeno hanno mantenuto la promessa.»
  
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