Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: SusanButterfly    09/02/2016    1 recensioni
[Storia partecipante al "Percy/Nico e il lieto fine che avrebbero meritato" Contest indetto da rhys89 sul forum di EFP]
Cosa succederebbe se Percy e Nico, per aver scelto di litigare proprio al momento sbagliato, fossero costretti per punizione a vivere l'uno nel corpo dell'altro per un mese?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Annabeth Chase, Dioniso, Percy/Nico
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[Storia partecipante al “Percy/Nico e il lieto fine che avrebbero meritato” Contest indetto da rhys89 sul forum di EFP]

Under my skin




Un ritmico e fastidioso bussare interruppe il sonnellino pomeridiano di Nico.
Si alzò dal letto di malavoglia, borbottando maledizioni nei confronti di chiunque si trovasse oltre la porta. L'aprì, ritrovandosi faccia a faccia con un ragazzino della casa di Ermes dall'espressione furba e con i capelli spettinati. Non appena vide Nico, la sua faccia mutò e cominciò a spostare il peso da un piede all'altro, nervoso.
-Chirone mi ha mandato a chiamarti... dice che ha un incarico molto importante per te.-
Nico grugnì. -Arrivo subito, anche se Chirone sa perfettamente che a quest'ora dormo.- afferrò dall'appendiabiti il suo fedele giubbotto, si fissò la spada alla cintura e uscì dalla Casa di Ade.
Chirone, come il giovane figlio di Ermes lo aveva avvisato, lo stava effettivamente aspettando davanti alla Casa Grande. -Ti chiedo scusa per averti svegliato, Di Angelo, ma Percy Jackson è partito questa mattina per Manhattan e ci serve un sostituto che addestri i piccoli con la spada.-
-E avete pensato a me?- Nico avvertì una strana sensazione al solo sentir pronunciare il nome di Percy.
Chirone si strinse nelle spalle: -Beh, perché no? Sei un ottimo spadaccino, il migliore del Campo dopo Percy. È solo per una settimana.-
-Immagino di non avere alternative. A che ora comincia l'allenamento?-
-Dopo cena.-
Finito di mangiare, Nico si diresse all'arena, sulle cui gradinate trovò una ventina di piccoli semidei chiassosi tra i sei e gli undici anni, in trepida attesa del loro insegnante. Probabilmente nessuno li aveva avvisati dell'assenza di Percy, poiché quando videro comparire Nico i visi di tutti si colorirono di stupore.
-Jackson sarà assente per una settimana.- esordì Nico rivolgendosi al suo gruppo di allievi. -Nel frattempo, sarò io ad allenarvi.-
Queste parole furono accolte da varie reazioni, tutte ugualmente testimoni di una generale delusione. Nico si costrinse a non prenderla a male, dicendosi che i capricci di un branco di marmocchi non gli avrebbero di certo cambiato la vita. Era lì per un suo preciso dovere e lo avrebbe portato a termine con professionalità.
-Per prima cosa un po' di riscaldamento.- ordinò, e tutti i ragazzini sfoderarono le spade senza fare storie.

Una sera Nico camminava nei dintorni della foresta, meditando tra sé e sé. Ad ogni minimo rumore, la sua mano si stringeva sull'elsa della spada nera, pronta a brandirla contro qualsiasi mostro che avesse avuto l'ardire di desiderare un figlio di Ade per cena.
Pensava a quei tre giorni passati ad addestrare i piccoli semidei, rendendosi conto che ogni lezione lo aveva lasciato con un vuoto allo stomaco. Non che i ragazzini non rispettassero la sua autorità; al contrario, nessuno si era mai permesso di sollevare obiezioni e tutti avevano obbedito ai suoi comandi come un piccolo esercito ben compatto.
Anche se si sarebbe fatto tagliere la lingua piuttosto che ammetterlo, qualche volta, nascosto nell'ombra, Nico aveva assistito alle lezioni di scherma che Percy impartiva ai suoi allievi. Benché in quei momenti la sua attenzione fosse tutta per il ragazzo più grande, Nico aveva notato che i ragazzini scherzavano spesso con Percy, spesso disubbidendo di proposito ai suoi ordini, anche se lo rispettavano e ammiravano tutti.
Al Campo Mezzosangue si conoscevano tutti, erano una grande famiglia, e perciò Nico non poteva attribuire la soggezione che i bambini provavano per lui al fatto che non lo conoscessero bene.
Molto semplicemente, lui era Nico Di Angelo, figlio di Ade. Non ispirava tenerezza o fiducia, e così sarebbe sempre stato, anche se avesse salvato il mondo da solo.
Con un calcio liberò la strada da un sasso, borbottando tra sé maledizioni contro Chirone che, pur sapendo che non avrebbe avuto successo, gli aveva affidato quel compito ingrato.
Riuscì inspiegabilmente a resistere per il resto della settimana, istruendo regolarmente i ragazzini che diminuivano di lezione in lezione. Chi per un'improvvisa influenza, chi per compiti di straordinaria importanza quali soccorrere ninfe o sirene. Nico intuiva che erano tutte scuse, ma voleva far finta di non saperlo.
Finalmente giunse domenica sera, e terminato l'allenamento poté ritirarsi nella Casa di Ade per godersi un meritato riposo e la tanto agognata solitudine.
Si era appena coricato sul letto, sospirando di sollievo, quando qualcuno entrò trafelato senza neppure curarsi di bussare. Solo una persona era capace di un gesto simile. Nico, provando un misto di stizza e agitazione, si alzò e andò incontro a un sorridente Percy che lo aspettava sulla soglia.
-Vedo che sei tornato.-
-Già- disse Percy; a differenza del solito, al posto della maglietta arancione del Campo indossava una felpa da baseball dei New York Yankees. -Chirone mi ha raccontato della tua breve carriera da allenatore. Mentre stavo venendo a trovarti, Jade e Kevin mi sono corsi incontro felici come una Pasqua. Insomma, sembrava che fossi stato via dei mesi! Sei stato un così pessimo insegnante?-
Nonostante il sorriso di Percy e il benevolo luccichio dei suoi occhi suggerissero che stava evidentemente scherzando, Nico si sentì ribollire il sangue nelle vene. Da anni ormai si chiedeva come il ragazzo potesse essere così cieco da non accorgersi della cotta che aveva per lui, e così stupido da non aver ancora capito quali argomenti lo ferissero. L'avversione che tutti parevano provare nei suoi confronti – come ad esempio quei due ragazzini nominati da Percy – era uno di quelli.
-Facile parlare per te.- rispose, la voce carica di astio. Il ragazzo più grande inarcò le sopracciglia, confuso. Era il solito adorabile ingenuo, il cui intento non era certo quello di offendere. Nico però era troppo arrabbiato e frustrato da quella settimana per poterci pensare. -Tutti ti adorano: Percy Jackson, il grande eroe che ha salvato il mondo ben due volte!- continuò, avvicinandosi a lui e costringendolo ad uscire dalla Casa. Si ritrovarono sullo spiazzo di fronte, ma a Nico non passò minimamente per la testa l'idea che avrebbero potuto disturbare qualcuno.
-Non ho deciso io di prendere il tuo posto con quegli stupidi marmocchi, Jackson, è stato Chirone ad ordinarmelo! Io non sono un eroe come te, è inutile che tutti me lo rinfaccino continuamente. Sembra proprio che non sia cambiato nulla da quando è finita quella dannata guerra... sì, ci sono stati i falò, le canzoni e i marshmallows, tutti quei “Oh, Nico, adesso sei uno di noi, hai anche tu una casa”... ma alla fine è rimasto tutto uguale a prima!-
-Nico, io...- borbottò Percy. -Non volevo mica offenderti!-
Il ragazzo più piccolo non diede segno di essere affatto colpito dalle sue scuse. -Io volevo solo dormire in santa pace dopo aver sgobbato tutto il pomeriggio al posto tuo, Jackson, e invece devo anche sorbirmi le tue battutine!-
L'espressione di Percy cambiò. Era un ragazzo di buon cuore, disposto sempre a chiedere scusa, ma quel comportamento lo esasperò. -Adesso smettila, Nico! Non ti volevo offendere, anzi, non sarei neppure dovuto venire a salutarti. Ma sai perché sono venuto? Perché sono un perfetto idiota, proprio come tu pensi, e in questa settimana lontano dal Campo mi eri mancato!-
Le guance di Nico si colorirono leggermente a quelle parole, ma per fortuna il buio impedì all'altro ragazzo di accorgersene. Nel frattempo, incuriositi dalle urla, alcuni ragazzi erano usciti dalle varie Case.
-Dovresti comunque evitare le tue solite battute irritanti, Jackson, perché mentre tu ti facevi la tua bella vacanza io ero relegato qui ad adempiere alle tue mansioni!- continuò Nico.
Percy stava giusto rispondendogli a tono quando, con un lampo viola, un tizio in un pigiama leopardato si materializzò proprio fra i due litiganti.
Dall'espressione torva del signor D e dalla lattina di Diet Coke che stringeva in mano era facile capire che lo avevano disturbato in un momento di relax, il che rendeva la situazione estremamente peggiore. I due semidei ammutolirono all'istante.
-State facendo un tale baccano che tutto il Campo si è svegliato a causa vostra!- esclamò il dio del vino. Indossava un completo da casa leopardato, ma nessuno dei due ragazzi si azzardò a ridere. -Non che mi interessi per quale motivo state litigando, anzi, vi lascerei scannare molto volentieri, ma siete un disturbo per la quiete pubblica!-
-Percy si è sentito in diritto di...- cominciò Nico, e Percy in contemporanea disse: -Nico mi ha gridato contro senza che...- entrambi volevano dire la propria, ma si zittirono non appena gli occhi fiammeggianti del direttore del Campo saettarono dall'uno all'altro.
-Mi pare di avervi detto, signorino Di Angelo, che non m'interessa! Visto che siete così arroganti, forse per non disonorare il nome dei vostri cari papà, ho deciso che vi punirò in maniera originale, dato che stasera mi sento creativo. Credi che la vita del tuo amico qui sia così più facile della tua, figlio di Ade?-
Nico, passato il timore iniziale, alzò il viso e fronteggiò il signor D. Si sentiva dalla parte della ragione, e per questo non intendeva comportarsi come chi riceve una punizione sapendo di meritarla. -Sì, decisamente.-
-E tu, Johnson?-
Percy guardò prima Nico e poi il signor D. -Jackson; e io... veramente...- cercò di rispondere. -Oh, in fondo non m'interessa la tua opinione. Comunque, vi darò una lezione di vita: resterete l'uno nel corpo dell'altro per un mese intero, poteri semidivini compresi. Non pensate di divertirvi andandolo a dire ai vostri amichetti, perché la pena è un altro mese per ogni persona che verrà a sapere, anche non direttamente da voi, del vostro scambio.-
Entrambi i ragazzi esclamarono un “Cosa?!” sgranando gli occhi. Prima che potessero dire altro, provarono una sensazione di vuoto e stordimento, ma fu solo un attimo.
Quando riaprì gli occhi, Nico vide davanti a sé Nico Di Angelo.
Abbassò lo sguardo sul proprio corpo: non indossava il suo fidato giubbotto da aviatore, bensì una felpa da baseball, dei jeans e delle scarpe da tennis.
Davanti a lui, Nico Di Angelo che non era Nico Di Angelo esclamò: -Signor D! Che diavolo ha fatto? C'era bisogno di arrivare a tanto?!- -Vedi di calmarti, Johnson...- disse il signor D. -Sì, c'era bisogno, dato che avete svegliato tutto il campo. E adesso, con il vostro permesso, mi congedo. Divertitevi con i vostri nuovi corpi!- e sparì in una nuvola violetta, lasciando dietro di sé un lieve odore di vino.
Nico guardò Percy, ancora incredulo di trovarsi nel corpo del figlio di Ade, e si chiese per quale motivo, dopo anni di combattimenti e guerre mortali, non avesse ancora imparato quando era il momento di chiudere la bocca.

Il suo primo giorno nei panni di Percy Jackson non fu affatto piacevole.
Per la notte aveva deciso di occupare uno dei letti inutilizzati della Casa di Poseidone, poiché l'idea di dormire nel letto di Percy lo imbarazzava da morire. Al mattino si alzò, sobbalzando dalla sorpresa quando nello specchio vide lo stesso volto che popolava i suoi sogni. Si passò una mano tra i folti capelli neri, mentre i luminosi occhi verdi del riflesso ricambiavano il suo sguardo.
Non sarebbe mai riuscito ad abituarsi.
La mattina e il pomeriggio li passò in giro per il campo e nella foresta, dove pareva che ci fosse sempre bisogno di Percy Jackson. I semidei più piccoli lo idolatravano come una star del cinema, e per questo si rivolgevano spesso a lui quando avevano qualche problema. C'erano mostri pericolosi nella foresta? Andavano a chiamare Percy Jackson. Le sirene avevano qualche problema? Dicevano al primo semidio di passaggio che andasse a chiamare Percy Jackson. Come se non bastasse, i pegasi lo detestavano. Era come se percepissero che in lui risiedeva l'anima di un figlio degli Inferi, e preferivano stargli alla larga, quindi le esercitazioni risultavano parecchio complicate.
Nico arrivò al padiglione per la cena che le gambe non riuscivano a reggerlo per la stanchezza. L'ottimo cibo del Campo Mezzosangue lo ristorò un poco, facendogli tornare un briciolo di energia in corpo, ma non aveva fatto i conti con l'allenamento di scherma dei ragazzini, che si teneva dopo cena.
Quando poté tornare alla Casa di Poseidone, crollò sul letto e si addormentò all'istante.
Passò un altro giorno esattamente identico, ma il terzo giorno arrivò una novità. Un gruppetto di semidei era tornato da un'impresa, e tra di essi vi era anche Annabeth Chase.
La ragazza lo venne a cercare alle otto del mattino, quando ancora Nico era tra le braccia di Ipno. Non fu una bella sorpresa trovarsela alla porta; Annabeth non le era mai piaciuta.
Sapeva che lei e Percy non stavano più insieme da parecchio, però il ricordo dei tempi della loro relazione per lui bruciava ancora come una ferita aperta.
Si sforzò di comportarsi in maniera naturale, come avrebbe fatto Percy, in modo da non far sospettare Annabeth di nulla. Lo sforzo era doppio, triplo forse, dato che si trattava di una figlia di Atena, e per giunta di una così brillante.
Trascorsero la mattinata al lago delle canoe, e Annabeth gli raccontò della sua impresa. Nico tentò di ascoltare, benché la sua sola vista gli procurasse i crampi allo stomaco. Gli tornavano alla mente immagini che avrebbe tanto voluto dimenticare: Percy che stringeva tra le mani quei ricci biondi, mentre la baciava sulla spiaggia con gli occhi chiusi.
-Abbiamo passato anche un paio di giorni al Campo Giove.- disse Annabeth, lanciando un sasso nell'acqua.
-Ah, sì? Ed è successo qualcosa di interessante?-
-Bhe, lo sai che i pretori hanno degli appartamenti privati...- sul viso di Annabeth si dipinse un sorrisetto malizioso, e Nico rimase sorpreso. Probabilmente Percy avrebbe saputo a cosa stava alludendo la sua amica, ma lui non ne aveva la più pallida idea, e ora rischiava di farsi smascherare. Strinse le labbra, si disse “Ragiona, Nico, usa la testa”.
Annabeth e Percy non stavano più insieme, e dall'espressione di lei era chiaro che avesse un'altra relazione adesso. Poi aveva detto quella cosa sui pretori, e significava dunque che il suo nuovo ragazzo era un pretore del Campo Giove. Per tutti gli dei... Jason!
“Ma Piper?” si domandò Nico, ricordando che i due erano fidanzati. “Jason ha una relazione clandestina con Annabeth alle spalle di Piper?! Possibile che mentre Piper è qui, Jason ne approfitti per tradirla?”
Non gli sembrava possibile, non da parte del Jason che conosceva lui.
-Piper che ne pensa?- domandò, spinto dalla curiosità.
-Pensa che siamo davvero una bella coppia, e che io e lei in comune abbiamo anche la passione per i pretori romani.- ridacchiò.
Nico era sempre più confuso. Jason era pretore, e Percy lo era stato, perciò fin lì tutto filava liscio; ma come poteva Piper essere d'accordo sul fatto che la sua migliore amica stesse con il suo ragazzo?
-Ma Piper... insomma, si sono lasciati?-
-A chi ti riferisci?-
-Bhe, a Piper e al tuo pretore romano, mi sembra ovvio.-
Annabeth lo guardò alzando un sopracciglio. -Non mi risulta che Piper e Reyna siano mai state insieme.-
Nico per poco non sobbalzò. Si impose di restare impassibile, come se avesse soltanto fatto finta di non capire di cosa stesse parlando Annabeth, anche se dentro di sé era sconvolto. Non aveva idea che ad Annabeth interessassero le ragazze, né tanto meno quella che lui considerava la sua migliore amica. Si appuntò mentalmente di dirne quattro a Reyna per non avergli parlato di quella faccenda.
Rivolse ad Annabeth qualche domanda, il più vagamente possibile, e riuscì ad apprendere che stava con Reyna da ben un mese.
Quando il sole tramontò dietro le colline e si alzarono per avviarsi al padiglione, Nico provò per la prima volta un moto di simpatia nei confronti di Annabeth, come se prima avesse temuto ancora la sua concorrenza.

Qualche giorno dopo stava camminando con Annabeth sulla spiaggia; era sera e stando in silenzio si poteva udire lo scroscio delle onde che s'infrangevano sulla riva.
Stavano parlando dell'argomento preferito di Annabeth: Reyna. Nico cercava di ascoltare soltanto lo stretto indispensabile per poter rispondere a un'eventuale domanda, in modo da non far sospettare alla ragazza che la stesse ignorando. Ad un tratto, però, lei se ne uscì con una frase del tutto inaspettata: -Sai, Percy, mi dispiace vederti tutto solo.- disse. -Credo che dovresti raccogliere il coraggio e dirglielo una volta per tutte.-
-Cosa? Dire cosa a... a chi?- esclamò Nico, arrossendo e fermandosi sulla sabbia.
-Come a chi? A Nico, ovviamente!- Annabeth lo guardò con un mezzo sorriso che scombussolò ancora di più i suoi pensieri.
-A cosa ti riferisci?- domandò ancora lui, cercando di risultare calmo e composto.
-Dai, Testa d'Alghe, smettila di fare l'idiota. Sai benissimo a cosa mi sto riferendo: anche i sassi tra un po' si saranno accorti che ti piace da impazzire. È palese che lui ti ricambi e stia solo aspettando che tu faccia il primo passo, perciò dovresti dirglielo. Con Reyna il primo passo l'ho fatto io.- accompagnò le ultime parole con una strizzatina d'occhio. Nico si sentì letteralmente sprofondare. Al diavolo la copertura, la calma apparente e tutto il resto: restò immobile come un palo, a bocca aperta.
La prima cosa che gli passò per la mente dopo lo shock iniziale fu che Annabeth lo stava prendendo in giro, ma poi la guardò e capì che era seria, e da come aveva parlato era chiaro che Percy stesso gli avesse confessato quella cosa.
Pensò che doveva dare una risposta ad Annabeth, anche se le parole faticavano a formarsi nella sua mente, completamente vuota fatta eccezione per una frase: Ti piace da impazzire.
-Che intendi con... “è palese che lui ti ricambi”?- domandò senza pensarci; però gli interessava davvero sapere se la sua cotta fosse così terribilmente evidente.
-Oh, Testa d'Alghe, non bisogna essere figli di Atena per notare che ti guarda con gli occhi luminosi, arrossisce, e poi una volta... l'ho visto accidentalmente vicino all'arena proprio mentre stavi facendo lezione ai ragazzini.-
Nico arrossì fino alla punta del naso, ma per fortuna era già buio e la ragazza non lo notò.
-Ah... uhm... ci penserò.- fu la sua risposta definitiva, assai intelligente, prima che si rimettessero in cammino verso le rispettive case.

Finalmente arrivò l'ultimo giorno. Nico stava passeggiando da solo intorno al laghetto delle canoe, pensando che il giorno dopo si sarebbe svegliato nel suo corpo e quella specie di stupida prova sarebbe finita. Un risvolto positivo lo aveva avuto, però, ed era stato fargli scoprire che Percy ricambiava i suoi sentimenti.
Ripensandoci, gli sembrava ancora assurdo.
Da anni ormai credeva di essere senza speranze, pensava che a Percy piacessero soltanto le ragazze e che lui avrebbe solo potuto continuare a guardarlo da lontano, irraggiungibile e splendido come un dio.
Quella rivelazione aveva completamente sconvolto tutte le sue certezze, e aveva visto un intero mondo di possibilità dipanarsi davanti ai suoi occhi. Si sentì contorcere piacevolmente lo stomaco all'idea di potersi finalmente liberare di quel fardello e dire a Percy cosa provava per lui.
Mentre rifletteva guardando il lago, udì un rumore di passi veloci e si voltò. Un ragazzino per poco non lo travolse: era Miles, uno dei suoi giovani allievi di scherma, sudato e pieno di tagli. Ansimava per via della corsa, e le sue guance erano arrossate.
-Che cos'è successo?- domandò Nico al ragazzo.
-Percy... devi andare subito... nella foresta, al Pugno di Zeus... Nico Di Angelo è in pericolo...- Miles stava per aggiungere qualcos'altro, probabilmente uno straccio di spiegazione per quelle ferite che aveva sulle braccia, ma Nico non poté sentirlo perché stava già correndo verso la foresta.
Corse fino a rimanere senza fiato, scorticandosi le braccia grazie ai rami e rischiando più volte di inciampare. Nella sua mente era fisso il pensiero di Percy in balia di chissà quale mostro, indifeso e solo, e anche secondo di ritardo avrebbe potuto significare la sua morte.
Percy era un semidio di prim'ordine, certo, ma se aveva avuto gli stessi problemi di Nico con il “nuovo corpo”, allora significava che avrebbe avuto serie difficoltà a combattere contro qualsiasi cosa.
In quei giorni aveva più volte tentato di usare i poteri semidivini di Percy, con scarso successo. Proprio come accadeva con i pegasi, anche l'acqua sembrava essere a conoscenza della sua vera anima, e si rifiutava di obbedirgli.
Arrivò al pugno di Zeus con il fiatone. Davanti ai suoi occhi si presentò una scena spaventosa: un enorme segugio infernale torreggiava sopra un semidio vestito di nero che si reggeva un braccio sanguinante, negli occhi un cieco terrore.
Nico si slanciò in direzione del suo vecchio corpo, sfoderando dalla tasca la fidata penna a sfera di Percy, che si trasformò all'istante in una spada bronzea. Il segugio infernale si voltò nella sua direzione proprio mentre Nico sollevava la spada, per poi calarla disegnando un arco. Mozzò di netto un orecchio alla belva, che ululò di dolore e rabbia e gli puntò addosso due occhi rossi carichi d'odio. Per fortuna aveva almeno distolto l'attenzione da Percy.
Una valanga nera piombò addosso a Nico, che evitò di farsi staccare la testa per un pelo, rotolando di lato. Con la coda dell'occhio vide Percy rialzarsi a fatica, impugnando con la mano libera la spada di ferro dello Stige. Il suo braccio destro grondava sangue; se non si fossero sbrigati ad andare in infermeria, quella ferita avrebbe potuto avere conseguenze davvero gravi.
Nico aveva difficoltà a combattere con il corpo di Percy, perciò tutto ciò che riusciva a fare era saltellare da un punto a un altro mentre le zanne del segugio infernale schioccavano a pochi millimetri dalla sua faccia. All'improvviso, si ritrovò senza rendersene conto con la schiena premuta contro il Pugno di Zeus, e la spada gli volò via di mano quando il mostro lo colpì con una delle poderose zampe.
Come ultima risorsa, provò a concentrarsi sull'acqua che scorreva nel sottosuolo. Le ordinò di fuoriuscire sotto forma di geyser e di mandare a gambe all'aria quel cagnaccio, ma niente da fare: l'acqua lo ignorò.
Impugnò la spada con entrambe le mani; era pieno di graffi e completamente sporco di terra.
Il segugio infernale lo guardò per qualche attimo, come a volersi gustare la sua espressione terrorizzata, quindi si slanciò in avanti. Nico vide la morte in faccia, ma il muso del mostro si immobilizzò a un paio di centimetri dal suo viso. Il segugio cadde nella polvere, dissolvendosi mentre tornava nel Tartaro, e Nico scoprì un guerriero scheletrico con una spada arrugginita in pugno.
Ancora sconvolto e spaventato, si guardò intorno per cercare di capire da dove fosse saltato fuori.
Percy era in ginocchio, la spada nera abbandonata al suolo. Sembrava sul punto di svenire, stremato dopo essere riuscito ad evocare quel guerriero.
Nico corse verso di lui e lo prese tra le braccia; si stupì notando quanto il suo corpo fosse leggero. Raccolse anche la sua spada, quindi partì di corsa verso l'infermeria.

Medicarono anche lui, dato che gli artigli del segugio infernale gli avevano procurato una ferita al braccio. Quando ebbe mangiato un cubetto di ambrosia e si sentì meglio, andò a vedere come stava Percy.
Lo trovò sdraiato in un letto, il braccio ferito era fasciato e qualcuno aveva ripulito il suo viso dal terriccio e dal sangue. Dormiva, con un'espressione beata in volto. Per Nico era terribilmente strano vedere il suo corpo da quella prospettiva.
Si sedette accanto al letto, ma proprio in quel momento dal nulla apparve il signor D.
-Oh, ma guarda chi si rivede!- esclamò il direttore del Campo Mezzosangue. Nico provò un moto di rabbia, ma si costrinse a restare in silenzio.
-Mi sarebbe piaciuto vedervi ancora un po' in difficoltà, ma devo ammettere che avete superato la prova, pur rischiando un braccio, nel caso del signor Perry Johnson. Vi restituisco i vostri corpi e torno a occupazioni più interessanti.- furono le sue ultime parole, prima di dissolversi nuovamente com'era comparso.
Nico provò la stessa sensazione di vuoto di un mese prima, ma quando riaprì gli occhi vide il tetto bianco dell'infermeria. Impiegò un paio di secondi a rendersi conto che ora si trovava lui disteso a letto, e il braccio gli doleva terribilmente nonostante l'ambrosia e i medicamenti dei figli di Apollo.
Percy era seduto su una sedia al suo capezzale. -Come stai?- gli domandò il ragazzo.
-Mi fa male il braccio.- rispose Nico. -Però è bello riavere il proprio corpo.-
-Anche per me.- Percy arrossì. -Cioè... non che il tuo fosse male, però...-
Nico ridacchiò. Non lo faceva quasi mai, ma vedere Percy così imbarazzato era impagabile. -Ti devo delle scuse.- disse il figlio di Ade. -Per aver detto che la tua vita è molto più facile della mia. Ho provato sulla mia pelle che non è affatto così.-
Percy sorrise. -Anche io ti chiedo scusa, e nemmeno la tua vita è una pacchia. Per riuscire ad evocare quello zombie per poco non sono morto di fatica!-
Nico rise, dimenticandosi del dolore al braccio. -E tu come fai a sopportare quei ragazzini?-
Tra chiacchiere e risate, si rese conto che Percy aveva avvicinato la sedia al letto ed era a pochi centimetri da lui. Erano soli nella stanza, e poteva sentire il suo profumo di mare.
Gli tornò in mente ciò che gli aveva detto Annabeth sulla spiaggia. Che fosse proprio detto la verità? Voleva credere di sì, e inoltre c'era un solo modo per provarlo.
Stava pensando alle parole giuste per dichiararsi a Percy, arrossendo inevitabilmente, ma non dovette fare proprio nulla, poiché il ragazzo più grande sussurrò: -Comunque, è stato un onore essere te per un mese.-
E Nico non ebbe la possibilità di balbettare una risposta, perché le labbra di Percy furono sulle sue.
Perse completamente la testa: la timidezza lasciò il posto a un sentimento represso troppo a lungo, le dita di Nico strinsero i capelli corvini di Percy, la sua lingua si insinuò nella bocca di lui, impaziente.
Si udì un cigolio, ma nessuno dei due ragazzi accennò a voler interrompere il bacio.
Will Solace rimase pietrificato sulla soglia della stanza, per poco i medicinali che portava in mano non rovinarono al suolo. Alla fine però sorrise, voltandosi per lasciare da soli i due ragazzi. -Sembra che il tuo braccio possa aspettare, Di Angelo.-
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: SusanButterfly