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Autore: GiovanniC86    10/02/2016    0 recensioni
L'indagine dell'agente John Crawler e della dottoressa legale Lisa Warmer si rivelerà ben presto molto più di un semplice caso di omicidio, coinvolgendo i due colleghi sino al punto da cambiare le loro vite.
Genere: Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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John era finalmente giunto dinnanzi al palazzo descrittogli poc'anzi dalla dottoressa legale Warmer durante il tragitto in auto. Sapevano che sarebbero bastati una via ed una descrizione per trovare l'abitazione, pertanto non meditarono molto sul da farsi quando la dottoressa ricevette la telefonata anonima al cellulare. Stavano cercando quel palazzo da ore e solo nel tardo pomeriggio, convinti di essere nel luogo giusto, poterono constatare di che edificio si trattasse. Si trattava di una villa, sicuramente abbandonata, a giudicare dall’aspetto; la facciata anteriore era composta da un pianerottolo rialzato e raggiungibile da una molto piccola rampa di scale, circondato da una ringhiera di ferro visibilmente arrugginita e corrosa. Il legno di cui tutta la struttura era composta si mostrava ai due come un vecchio, marcio ed umido insieme di tavole di palissandro, tenute una incollata all'altra da chiodi arrugginiti tanto quanto la ringhiera del pianerottolo all'ingresso. Dalla facciata del palazzo si dedusse che la casa fosse divisa almeno in tre piani, se non in quattro, contando un'eventuale seminterrato. Le finestre erano sfondate e, solo una per piano, erano atte ad illuminare la casa dall'alba sino all'ora di pranzo, poiché rivolte verso Est. La casa terminava con un tetto appunta che iniziava al culmine della facciata anteriore e terminava in due affluenti, uno verso sud-ovest e uno verso nord-ovest, spioventi verso delle grondaie in rame quasi completamente bucate. John varcò senza indugio l'ingresso del palazzo, ossia un vecchio portone in legno quasi del tutto marcio, che venne giù al semplice tocco della mano della sua mano, cadendo al suolo violentemente e spezzandosi sotto i loro occhi. Era evidente che quella casa fosse un pericolo per chiunque al suo interno, data la possibile inesistenza di strutture portanti e fragilità di quelle rimanenti, eppure, John salì le scale con tanta foga da far vibrare il piano terra, calcando su una ventina di scalini che, ad ogni suo passo avrebbero potuto rompersi e farlo cadere nel vuoto. L'ultimo piano venne raggiunto dall’agente nel giro di pochi secondi, piano che si mostrava a lui come un unico immenso stanzone semi-vuoto ed ombroso, tanto vasto e tanto vuoto da incutere timore, forse invaso dalle più disgustose forme di vita. Sul viso di John erano palesi numerose gocce di sudore, miste ad un’espressione seria e sforzata. Conosceva quel luogo, anche troppo bene, secondo il suo parere. Oltre la finestra più alta della facciata anteriore della casa, la quale aveva il compito di illuminare la soffitta, altre sei finestre rigorosamente sfondate si affacciavano all'esterno, donando alla mente di John un curioso senso di affollamento. Li, il sole passava solo per un paio d'ore, illuminando la stanza si e no da nord-est e solo per due finestre. Erano le sette di pomeriggio e la casa, come anche tutto il quartiere, erano illuminati soltanto da lampioni e torce. Era tutto come lo ricordava, tutto come era, seppur rovinato dal tempo. Una sola cosa non doveva essere li, non aveva motivo apparente di stare in quel luogo, non era attesa, non era pensabile. Sul pavimento della parte opposta della stanza in cui si trovava John, stava il corpo di un uomo in giacca e cravatta, sdraiato al suolo sulla schiena, in una pozza di sangue. Fu solo allora che Jhon, nello stesso momento in cui in quella stanza giungeva la dottoressa Warmer, riuscì a pronunciare delle chiare e semplici parole, con tono sprezzante. -Quel corpo è qui da non più di poche ore.- Si aggirava per la stanza, osservando lentamente il pavimento lercio ed umido, le pareti sfondate e il soffitto logoro, illuminato appena dai lampioni della strada ed infine il cadavere ivi presente, riconoscendo il suo viso senza riferirlo alla collega, per poi posizionarsi dinnanzi ad una finestra e guardare verso l’esterno. John stava con le mani dietro la schiena, ben dritto in piedi e a testa alta. Il suo sguardo sembrava perso nel vuoto. -Un omicidio… alle sette di sera…- Allora, la Warmer, incuriosita dalle parole dell’agente, con la giusta cautela, quasi per niente impressionata dal corpo, decise di avvicinarsi a lui. -A dire il vero, credo che l’uomo sia morto ore fa.- Asserì, avvicinandosi poi lentamente all’uomo deceduto in fondo alla stanza, mutando la sua espressione curiosa in una disgustata. -Stando a ciò che ho saputo, Quest’uomo dovrebbe essere morto giorni fa, quando invece è evidente che qualcuno lo ha freddato poco prima del nostro arrivo. Come poter essere sicuri che una soffiata anonima possa essere veritiera?- All’udire di quelle parole, John smise di guardare fuori dalla finestra, si voltò rapidamente e si diresse contro la donna, mantenendo lo sguardo fisso su di lei e innalzando il di lui indice destro, sino a portarlo dinnanzi al naso. -Molto semplice, mia cara. Le soffiate anonime lo sono sempre.- Così John si inchinò dinnanzi al cadavere, in modo da poterlo osservare con cura e trarre le sue deduzioni. -Innanzitutto, costui ha ricevuto un solo colpo di pallottola al cuore, preciso e letale.- Quindi ruotò rapidamente il capo verso le scale.  -saranno appena sette metri, è un colpo semplice.- Alzò lentamente la giacca nera insanguinata dell’uomo morto, per cercare ulteriori informazioni. -Era un imprenditore.- Disse, sfilando con la man manca, dal taschino dell’altrui camicia, un tesserino plastificato sporco di sangue. Noncurante del sudiciume appiccicato alle sue dita, sfilerebbe il tesserino di carta dall’involucro di plastica, nel tentativo di leggere a chi appartenesse. Cadde il silenzio nella stanza. John si alzò in piedi, tenendo con entrambe le mani il tesserino. I suoi occhi erano fissi su quel cognome, che avrebbe potuto sconvolgere chiunque, fuorché lui. Lentamente, come un uomo che altro non ha da fare nella vita, si voltò, tenendo lo sguardo basso. Il cuore batteva sempre più forte nel suo petto, mentre il suo viso rimaneva impassibile, come era sempre stato durante la sua lunga carriera di poliziotto. -“Warmer”.- Alzò lo sguardo la vista che gli si presentò non era altra che quella che si aspettava. Una pistola, stretta nella man dritta della dottoressa, mirava il suo petto. Non una parola fuoriuscì dalla sua bocca. Nell’arco di un secondo, uno sparo, una luce, due corpi al suolo. La stanza divenne nuovamente silenziosa e solo dei passi si udivano, passi veloci che si allontanavano. John sapeva che non avrebbe visto più la luce del sole. Si levò dalla sua posizione contorta e, con un rantolo di dolore, si stese al suolo affianco all’ex marito della dottoressa. Esanime, sfruttò il suo il suo ultimo respiro: -Un omicidio… alle sette di sera…- e fu buio. 

   
 
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