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Autore: nothingdrum    10/02/2016    0 recensioni
La breve storia di una serata in un pub di Dublino, dove per un attimo si specchia la natura dell'uomo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un nero a Dublino non ha vita facile, come Paul aveva capito nei suoi ventun'anni di vita. Vivi con le gambe che tremano ogni giorno per la paura che qualche pel di carota possa farti lo scalpo solo per il tuo colore della pelle, e cerchi in tutti i modi di farti notare il meno possibile.

In quel locale fumoso di Temple Bar il suo gruppo si era appena preso una pausa, la batterista conversava amabilmente con alcuni suoi amici nell'angolo buio del pub (tutti i locali di Dublino ne hanno uno), mentre il bassista e il chitarrista si facevano una pinta con le rispettive ragazze.

Le coriste e i trombettisti erano finiti chissà dove a copulare selvaggiamente.

Ebbene sì, erano un gruppo Soul.

Il libro e rispettivo film The Commitments non aveva reso vita facile alle band Soul Irlandesi, che ora si ritrovavano a fare i conti con tremendi paragoni alla band del film e con richieste di brani dovuti al successo dello stesso. E, beh, loro erano davvero molto somiglianti ai Commitments. Solo che non c'era nessun nero nei Commitments, e Paul ne faceva quasi un vanto. Insomma, quella musica era nata con la sua gente, ed era felice di esserne portavoce in un posto in cui il Soul era ancora considerato musica etnica.

Si alzò in piedi, richiamando i musicisti alle loro postazioni, senza ovviamente trovare le coriste e i trombettisti. Camminò rapidamente verso il bagno degli uomini, aspettandosi orgasmi provenienti dalle cabine, sorprendendosi quando ad accoglierlo trovò solamente il silenzio.

Dove cazzo sono finiti?

Uscì furibondo dai bagni, infuriandosi ancora di più quando vide che erano tutti sul palco, pronti con gli strumenti.

“Ritardatario eh?” Lo derise uno di loro.

“Fanculo, neanche voglio chiederti in quale antro buio stavi scopando con Bessie”

Una risata fragorosa uscì dalla bocca dell'uomo.

“Per la cronaca, ero nel bagno delle donne.”

E cominciò a suonare il pezzo di Sam Cooke che proseguiva la scaletta.

Paul era estasiato come al solito nel vedere la gente che apprezzava quello che facevano, nonostante fosse così distante dalla loro concezione di musica, e vedere i volti sorridenti degli irlandesi completamente bevuti cantare Aretha o Otis era inebriante. O almeno lo fu fino al terzultimo brano. Paul non riuscì a vedere il bicchiere volare dall'ultimo tavolo fino alla base del palco. O almeno non vide il primo.

“Negro di merda, scendi di lì!”

“Tornate in Congo!”

Le gambe tremarono peggio del solito.

Un gruppo di ubriachi fradici stava puntando Paul, armati di stecca da biliardo e coltelli.

“Fermi, state fermi!” La barista, Janice, corse verso il gruppo che avanzava come una legione romana verso la band. Inutile dire che la scagliarono contro il bancone con una violenza indescrivibile.

“Cosa volete? Vi stiamo dando fastidio?” gridò Gloria, la batterista.

“Zitta stronza, e voi tutti, smettetela di suonare questa robaccia da negri! Ormai è tutta così la musica, non si vede più una faccia normale, e non permetto che anche nel mio bar si senta questa schifezza!”

La scena era paradossale, e i dieci secondi di silenzio immerso nei fumi del locale successivi all'ultima frase dell'ubriacone resero tutto ancora più fuori dal mondo.

Nessuno si alzò, o mosse un dito.

Il pugno si scagliò contro il viso di Paul, ancora immobilizzato dalla paura, e lanciò il ragazzo verso l'amplificatore un metro e mezzo più in la.

L'ubriaco si tolse la camicia, mostrando i suoi tatuaggi che comprendevano una svastica sull'avambraccio e un'aquila nazista sulla schiena.

Ci mancavano gli skinheads stasera.

Pensò Paul, asciugandosi la bocca piena di sangue. Ma non ebbe il coraggio di esprimere i suoi pensieri a voce alta, non aveva mai avuto il coraggio di combatterle, queste persone. E fu così che, mentre pensava agli insulti più terribili e peggiori omicidi che la sua mente potesse concepire, nell'intero pub scoppiò una rissa tra i clienti che difendevano il ragazzo e chi stava dalla parte degli skinheads. Ovviamente la stazza dei filonazisti non dava molte chance a chi gli si metteva contro, visti i due metri d'altezza e il metro di spalle di ognuno.

La vista del ragazzo era completamente annebbiata, forse dovuta da un trauma cerebrale, ma ancora riusciva a riconoscere quello che stava accadendo attorno a lui, e in due millisecondi si rese conto di come il mondo sarebbe rimasto, se ad un ragazzo non gli si offre di esprimere la sua personalità neanche attraverso la musica. La libertà era ancora una conquista, una tremenda conquista che chissà tra quanto tempo ancora sarebbe diventata un diritto. Ma la natura umana, si sa, è terribilmente selettiva, e per farsi guerra non serve un motivo vero e proprio, come quello della razza, ma solo un dannato pretesto per fare a gara a chi ce l'ha più lungo a discapito dei poveri.

E mentre tutti si stavano picchiando, Paul si alzò, radunò i suoi musicisti, ancora impalati a guardare la scena, e cantò, in mezzo ad una folla che ormai non si rendeva neanche più conto del perchè stava scontrandosi.

   
 
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