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Autore: FreddyOllow    11/02/2016    1 recensioni
[Aggiornamento 20/09/2020 - 12/10/2020 | Testo revisionato.]
Dopo l'enorme e violenta esplosione avvenuta nella centrale nucleare di Vaslejo City, di cui non si conoscono le cause, l'intera area venne sommersa da altissime radiazioni.
In poco tempo cominciarono a verificarsi strani fenomeni inspiegabili: stravolgimenti delle leggi fisiche, morti inspiegabili, anomalie radioattive e la comparsa di strani esseri umanoidi e non.
Mentre l'area radioattiva si espanse fino a raggiungere le campagne circostanti, il governo insabbiò il disastro al mondo. I militari sigillarono la città, ponendo un lungo perimetro di posti di blocco ai confini della zona di alienazione.
Nei mesi successivi, la zona venne invasa da alcuni avventurieri, chiamati Stalkers che, con il passare del tempo, divennero sempre più numerosi.
A Vaslejo City e in tutta la zona iniziarono a generarsi dalle anomalie da cui fuori uscivano strani reperti con strani poteri, il cui valore nel mercato nero era esorbitante.
Gli Stalkers li cercavano ovunque, rischiando persino la vita. Ma ciò che attirava di più della loro sete di ricchezza e potere, era il monolite. Uno strano e misterioso oggetto rettangolare che era spuntato nel centro della zona, in grado di esprimere qualsiasi desiderio.
Genere: Dark, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spiragli di luce filtravano fra le assi di legno della finestra. La notte era passata silenziosa e senza problemi. Spiai da una fessura; fuori era tutto tranquillo. Aveva piovuto. Spostai l'armadio e rimisi a terra nuovamente la porta. Un cielo nuvoloso mi diede il buongiorno e mi guardai intorno, vedendo gli alberi avvolti da una leggera nebbia. Presi la mappa dallo zaino e rifeci mentalmente il percorso della palude. Passai il dito sui vari acquitrini e zone radioattive, rilevati anche dal mio contatore geiger. Mi trovavo appena fuori della Palude del Non Ritorno, a due chilometri circa dalla posizione di Oscar, che si trovava quasi al centro di essa. Rimisi la mappa nello zaino, diedi un ultima occhiata all'ingresso del capanno di legno e camminai alla mia destra.
Il terreno si faceva acquoso, mentre mi avvicinavo agli acquitrini. La fitta vegetazione iniziò a spuntare da ogni lato, limitandomi il campo visivo. La nebbia si faceva più densa e di un colorito verdastro. Mi sentii penetrare le dita da una leggero venticello gelido, mentre miei stivali sguazzavano nel fango, rompendo il tetro silenzio della palude.
Poco dopo raggiunsi un grosso albero dalle foglie nere, simile a quello visto quando ero con il bambino ombra. Quattro uomini, impiccati e le mani legate dietro la schiena, pendevano dai robusti rami nodosi. Dovevano essere comuni Stalker, non legati a nessuna fazione.
Questo fatto mi fece capire che ero capitato per sbaglio in uno degli avamposti dei Figli del Monolite. Una fazione religiosa che idolatrava la Zona e le sue creature. Dotati di un enorme fanatismo, sceglievano in punto di morte di bere uno strano liquido arancione e diventare degli Zombie, così da essere manovrati da un oscura presenza che solo loro riuscivano a vedere e sentire. Quella oscura presenza era il Monolite che, usando un sommo sacerdote come tramite, impartiva ordini. Ma queste erano solo delle voci. Nessuno sapeva se fossero vere, poiché una volta entrati nei Figli del Monolite, non si tornava più indietro. Non perché fosse vietato, ma perché chi entrava, non voleva più uscirne. I figli del Monolite proteggevano il centro della Zona a costa della vita, e quando ti prendevano di mira, non li vedevi neanche arrivare. Per mano loro, molti Stalker erano morti o svaniti nel nulla.
In giro c'erano banditi che adottavano esecuzioni in stile Figli del Monolite. Lo facevano per spaventare gli Stalker e tenerli lontani dal loro covo. Funzionava soltanto con i pivelli, non con gli esperti. Non parliamo poi delle altre fazioni, che non si facevano problemi ad ammazzare i loro rivali, tra cui i Figli del Monolite. 
I quattro uomini impiccati avevano un chiaro significato per la religione Monolite: Morte, Dolore, Fede, Libertà.
Morte; un uomo doveva morire per il Monolite se voleva rinascere a nuova vita. Alcuni, precocemente, si trasformavano in zombie per essere liberi nello spirito. Ma questi finivano per essere abbandonati al loro destino, vagando attorno al centro della Zona, come fossero confinati da esso.
Dolore; un uomo doveva soffrire se voleva elevarsi davanti alla potenza del Monolite. Solo così sarebbe stato idoneo per poter essere adottato come figlio.
Fede; un uomo doveva credere fanaticamente al Monolite, creatore della Zona. Doveva ubbidire ai suoi comandi senza fare domande. Difenderlo dai nemici che volevano impossessarsene. Rispettare le sue leggi, le sue creature, il suo mondo.
Libertà; Un uomo che aveva raggiunto tutte è tre le tappe precedenti, poteva finalmente assaggiare la vera libertà. Solo il Monolite era in grado di rendere liberi le loro anime, che avrebbero trovato la pace eterna e tutte le risposte dell'universo.
Mi avvicinai lentamente vicino al grosso albero e osservai i cadaveri dondolare. Le foglie invece, restavano immobili, come se il vento non riuscisse a smuoverle. Gli occhi dei quattro uomini erano stati strappati via, perché non erano degni di osservare la bellezza della Zona. Solo due di loro avevano le viscere che penzolavano dallo stomaco a indicare che avevano ucciso i figli della Zona; i mutanti. Solitamente le esecuzioni avvenivano al limitare del loro territorio, come una specie di avvertimento. Non intendevo oltrepassare l'albero. Non ci tenevo a incontrarli, perciò decisi di fare il giro più lungo camminando tra la fitta vegetazione di arbusti e di erica ingrigite.
Non conoscevo perfettamente la palude, e non potevo rischiare di essere visto da un fanatico che non ci avrebbe pensato due volte a riempirmi di piombo. Camminai a sinistra, dove il terreno diventava più scosceso, intervallato da rocce e rialzi improvvisi. Seguendo il bordo di un grande acquitrino, gli alberi spogli si facevano più numerosi, attaccati l'un l'altro con le grosse radici che si contorcevano fino a formare muri impenetrabili. Capii che mi stavo avvicinando al centro della Palude del Non Ritorno, e che dovevo tenere gli occhi aperti alle radiazioni che si spostavano di continuo, come fossero esseri incorporei.
Minuti dopo, finalmente riuscii ad uscire da quella intricata rete di alberi e rami, che mi avevano fatto rallentare. E questo mi portò a proseguire sulle assi di legno attorniate da erba palustri. Cominciavo proprio a odiarle quelle fottute piante. 
Poi udii degli spari in lontananza, seguito da alcuni ululati. Provenivano alla mia destra. Sicuramente un branco di cani selvatici aveva assalito degli Stalker. Gli spari si fecero meno numerosi, finché ci fu solo silenzio, segno che qualcuno era morto o era riuscito a fuggire. Non potevo esserne sicuro, ma quasi sempre significava questo. Alla fine non diedi molto importanza, in quanto il branco era ormai occupato a sbranare gli Stlaker o a inseguirli.
Dopo aver camminato sulle assi di legno, mi ritrovai di fronte a un enorme specchio d'acqua, tappezzato da altissime erbe palustri e canne. Delle ninfe dai petali dorati coronavano l'ambiente suggestivo. La nebbia, che mi aveva avvolto tutto questo tempo, era misteriosamente svanita. Certo, se mi guardavo indietro potevo scorgerla fra la vegetazione. Rimasi affascinato dalla tetra bellezza del posto. L'acqua era molto pulita, e potevo persino specchiarmici. Questo mi confuse, in quanto uno stagno non può essere così. Mi sembrava di essere in un sogno.
D'un tratto il mio contatore geiger emise degli stridi continui. Sembrava impazzito. Afferrai una bottiglia di Vodka dallo zaino, feci tre sorsi e la rimisi al suo posto. Poi indossai la maschera antigas e proseguii sulla terra compatta, ai bordi dello stagno. Sentivo il liquore bruciarmi la bocca, la gola e le viscere. Nel sapore c'era qualcosa di strano. Qualcosa di metallico. Non sapevo con certezza cosa fosse, ma iniziai a credere che ci fosse ben più della Vodka. Herm mi aveva dato queste bottiglie dicendo che mi sarebbero servite per abbassare le radiazioni dal mio corpo. Inizialmente non avevo fatto caso alle sue parole, ma ora capivo che non era un cazzata. Avevo sentito parlare di queste miracolose bottiglie di Vodka contro le radiazioni, ma pensavo fossero solo leggende per motivare gli Stalker a spingersi nei posti più radioattivi. Ora invece, avendola assaggiata, pensai che non fossero per nulla stronzate.
Il terreno terminò contro un muro di grosse radici. Cercai di arrampicarmici, ma fu impossibile, perché le radici erano scivolose. Così mi immersi lentamente nello stagno sollevando fucile e zaino con entrambe le mani. Mentre avanzavo, l'acqua saliva fino ad arrivare al mio collo. Mi fermai, lanciando un occhiata intorno. Solo silenzio. Ero indeciso se continuare o meno, poiché non sapevo se l'acqua sarebbe continuata a salire. Ma non potevo nemmeno tornare indietro e tentare di entrare nel territorio dei Figli del Monolite. Sarai morto senza nemmeno accorgermene. Così proseguii circondato da erba palustri e altissime canne. Continuai per diversi minuti e mi resi conto che forse stavo girando in tondo. Le braccia erano a un passo dal cedere per la fatica, quando udii delle voci. 
Camminando verso la direzione del suono, mi ritrovai al limitare delle canne, scorgendo una baracca di legno e una piccola torretta di fortuna costruita con legno, lamiere e sbarre di ferro arrugginite. Due barche da pesca erano vicino a un piccolo pontile e su di esso, un uomo armato di un AKAM-74/2 si guardava attorno. 
Mi spostai leggermente verso sinistra, così da essere interamente coperto dalle canne. C'erano otto uomini armati di AK-47, pistole Kora-919, Beretta 92, e fucili Viper 5. Tutti indossavano cappotti scuri sporchi di terra, e sciarpe che coprivano la bocca. Capii all'istante che erano dei banditi, e che gli uomini impiccati erano stati messi da loro, e non dai Figli del Monolite. Forse erano qui solo per fare provviste, cercare qualche manufatto da vendere a uno dei trafficanti della Zona. A meno che non fossi finito dritto in uno dei loro covi. Al solo pensiero mi venne una fitta allo stomaco.
Camminai per un momento a sinistra. Nessuno sembrava essersi accorto della mia presenza. Mi sistemai a pochi metri dal pontile, proprio di fronte. Osservai i banditi camminare intorno alla baracca di legno, parlare, scherzare, ridere e alcuni insultarsi, finché sentii un ringhio alle mie spalle, che mi pietrificò.
Un bandito, attratto dal rumore, attraversò il lungo il pontile e si fermò a guardare nella mia direzione. Quando fece per alzare il Viper 5, forse accortosi di me, un Porger balzò da dietro le mie spalle e gli atterrò sopra, artigliandogli la gola. Il sangue schizzò sul viso deforme della Creatura, che affondò i denti aguzzi nel suo collo. Attimi dopo, il Porger venne crivellato da una pioggia di proiettili, sparati da varie direzioni, cadendo in acqua, a un passo da me. La superficie dello stagno si riempì di sangue. 
Due banditi raggiunsero il loro compagno che, agonizzante, li fissava cercando di parlare, sputando fiotti di sangue. Quelli si lanciarono un occhiata, lo afferrarono per mani e piedi e lo gettarono in acqua, ancora vivo. Lo guardarono affogare con sorrisi compiaciuti, poi si allontanarono, mentre il corpo rimase a galleggiare vicino al Porger. Rimasi schifato da quel gesto. Avevano persino sorriso mentre i loro compagno affogava. Avevo sentito delle voci sulla loro crudeltà, ma non pensavo che arrivassero a uccidersi a vicenda. 
I banditi erano odiati da tutti, e temuti dai pivelli. Gente che ti avrebbe ammazzato anche per un scatola di tonno. Erano sparpagliati in piccoli gruppi indipendenti nei luoghi meno pericolosi della Zona. I loro covi si trovavano spesso negli edifici diroccati, fra la vegetazione, sulle collinette o fabbriche abbandonate. Erano tutti comandati da un capo, solitamente il più sveglio del gruppo, che organizzava la banda. Il fatto che i gruppi fossero indipendenti l'uno dall'altro, faceva scoppiare faide all'ultimo sangue, che portava alla completa distruzione di uno dei due gruppi. Era molto facile per uno Stalker imbattersi nei loro scontri a fuoco o in un covo distrutto. La maggior parte delle carcasse umane divorate dai mutanti nella Zona, erano perlopiù di banditi ammazzati per mano di altri banditi. Vivevano di rapine, furti, omicidi su commissione, contrabbando di cibo, armi, munizioni, sigarette e ogni genere di prodotto che valeva qualcosa in questo sperduto posto. Commerciavano tra loro, e molto raramente con gli Stalker, che facevano affari quando i trafficanti venivano uccisi, divorati o sparivano nel nulla, causando il tracollo economico della Zona. I banditi, seppur numerosi, venivano facilmente spazzati via dalle altre fazioni. Temevano gli scontri a fuoco prolungati, come temevano i Figli del Monolite, che si mettevano sulle loro tracce per epurare la Zona dal male. Ma ovviamente erano voci, e nessuno sapevo la verità.
Fissai il viso deforme del Porger e pensai al perché non mi avesse attaccato. Era proprio dietro di me. Non doveva fare altro che saltarmi addosso, sgozzarmi e trascinarmi nella sua tana. Perché non lo aveva fatto? Fui pervaso da mille pensieri; uno più assurdo dell'altro. La simbiosi tra l'uomo e la Zona che, una volta instaurato un giusto legame, poteva proteggerti dai suoi figli, dalle anomalie, da tutto ciò che c'era nella Zona. Mi venne in mente l'assurda e misteriosa storia che avvolgeva i Figli del Monolite. Si diceva che parlassero con i mutanti, le piante, gli alberi e le anomalie, che fossero in grado di sapere sempre tutto, come fossero onniscienti e onnipresenti. Persino adesso, nascosto in queste fitte canne, loro potevano vedere e sentire tutto. Era una sensazione sgradevole, al limite della paranoia. E mentre ero perso nella mia mente, qualcosa galleggiava lentamente verso di me. Era un militare con il petto squarciato, e fu lì che capii perché il Porger non mi aveva attaccato; era occupato a divorarlo e stava ringhiando perché io ero a qualche metro dalla creatura. Ma allora perché aveva attacco il bandito? Forse l'aveva visto avvicinarsi? Aveva percepito la sua ostilità? Ad ogni risposta, altre domande. Decisi che il tutto fosse stato un mera coincidenza, sennò avrei finito per impazzire.
Mi spostai nuovamente verso sinistra, mentre anelli di acqua si espandevano sulla sua superficie. Ignorai il mio contatore geiger che mi diceva che stavo assorbendo radiazioni. Continuai a muovermi, finché l'acqua mi arrivo fin sotto le ginocchia. Rimisi lo zaino sulle spalle e impugnai l'AK-47, con le braccia doloranti dallo sforzo prolungato per aver tenuto le braccia alzate per più di trenta minuti. 
Arrivai accanto a un lungo tronco cavo, osservando l'intera baracca. Un bandito con la testa rasata, la barba incolta e un occhio cieco, si diresse verso un gazebo dal tetto in ferro arrugginito. Indossava un lurido cappotto grigio, rattoppato in vari punti. Dietro a delle casse aperte, vidi un altro uomo legato a una sedia, insieme a un'altro bandito dalla faccia fregiata, capelli corti e occhi scavati. Indossava un uniforme militare, tutta insanguinata. Forse l'uomo legato e il cadavere del militare in acqua erano compagni?
Preso dalla curiosità, sorpassai diversi arbusti e mi fermai accanto alla corteccia di un albero, circondato da alcuni rami e un cespuglio avvizzito. 
Il bandito rasato si fermò davanti al militare. << Dove cadranno le prossime casse di rifornimento? >> Disse, afferrandolo per il bavero.
Il militare gli sputò in faccia.
Il bandito rasato si pulì con la manica del cappotto e gli sferrò un pugno nelle costole. << Parla! >> Gli mise una mano sul volto. << Non sarò così paziente con te, come lo sono stato con il tuo amichetto! >> Indicò con il dito lo stagno.
Il militare lo fissò con un sorriso sprezzante, dicendo: << Tanto farò la sua stessa fine... >> 
Il bandito rasato gli voltò le spalle e rimase a fissare il vuoto per un momento. Poi si girò e lo massacrò di pugni. << Parla! Fottuto stronzo! >> 
Il militare perse i sensi.
Il bandito rasato sbuffò irato. << Tu! >> Disse al bandito sfregiato che si voltò al richiamo. << Portalo dentro. Vediamo se gli piaceranno i miei metodi "fai da te". >> Sorrise compiaciuto.
Il bandito sfregiato slegò il militare e se lo mise sulle spalle, trasportandolo dentro la baracca.
L'uomo rasato si accese una sigaretta lungo il pontile e osservò fiero il corpo del Porger galleggiare sull'acqua. Poi, gettando la cicca dentro lo stagno, entrò nella baracca.
Nel frattempo non mi ero a corto che stava facendo buio. Avevo a disposizione ancora un ora di sole, anche se nella Zona il sole non si vedeva mai. Non potevo passare la notte in balia della totale oscurità e nemmeno accendere un fuoco. Era troppo pericoloso, perché la notte la palude si riempiva di mutanti e di Ombre. Mi era già successo una volta, e non intendevo ripetere quella orrenda esperienza.
Pur sapendo che il militare avrebbe fatto la stessa fine del suo compagno, mi allontanai dalla baracca, passando tra gli intricati arbusti, finché, dopo una decina di minuti, vidi una strada sterrata. Questo mi fece pensare che la usassero gli Stalker o forse i banditi. Decisi di seguirla, e tenendomi a destra, mi addentrai fra le erbe palustri per non essere visto. La temperatura stava calando vertiginosamente, e iniziai ad avere difficoltà a muovere le dita infreddolite. Dovevo sbrigarmi a trovare un posto sicuro dove passare la notte.
Raggiunsi una lunga staccionata di pietra e la scavalcai, ritrovandomi su una lunga distesa di terra arida e desolata. Scorsi un abitazione di pietra in lontananza. Un tempo doveva essere stata una fattoria, con enormi campi di grano e pascoli rigogliosi. Quando mi avvicinai a un trattore arrugginito fermo accanto alla carcassa di una mucca, il mio contatore geiger cominciò a stridere impazzito. Mi allontanai subito dal quel punto radioattivo e continuai a camminare, notando sempre più cadaveri di mucche, pecore e persino galline. Non so perché una fattoria fosse stata costruita vicino alla palude, a meno che prima non ci fosse stata una verdeggiante pianura ricolma di alberi e bellissimi fiori.
Seguii una piccola strada fangosa che portava alla casa. Le teste di alcuni cinghiali mutanti e cani selvatici erano impalate sui lati. Quando arrivai davanti alla porta dell'abitazione, notai due teste umane infilzate su due sbarre di ferro arrugginite, e guardando meglio, mi accorsi che erano degli zombie. Lembi di pelle penzolavano dal viso, gli occhi bianchi, la mascella storta e le sopracciglia curvate all'insù. 
Bussai alla porta tre volte, ma nessuno rispose. Poi altre tre volte ancora, ma nulla. Mi allontanai leggermente e osservai le finestre, nel caso qualcuno o qualcosa mi stesse osservando dietro le assi di legno marcescente. Mi venne in mente l'orrenda esperienza al villaggio di Breuyl, quando l'intera famiglia di ombre mi stava fissando. Provai un brivido lungo la schiena e distolsi gli occhi dalle finestre, lanciando uno sguardo nervoso nei paraggi. Poi osservai il cielo plumbeo in modo da capire quanto mancava all'oscurità. All'orizzonte si stavano ammassando nuvoloni grigi carichi di pioggia radioattiva. Ringraziai Lazar che mi aveva fatto presente questo particolare, cosa che i miei Ufficiali avevano, forse, tenuto nascosto.
Quando feci per voltarmi verso la porta, qualcosa mi colpii alla nuca.
   
 
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