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Autore: Rebecca_Daniels    10/02/2016    0 recensioni
"Era tutti i colori della tavolozza ed Harry ne era irrimediabilmente attratto. Voleva sporcarsi con quelle tinte e non gli importava se fossero indelebili, perché aveva come la sensazione che avrebbe voluto Louis con lui per tutta la vita."
Da un prompt di @ingestita "Harry e Louis non sono mai andati d'accordo ma durante la settimana bianca devono dividere la stanza". Dove il setting diventa Berlino e un incubo diventa un sogno.
Young!Harry&Louis - School AU
15K parole
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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True Colors


Pay attention
I hope that you listen


Non poteva vederlo. Insomma: chi diavolo avrebbe sopportato un tipo con ben poco cervello ed uno spiccato interesse per sembrare stupido ad ogni costo? Ma soprattutto chi avrebbe retto un ragazzo che come unico obbiettivo nella vita sembrava avere quello di torturare Harry? La sola idea di dover vedere quell’energumeno 24 ore su 24 durante i quattro giorni a Berlino che gli insegnanti gli avevano proposto come gita, gli aveva fatto considerare la possibilità di non andarci, ma l’insistenza di Niall e le promesse di farlo giocare a Fifa per almeno una settimana scegliendo per primo giocatori e campo, lo avevano fatto cedere. In fin dei conti poteva continuare a comportarsi come aveva sempre fatto ed ignorarlo deliberatamente, anche se questo non aveva mai fermato Louis dal tormentato.

Parliamoci chiaro: per Harry, Louis Tomlinson era un vero e proprio incubo. Una sorta di brutto sogno divenuto realtà che non aveva alcuna intenzione di dissolversi al giungere dell’alba . Era cominciato tutto il primo giorno di scuole superiori, quando Harry era letteralmente planato faccia a terra nel bel mezzo del corridoio per colpa di un piede sbucato fuori da chissà dove. Quel piede, aveva poi scoperto, sosteneva una gamba corta e muscolosa fasciata in uno skinny jeans nero, un torso magro e reattivo coperto da una canotta slabbrata e una testa piena di capelli castani che contornavano un viso affilato e snaturato in un sorriso derisorio. Quella era stata la prima volta in cui Louis Tomlinson aveva letteralmente messo piede nella sua vita per rendergliela un inferno da quel momento fino -Harry ne era quasi certo- la fine dei suoi giorni. O almeno delle scuole superiori. Poi, lui sarebbe entrato all’università di Oxford e quel cretino di Tomlinson sarebbe finito a fare il meccanico nell’officina del padre. Per lo meno questo era quello che il bel ragazzo dai capelli ricci e gli occhi del colore della speranza si raccontava ogni mattina prima di entrare a scuola. Qualsiasi cosa succedesse dopo faceva solo parte di quel rito di passaggio che erano le scuole superiori e che non avrebbero inciso in alcun modo sulla sua vita: sarebbe diventato un affascinante avvocato di successo nella city, con un marito altrettanto bello e realizzato, due cani e un pesce tropicale rarissimo in un acquario a parete. Harry Edward Styles aveva le idee piuttosto chiare su come sarebbe andata la propria vita, nonostante avesse solo diciassette anni.
Tutto ciò, però, non aiutava in alcun modo a digerire la sola idea di avere Louis Sono Stato Bocciato Due Anni Solo Perché Non Ho Di Meglio Da Fare Nella Vita Tomlinson per quattro interi giorni a portata di orecchio e soprattutto di occhio senza alcuna via di scampo. Perché Harry poteva anche avere tutta la pazienza di questo mondo ma partecipare a quella gita voleva dire immolarsi volontariamente come capro espiatorio per ogni singolo scherzo gli fosse passato per quel cervellino bacato che si ritrovava e la cosa non lo allettava proprio per nulla.
-Harry ti prego: meno paranoie e più patatine, su!
Harry era quasi certo che, nonostante la sua indole gentile e spesso misericordiosa, quel pomeriggio sarebbe finito con il far fuori l’irlandese scegliendo una metodologia particolarmente atroce.
-Ma allora tu non capisci! Cazzo Niall: quello in quattro giorni fa ora a distruggermi!!
-Quello che non capisce qui sei tu: le probabilità che tu finisca in camera con lui sono pari a zero, dato che tutti sanno in che rapporti siete… Quindi ora dovresti preoccuparti più del fatto che siccome sarai in camera con il sottoscritto ti conviene avere abbastanza cibo per sfamarmi per tre lunghe notti, altrimenti sarò io a distruggerti, capito???
Harry si lasciò cadere pesantemente sul letto, mentre l’irlandese biondo più finto che avesse mai visto continuava indisturbato a riempire i fondi delle loro valigie di ogni schifezza commestibile che aveva rimediato dalla dispensa di casa Styles.
-Dico davvero Niall: tu mi devi stare vicino perché ho come la sensazione che stia architettando qualcosa di grosso e…
-Se per qualcosa di grosso intendi il suo pene, allora posso anche darti ragione però tu non dire che non ti interesserebbe.

-Ma si può sapere che genere di problemi hai?!?!?
Harry si era messo a sedere nel bel mezzo del suo letto con un’espressione sconvolta dipinta sul voto ancora vagamente infantile: sarebbe diventato un uomo attraente, sua mamma e sua sorella Gemma glielo dicevano sempre, ma per il momento aveva ancora quei tratti da bambino che lo rendevano solamente molto adorabile.
-Se può interessarti, neanche se fosse l’ultimo uomo gay sulla faccia della terra potrebbe attirare la mia attenzione.
-Infatti non attira la tua attenzione, ma qualcos’altro lo tira eccome!
Harry scaraventò il primo sacchetto di patatine che gli capitò sotto mano giusto in faccia a Niall che produsse un suono indefinito, molto simile ad un gemito di piacere: secondo lui, l’irlandese era capace di raggiungere un orgasmo solo mangiando un pacchetto delle sue patatine preferite, ma non credeva di essere sufficientemente forte di stomaco per volerlo scoprire davvero. Poi proruppe nella sua solita risata contagiosa ed Harry non poté far altro che ridere con lui. Ancora si ricordava la prima volta che gli aveva confessato di essere gay: avevano dodici anni ed erano seduti svogliatamente sulle altalene del parco vicino a casa sua, quello dove da piccoli giocavano assieme per interi pomeriggi. Niall non la smetteva di fare commenti su quanto grosse fossero state le tette della loro nuova compagna di classe ed Harry non ne poteva davvero più di sentirle chiamare in tutte le maniere possibili ed immaginabili senza che c’è ne fosse davvero un motivo, quindi alla fine era sbottato con un “Ma chi cazzo se ne frega delle sue tette!! Dico: hai visto che culo che ha il nuovo capitano della squadra di calcio?!”. Era successo così e Niall non aveva detto assolutamente nulla se non che secondo lui il suo era più bello. Quello era stato uno di quei momenti in cui Harry aveva capito che senza Niall James Horan la sua vita non sarebbe stata la stessa. Il fatto che poi quello fosse stato anche il primo apprezzamento sul corpo di colui che poi sarebbe diventato il suo aguzzino, beh: quella era tutt’altra storia. Perché neppure un cieco sarebbe potuto restare indifferente di fronte alla bellezza disarmante di Louis Tomlinson. Eppure per Harry l’insofferenza nei suoi confronti superava di gran lunga la vaga attrazione che ogni essere umano dotato di occhi provava per quel ragazzo. O almeno questo era quello che si raccontava quando si ritrovava a fissare il suo sedere durante le ore di educazione fisica, prima che lui se ne accorgesse e trovasse qualche nuovo modo per metterlo in imbarazzo.



Harry stava trascinando l’enorme valigia verso l’entrata dell’aeroporto come se dentro ci fosse stato un corpo morto, quando invece erano i quintali di schifezze che Niall aveva nascosto in ogni rientranza sfruttabile a farla pesare almeno dodici chili: rischiava di non passare nemmeno i controlli del check in di quel passo, ma in tal caso avrebbe fatto davvero a pezzi l’irlandese, rispedendolo da dove era venuto.
-Guarda Hazza, c’è già qualche tuo compagno!! Non siamo poi così in anticipo, hai visto?!
La voce fin troppo allegra di sua madre Anne sparì improvvisamente assieme al resto del mondo quando Harry vide chi fossero i suoi “compagni”: con la sfiga che poteva capitargli a lui era caduta tutta addosso.
Con il solito sorrisetto strafottente a caratterizzarlo, Louis Tomlinson era in piedi nel bel mezzo dell’entrata, circondato dai suoi due fedelissimi Zayn e Liam, e lo stava fissando come se fosse una carcassa nel deserto dopo mesi di carestia: Harry voleva morire. O tornare a casa, faceva lo stesso. Così si voltò e tornò sui suoi passi senza degnare Anne di una qualche risposta, mentre la povera donna cercava di rincorrerlo nella sua disperata fuga da un destino inevitabile. Ed a proposito di inevitabile…
-Ehi Styles!! Te ne stai già andando?
Persino la sua voce acuta gli risultava insopportabile: non poteva resistere quattro giorni così. Cominciò a camminare più velocemente e quando riusciva già ad intravvedere la macchina di sua madre mescolata alle altre nel parcheggio, sentì una mano afferrargli il braccio con una tale irruenza che per poco non andò ad inciampare sui suoi stessi piedi, cadendo rovinosamente a terra. Ma un’altra mano gli prese il braccio ancora libero e lo salvò. O almeno Harry pensò fosse così fino a quando non si accorse di chi fossero quelle mani nervose e macchiate da chiari segni di nicotina sotto le unghie: diciannove anni e fumava come una ciminiera. Altra cosa che Harry non sopportava di Louis Tomlinson.
-Toglimi le mani di dosso!!
Forse averlo urlato con una voce stridula paragonabile a quella di una donna incinta in piena crisi ormonale non era stata proprio una grande idea, ma averlo così vicino lo faceva sentire estremamente a disagio e strano. No, non andava affatto bene. Non andava bene sentire il calore delle sue mani sotto il maglione bucherellato che portava; non andava bene distinguere le sfumature che screziavano i suoi occhi azzurri così tanto vicini; non andava affatto bene fissare le sue labbra sottili e screpolate con quell'interesse sfacciato. No, non andava affatto bene ed Harry ne era pienamente consapevole, così con una scrollata di spalle si sciolse da quella presa indesiderata e sfoderò il suo miglior sguardo truce. Che riuscì unicamente a far emettere una risatina scettica al suo incubo peggiore.

-Calmati piccolo Styles. Il professor Clayton vuole parlare con i rappresentati e tu stavi scappando come un topolino in trappola... Datti una mossa.

Quello non aveva senso: Louis aveva appena sprecato una perfetta opportunità per farsi beffe di lui e non era decisamente nel suo stile.

-A proposito, è inutile che scappi piccolo Styles: ci divertiremo un mondo in gita io e te.

Come non detto: aveva parlato troppo presto ed ora era ufficialmente cominciata la sua personale via crucis di quattro giorni senza possibilità di scampo. Non sarebbe sopravvissuto.

Lo vide dirigersi verso l'intero gruppo di genitori e studenti davanti al bancone del check in che li stava fissando, la camminata disinvolta e sicura di sé, le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta e il beane a cadergli leggermente sul collo. Harry scosse la testa e trasse un profondo sospiro, grato solamente di aver scorto in mezzo a tutta quella folla, che aveva appena assistito alla sua epocale figura di merda, gli occhi comprensivi di Niall.



-Silenzio!! Mettetevi tutti in cerchio attorno a me e appena sentirete il vostro nome venite a prendere la tessera della camera e salite a sistemare le vostre cose. Non voglio lamentele! Le camere non si cambiano per nessun motivo, chiaro?!?! Vi aspettiamo qui per la cena, alle 20 in punto! Johnson e Kendric!
Harry era riuscito a sopravvivere al viaggio in aereo solo grazie alla parlantina infinita di Niall che si era letteralmente divertito a prospettargli almeno cento differenti scenari su come avrebbero potuto trascorrere le loro nottate. Ora era talmente perso nell'osservare l'acqua che scorreva sulle vetrate dietro la reception che non stava assolutamente prestando attenzione a quello che gli accadeva attorno, men che meno alle parole del professor Clayton. Fino a quando un colpetto sul braccio da parte di Niall lo riportò alla realtà: perché aveva quell'espressione scioccata sul viso?

-Niall che diavolo...

-Styles mi ha sentito?! E' in camera con Tomlinson, vedete di sbrigarvi!

La voce del professor Clayton arrivò ovattata alle sue orecchie, ma in ogni caso le sue parole sarebbero state superflue perché Harry aveva già capito tutto solo guardando quel paio di occhi di ghiaccio puntati su di lui e il sorriso tra il compiaciuto e il beffardo che gli stava riservando.

Attorno a loro era calato il silenzio.

Lo sapevano tutti che quell'abbinamento era sbagliato come lo zucchero nella pasta, ciò che nessuno però davvero sospettava era che ad Harry stava per venire un attacco di panico perché non poteva nemmeno pensare di stare in camera con il suo peggior incubo: sarebbe morto.

Si sentiva in trappola, braccato su ogni fronte e con una tagliola infilzata nella caviglia per impedirgli di scappare.

Come avrebbe fatto? Come sarebbe sopravvissuto? Non poteva ignorarlo se ci doveva condividere la camera assieme e questo avrebbe significato contatti con lui ed infiniti scherzi di pessimo gusto e battutine e chissà che fine avrebbe fatto il suo quaderno dove appuntava ogni cosa che gli accadeva e...

-Styles se non viene a prendersi la sua chiave entro tre secondi giuro che le metto una nota di demerito e questo non la aiuterà ad entrare ad Oxford!

Alzò la testa dai suoi stivaletti in camoscio talmente tanto veloce che più di qualche ciuffo sfuggì al foulard verde oliva che aveva usato per tenerli fermi. Lo stavano fissando tutti con uno sguardo di pura compassione che gli fece venir una voglia assurda di piangere e l'avrebbe pure fatto se la mano familiare e amichevole di Niall non si fosse posata sul suo braccio, stringendoglielo dolcemente. Si sporse verso di lui, che era come paralizzato sul posto, e gli disse:

-Hazza tranquillo: poi parlo con Clayton e cerco di sistemare la cosa, adesso però vai.

E gli sorrise in quel suo modo contagioso che quella volta, però, non ebbe alcun effetto su di lui che l'unica cosa che riusciva a vedere era il volto serafico del suo boia che lo aspettava con la chiave magnetica della loro stanza in mano, sollevata come un trofeo.

La loro stanza. No. Harry era certo che non avrebbe più rivisto casa sua.



-Allora piccolo: io prendo il letto vicino alla porta, tu quello attaccato alla finestra.

Harry voleva prendere la porta che Louis aveva appena aperto con quella dannata chiave magnetica su cui, moto ironicamente, c'era scritto “Buona permanenza”, per scappare da quella camera e correre da Niall, ma non poteva. Clayton era stato categorico: le camere non si cambiavano e nemmeno le moine del suo studente irlandese preferito erano riuscite a fargli cambiare idea. Ed Harry non poteva crederci.

Vide Louis lanciare il suo zaino nero, sformato e pieno di spille sul letto vicino alla porta, lo stesso che avrebbe tanto voluto lui, dato che odiava dormire vicino le finestre, soprattutto se erano al quattordicesimo piano e le pareti della stanza erano per due quarti fatte di sole vetrate: soffriva di vertigini a livello quasi patologico e lo sapevano tutti, Louis Tomlinson compreso. Ancora poteva sentire sulla pelle il sudore freddo che l'aveva ricoperto quando il suo boia, aiutato dai suoi inseparabili amichetti, l'aveva chiuso fuori dalle scale antincendio pericolanti all'ultimo piano della scuola, lasciando che fosse Niall, quasi un'ora dopo, a raccoglierlo dall'angolino in cui si era rifugiato per non finire spiaccicato al suolo da dieci metri di altezza per colpa delle sferzate potenti di vento che imperversava dovunque quel giorno. Louis Tomlinson era perfido e lo era sempre stato.

Ma Harry non disse nulla: se voleva sopravvivere per quattro lunghissimi giorni, l'unica cosa che poteva fare era assecondare ogni suo desiderio e sopportare in silenzio le sue angherie, perché se c'era una cosa che aveva imparato in tutti quegli anni di travagliata convivenza era che se lui accennava anche solo minimamente a reagire, Louis si divertiva maggiormente e rincarava immediatamente la dose.

Appoggiò la sua borsa a tracolla sul letto coperto da una soffice trapunta blu notte e diede una rapida occhiata fuori, rendendosi conto di come la neve stesse cadendo lenta sui tetti degli alti palazzi nel centro di Berlino, ma resistette solo un secondo prima che le mani gli cominciassero a sudare e la testa diventasse fastidiosamente leggera. Tornò a concentrarsi sulla sua valigia che aveva abbandonato vicino alla porta, valutando se fosse il caso di tirare fuori il pigiama e le cose per il bagno. Considerata però la presenza di Tomlinson-L'Incubo e la possibilità di trovarsi senza nulla nell'arco di un'ora, optò per andare semplicemente a prenderla e metterla, così com'era, sotto il letto: non era granché come rifugio, ma almeno non si sarebbe potuto rimproverare di non averci provato a salvare le sue cose.

C'era un silenzio assordante dentro la stanza, nettamente in contrasto con il trambusto che proveniva dal corridoio dove tutti i loro compagni sembravano ben felici delle loro sistemazioni. Se c'era una cosa che Harry non aveva mai sopportato erano proprio i silenzi imbarazzanti come quello: poteva sentire il suo cervello correre contro il tempo per cercare di prevedere la prossima mossa del ragazzo che stava tranquillamente sistemando alcune cose sul suo comodino a pochi passi di distanza. Fin troppo tranquillamente. Ed Harry era talmente perso nei suoi pensieri che non si era nemmeno reso conto dei colpi incessanti che stavano rischiando di sfondare la porta in massiccio legno bianco.

-Piccolo bussano...

-La smetti?!

Harry aveva parlato prima di pensare e si sarebbe dovuto mordere la lingua, lo sapeva, ma quel nomignolo lo faceva irritare tanto quanto quell'assurda situazione ed lui non era mai stato bravo a gestire lo stress.

-Di fare cosa, piccolo?

Louis aveva smesso di fare qualsiasi cosa stesse facendo fino ad un secondo prima ed Harry giurò a sé stesso di non essersi mai sentito così tanto fissato come in quel momento. Tutta l'attenzione di Louis era concentrata su di lui ed Harry poteva percepire le sue iridi di ghiaccio trapassarlo da parte a parte in ogni singola cellula del suo corpo. I colpi alla porta, il ronzio della ventola nel bagno poco distante, la neve che si appoggiava delicata alle finestre, ogni rumore stava scaomparendo dalle orecchie di Harry per lasciare spazio al battito accelerato e dannatamente assordante del suo cuore.

-D-di chiamarmi c-così...

E da quando balbettava?? Quella situazione lo stava davvero mandando fuori di testa.

-Così come, piccolo?

Perché Louis si stava avvicinando? Harry poteva chiaramente percepire il cuore risalirgli in gola e cercare di uscirgli dalla bocca: sarebbe morto di lì a poco, lo sapeva.

Ad ogni passo nella sua direzione di Louis, le mani di Harry si strusciavano istintivamente sulle gambe, cercando di bloccare la sudorazione improvvisa che rischiava di annegarlo. Non aveva alcun senso quello che stava accadendo e non aveva senso nemmeno quella corsa improvvisa verso il nulla che il suo cuore aveva cominciato a fare. Quando le iridi del suo peggior incubo erano diventate di un azzurro così scuro da formare gorghi in cui perdere la vita?

Louis si fermò ad un passo da Harry, il volto scolpito nella calda luce aranciata della stanza alzato in direzione del riccio, un sorrisetto consapevole a piegargli le labbra sottili, il respiro caldo ad infrangersi sulla bocca leggermente socchiusa del più piccolo.

-Allora? Com'è che non ti dovrei chiamare?

Harry era sicuro che i suoi polmoni avessero fatto le valigie e se ne fossero andati, stanchi probabilmente di dover fare tutta quella fatica per ottenere dell'aria. Ma la parte razionale del suo cervello, quella che l'avrebbe fatto arrivare lontano, gli stava suggerendo di rispondere immediatamente a quella provocazione o tutto sarebbe finito.

-Pi-piccolo... Non sono piccolo.

Dovette abbassare lo sguardo perché poteva chiaramente percepire gli occhi di Louis scavargli nell'anima per cercare i suoi segreti più nascosti ed usarli per distruggerlo definitivamente. Eppure erano belli. Incredibilmente, straordinariamente meravigliosi.

-Oh sì, che lo sei... E sai perché lo sei?

Involontariamente Harry scosse la testa ed alcuni dolci boccoli gli ricaddero davanti gli occhi, ma non ebbe modo di sistemarli perché una mano piccola e dannatamente fredda gli stava già sfiorando la fronte per sistemarglieli, facendolo rabbrividire da capo a piedi. E per un attimo Harry vide qualcosa che gli sembrò affetto nello sguardo con cui Louis lo stava avvolgendo.

-Perché sei così delicato... Così perfettamente innocente... Sei il mio piccolo e sarà un piacere distruggerti.

La porta si aprì con un tonfo e Malik e Payne fecero il loro rumoroso ingresso nella stanza, nell'esatto istante in cui Louis si allontanava repentinamente da lui e il mondo di Harry crollava al suolo assieme ad una lacrima solitaria.

Dovette scappare fuori da quella camera che lo stava soffocando, fingendo che fosse la vicinanza alle vetrate e non quello che era appena successo con il suo aguzzino ad averlo stravolto in quella maniera. Corse per i corridoi dell'albergo e, senza rendersene nemmeno conto, si ritrovò fuori dalla hall, nel bel mezzo delle strade berlinesi, la neve a posarsi soffice sui vestiti e le lacrime a congelarsi sulle sue guance.

Alzò la testa verso il cielo buio e senza stelle di Berlino, chiuse gli occhi e si chiese come fosse possibile. Come era arrivato a quel punto? Perché l'aveva sentito il brivido scorrergli in ogni singola cellula del suo corpo quando Louis lo aveva sfiorato, aveva percepito chiaramente l'attrazione che le sue labbra avevano esercitato su di lui, la voglia di farle sue, di morire dentro quegli occhi. Ma sarebbe stata solo questione di tempo, perché era altrettanto sicuro che Louis avesse capito l'ascendente che poteva esercitare su di lui ed in fin dei conti gliel'aveva appena promesso: l'avrebbe distrutto. E l'avrebbe fatto con piacere. Un singhiozzo gli sconvolse le spalle ormai paralizzate dal freddo e qualche passante si voltò nella sua direzione, lanciandogli sguardi compassionevoli e Harry cercò di respirare a fondo. Tutto quello sarebbe finito in altri tre giorni se lui fosse stato abbastanza bravo da non mostrarsi così debole ogni qualvolta Louis entrava nello suo spazio vitale ed una volta tornati, lui si sarebbe diplomato in anticipo rispetto ai suoi compagni e al suo aguzzino, che era indietro di due anni, ed avrebbe dato avvio alla sua nuova vera vita. Doveva solo rafforzare la sua corazza e mettere a tacere le sue emozioni. Poteva farcela. Trasse un altro respiro profondo e rientrò nell'albergo, dirigendosi nella camera di Niall.



'cause I let my guard down



Harry aveva aspettato che Louis si lavasse e scendesse per la cena, poi era rientrato nella sua camera, constatando con sollievo che nessuna delle sue cose era stata toccata, per prendere il necessario per la doccia e chiudersi in bagno: per quella sera sarebbe arrivato in ritardo, ma dall'indomani sarebbe andato a lavarsi in camera di Niall.

Lasciò che l'acqua bollente rilassasse i suoi nervi tesi, liberandoli dal peso di quello che era in quel momento e caricandoli di ciò che sarebbe potuto diventare di lì a qualche mese. Era così concentrato sulla sensazione dell'acqua che gli scorreva addosso da non aver sentito la porta della camera aprirsi. Solo quando chiuse il getto e sentì un cassetto chiudersi con uno schiocco secco, capì l'inevitabile: solo chi aveva la chiave poteva entrare e se non si trattava di Louis, poteva essere solo uno dei suoi migliori amici. In ogni caso Harry avrebbe fatto di tutto per evitare un qualsiasi incontro con uno di loro mentre indossava solo un asciugamano in vita. Così cercò di rimanere immobile, trattenendo quasi il fiato e sperando che chiunque fosse se ne andasse in poco tempo. Quegli attimi gli parvero infiniti, la sua mente ad affollarsi con tragici scenari imbarazzanti in cui lui usciva da lì e un cellulare pronto a filmare la sua imminente figura di merda fosse già pronto ad attenderlo. La porta si richiuse ed Harry sbuffò perché, diamine, tutto l'effetto rilassante della doccia se ne era già andato e si sentiva esattamente punto a capo. Maledetto Louis Tomlinson. Forse avrebbe dovuto prendere seriamente in considerazione l'offerta che gli aveva fatto Niall qualche ora prima di andare a dormire in camera sua, dato che il suo compagno di stanza non aveva fatto alcuna obbiezione ad avere qualcuno in più con cui giocare a carte. Scosse la testa, inondando di gocce lo specchio di fronte a lui: forse doveva tagliarsela quella zazzera informe di ricci che si ritrovava. Magari sarebbe sembrato meno “delicato”. Si infilò le due catenine che portava sempre ed uscì dal bagno maledicendo ancora una volta Tomlinson e le sue assurde idee, quando fu costretto a bloccarsi appena fuori dalla porta: non poteva essere.

-Era ora.

Era sicuro esistesse un metodo per innescare l'autocombustione di un corpo in breve tempo, ma in quel momento il suo cervello non ne voleva sapere di ricordarselo. Che cosa ci faceva lui lì?? Era sicuro di aver sentito la porta richiudersi, e pure dei passi allontanarsi, a meno che... Si era davvero fatto fregare così facilmente?

Louis era seduto sul bordo del suo letto, a soli cinque passi da lui, le gambe allargate, le mani casualmente allacciate e penzolanti davanti a lui ed uno sguardo che, cazzo: Harry dovette spostare la sua attenzione su altro e concentrarsi sui suoi piedi nudi per continuare a respirare.

Sentiva quegli occhi di ghiaccio congelare ogni lembo di pelle su cui si posavano e non capiva come fosse possibile che una persona potesse uccidere solo con uno sguardo. Forse erano anni di pratica o magari era per quell'odio irrazionale che il ragazzo sembrava nutrire nei suoi confronti e che Harry non riusciva davvero a comprendere. Sapeva però di dover rispondere, di dover per lo meno dire qualcosa o non avrebbe resistito ancora a lungo e sarebbe finito per guardarlo di nuovo negli occhi e sarebbe stata la fine. Da quando era diventato così irrazionale? Non poteva permetterselo.

-Ora per cosa?

Che il suo tono non fosse così sicuro come aveva sperato, ma che anzi fosse uscito più basso del normale, quasi roco, cercò di non darlo a vedere con qualche espressione di stupore e si fissò sulle sue stesse mani strette a pugno attorno al tessuto troppo leggero per i suoi gusti dell'asciugamano. E pensare che fino ad un minuto prima l'aveva definito assolutamente perfetto per la sua pelle.

-Che ti facessi vedere davvero.

Cosa intendeva con quel davvero? Dove voleva andare a parare Louis Tomlinson con quei passi lenti che stava compiendo di nuovo nella sua direzione? Perché Harry sentiva l'esigenza di stringere ancora di più la presa attorno a quel piccolo pezzo di stoffa che lo separava dall'essere del tutto alla mercé del suo aguzzino?

Fu un attimo. Forse proprio quell'attimo in cui Harry si era arrischiato a guardarlo negli occhi e non aveva capito più nulla, sentendosi già nudo di fronte a lui. Ma fu davvero un attimo e l'asciugamano era stato lanciato a terra ed allora che senso aveva nascondersi? Nessuno. Lasciò che le mani gli cadessero lungo i fianchi, inermi, che il freddo che sentiva dentro si diffondesse attorno a lui facendolo rabbrividire, che il suo corpo si mostrasse a Louis come mai si era mostrato a nessun altro. Forse se avesse ottenuto tutto di lui, anche l'ultimo briciolo di dignità che gli era rimasta, dopo l'avrebbe lasciato in pace. Eppure non abbandonò i suoi occhi cerulei nemmeno per un attimo: voleva che Louis vedesse la distruzione che stava portando dentro di lui e non se ne vergognava nemmeno un po'.

-Dio...

Quello non aveva senso. Il tono di voce di Louis si era abbassato di almeno un'ottava, la linea della sua mascella si era indurita, pronunciando quella parola a denti stretti, come se gli costasse fatica, come se una rabbia travolgente stesse montando dentro di lui e non sapesse più come gestirla. E quella cos'era? Frustrazione? Durò solo un secondo, così come il lampo di vaga dolcezza che gli schiarì le iridi subito dopo, perché poi l'unica cosa che Harry vide fu il flash del cellulare del suo aguzzino che gli accecava gli occhi chiari e il senso di umiliazione farsi strada di fronte a lui.

Louis rimise in tasca il telefono e fece per uscire dalla stanza, per poi invece tornare sui suoi passi, raccogliere da terra l'asciugamano che lui stesso aveva lanciato poco prima e porgerglielo. Non lo stava nemmeno guardando in faccia. Harry lo afferrò velocemente e lo reindossò, ma quando alzò la testa, Louis se ne era già andato.


I can feel your heart inside of mine
I feel it, I feel it
I'm going out of my mind
I feel it, I feel it
Know that I'm just wasting time
And I
Hope that you don't run from me


Solo la parlantina di Niall e le luci di una Berlino innevata erano riusciti a distrarlo da tutto il marasma di emozioni e pensieri che gli si stavano ingrovigliando nel petto, ma ora che erano reintrati in hotel dopo la prima passeggiata per il centro, la sola idea di dover passare la notte nella stessa stanza con il suo peggior incubo rischiava di occludergli le vie respiratorie. Si era stupito di non vedere tutti i suoi compagni sghignazzare e sussurrare al suo passaggio, magari inviandosi edit della sua foto nudo, perché era quasi sicuro che Louis l'avrebbe mandata in giro nell'esatto momento in cui era uscito dalla stanza, ma forse si trattava solo di una questione di tempo. Il suo aguzzino era subdolo e furbo e gliene aveva dato più di qualche prova.

-Sei sicuro di non voler venire a dormire da me, H? Guarda che Jeff mi ha detto che sarebbe pure disposto a cederti uno dei suoi quattro cuscini ortopedici che si è portato dietro...

Erano appena fuori dall'ascensore e la faccia velatamente preoccupata di Niall lo stava quasi convincendo ad accettare il suo invito, ma non poteva dargliela vinta così facilmente, non se voleva diventare qualcuno nella sua vita futura.

-Ringrazia Jeff per il pensiero gentile, ma no: devo resistere... E poi credo che oggi sia stata una giornata abbastanza faticosa per tutti, penso che nemmeno lui abbia più la forza per rovinare la vita a qualcuno.

Harry stava giusto rivolgendo un sorriso rassicurante al ragionevolmente apprensivo Niall, quando le porte dell'ascensore si aprirono ed un gruppo di ragazze, che frequentavano il suo corso di chimica, se ne uscì facendo dei gridolini irritanti e ridendo come delle pazze mentre si scambiavano sguardi eloquenti che andavano da lui ai loro iphone. Alla fine l'aveva fatto e a quanto pareva Louis William Tomlinson aveva sempre la forza necessaria per distruggere almeno la sua di vita.

Niall capì al volo che cosa stesse succedendo e si diresse senza tante esitazione in direzione di una delle ragazze e le prese il cellulare della mani, tornando subito dopo da un Harry decisamente catatonico. Nemmeno le proteste della proprietaria del telefono sembravano rientrare nel suo campo percettivo.

-Che stronzo!

Poteva percepire la rabbia del suo amico fintamente biondo non solo dal tono a dir poco agitato, ma anche dal tremolio della mano che stava reggendo il cellulare con la foto incriminata.

-Non fa nulla Nì...

-Che?! Harry ma sei pazzo?! Te l'avevo detto già prima di andare a raccontare tutto al professor Clayton ma ora ti ci obbligo, cazzo! Questa storia deve finire Hazza!

-Niall se andassi a riferire tutto al prof aumenterei solo la sua rabbia nei miei confronti... Devo solo sopravvivere a questi quattro giorni e poi sarò libero. Niente più Tomlinson, niente più figure di merda, niente più bullismo, solo io e il mio brillante futuro.

Gli consegnò un sorriso che sperava sembrasse il meno tirato possibile e poi gli diede la buonanotte. Non sapeva bene neanche lui da dove sorgesse tutta quella calma, forse sarebbe stato più opportuno chiamarla pacata rassegnazione ma in ogni caso sarebbe potuta andare molto peggio. Louis aveva sfocato l'intera foto e, benché si capisse che fosse lui, non si poteva distingue chissà che cosa delle sue parti intime. Non che quello diminuisse l'umiliazione, dato che i suoi simpatici compagni avrebbero avuto un'intera nottata per modificare quella foto, però gli dava una minima speranza circa il fatto che anche Louis, in fondo, possedesse un'anima.

Si dovette ricredere anche su quello quando, avvicinandosi alla porta della sua camera, sentì una serie di rumori indefiniti che non appena appoggiò l'orecchio alla porta di legno bianco riconobbe come quelli di una partita a Fifa e delle voci mescolate del suo aguzzino e dei suoi due migliori amici. Tutte le forze che aveva in corpo sembrarono abbandonarlo in un attimo, così lasciò che il freddo del legno gli si insinuasse lungo tutta la schiena mentre si faceva cadere pesantemente a terra. Le gambe lunghe davanti a sé, le mani appoggiate distrattamente in grembo e due pesanti lacrime a rigargli le guance. Era stanco. Dannatamente stanco. Perché, dai: la sua vita non sarebbe mai davvero cambiata. Con ogni probabilità non sarebbe mai diventato un avvocato di successo, non avrebbe mai acquisito la fiducia in sé stesso necessaria per fare quel mestiere e non avrebbe mai davvero trovato il modo per far sentire la sua voce in mezzo al rumore che il mondo produceva costantemente. Quello era uno di quei momenti in cui si rendeva conto che esistevano così tante persone che stavano tentanto, esattamente come lui ma forse con più possibilità, a realizzarsi in quel pianeta chiamato terra che non poteva far altro che sentirsi una ridicola nullità. Ed allora dava ragione a Louis Tomlinson e a tutte le cattiverie che gli diceva, arrivando a pensare che gli stesse pure facendo un favore mostrandogli da subito il trattamento che il mondo gli avrebbe riservato una volta che vi fosse entrato a farne effettivamente parte.

Sarebbe potuto andare da Niall ma voleva restare solo. Anzi, se non fosse stato ancora minorenne, seppur per qualche mese ed in una città sconosciuta, sarebbe scappato nel giro di due secondi: l'unica cosa di cui aveva davvero bisogno era un abbraccio di sua madre. E magari di una battuta sarcastica di Gemma. Le lacrime continuavano a scorrere incessanti sul suo viso, ma con un ritmo sempre più lento che gli fece capire come tutto, prima o poi, sarebbe finito. Forse a lui restava ancora la possibilità di decidere come, ma non ne era particolarmente sicuro.

Abbandonò la testa sulla porta alle sue spalle ed attese: forse poteva passare la notte lì senza che nessuno gli dicesse niente. Fu, però, costretto ad abbandonare quell'idea quando sentì dei rumori provenire dall'interno della stanza e la serratura della porta scattare. Ebbe appena il tempo di spostare il sedere di qualche centimetro prima che la porta si spalancasse e Zayn Mlik e Liam Payne facessero la loro comparsa sulla soglia, con tanto di espressione sconvolta dipinta sul viso: evidentemente era preso peggio di quanto immaginasse.

Harry si alzò da terra senza dargli il tempo anche solo di pensare qualche battuta di pessimo gusto da rivolgergli e si rintanò dritto in bagno, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo sonoro.

-Buona fortuna Tommo: quello è tutto svitato! Io dormirei con un occhio aperto stanotte.

-Sta zitto Payne... Non dovevate andare a dormire voi due, solo perché vi stavo letteralmente stracciando a Fifa??

-Seh, seh... Convinto tu... Notte Tommo.

-Notte ragazzi.

La porta si richiuse ed Harry ricominciò a respirare, accorgendosi di essere stato in apnea fino a quel momento. Si risciacquò il viso e studiò un piano di attacco: si sarebbe diretto verso la sua valigia (sempre ammesso che fosse ancora tutta intera e con ogni cosa al suo interno), avrebbe afferrato al volo i pantaloni della tuta e la maglietta logora di Robin che usava per dormire e cambiato il più in fretta possibile, per poi infilarsi sotto le coperte con le cuffiette su, sperando che la città fosse troppo buia per mostrargli la spaventevole altezza a cui era costretto a stare. Né uno sguardo né una parola con Louis. Nulla di nulla.

-Pensi di dormire lì dentro piccolo?

Non poteva farcela. Davvero. Perché diamine aveva ascoltato il suo stupidissimo orgoglio e non era invece andato a dormire da Niall?! Avrebbe volentieri preso a pugni lo specchio se fosse stato un tipo violento, purtroppo però gli dispiaceva uccidere persino le zanzare d'estate, quindi rinunciò all'idea e fece un altro respiro profondo. Doveva solo riuscire ad attenersi al suo piano.

Aprì la porta del bagno e, senza nemmeno guardarsi attorno, quasi corse verso il suo letto. Peccato non si fosse minimamente accorto di tutti i cavi che collegavano la Playstation alla televisione, dato che i tre geni avevano ben pensato di appoggiarla sul letto di Louis, così si ritrovò ad inciampare sulle sue stesse gambe lunghe, finendo dritto disteso sulla moquette panna della stanza. Voleva morire. Possibilmente nel modo più veloce ed indolore. Sentiva tutte le ossa del suo corpo urlare di dolore e gli acari della polvere infilarglisi nella bocca e nel naso ad ogni respiro.

-Stai bene?!

Fu la nota allarmata nella voce del suo incubo personale a fargli aprire gli occhi: neanche si era accorto di averli tenuti chiusi fino a quel momento.

I piedi scalzi di Louis riempirono la sua visuale e Harry si accorse che era pericolosamente vicino al suo viso: se avesse voluto, cosa che non poteva di certo escludere, gli avrebbe potuto cambiare i connotati della faccia con un calcio in qualsiasi momento. Quel pensiero gli fece salire le lacrime agli occhi e forse fu quello che spaventò a tal punto Louis dal fargli fare due passi indietro.

-Avanti... Fallo.

La sua voce risuonava più astiosa del previsto, ma Harry non poteva farsene di certo una colpa: dopo tutto quello che aveva subito, quello era il minimo.

-Che cosa piccolo?

Ancora quell'assurdo soprannome. Non ne poteva davvero più ed il fatto di essere letteralmente alla sua mercé, disteso su un pavimento di una camera troppo lontana da qualsiasi orecchio amico, non aiutava per nulla.

-Fotografami... Fammi un video... Distruggimi del tutto...

Lo stava davvero facendo? Stava sul serio istigando Louis Tomlinson a rovinargli per sempre l'esistenza? Quel comportamento remissivo e disperato non era da lui, Harry lo sapeva bene, eppure non gli sembrava di avere altre alternative.

Ma forse era qualcun altro ad avere un'alternativa per lui.

Louis lo sorpassò e gli si sedette accanto, la schiena appoggiata al letto di Harry, una mano rivolta nella sua direzione per aiutarlo ad alzarsi. Harry non poteva crederci. Non aveva senso, semplicemente.

-Piccolo non farti pregare, avanti.

Era una trappola. Doveva esserlo per forza. Così Harry si alzò da solo, massaggiandosi la guancia e le mani per poi sedersi con le spalle appoggiate al letto di Louis, lo sguardo rivolto verso la televisione spenta, perché se avesse guardato altrove le vertigini avrebbero preso il sopravvento e quella situazione gli sembrava già abbastanza complicata di per sé. Percepiva chiaramente il suo cuore che cominciava a battere sempre più forte mano a mano che quel silenzio si perpetrava senza fine all'interno della stanza, in contrasto con il caos di pensieri che gli stavano affollando la mente. Quello sarebbe stato il momento perfetto per scappare e rifugiarsi da Niall.

Voltò istintivamente il volto verso la porta e solo allora si accorse di che ore fossero: l'orologio a muro posto giusto sopra lo stipite segnava l'una di notte, segno che doveva essere rimasto seduto in corridoio molto più di quello che avesse pensato.

-Non andare.

La voce di Louis lo colse alla sprovvista, segno che aveva perfettamente intuito quali fossero le sue reali intenzioni. Non voleva che se ne andasse. Così magari avrebbe continuato a torturarlo anche durante la notte, era giusto, i conti tornavano. Ma allora perché Harry aveva scorto una piccola vena di preghiera nel tono con cui aveva pronunciato quella frase? Stava impazzendo, ecco perché.

Poi Louis portò il suo sguardo su di lui, concentrando tutta la sua attenzione non più sulla neve che cadeva lenta in quella notte di metà Gennaio sulle strade di Berlino, ma su Harry. Il ragazzino dagli angelici boccoli castani, le dolci fossette ai lati di un sorriso strabiliante, le iridi smeraldine e una dolce bocca da baciare.

Forse il fatto di essere seduto sul letto, mentre Louis era per terra, lo rendeva più sicuro o forse il velo di dolore che vide oscurare il celeste solitamente incontaminato delle sue iridi che avrebbe smosso chiunque ad una cauta empatia, di certo Harry si rese conto di non voler davvero scappare da quella camera. Non più.

-Va bene...

La sua voce si era arrochita così tanto in tutto quel tempo trascorso in silenzio, perché insomma: non poteva di certo essere un effetto di quegli occhi ancora puntati sul suo viso come se volessero mangiarselo, no? Peccato che Harry riprese a respirare solo quando Louis distolse lo sguardo per riportarlo di nuovo fuori dalle vetrate davanti a lui. Che diavolo stava succedendo?

-Lo sai di essere straordinariamente bello?

Allora era quello il frastuono che faceva una bomba lanciata in mezzo ad una città piena di vita. Harry lo aveva appena scoperto e non credeva si sarebbe mai riuscito a riprendere. Louis gli aveva davvero appena chiesto se sapesse di essere straordinariamente bello? Lui?! L'unica cosa di cui era certo Harry era che nessuno avrebbe mai guardato un diciassettenne allampanato che non era nemmeno capace di camminare senza inciampare sui suoi stessi piedi ed era stato Louis stesso a dirglielo, con il suo solito tono beffardo, una delle mille mila volte in cui l'aveva fatto cadere lungo disteso nei corridoi della scuola, mentre il resto del corpo studenti stava a guardare. Ed ora se ne usciva con una frase del genere? Lui e i suoi due migliori amici dovevano per forza essersi fumati della roba scadente per fargli dire una tale stupidata.

Il suo silenzio doveva essergli sembrato sufficientemente eloquente, perché Louis si voltò di nuovo verso di lui e sorrise. No, non stava ghignando o sbeffeggiandolo come era solito, quello un sorriso vero e proprio, quasi gentile.

-Come immaginavo... E forse è pure colpa mia, vero piccolo?

Harry la sentì forte e chiara la capriola che fece il suo stomaco sentendosi chiamare di nuovo piccolo, perché quella volta non era stata come tutte le altre, quella volta era diverso. Tutto gli sembrava diverso: il modo in cui Louis gli stava parlando, gli sguardi che gli dedicava, l'inclinazione carezzevole che la sua voce acuta assumeva su certe parole. Ed improvvisamente Harry riuscì ad immaginarsi Louis come la neve che cadeva lenta fuori dalla finestra. Se lo immaginava freddo, distante, quasi impalpabile dietro la maschera che si era creato, quando invece era a tal punto sensibile al tocco di chiunque da sciogliersi. Ma era davvero possibile che si stesse mostrando così a lui?

-Puoi venire qui Harry?

Era tutto sbagliato e sapeva se ne sarebbe pentito il giorno dopo, ma non ci pensò due volte prima di alzarsi dal letto e sedersi di fronte a Louis, le gambe incrociate come il maggiore, le spalle rivolte a quello strapiombo di quattordici piani che con ogni probabilità non era nulla in confronto al male che si sarebbe fatto quando la mattina dopo le cose sarebbero tornate alla normalità.

Louis continuava a fissarlo come se fosse potesse passargli attraverso, come se Harry lo ammaliasse e lo spaventasse al tempo stesso e questo non permetteva al più piccolo di dare anche una minima risposta alla domanda che più gli ronzava per la testa: che cosa diamine sta succedendo?

-Quando ero piccolo, c'era un bambino con cui giocavo tutti i giorni ad ogni ora del giorno... Aveva le tue stesse fossette, i capelli ricci come i tuoi e quando rideva per qualche mia faccia buffa mi faceva sentire dannatamente importante...

Adesso Louis non lo stava più guardando, tutto concentrato a giocare con le sue piccole mani, che ad Harry apparvero stanche tanto quanto il loro proprietario. Che costa gli stava raccontando Louis di così pesante per farlo apparire a tal punto spossato e senza forze? L'immaginazione di Harry intanto, però, correva a ricreare nella sua testa la scena di due piccole pesti che si rincorrevano, di un piccolo e dolcissimo Louis bambino che faceva ridere a crepapelle un bambino che sarebbe benissimo potuto essere lui alle scuole elementari, con gli occhi che brillavano per avergli strappato quell'ulteriore risata. Sorrise a quel pensiero.

-Avevo otto anni quando capii di sapere già perfettamente che cosa fosse l'amore...

Il mondo si fermò per un istante e quello subito dopo prese a girare vorticosamente attorno ad Harry. Louis era gay? Non che non ne avesse avuto qualche sospetto, ma l'aveva sempre visto girare con ragazze ed il trattamento che gli aveva riservato in tutti quegli anni pensava fosse determinato anche dal fatto di non sopportare la normalità con Harry viveva la sua sessualità. Invece si era sbagliato su di lui. Di nuovo.

Louis William Tomlinson aveva scoperto che cosa fosse l'amore vero a otto anni ed Harry non faceva fatica a crederci, perché il modo in cui i suoi occhi si erano letteralmente illuminati mentre gli raccontava quelle cose non poteva significare nient'altro, per non parlare della nota di affetto incondizionato che aveva assunto la sua voce, una sfumatura che Harry non gli aveva mai sentito utilizzare con nessun altro. Se non qualche minuto prima, quando l'aveva chiamato piccolo.

Sorrise amaramente Louis, prima di lanciare il fulmine a ciel sereno e dire:

-E ne avevo nove quando lui si ammalò... Tumore. Al cervello. Tre mesi e lui non c'era più.

Nemmeno il rumore della caldaia nel bagno riuscì a sovrastare quello delle lacrime di Louis che stavano impregnando la moquette sotto di lui. Avrebbero fatto rumore anche nel bel mezzo di Times Square allo scoccare della mezzanotte del nuovo anno, perché erano così cariche di dolore da infrangere qualsiasi altra cosa.

Harry stava disperatamente cercando una sola valida motivazione per non sporgersi in avanti e raccogliere tutti glie frammenti di Louis per ricostruirlo tra le sue braccia. Era sempre stato una persona molto attenta al prossimo, Anne gli aveva sempre detto che il mondo aveva bisogno di gentilezza per sopravvivere, ma in quel momento non voleva abbracciare Louis per spirito caritatevole ma perché la sola idea di continuare a vedere quegli occhi splendidi martoriati dalle lacrime stava distruggendo il suo, di cuore. Ma non ebbe il tempo di fare nulla, perché Louis si asciugò in fretta il viso e riprese a parlare, guardandolo dritto negli occhi, come se volesse fargli capire come quelle parole fossero solo ed esclusivamente per lui.

-E poi sei arrivato tu... Tu che avevi le stesse fossette, gli stessi ricci indomabili e dannazione: pure la stessa risata...

Scosse la testa Louis, il ciuffo s nascondergli leggermente gli occhi, ma durò un attimo e poi tornò a parlargli come se fosse stata una cosa ragionata da tanto, troppo tempo.

-E ti ho odiato. Ti ho odiato tanto Harry... Perché tu eri come lui, ma non eri lui... Anzi, forse eri pure più bello... E brillante... Ed io dovevo distruggerti, perché altrimenti mi sarei distrutto io...

Ed Harry capì: non era mai stato Louis il vero incubo. Era Harry il peggior incubo di Louis.

-Ma alla fine ho perso lo stesso...

Louis però non sembrava amareggiato, anzi: un sorriso affettuoso gli increspò le labbra sottili e i suoi occhi si tinsero di una tonalità più chiara, come se fossero sul punto di cominciare a brillare.

-Anzi, mi sono perso... Per te, piccolo. Per la gentilezza con cui tratti chiunque; per il modo genuino in cui ridi alle battute di Horan. Per lo sguardo compassionevole con cui mi guardi ogni volta che tento di farti del male... E mi dispiace Harry, cazzo se mi dispiace.

E finalmente lo vide. Harry vide Louis per la prima volta: i capelli castani scomposti da quella notte insonne, gli occhi cristallini accesi da una luce quasi febbrile, le labbra sottili torturate dai denti, le scapole a sporgere dalla maglietta bianca che usava per dormire, le gambe corte e sode nascoste sotto dei panatoli della tuta informi, quei ridicoli calzini a righe. Ma Harry vide soprattutto la tensione nelle spalle, come se fosse in attesa di una sua qualsiasi reazione, le veloci occhiate che finivano periodicamente sulla sua bocca, che sapeva essersi arrossata per tutti i morsi che le aveva rifilato durante il discorso di Louis, la fatica che aveva fatto per mostrarsi così vulnerabile ai suoi occhi. Ed eccola lì, un'altra sconvolgente rivelazione: ora era lui ad avere il controllo. Louis gli aveva appena consegnato il controllo della situazione e Harry avrebbe potuto farne tutto quello che voleva.

Così lo fece.

Si mise in ginocchio di fronte a Louis, che spalancò immediatamente gli occhi permettendo ad Harry di tuffarsi nel mezzo di quelle acque ghiacciate e volerne sempre di più, tanto da trovare il coraggio per prendergli il volto tre le mani calde e poggiare le sue labbra su quelle tremanti di Louis.

Mentre Berlino si addormentava lentamente sotto la neve, in Harry e Louis si risvegliava qualcosa che era già dentro di loro.

Ed ancora una volta fu Louis ad andare oltre, infilando le mani tra i ricci di Harry e sentendo il suo respiro farsi sempre più sconnesso, mentre socchiudeva le labbra al passaggio della sua lingua: il bacio divenne naturalmente più profondo, importante, essenziale. Louis riviveva la sua infanzia con il suo primo amore, i ricordi e le fantasie di quel tempo che si mischiavano nella sensazione inebriante delle labbra piene di Harry, riempiendolo di un'euforia che minacciava di farlo esplodere in migliaia di scintille dorate. Aveva sperato così tanto di poter baciare la sua seconda possibilità, perché per lui il riccio era esattamente quello: un meraviglioso scherzo del destino che gli permetteva di riprendersi quello che gli era stato ingiustamente portato via troppo presto.

Harry finì per sederglisi in braccio, bisognoso di sentire le mani di Louis su di lui, perché mai come in quel momento si rendeva conto di come tutte le storie che si era sempre raccontato per andare avanti, per non lasciare che tutto quello che aveva dovuto sopportare lo distruggesse del tutto, fossero solo bugie: l'unica cosa che voleva davvero era l'approvazione di Louis. Sapere di essere qualcuno per lui. Il ché era irrazionale, impensabile ed estremamente pericoloso. Harry non aveva mai lasciato che qualcuno determinasse il suo valore ma in quell'istante sperava solo di essere diventato qualcuno per il suo aguzzino. Forse era una strana forma di Sindrome di Stoccolma.

Si allontanarono quel tanto che bastò per permettergli di riprendere fiato, ma non abbastanza da non mischiare i loro respiri accelerati e carichi di emozioni.

Louis appoggiò la fronte a quella di Harry e veder comparire due profonde fossette ai lati di quella peccaminosa bocca arrossata gli fecero letteralmente girare la testa, tanto che fu costretto a stringere la presa sui fianchi morbidi del riccio, che sembravano essere diventati un centro gravitazionale per le sue mani. Quel tocco forte sul suo corpo fece sorridere Harry ancora di più, spingendolo a lasciare un casto bacio a stampo su quelle labbra sottili a un soffio dalle sue.

-Grazie.

Se c'era una parola che era sicuro non avrebbe mai detto a Louis Tomlinson, prima di quella notte, era proprio grazie. Eppure era l'unica cosa che voleva davvero dirgli in quel momento. E l'espressione sconvolta sul volto di Louis lo fece sorridere ancora di più, perché ora era lui ad avere il controllo della situazione e voleva sfruttarlo nel miglior modo possibile.

Così lo baciò di nuovo e lasciò che Louis si sciogliesse sotto le sue mani, che il calore del viso del più grande si diffondesse in tutto il suo corpo e lo facesse sentire accolto, come se fosse finalmente a casa. Voluto. Le loro lingue finirono per rincorrersi ancora e all'improvviso Harry poté sentire le mani di Louis sotto la maglia del pigiama a tracciare le linee ancora acerbe dei suoi addominali, rischiando di farlo sciogliere come un ghiacciolo in piena estate. Non poteva permettere che accadesse anche quello, non poteva spingersi così tanto in là, non senza avere qualche certezza, senza sapere chi fosse davvero Louis. Non era pronto. Così si portò le sue mani grandi su quelle del ragazzo sotto di lui e le blocco, senza però smettere di baciarlo. A farlo ci pensò Louis.

-Che succede?

Harry abbassò lo sguardo, timoroso di aver rovinato tutto, anche se non aveva la più pallida idea di cose intendesse lui stesso con quel “tutto”. Ma ancora una volta fu Louis a stupirlo alzandogli il mento con un dito, sorridendogli in quel suo modo sbarazzino e guardandolo con due occhi carichi di una dolcezza che Harry aveva scorto solo in quelli di sua madre.

-Ehi piccolo: puoi parlarmi.

E gli lasciò un bacio sul naso. Harry percepì chiaramente il magone che si era posizionato giusto all'inizio della gola per cercare di soffocarlo con un ammasso di emozioni differenti. Un unico interrogativo si fece largo nella sua mente annebbiata dalla situazione: chi era davvero Louis Tomlinson?

-Non posso farlo... Io non so nemmeno che cosa stia succedendo... I-io...

-Ehi, ehi...

La mano di Louis aveva cominciato a lasciare carezze gentili ed ipnotiche lungo la linea della sua mascella, provocandogli parecchie difficoltà nel prestare davvero attenzione a ciò che gli stava dicendo.

-Che ne dici se ci dormiamo sopra?

-E domani?

Già: che cosa sarebbe successo il giorno dopo? Come si sarebbero comportati? Louis avrebbe ricominciato a trattarlo come aveva sempre fatto per non smentire le apparenze? O semplicemente gli avrebbe chiesto di dimenticare tutto quello che era successo e non rivolgergli neanche più la parola?

-A domani ci penseremo domani piccolo... Andiamo.

Harry si alzò di malavoglia dalle gambe di Louis e si diresse verso il suo letto decisamente troppo vicino alle parenti di vetro, ma la sua mente era a tal punto frastornata da milioni di domande senza risposta, che nemmeno se ne accorse. Non si accorse nemmeno di quando Louis gli diede la buonanotte, infilandosi sotto le coperte e spegnendo la luce vicino alla testiera del suo letto. Improvvisamente ad Harry il soffitto non era mai parso così tanto interessante come in quel momento, forse per il fatto che lo stava affollando con tutte le sue peripezie mentali, le domande e le paure che continuavano a solleticargli il cervello, nonostante fosse ormai notte fonda. Rimase in silenzio per dieci minuti, ma sapere che Louis era a soli cinque passi da lui e che nulla di quella situazione gli appariva minimamente chiaro lo stavano torturando, così decide di provarci: al massimo l'avrebbe mandato al diavolo e tutto sarebbe tornato come prima, dandogli finalmente una risposta.

-Louis...

-Mmm.

-Non riesco a dormire...

-L'avevo intuito.

Beh, quello non era proprio un segnale negativo. Decise di continuare.

-Non è che... Sì, insomma... Non è che potrei...

No, okay non ce la faceva. Quel comportamento non rientrava decisamente nel suo modo di affrontare una situazione, c'erano troppe emozioni e aspetti imprevedibili perché potesse davvero funzionare.

-Dai, vieni qua piccolo.

Harry scoprì in quel momento che il suo cuore aveva la facoltà di espandersi fino ad inglobarlo completamente per fargli testare che cosa fossero gioia, imbarazzo, emozione e sorpresa provate nello stesso istante in ogni singola cellula del suo corpo. E tutto per colpa o merito di Louis.

Scostò maldestramente il piumone blu e si voltò in direzione del maggiore, che aveva già alzato la sua coperta per dargli la possibilità di distendersi vicino a lui. Tutto era talmente assurdo che Harry sperò solo di non pentirsene al sorgere dell'alba.

Si infilò sotto le coperte, lasciando che Louis gliele sistemasse come se fosse un bambino piccolo e ad Harry si strinse il petto: forse Louis lo faceva anche con quel piccolo primo amore che gli era stato portato via troppo presto. La sola idea di un Louis bambino che si prendeva cura di qualcuno che già amava lo spinse a rannicchiarsi contro il suo petto, intrecciando le loro gambe e inspirando il suo profumo leggero, di pulito.

-Buonanotte piccolo...

Dopo un bacio sulla testa e un'infinità di carezze lente tra i capelli, Harry sentì un calore rassicurante invadergli le membra e un Morfeo dagli occhi cristallini e le labbra morbide portarselo via in sonno tranquillo.



Una canzone che non conosceva dei Blink 182 partì a tutto volume da quello che presumeva essere il cellulare di Louis e non gli ci volle nemmeno un secondo prima che tutto gli tornasse in mente e che si rendesse conto di non essere l'unico occupante del letto. Un letto che era lontano dalle vetrate e che dunque non era il suo, ma di Louis.

Già, Louis. Il ragazzo il cui petto era schiacciato contro la sua schiena, le cui mani piccole e gentili erano strette attorno al suo stomaco e il cui respiro caldo e regolare sfiorava la pelle giusto sotto il suo orecchio, inebriandolo.

Non poteva essere successa davvero una cosa del genere. Doveva schiarirsi le idee e capire da dove tutto il suo odio per quel ragazzo che gli aveva letteralmente rovinato gli ultimi cinque anni della sua vita fosse diventato un sentimento indefinito di attrazione che gli stava contorcendo lo stomaco.

Cercò di alzarsi dal letto, ma la presa di Louis si fece più forte attorno alla sua vita e ad Harry mancò il fiato: doveva prendere aria, subito. E per una volta fu grato dell'irruenza degli scagnozzi di Louis, che come un allarme antincendio che permetteva di scappare giusto in tempo, si misero a prendere a pugni la porta della loro camera, risparmiandogli un imminente attacco di panico. Louis si svegliò di colpo e mollò la presa senza farci troppo caso, permettendogli finalmente di mettersi almeno a sedere: il contatto dell'aria fredda della stanza con la sua pelle lo fece immediatamente sentire meglio.

-Apri Tommo!

-Guarda che se non ti sbrighi Horan finisce tutto il cibo del buffet!

-Io... Arrivo...

Harry non riusciva a guardarlo, perché sapeva che vederlo strofinare i suoi occhi addormentati e dannatamente celesti lo avrebbe confuso ancora di più. Ma per quello ci pensarono le parole che gli disse subito dopo.

-Devi andartene.

Poteva essere ucciso qualcuno che credeva di essere già morto? A quanto sembrava sì, specialmente se l'assassino si chiamava Louis William Tomlinson ed apparentemente soffriva di conclamato bipolarismo. Come poteva dirgli una cosa del genere dopo quello che gli aveva confessato e i baci che si erano scambiati la notte precedente? Ma Harry non disse nulla, si alzò semplicemente dal letto, afferrò dei vestiti a caso dalla valigia e si chiuse in bagno. Con la coda dell'occhio vide Louis mordersi le labbra, come se fosse indeciso se dirgli qualcosa o meno, ma in ogni caso non lo fece ed Harry chiuse la porta con uno strattone, giusto mentre Liam e Zayn facevano il loro ingresso nella camera.

Li sentiva parlare ma non voleva davvero ascoltarli, perché il rumore nella sua testa gli bastava ed avanzava. Si guardò allo specchio e l'unica cosa che si rese conto di volere davvero ero parlare con Niall e schiarire il marasma di idee che gli cozzava nella testa in maniera sempre più opprimente. Si vestì in fretta e, senza degnare di uno sguardo nessuno dei tre occupanti della camera, uscì dal bagno e si diresse verso l'unica fonte raggiungibile di sicurezza: il suo irlandese dallo stomaco immenso.


I think I might give up everything
Just ask me to


Harry ancora non poteva crederci. Avevano girato l'intera città di Berlino, visitato musei, monumenti, mostre d'arte e lui non aveva prestato attenzione a nulla. Nulla che non fossero due occhi dannatamente celesti che si erano ostinati a non incrociare mai i suoi, nemmeno per sbaglio. Forse si era immaginato tutto e la notte precedente non era successo nulla, ma Niall non era stato di quel parere per tutto il giorno e aveva continuato a ripetergli che lui lo sapeva, che anzi, lui l'aveva sempre sostenuto che da un grande odio poteva nascere solo un grande amore. Ad un certo punto aveva anche contemplato l'idea di chiuderlo in uno dei bagni del Bode Museum, poi però si era ricordato che senza di lui avrebbe già ripreso il primo volo disponibile per l'Inghilterra, lasciandosi alle spalle la terrificante prospettiva di dover trascorrere un'altra notte con Louis. Quella sera aveano cenato fuori e il professor Clayton li aveva minacciati che se non fossero andati ognuno nelle proprie camere senza fare la confusione della sera prima li avrebbe costretti a visitare altri quattro musei al posto di farli andare all'Hard Rock Caffé, il giorno dopo. Per di più la testa di Harry stava davvero per scoppiare, dato che non le aveva dato un attimo di pace cercando di venire a capo di tutte le domande che quella situazione aveva scatenato. Inserì la chiave magnetica e si bloccò un secondo prima di abbassare la maniglia: che avrebbe fatto?

Appoggiò la fronte sulla porta e trasse un profondo respiro, chiudendo gli occhi, perché più pensava a quello che sarebbe potuto accadere di lì a qualche secondo e più gli veniva da vomitare.

Abbassò la maniglia ed entrò, pronto per il peggio. Invece non successe nulla. Assolutamente nulla. La camera era completamente vuota ed Harry si chiese che fine avesse fatto Louis, arrivando a pensare che si fosse pentito a tal punto di quello che era successo la notte precedente, da decidere di dormire in camera con i suoi due scagnozzi. Un sottile filo di delusione si insinuò nel cuore di Harry, ma si diede dello stupido anche solo per aver lasciato che Louis si insinuasse all'interno delle spesse mura protettive che si era costruito attorno in anni di duro lavoro. Si lanciò sul suo letto, fissando lo sguardo sulla porta, perché le vetrate erano ancora troppo vicine per i suoi gusti e il suo stomaco già messo a dura prova dallo stress di quella situazione. Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti e le immagini della sera precedente farsi vivide davanti ai suoi occhi, conducendolo verso sogni che sapeva già si sarebbe pentito di aver fatto.

Si era addormentato da troppo poco per potersi svegliare da solo, infatti sentì qualcuno carezzargli i capelli in maniera alquanto gentile e un soffio caldo infrangersi sulla sua guancia destra: che si trovasse ancora a casa sua e che tutto quello fosse stato una sorta di strano incubo?

Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare due iridi troppo celesti e brillanti per essere quelle di sua madre Anne e per questo si tirò a sedere di scatto, allontanandosi leggermente da un Louis improvvisamente rattristato. Ma durò solo un attimo, perché poi un sorrido dolce, come quelli che gli aveva regalato la notte prima, piegò le sue labbra fine ed Harry credette davvero che quel ragazzo fosse bipolare.

-Sono stato dai ragazzi e mi sono fatto dare un po' delle schifezze che hanno comprato di nascosto oggi... Pensavo ne volessi qualcuna.

Si era seduto sul suo letto, a cinque passi da lui e lo stava guardando, offrendogli quello che aveva tutto l'aspetto di essere un sacchetto stracolmo di M&Ms. Non poteva fare sul serio.

-Sei serio?

Vide la confusione apparire sul viso glabro di Louis, la mano libera a tirare il ciuffo fluente verso l'alto, cercando di capirci qualcosa.

-In che senso, piccolo?

Doveva parlare? Riaprire quel vaso di Pandora che aveva faticosamente tenuto chiuso per tutto il giorno e rendersi di nuovo completamente vulnerabile di fronte ai suoi occhi? Furono proprio quelle iridi spontaneamente confuse a farlo cedere e aprire il contenitore sotto pressione che era diventata la sua testa.

-Tu sei pazzo Louis! Tu devi essere pazzo! Perché non è neanche lontanamente concepibile che la notte prima mi baci, mi dici che sono come una seconda occasione, che mi fai dormire abbracciato a te e poi non mi consideri per tutto il giorno seguente... Per poi uscirtene con queste premure, da: cosa sono queste? Ci stai provando? Perché se così fosse Louis, beh: sappi che stai sbagliando tutto! Io sono stufo di essere il tuo pupazzo personale che prendi e distruggi quando vuoi! Sono una persona okay?! Non puoi trattarmi così!

Aveva parlato così tanto velocemente e con così tanta foga che si era ritrovato ad ansimare e le sue mani avevano cominciato a tremare leggermente. Mentre si sfogava aveva visto lo sguardo di Louis abbassarsi e farsi sempre più scuro, come se le sue parole lo stessero ferendo in maniere che Harry non poteva nemmeno immaginare, proprio lui che credeva di aver sperimentato tutti i modi in cui una persona poteva distruggerti con una frase. Le sue piccole mani si erano strette a pugno sul letto, il sacchetto di M&Ms abbandonato poco distante, come se stesse raccogliendo tutta la forza necessaria per prenderlo a pugni. Ed Harry cominciava quasi ad aspettarsela quella scazzottata, perché Niall per una volta doveva essersi sbagliato e da un odio profondo come il loro poteva nascere solo un dolore dannatamente oscuro.

Louis parlò dopo un intero minuto di silenzio, con solo il solito rumore dello scaldabagno a riempire la stanza e quando lo fece, la sua voce tremava: Harry giurò a sé stesso fosse per la rabbia, ma poteva percepire che non fosse solo per quello.

-Io non sono come te, Harry. Io non urlo ai quattro venti di essere gay. E se credi che per me oggi sia stato facile, beh: ti sbagli. Non puoi neanche immaginare la fatica che ho fatto per non venire da te e baciarti mentre fissavi rapito qualche quadro al museo... Non sai quante volte mi sono dovuto mettere le mani in tasca per non sfiorarti quando eri nei paraggi... E non hai minimamente idea di quanto mi sia mancato vedere il tuo viso illuminato da un sorriso, sapendo che con ogni probabilità era per colpa mia... Quindi scusami piccolo. Scusami per non essere sincero come te.

Ad Harry sorse il dubbio che la pazzia potesse essere contagiosa. Le sue maestre e i professori gli avevano sempre detto il contrario, ma se non fosse stato così non ci poteva allora essere nessuna spiegazione logica per lo slancio che si diede verso il ragazzo seduto di fronte a lui, che lo fece sostanzialmente planare sulle sue gambe, senza tanti giri di parole. Harry gli prese il viso tra le mani e decise che se doveva morire, tanto valeva farlo annegando nella tempesta che sconvolgeva perennemente gli occhi di Louis. E come la sera precedente finì per baciarlo, lasciandosi andare, permettendo alle mani di frenetiche di Louis di tirargli i capelli facendo scappare piccoli gemiti dalle sue labbra, incurante di come tutto quello l'avrebbe trascinato dritto all'inferno. Lui aveva un futuro lontano da Holmes Chapel ed invece stava creando valide motivazioni per non andarsene mai più. E stava sbagliando, diamine se stava sbagliando. Ma non gli importava, perché nessun corso di Oxford l'avrebbe mai fatto sentire importante come lo sguardo con cui Louis lo stava contemplando, mentre riprendevano fiato.

-Come fai?

La voce del più grande era stranamente bassa, come se fosse su un altro pianeta impossibile da raggiungere.

-A fare cosa?

-Ad essere così dannatamente perfetto. Sei attraente ma imbranato, brillante ma umile, dolce ma...

-Ehi...

Non poteva credere che Louis pensasse davvero tutte quelle cose di lui. E per di più la sua espressione era un chiaro segno di quello che stesse pensando davvero: Harry le sapeva leggere con un colpo d'occhio le persone. Louis era convinto di non possedere nessuna di quelle qualità che gli aveva appena attribuito e ne soffriva, si vedeva perfettamente. Intrecciò le dita alle sue e rimase per qualche secondo ad osservare come sembrassero un'opera d'arte così mischiate, sorridendo appena. Poi le portò alle labbra e baciò quell'intreccio di vite, facendo sorridere anche Louis in quella maniera gentile che aveva scoperto fosse capace di fare solo ventiquattrore prima. Avrebbe voluto dirgli tante cose, implorarlo di lasciarsi vedere per com'era davvero, senza la maschera che si ostinava ad indossare con gli altri, ma non credeva di aver ancora il diritto di farlo: doveva essere Louis stesso a concedergli quella fiducia. Però poteva fagli capire quanto il suo corpo lo volesse e magari, quello, gli avrebbe permesso di vedere un pizzico di quanto anche lui stesse diventando meraviglioso agli occhi di Harry.

Lo spinse sul letto, ritrovandosi letteralmente a cavalcioni su di lui e vederlo da quella prospettiva, completamente inerme sotto di lui, fece girare la testa a Harry come nulla in vita sua. Aveva avuto un solo altro ragazzo serio da quando aveva fatto coming out a quattordici anni e con lui aveva avuto anche la sua prima volta e la seconda e la terza e la mente di Harry si riscosse solo quando sentì una delle mani di Louis salire e scendere lungo la sua coscia. Eppure non aveva mai provato quello che stava sperimentando solo con un tocco di quel ragazzo e la cosa cominciava a spaventarlo.

-Har-Harry...

La voce di Louis gli arrivava attutita alle orecchie, troppo preso a capacitarsi di quello che stava per fare. Era stato lui la notte prima a bloccare Louis ed ora lo stava praticamente assalendo con baci disseminati dovunque e la situazione in mezzo alle sue gambe stava diventando quasi insopportabile dentro ai jeans nonché parecchio evidente per entrambi. Solo quando le sue mani andarono sotto la maglia di Louis e tentarono di sfilargliela, Harry tornò con i piedi per terra e l'attenzione sulla reale situazione: il più grande gli aveva bloccato i polsi e si era messo a sedere, togliendogli le proprie gambe da sotto il sedere. Ed Harry andò nel panico: non poteva aver sbagliato di nuovo, non l'avrebbe sopportato. Ma lo sguardo di Louis gli stava dicendo esattamente quello. Non lo guardava nemmeno negli occhi, intento a contemplare la coperta sotto di lui, un azzurro di una tonalità mai vista che sembrava celargli segreti incomprensibili stava inghiottendo il calore che suoi occhi avevano sprigionato fino a qualche minuto prima. Ma la sua presa sembrava come rassegnata ed Harry si accorse di star per impazzire: per lui era sempre stato facile capire le persone, ma quel ragazzo che sembrava volesse essere in qualsiasi altro posto eccetto che lì con lui, si stava rivelando un pozzo di petrolio imperscrutabile.

-Che... Che succede Louis?

Il più grande lasciò andare i suoi polsi e si portò le mani in grembo, apparendogli improvvisamente dieci anni più piccolo ed indifeso.

-Niente.

-Oh, non dirmi niente perché tutta questa situazione mi sta facendo impazzire!! In due giorni è successo più che in tutta la mia vita e solo a causa tua! Quindi, se non te ne fossi ancora reso conto, io ci tengo a te e tutti questi cambiamenti di atteggiamento mi stanno incasinando la testa!! Ed io...

Non si trattenne più e delle lacrime generate da tutta l'ansia, l'incertezza e la frustrazione che aveva accumulato in quei due dannatissimi giorni si fecero strada sulle sue guance ancora accaldate per i baci di poco prima ed Harry depose le armi: era passato dall'essere la vittima a diventare quasi l'aggressore e questo non rientrava nei suoi piani. Doveva andarsene da lì il prima possibile.

E lo fece.

Si alzò dal letto, prese il suo cuscino e si diresse verso la porta. Aveva già una mano sulla maniglia quando finalmente Louis si decise a dire qualcosa.

-Sarebbe la prima volta.

Era possibile che Louis l'avesse reso anche sordo? Perché non aveva alcun senso quello che aveva appena sentito.

-Come?

-Sarebbe la mia prima volta con... Con un ragazzo.

E la sincerità che vide negli occhi di Louis fu come un pugnale dritto nel cuore.

-Ma allora, perché ieri sera...

-Perché volevo che tu mi vedessi sicuro, che ci sapevo fare... E sì, è stato da stupido, ma tu sei così perfetto che il sol pensiero di non essere abbastanza per te mi fa venir voglia di urlare e...

-Sei un cretino.

-Che?

Harry aveva ancora una mano sulla maniglia e l'altra a stringere sempre più convulsamente il cuscino, ma tutta la sua attenzione era rivolta al ragazzo meravigliosamente sconvolto che era seduto sul letto a pochi passi da lui. Visto che era in ballo, tanto valeva ballare.

-Sei un cretino Louis. Con me non devi fingere. Io non sono gli altri, okay? Io sono quello che hai tartassato con le tue stupide battute e i tuoi cattivissimi scherzi per cinque lunghissimi anni: non mi serve vedere ancora il Louis che tutti conoscono, di lui ne ho avuto decisamente abbastanza. Io voglio vedere quello che ieri notte mi ha sorriso in una maniera così gentile da mozzarmi il fiato... Quello che ha aperto una piccola parte del suo cuore perché le emozioni erano troppe... Quello che non solo ha accettato di dormire con me ma mi ha abbracciato per tutta la notte, facendomi sentire incredibilmente protetto... Quello a cui non ho paura di dire tutte queste cose, anche se razionalmente so che è come consegnarti la pistola per finirmi...

La realtà era quella: loro due non erano altro che due fragilità messe a nudo e se solo uno si fosse tirato indietro, sarebbe stata la fine. Si erano esposti troppo per poter anche solo pensare di dimenticare ciò che le loro labbra si erano lasciate sfuggire e ciò che i loro occhi si erano confessati.

Il silenzio nella stanza si fece sempre più pesante, come se stesse cercando di schiacciare entrambi con il suo abbraccio mortale, eppure Harry si ritrovò a sperare davvero che le cose non finissero in quella maniera. Ma Louis continuava a stare in silenzio, ora senza nemmeno guardarlo negli occhi e , per la prima volta, Harry si rese conto che senza la luce di quelle iridi brillanti non poteva essere nulla di diverso dal ragazzino tutto ricci e gentilezza che sarebbe diventato un importante avvocato della City. Niente emozioni stravolgenti, niente notti costellate di tempeste color ghiaccio, solo un controllo spasmodico su ogni aspetto della sua vita. Lasciò che il peso della delusione e delle speranze infrante abbassasse la maniglia al posto suo ed uscì da quella stanza che l'aveva visto trasformarsi, seppur per una singola notte, in una versione completamente inaspettata e colorata di sé stesso.


I've got scars even though they can't always be seen
And pain gets hard
But now you're here and I don't feel a thing


Jeff russava in maniera esasperante ed era sostanzialmente per quello che Niall lanciò l'ennesimo pacchetto di Pringles alla cipolla ad Harry senza preoccuparsi minimamente di poterlo far cadere e svegliare l'intero piano: magari quello avrebbe posto fine allo strazio.

-Comunque ribadisco: è uno stronzo!

-Nialler piantala... L'avrai detto almeno un milione di volte e ti ripeto che non serve a nulla. Non mi fa sentire affatto meglio...

-Io però non ti capisco, Hazza. Insomma: stiamo parlando di Louis Ti Ho Rovinato La Vita Per Gli Ultimi Cinque Anni Tomlinson non di Mr Gentilezza 2011, che cosa diamine ti aspettavi da un cazzone del genere??

Harry fece ricadere il barattolino di Pringles sul materasso di Niall e appoggiò la testa contro il muro freddo che sembrava essere diventato il suo unico sostegno nell'ultima ora.

-Lui non è così.

-Harry ti prego non ricominciare con la storia del “Tu non hai idea di che meravigliosa persona si nasconda sotto quella faccia di cazzo” perché altrimenti ora non saresti qui a torturare il cuscino che non ho ancora capito perché ti sei portato dietro, tra l'altro.

E mentre Niall continuava a sgranocchiare patatine alla cipolla, Harry chiuse gli occhi e sospirò: come si era ridotto in quello stato? Lui doveva diplomarsi in anticipo, andare ad Oxford con una borsa di studio per merito, aveva tutta la vita programmata davanti. Ma era davvero quello che voleva? Non ne era più così tanto sicuro, specialmente quando il ricordo un sorriso dolce e sbarazzino gli fece stringere lo stomaco in una maniera del tutto nuova ed emozionante.

Era talmente perso nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno di come Niall si fosse alzato dal letto per dirigersi verso la porta sui cui qualcuno stava bussando incessantemente.

-Che c'è?!

-E' qui?

Fu la sua voce a riportarlo con i piedi per terra. La voce di Louis, carica di aspettativa, ansia e un pizzico di sfrontatezza che Harry si chiese perché continuasse ad ostentare con il resto del mondo.

-Vattene testa di cazzo.

-Horan, fammi parlare con lui.

Harry riusciva a scorgere solo i suoi piedi nudi sulla moquette del corridoio, perché il resto del suo corpo era coperto dalla figura fin troppo magra di Niall e dalla porta, come se il suo amico stesse cercando di proteggerlo in tutti i modi possibili. Con ogni probabilità, forse, stava facendo proprio quello ed Harry ringraziò nuovamente il cielo per la milionesima volta di averlo nella sua vita, ma tutta quella situazione doveva risolversela da solo perché era stato lui a crearla. Si alzò dal letto e, sempre con il suo cuscino in mano, si diresse alla porta della stanza e scostò gentilmente Niall.

-Tranquillo Nialler... Torno subito.

-Harry...

-Dico davvero: va tutto bene.

Uscì dalla camera e si assicurò di chiudere bene la porta: ci mancava solo che l'irlandese origliasse come una Giovane Marmotta e il quadretto sarebbe stato completo. Si guardò attorno e vide che Louis si era seduto per terra, a pochi passa dalla porta, con la schiena appoggiata al muro, le gambe stese davanti a lui, le mani abbandonate vicino ai fianchi: ad Harry apparì incredibilmente stanco. Flash della notte precedente, quando era stato lui quello seduto in corridoio aspettando che la stanza si liberasse di quelli che credeva essere i suoi aguzzini ed un po' si fece ridere: poteva essere più patetico di così? Altro che “grande avvocato in carriera”, non era altro che un ragazzino impaurito dal celeste cobalto di quegli che lo stavano fissando con talmente tanta sofferenza negli occhi da lasciarlo senza fiato.

Era così piccolo Louis in quel momento. Piccolo per l'infinito universo di dolore che sembrava portarsi dentro da tempo immemore. Piccolo per quei sentimenti che gli sconvolgevano il volto in continuazione, come se stesse affrontando una lotta interiore che nemmeno l'occhio più esperto avrebbe potuto intravvedere. Piccolo per quei pantaloni della tuta sformati che si ostinava ad usare come pigiama, per quella zazzera di capelli color caramello decisamente arruffata per le innumerevoli volte in cui le sue mani vi erano passate in mezzo, per quei primi tatuaggi da adulto che sbucavano fuori dalle maniche corte della t-shirt. Ed improvvisamente ad Harry non importò nient'altro che poter essere lui a stringerlo tra le braccia. Non aveva importanza se Louis non era pronto per essere del tutto sé stesso, se avrebbe continuato a raccontargli bugie, se l'avrebbe fatto impazzire cambiando atteggiamento ogni due minuti, perché in quel momento Harry si rese conto che era il suo peggior incubo ad aver bisogno di essere salvato dal suo brutto sogno.

Lasciò cadere il cuscino per terra e si avvicinò a quel ragazzo che ora lo stava guardando con gli occhi sempre più sgranati, come se non capisse le sue intenzioni e Harry non disse nulla, perché per una volta voleva essere lui a sorprenderlo. Si mise cavalcioni sulle sue gambe, le ginocchia a circondare i fianchi morbidi di Louis, che sembrava essersi trasformato in una statua di marmo: non lo guardava, non si muoveva, probabilmente non stava nemmeno respirando. Così fu a Harry a prendere un profondo respiro, osservandolo mentre socchiudeva gli occhi sentendo il fiato caldo del più piccolo sul volto e ad Harry apparì dannatamente simile ad un gattino bisogno di cure, causandogli un'inaspettata stretta al cuore di quello che, ne era quasi certo, doveva essere affetto. Lentamente poggiò le sue mani già grandi ed eleganti sulle guance di Louis e gli alzò il viso con delicatezza, fino a quando l'oceano in tempesta delle sue iridi si aprì di fronte a Harry in tutta la sua strabiliante sublimità. Il cuore di Louis stava correndo così veloce che Harry poteva sentirlo chiaramente nel silenzio irreale di quel corridoio, per poi rendersi conto che c'era anche il suo a contribuire a quella concitata sinfonia, perfettamente a ritmo con quello del ragazzo sotto di lui.

-Sei così bello...

La sua voce era risuonata più roca di come fosse mai stata e ad Harry non sfuggì il luccichio di stupore che tinse il cobalto degli occhi di Louis, anche se per un piccolo istante, perché poi si ostinò a spostare lo sguardo lontano da Harry, da loro, da tutta quella situazione, in mondo in cui il più giovane avrebbe fatto carte false per poter entrare.

-Lou guardami...

Sperava con quel diminutivo di ricatturare la sua attenzione e fortunatamente ottenne l'effetto sperato, ritrovandosi investito da quegli occhi che erano diventati un piacevole tormento per lui.

-Tu sei stupendo... Lo sei nelle mille sfumature del tuo sorriso, nel modo in cui hai sempre una battuta sarcastica pronta, nell'energia che ci metti quando giochi a calcio, nei momenti in cui ti perdi in pensieri che nessuno ha il permesso di conoscere... E non hai nulla di cui incolparti per quello che è successo al tuo primo amore. Dico davvero. Sono sicuro che tu gli abbia donato ogni singolo istante di gioia ti fosse possibile, tutto l'affetto e l'amore che meritava... E questo ti rende una persona stupenda Lou...

-Ho cercato di distruggerti...

-Ed io sono ancora qui.

-Perché?

Già, bella domanda. Perché Harry era ancora lì, a prendersi cura di lui nonostante avesse cercato di distruggerlo in tutti i modi possibili ed immaginabili? Ma la risposta ce l'aveva proprio davanti agli occhi: se non fosse stato per quel ragazzo non avrebbe mai scoperto di avere tutta quella determinazione di voler diventare qualcuno, non avrebbe mai lottato con le unghie e con i denti per ottenere la sua borsa di studio e provargli che si sbagliava su di lui, non avrebbe mai capito di poter essere molto di più di quello che aveva sempre pensato.

-Perché ti devo tutto Lou... Ti devo la mia forza di volontà, la mia caparbietà, il mio sogno di diventare avvocato e dopo questi due giorni, anche una versione più colorata di me stesso... Mi hai fatto provare emozioni che credevo non potessero appartenermi e mi hai mostrato cosa significa aver paura di esser sé stessi... Ed è per questo che sono ancora qui Lou... Perché voglio aiutarti come tu hai aiutato me... Magari con qualche metodologia un po' più soft, che ne dici?

Harry sorrise, cercando di alleggerire quella situazione che gli sembrava dannatamente troppo serie per due persone della loro età, anche se aveva capito come i sentimenti fossero sempre e comunque questioni importanti.

Ad interrompere il flusso dei suoi pensieri ci pensò Louis che semplicemente decise di rendere realtà la tempesta che gli sconvolgeva perennemente gli occhi. Lo baciò con una delicatezza inaspettata, ma densa di qualcosa che nessuno dei due aveva mai sperimentato prima: c'era attenzione, bisogno, paura e senza ombra di dubbio, amore.

Harry percepì le sue labbra morbide modellarsi su quelle di Louis, racchiudendole in un caldo rifugio da cui avrebbe tanto voluto non se ne andassero mai. Rimasero così qualche secondo, a respirarsi l'uno con l'altro cercando di dare un senso a quello che stava succedendo per poi arrendersi al fatto che, alle volte, le emozioni un senso non ce l'hanno.

Fu sempre Louis a staccarsi per primo lasciando Harry immobile, gli occhi ancora chiusi che quando si spalancarono fu solo per mostrare una distesa liquida di verde brillante in cui una pioggia scintillante di sensazioni stava mescolando il tutto. Sentì le mani di Louis intrecciarsi alle sue, ma la sua attenzione era per quel viso intagliato nel granito e solcato da lucide lacrime silenziose.

-Grazie...

Harry avrebbe tanto voluto dirgli che era lui a doverlo ringraziare, ma sapeva che Louis era arrivato a confessargli quella piccola parola voleva dire che era riuscito ad aiutarlo a perdonare un po' sé stesso e questo, per il ragazzo dai ricci fatti di cioccolato, era tutto ciò che desiderava. Gli sorrise e poi, dopo aver asciugato quelle lacrime dispettose con due dolci baci, si alzò dalle sue gambe e gli porse una mano per fare altrettanto. Louis l'afferrò con un sorriso ancora incerto che contrastava con gli occhi leggermente gonfi per il pianto ma, sorprendendo Harry, non lasciò la sua mano una volta che si fu rimesso in piedi ma anzi, la strinse in una tacita promessa che non l'avrebbe più lasciata. Harry recuperò il suo cuscino e, senza più dire una parola, si diressero verso la loro camera dove Louis non gli permise nemmeno di raggiungere il letto vicino alle vetrate, ma lo trascinò sotto le coperte del suo letto, intrecciando le gambe con le sue e permettendo ad entrambi di perdersi l'uno nei colori dell'altro, fino a quando l'alba del nuovo giorno non li sorprese.


For your eyes only
I'll show you my heart
For when you're lonely and forget who you are
I'm missing half of me when we're apart
Now you know me
For your eyes only


Harry non si sorprese quando, per tutta la giornata successiva, Louis fece finta che nulla fosse successo. Sapeva che sarebbe successo, se lo aspettava ed era anche conscio del fatto che non fosse perché il più grande non ci tenesse a lui o si fosse pentito: semplicemente non era pronto e non sarebbe di certo stato Harry a mettergli fretta. C'era voluto così tanto tempo perché si ritrovassero che non avrebbe rischiato di nuovo di perdere tutto per la voglia di gridare al mondo che lui e Louis stavano costruendo qualcosa di speciale. Perché in fondo Harry l'aveva già ammesso a sé stesso che qualcosa stava nascendo, che quello che provava per Louis non era semplice empatia o affetto ma un sentimento con ben altri connotati ed un nome preciso, che però gli faceva paura anche solo pronunciare.

Non rimase sorpreso nemmeno quando, dopo cena, Louis sparì in camera di Zayn e Liam, portandosi dietro tutto il necessario per giocare a Fifa: in fin dei conti, il loro momento per stare assieme Harry gliel'aveva rubato durante la doccia. Louis si stava lavando, lasciando volontariamente la porta socchiusa, così Harry si era seduto fuori dal box doccia e l'aveva ascoltato parlare per venti minuti ininterrottamente di tutto quello che gli piaceva. Era stato un po' complicato cercare di contenersi quando il ragazzo era uscito gocciolante e con solo l'asciugamano allacciato sui fianchi morbidi, ma Harry si era detto che ci sarebbe stato un tempo anche per quello e si era limitato a baciarlo con un po' più di foga rispetto al consentito. Così lui aveva deciso di trascorrere la serata in camera con Niall che ormai era passato dalla fase “io ucciderò Louis Sono Uno Stronzo Tomlinson” a quella della scelta del colore adatto per l'allestimento della sala del rinfresco per il loro matrimonio. Harry ringraziò il cielo che Jeff fosse chissà dove. Dopo qualche ora, li raggiunsero alcune loro compagne di classe che non ritenevano Harry uno sfigato completo e trascorsero la notte a dare fondo alle scorte di cibo che Niall si era premurato di fare nel pomeriggio. Fu solo verso le quattro che Harry li salutò e tornò, stanco ma sereno, verso camera sua, consapevole che l'avrebbe trovata vuota.

Invece Louis lo stupì ancora una volta. Era sotto la trapunta blu del suo letto, i capelli sparsi sul cuscino come un angioletto dei libri per bambini e le labbra leggermente socchiuse alla maniera delle veneri nei ritratti del Quattrocento, abbandonate agli occhi del pittore senza pudore. Louis era così: un ossimoro continuo, luce e ombra assieme, irruenza e dolcezza nella stessa corazza, oscenità e grazia nel medesimo gesto. Era tutti i colori della tavolozza ed Harry ne era irrimediabilmente attratto. Voleva sporcarsi con quelle tinte e non gli importava se fossero indelebili, perché aveva come la sensazione che avrebbe voluto Louis con lui per tutta la vita.

Poi la sua attenzione fu catturata da qualcosa che il ragazzo doveva aver tenuto in mano e che ora giaceva abbandonata in mezzo alle lenzuola candide: il suo quaderno.

Per un attimo gli i bloccò il respiro in gola. Dentro quel quaderno dalla copertina in pelle c'era tutta la sua vita di adolescente. Le immagini che avevano catturato la sua attenzione. Pezzi della sua anima infranta. Versi di poesie dedicate a qualcuno. Frasi che sarebbero magari potute diventare canzoni. E il più delle volte, Harry lo sapeva perfettamente, avevano a che fare con Louis. Ed ora lui le aveva trovate e Harry si sentì improvvisamente nude, più di quando il ragazzo l'aveva visto davvero senza niente addosso solo due notti prima.

Senza far rumore si avvicinò al letto e prese piano ciò che gli apparteneva per tentare di capire che cosa Louis potesse aver visto, ma appena spostò il quaderno una penna aperta cadde per terra, fortunatamente senza però riuscire a svegliare il ragazzo addormentato sotto di lui. Harry la raccolse e cercò la pagina da cui era appena sgusciata fuori, ritrovandone quattro scritte in una grafia fitta e confusa che riconobbe immediatamente non essere sua ma di Louis. Cominciò a leggere senza pensarci due volte, la sensazione di essere stato tradito e messo a nudo che, mano a mano che le parole scorrevano sotto i suoi occhi, continuava a svanire.

Gli chiedeva scusa per essersi intromesso in quella maniera nella sua vita, che l'aveva trovato per caso mentre cercava una sua maglietta da indossare mentre lo aspettava, che non era riuscito a resistere a sfogliarlo prima e poi a leggerlo tutto. Perché voleva essere sicuro di potersi fidare. Era sbagliato, lo sapeva, ma voleva sapere tutto di lui prima di dirgli tutto di sé stesso. E fu così che Harry si ritrovò ad avere tra le mani la vita di Louis scritta dalle mani del suo protagonista.

Le lacrime cominciarono a scendere copiose perché era la cosa più preziosa che Harry si fosse mai trovato a dover maneggiare: chi lo sapeva che il cuore di una persona potesse farti sentire così incerto, emozionato e innamorato allo stesso tempo?

Ma furono quelle parole alla fine, scritte al centro dell'ultima pagina a dirgli che sì, quello che stavano costruendo aveva un nome solo.

For your eyes only I'll show you my heart

Harry abbandonò il taccuino per terra, si infilò sotto le coperte, notando che davvero Louis aveva indossato una delle sue t-shirt per dormire e lo prese tra le sue braccia.

-Harry...

-Ti amo, Lou.

Non era sgusciato dalle sue labbra per sbaglio. Non se l'era fatto sfuggire. Harry sapeva cosa volessero dire quelle due parole. Sapeva che con ogni probabilità era decisamente troppo presto. Sapeva che l'indomani avrebbero di nuovo fatto finta che loro non fossero niente. Ma dopo quella frase Harry aveva la certezza che loro due, assieme, non solo non fossero niente, ma stessero diventando qualcosa di molto più che speciale: stavano diventando amore.

E si baciarono come la prima volta, come la seconda e come tutte le volte in cui le loro labbra si erano incontrare: mischiando i loro colori, creandone di nuovi e dipingendo il mondo di qualcosa che solo loro potevano comprendere.

-Ti amo anch'io, Harry...

No, Harry quei colori non li avrebbe mai più lasciati, ma li avrebbe incisi per sempre sul suo corpo, nel suo cuore e nella sua anima.





Hi sweethearts,
come potete notare ultimamente i Larry mi donano grandi momenti di ispirazione anche se, pure questa volta, devo dare il merito ad un prompt di Sara ( @ingestita => i suoi prompt li trovate su @helpfindawriter) che però ho un pochino travisato * chiede venia per il fatto^^ *
Detto questo, spero davvero che se siate arrivate qui non abbiate qualche principio di attacco apoplettico o patologie più gravi e ci tengo a RINGRAZIARVI enormemente per lo sforzo fatto... Non doveva essere così lunga, ma avendo subito una gestazione di circa due mesi era il minimo che le potesse accadere ^^
Se avete piacere di lasciarmi recensioni, pareri, critiche, suggerimenti potete farlo qui o su Twitter
( @93ONED ).
P.s mi scuso con Nene che, se mai leggerà questa storia, vorrà uccidermi perché le avevo promesso che sarei riuscita a farla diventare di raiting rosso ma non ce l'ho fatta neanche sta volta: sorry dear **
P.p.s. Probabilmente userò sta canzone per le prossime ventisette storie dato che sono riuscita a superare il blocco che mi impediva di utilizzarla... Spero di aver fatto bene **
Lots of Love xx

  
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