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Autore: IvanHpEw    09/02/2016    0 recensioni
Quando tutto questo sarà finito, rimarranno soltanto l'alto e il basso, il potere di una vita scontata e la modestia di una vita infinita, la paura di morire di nuovo e l'incontro con l'eternità, la scelta da parte di un superiore e l'invito di un tentatore. Ma, filosoficamente parlando, c'è una cosa in aggiunta alle precedenti che le accomuna tutte quante: la diversità.
© Copyright - Tutti i diritti riservati a IvanHpEw. Tutti i personaggi presenti in questa storia sono stati inventati dall'autore, cosa non fatta per alcuni luoghi, che sono stati solamente modificati. Si possono trovare parecchi riferimenti al cinema.
Storia pubblicata su Wattpad il 1 Gennaio 2016.
Genere: Dark, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erwood e Danielius ci mettono un paio di secondi a capire cosa è appena accaduto, e le loro sopracciglia alla Will Poulter li fanno sembrare due che hanno appena ricevuto una pallonata in testa. Tengono le armi levate, la testa china e le gambe piegate, come dei soldati in guerra. Il mio cuore si stringe fino a diventare piccolo come una noce, e un dolore lancinante alle costole mi fa portare di scatto la mano sulla bocca per non gemere.

«Chi ca... chi sei?!» Sento sbraitare il mio migliore amico.

Dei passi appena fuori i cancelli riecheggiano per tutta la stazione, pesanti, proprio come quelli dei demoni, ma stavolta riconosco la suola di una scarpa. E sento anche lo schioccare delle dita. E vado in panico quando vedo Erwood stringere ancora di più il kalashnikov, puntato a chissà chi. Io sono ad un lato dei cancelli, quindi riesco a vedere il nuovo arrivato solamente in penombra. Scorgo con la punta dell'occhio Dusnatt alla mia sinistra alzarsi lentamente con la pistola in mano, alquanto atterrito. Si preme l'indice sul naso, dicendoci solo con le labbra di rimanere in silenzio.

Lo schioccare delle dita dell'essere dietro ai cancelli mi mette in corpo una paura che nemmeno Paranormal Activity è riuscito a trasmettermi. Sono bloccata al pavimento, impietrita, gli occhi dilatati dal terrore e dall'attesa.

«Ho detto: chi cazzo sei?!» Ripete Erwood scuotendo l'arma. Danielius fa un passo avanti, e dai passi continui e decisi fuori la stazione capisco che chiunque-sia si sta avvicinando con intenzioni molto cattive. Ad occhio e croce è un po' più alto di me, e i riflessi bui che dominano sul posto lo vestono di ombre scurissime.

L'attesa mi sta consumando i polmoni. Perché non sparano e basta? Se fossi in Erwood farei il pazzo. Quasi quasi mi alzo e sparo con la mia pistola. Ma la curiosità dentro di me non smette di avvampare come fuoco.

«Non riesco a vederlo in faccia!» Ci urla in un sussurro Erwood. Poi si rivolta di nuovo verso l'essere, e continua: «Se vuoi fare il personaggio western della situazione, tizio, fai prima a fischiare.»

«Sono soltanto io.» La voce fredda ma divertita di un ragazzo - e mi sa anche di familiare - scioglie tutti i nervi del mio corpo: non è un mostro. È solo un essere umano. Sento Erwood sbuffare e lanciare le braccia in aria.

«Corbin?» Ora Dusnatt smette di camminare lentamente e trascina velocemente i piedi oltre i cancelli arrugginiti. «Corbin! Grande figlio di puttana! Dove eri finito? Ti credevo morto, come tutti gli altri!»

Non lo riesco ancora a vedere bene, ma si è appena fermato sulla soglia dei cancelli. Quel Corbin. Il tipo che ha tentato di baciarmi alla festa. Mister io-sono-abbronzato-e-tu-no.

«Tu credi troppo e non speri mai, amico.» Parla lui per la seconda volta con un tono calmo e rilassato. Sembra abbia appena finito venti ore di sauna. «Non sono l'unico. Ce ne sono altri, in giro per il quartiere, ma alcuni si sono uniti a loro.»

«A loro? Intendi quei cosi... quei mostri cazzuti? Chi si è unito a loro?» Conviene Danielius, la fronte aggrottata. «Alcuni dei sopravvissuti si sono uniti ai demoni?»

«Calma, amico» Lo rilassa Corbin. «Sembra che sei stato appena inseguito da uomini alati.»

«Ah ah ah» La ragazza sconosciuta alla mia sinistra si alza e si avvicina ai cancelli, applaudendo. «Ora cosa vuoi, dopo questa battuta del cavolo, un premio Nobel?»

«Cosa dicevi?» La interrompe Erwood schioccando le dita. «Chi si è unito ai demoni?»

Corbin risponde quasi immediatamente.

«Il fumo nero che tutti noi abbiamo visto trasforma gli umani in quei uomini alati. Quei cosi non vengono dall'inferno, cari miei. Quei mostri sono tutte le persone della festa uccise e trasformate! Io l'ho visto, diamine. Ho visto come la pelle di Josh si è ritirata e bruciata in pochi istanti. Ha iniziato a divincolarsi tutto, poi ha perso una quantità abnorme di sangue e... sì, gli sono spuntate quelle cazzo di alette con le vene rosse!»

«Dimmi che mi prendi in giro...» Sussurra Dusnatt muovendo appena le labbra. Mariangel si alza, e così anche io. Ora a terra non c'è più nessuno, se non la paura che ci ho lasciato io.

«No.» Sussurra a sua volta Corbin. Ora, quando mi posiziono accanto a Danielius, lo vedo finalmente bene in faccia. Un raggio di luna gli illumina metà volto. I suoi occhi grigi screziati d'arancione brillano come fiammiferi dai colori tristi, e le sue sopracciglia grosse e irsute sono arricciate all'insù, come curiose.

«Ehilà, guarda chi abbiamo qui» Dice appena mi guarda. Ha uno sguardo così intenso che pare che mi faccia male la testa solo a guardarlo. Io non mi degno nemmeno di salutarlo con un piccolo cenno, esecrandolo totalmente. Me ne sto qui, tra Danielius e Mariangel. Siamo tutti posti a semicerchio, con Corbin Harper in mezzo. I suoi capelli spazzolati all'indietro sembrano grigi sotto il bagliore della falce di luna nel cielo.

«Mi stai dicendo che quel fumo ti fa diventare un mostro? Non ci credo.» Annuncia Mariangel, incrociando le braccia.

«Puoi anche non crederci» Sibila il nuovo arrivato fissandola nello stesso modo in cui si mi ha guardata pochi secondi fa. «Ma questi» e si porta l'indice sopra un occhio «hanno visto tutto quanto.»

«Ehi» Sussurro improvvisamente io, sorprendendo anche me stessa. «Non che te lo abbiamo ancora chiesto, ma non ci hai ancora spiegato com'è possibile quella cosa... dall'altro te, insomma... gli hai appena sparato.»

«Ah, ti riferisci alla mia copia?»

Io e i miei amici annuiamo. Sembravano averlo dimenticato tutti, che Corbin aveva sparato al fantasma di se stesso. Che con vari colpi aveva annichilito la sua copia-fantasma.

Corbin Harper spalanca la bocca di scatto, come se fosse pronto a spiegare qualcosa di impossibile, ma poi dice semplicemente: «Non ne so niente. Dopo le esplosioni a casa di Dusnatt sono scappato via, facendo il giro largo, e non per Peckham Road come avete fatto voi.»

Quando la mia mente si chiede come Corbin faccia a sapere che abbiamo percorso Peckham Road, lui fa una piccola pausa, come se mi volesse far pensare in silenzio. In quel momento, non riesco più a pensare. I suoi occhi grigi e arancioni sono come vecchie calamite arrugginite. Poi continua.

«Avete qualche problema col mio fantasma?»

«A me è successa la stessa cosa» Gli dico gelida, usando il suo stesso tono. Mi continua a fissare con un'aria alquanto irritante, per i gusti miei. «Poco fa, prima che entrassimo nella stazione. Una me nuda ci ha sbarrato il passo. Erwood le ha sparato. E lei è scomparsa, proprio come è successo con te.»

La sfumatura arancione negli occhi di Corbin si illuminano per un attimo.

«Quindi è apparsa? Voglio dire...» Si affretta a dire scuotendo la testa, sempre con quel tono calmo e lento. «È comparsa così? All'improvviso?»

Gli annuisco, fissando le sfumatura luccicante nei suoi occhi spegnersi di colpo.

«E perché sei così calmo, uomo? Perché schioccavi le dita come se fossi appena uscito da un pub?» Lo incalza Erwood rifilandogli un'occhiata sospettosa.

«Semplicemente per il fatto che non faccio mai sopraffare la paura di aver paura.»

«Chi te l'ha data la pistola?» Ora Erwood sembra un poliziotto che interroga un criminale. Abbasso lo sguardo: Corbin tiene in mano una piccola e compatta pistola d'acciaio luccicante.

«Quando è esplosa la villetta mi sono ritrovato questa sotto il viso, in strada.» Dice alzando l'arma. «Dusnatt, per caso tieni armi dentro casa?» Domanda curioso voltando lentamente la testa su Ciuffo Viola, che annuisce un po' impacciato. Dopo qualche secondo di silenzio, spiega al nuovo arrivato della collezione del padre.

«Quella che tieni in mano è una Star Model B, usata in Pulp Fiction da Jules» Spiega ancora Dusnatt come se stesse dicendo quante stagioni ci sono in un anno.

«Ammirevole» Sussurra freddo Corbin alla fine.

«Sai, Corb» Dico l'ultima parola disegnando nell'aria due grosse virgolette con le dita. «Sei davvero un tipo inquietante.»

Quanto è vero. È troppo vero. Alla festa ha cercato di baciarmi come se fosse una cosa normalissima. "Stai tranquilla, volevo solo baciarti". Ma come poteva permetterselo? Per poco nemmeno i miei peluche mi baciano in bocca senza il mio permesso! E poi l'aria con cui era arrivato ai cancelli... Così calmo e rilassato. Aveva detto che non sapeva niente sulla sua copia-fantasma. Che aveva fatto il giro largo. E che si era trovato casualmente una pistola sotto il naso dopo il grande boom.

Non so voi, ma a me queste storielle sanno un po' di falso.

«Grazie del complimento, mi stai chiarendo sempre di più le idee.» Con questo, fa scivolare l'arma d'acciaio nella cintura di pelle che porta e ci supera. Ma cosa vuole dire con "chiarire le idee"? È già la seconda volta che me lo dice. Il fatto che lui possa permettersi un'aria spaventosa non gli consente di parlarmi così e cercare di baciarmi quando vuole. Solamente ora noto com'è vestito: strettissima camicia nera Oxford e jeans blu cobalto strappato. Non che l'abbia comprato strappato. Qui nella Macchia del Sud la maggior parte della popolazione porta i pantaloni strappati per due motivi: o perché ha solamente quel paio di pantaloni, o perché ha solamente quel paio di pantaloni.

Come al solito, i miei pensieri vengono sempre interrotti da qualcosa. Se sto a casa buttata sul letto a pensare, il vetro delle bottiglie di mio padre interrompono il mio flusso di pensieri. Se sto sul bus, è qualche tizio che mi domanda cose stupide. Se sto con Erwood, e questo ve lo dovete ricordare, penso solamente qualche secondo. Con lui non ci si può nascondere dalla realtà e fare film mentali. Se si sta con lui, ci si gode la vita. E ora i miei pensieri vengono interrotti da un fruscio, perché questa notte sembra non volerla finire con le strane apparizioni.

Una figura vestita di bianco appare di colpo davanti ai cancelli della stazione, alle nostre spalle. Noi tutti ci voltiamo, e i miei occhi ambra si posano immediatamente sulle labbra angeliche di una donna magra e i capelli castani raccolti in un coda di cavallo. I suoi zigomi si contraggono quando vede tutto il sangue che ha Erwood sul corpo. Lui la guarda un po' confuso, rimanendo stordito davanti a quello spettacolo di donna tanto bella quanto sconosciuta. Prendete l'attrice più bella al mondo e unitela con la bellezza di milioni di stelle, e buttateci sopra il vestito più elegante ma semplice che abbiate mai visto. Ecco. Questa donna è così. Prendete i colori più belli e le sfumature più accentuate e sparpagliateli in due bocce di vetro scintillanti. Ecco. Questi sono i suoi occhi. Poi prendete i panorami migliori al mondo e mischiateli con la cosa più soffice che abbiate mai toccato. Ecco. Questo è il suo corpo.

L'unico che le punta la pistola contro è Corbin, che mi spinge per farsi spazio, improvvisamente aggressivo. Corbin e la donna si guardano per lunghissimi attimi, come se stessero dialogando con la telepatia, mentre noi ragazzi intorno a loro li fissiamo come se stessimo aspettando il famoso colpo di scena di una scrittrice famosa.

Le sopracciglia di Corbin si abbassano di qualche centimetro, ma i suoi occhi rimangono diritti sulla donna in bianco, come se delle corde attaccate a lei gli incatenassero l'iridi grigie. Lei lo guarda sorridendo, e mi accorgo di dover strizzare gli occhi mentre le sue labbra si piegano in un sorriso. Sono così carnose che farebbero invidia perfino a una donna rifatta. Ma non è un sorriso gioioso, bensì un sorriso del tipo ma-guarda-chi-si-rivede. E poi, come se fosse la cosa più normale al mondo, la donna - che mi ricorda la dea posa leggermente le sue labbra su quelle di Corbin, abbassandogli la mano che regge la Star Model B. Sento lo schiocco della loro pelle quando lei si stacca, continuando a sorridere.

Mi ricordo della necessità di respirare solamente quando la donna, che sembra sulla trentina, sposta i suoi occhi azzurri su di me, ma rimanendo con la testa ferma. Poi, mi parla.

«Hanno puntato su di te?»

«Sì.» Il sibilo mi esce dalla bocca prima che possa veramente accorgermene. È ovvio che si sta riferendo ai demoni neri. È una cosa lapalissiana, per me.

«Qual è il tuo nome, ragazza?»

Non ragiono nemmeno sul perché debba dire il mio nome ad una sconosciuta. La mia mente è in stallo, cullata dal viso etereo della donna.

«Il mio nome è Colleen. Colleen Hardy.»

   
 
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