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Autore: Yutsu Tsuki    11/02/2016    3 recensioni
Cenone di Capodanno. La dolcetta decide di invitare da lei Castiel per farlo conoscere ai suoi genitori.
Ma, ovviamente, non tutto filerà per il verso giusto...
Genere: Comico, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '~ Devil in Paradise'
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Buonasera a tutti.
Questa è la flashfic che ho scritto per il concorso di Capodanno nel forum e che ha miracolosamente vinto il terzo posto.
Prima di cominciare sappiate solo due cose:
1. Per il concorso avevo dovuto tagliare del testo a causa della limitazione di caratteri. Quella che leggete ora, però, è ovviamente la versione completa.
2. La inserirò nella nuova serie che ho creato: click! che per ora è composta da tre storie (ma, udite udite, da qualche tempo ne sto scrivendo una nuova, che per ora è ferma al secondo capitolo. Maggiori dettagli arriveranno in seguito ¬‿¬)
E basta, non dovrebbe esserci altro da dire.
Non mi resta quindi che augurarvi una buona lettura e sperare che riesca a strapparvi un sorriso!











«Castiel, scusa, mi puoi passare il vino?»
«Certo, ecco a lei.» Punto gli occhi sulle mani del mio compagno di classe che, con preoccupante noncuranza, afferrano bruscamente la bottiglia di Saumur-champigny e la avvicinano al bicchiere vuoto di mia madre. «Glielo verso io.»
Prego mentalmente che non provochi un danno irreparabile nei confronti del vecchio e delicato copritavolo di nonna Gertrude, nonché dell’antico tavolo in mogano dell’Honduras datato 1932, ma il versamento sembra procedere senza problemi. Prima che possa tirare un sospiro di sollievo, però, localizzo due gocce violacee scorrere con fare furtivo lungo il collo della bottiglia e dirigersi pericolosamente verso l’inerme tovaglia immacolata.
Con uno scatto degno del miglior levriero inglese, arpiono e sollevo il Saumur-champigny, bloccando col palmo della mano destra le stille incriminate e lanciando un’occhiataccia a Castiel, che però non mi sta neanche calcolando.
I miei, al contrario, si girano a guardarmi straniti, stupiti probabilmente dal mio improvviso interesse verso il vino, dato che da sempre sono famosa per detestarlo.
Cercando di far finta di niente, asciugo il vetro senza farmi notare e lo ripongo con attenzione sul tavolo.

La cena non è certo cominciata nel migliore dei modi, e ancora adesso mi chiedo come abbia fatto ad avere la malsana idea di invitare Castiel a casa mia per farlo conoscere ai miei genitori - si fa per dire, dato che già in altre occasioni avevano avuto l’onore di poterci avere a che fare, ammirandolo al suo stato brado - ma dopotutto è già da diverse settimane che... “stiamo insieme”, e in qualche modo devo pur cominciare, no?
D’accordo, magari il cenone di Capodanno non è il contesto più adatto per presentare ai miei quello che spero diventerà il loro futuro genero, data la presenza massiccia di oggetti preziosi e fragili su ogni singolo centimetro quadrato del tavolo, incluso il tavolo stesso.
Il punto è che Castiel sembra avere una tendenza distruttiva verso le cose, oltre che una scarsa attitudine al galateo... Per carità, ognuno ha dei difetti, ma quando come in questo caso essi collidono con le pignolerie dei tuoi genitori, beh, la cosa non va affatto bene.

«Buonishimo il cotehino», lo sento pronunciare a bocca piena da dietro la forchetta.
Adagio una mano sulla fronte, incapace di credere che stia accadendo sul serio. Gli sguardi impietriti e seri dei miei genitori sulle fauci del ragazzo che svelte trangugiano ogni pezzo di carne promettono tutto fuorché qualcosa di buono.
«Castiel, la pianti?» gli suggerisco a bassissima voce, tossendo con nonchalance subito dopo.
Fortunatamente lui afferra al volo ciò che intendevo e, resosi conto dell’espressione contrariata dei miei - in particolar modo di quella di mio padre - manda giù con vistoso imbarazzo l’ultimo boccone e smette di mangiare - o meglio, divorare - il cotechino.
Dopo qualche secondo di silenzio in cui la tensione sembra essersi placata, fa per provare le lenticchie ma, una volta avvicinatele alle labbra, anziché consumarle sorride e le riadagia lentamente nel piatto.
«Vediamo un po’ come mangi tu» mi sfida poi, bisbigliandomi nell’orecchio e indicando con un cenno le mie. In effetti non avevo ancora toccato cibo.
Mi volto a guardarlo con sufficienza, e sicura di potergli mostrare la mia perfetta conoscenza del Bon Ton, sollevo con la forchetta una manciata di lenticchie e con ottima compostezza le introduco nella bocca.
Poi accade l’irreparabile.
Un bruciore fulmineo e lancinante si spande per tutto il mio palato, costringendomi a sputare immediatamente tutto ciò che non avevo neanche avuto il tempo di ingerire. «Gyaaah!»
Le lenticchie erano USTIONANTI.
E lui lo sapeva.
Senza starci a pensare agguanto velocemente la brocca d’acqua e cerco di versarla nel mio bicchiere.
Poi non so perché - se per l’agitazione o per le due dannate gocce di Saumur-champigny che mi avevano inumidito la pelle - ma sta di fatto che la brocca mi scivola di mano e tutto il liquido va a rovesciarsi sulla tavola e sulle rispettive cibarie.
Alla mia destra i miei rimangono talmente sbigottiti da non emettere parola.
Alla mia sinistra Castiel trattiene a stento una risata.
«Tristen», mi sussurra col suo solito ghigno beffardo, «questa volta l’hai combinata grossa.»
«Questa volta nonna Gertrude mi ammazza.»





   
 
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