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Autore: Buggyjo    11/02/2016    0 recensioni
Aveva sognato sin da piccola, letto libri ma Maddy non aveva mai immaginato di poter andare sulla Luna in taxi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Da bambino credi che tutto ciò che bisogna fare nella vita per avere qualcosa sia sorridere o frignare, intenerendo chi hai davanti o facendo diventare matta la tua "preda".

Nessuno, però, mi aveva mai detto che la vita non sarebbe stata per sempre quella. Non mi avevano detto che prima o poi avrei dovuto cominciare a pensare alle cose importanti con la mia testa. Almeno fino al compimento dei miei dodici anni, quando mia madre mi disse di tornare a casa, dopo la scuola, da sola.

La mia prima reazione fu di felicità. La seconda fu quella che provai standomene ferma alla fermata dell'autobus, tra i miei chiassosissimi coetanei, compagni di scuola: mi sentii come fossi un pesce fuor d'acqua.

Una decina di ragazzini, vestiti come fossero rapper falliti, gridavano e ridevano, forse solo per attirare l'attenzione su di loro. Delle ragazze sghignazzavano, invece, guardandomi.

Grazie a mia madre, iniziai a fare qualsiasi cosa da sola, senza darle conto. Guardare quelle ragazze mi fece capire quanto fossi inadeguata lì, e che non sarebbe bastato attaccarmi alla gonna di mia madre per non sentirmi così.

Sull'autobus non guardai e parlai con nessuno. Infilai le cuffiette nelle orecchie e mi tenni stretta al grande finestrino. Esattamente come oggi.

Mi trovo su un taxi, i Coldplay cantano per me il loro ultimo singolo, gli occhi puntati oltre lo spesso finestrino che mi divideva dal mondo.

Continuo a pensare quanta fatica mi è costato quel trasferimento a Londra. Mesi di corsi di lingua di livello avanzato, esami su esami e tutte le pratiche del trasferimento. I soldi messi da parte per vivere e quelli per pagare l'università.

Adesso, dopo aver letto il messaggio dei miei ex compagni di superiori per una cena, capivo che ne era assolutamente valsa la pena, sputare sangue per un anno intero.

Sin da quel giorno, a quella fermata dell'autobus, avevo capito di non essere nel posto giusto. Per anni mi ero dedicata a me, isolandomi dal luogo in cui ero casualmente capitata alla mia nascita. Ora, invece, non appena sono scesa da quell'aereo, mi sentivo come se fossi finalmente dove dovevo essere.

La frenata del taxi mi dice che sono arrivata davanti il mio nuovo, piccolo, adorabile, loft nel centro di Londra.

"La ringrazio." Dico al tassista, cercando qualche banconota per la mancia.

Scendo dall'auto, guardandomi intorno, guardando il palazzo che si ergeva proprio di fronte ad uno Starbucks spettacolare. Scendere sotto casa e avere la colazione pronta, un sogno ad occhi aperti.

Apro il portone con nonchalance, quasi vivessi lì da anni. La preoccupazione d'incontrare qualcuno nella tromba delle scale non mi scalfiva per niente.

Salgo fino al terzo piano, dov'è il mio appartamento. Lo avevo trovato qualche mese prima, girando su un sito inglese. L'anziana signora che l'affittava viveva nell'appartamento accanto, Mrs Polly. Parlando al telefono con lei, mi era sembrata una donna tranquilla, la quale a sua volta cercava una persona altrettanto tranquilla a cui affittare la casa.

Busso piano alla porta di casa mia per tre volte finché non la vedo aprirsi, lentamente.

Un viso paffuto spunta dall'appartamento illuminato, nonostante fuori il cielo dicesse tutt'altro. Non so proprio chi potrebbe detestare un tempo come quello.

Londra sembrava essermi stata cucita addosso. Forse per l'aria, o forse semplice casualità, ma Londra mi aveva sempre attirata come una calamita, mentre leggevo vecchi romanzi Classici inglese, o leggendo libri di storie d'amore nate sotto quel cielo plumbeo. Cosa che a me non sarebbe mai successo.

"Sei Maddy?" Mi chiede la donna, sorridendomi, facendo gonfiare le guance.

Avrà almeno una sessantina d'anni, i capelli erano bianchi, solo qualche striatura grigia a dar volume. Gli occhi azzurri spiccano cristallini, mentre mi sorride affabile, aprendo del tutto la porta.

"Sì, sono io, Mrs Polly." Rispodo, alzando una mano. "Sono felice di non averla colta impreparata." Le dico, sorridendo. "Sono in anticipo di un paio d'ore. Ho saputo proprio una settimana fa che questo pomeriggio ho l'incontro con il mio tutor."

Polly mi aspettava per le due, ma quando avevo letto la mail, una settimana fa, avevo disdetto la prenotazione che avevo e comprai un altro biglietto.

"Oh! Non preoccuparti, tesoro." Mi spinge delicatamente verso l'interno. "Spero che la casa ti piaccia. Ovviamente, se lo vorrai, potrai cambiare arredamento, quanto potrai permettertelo."

Vi assicuro che la casa è perfetta così com'è, per me. Ha solo tre stanze. Il salotto è la stanza più ampia. A destra c'è un moderno mobilio per salotti, il televisore 32" è stato messo nel centro, esattamente di fronte all'enorme divano a 5 posti, con puff, che divideva la sala in due parti. 
Alle spalle di quest'ultimo, l'angolo cottura in acciaio, ad isola, occupa l'altro lato della stanza. Mia madre sarebbe impazzita, appena l'avrebbe vista.

Proseguo lungo un piccolo corridoio, chiuso da una porta a vetri scorrevole, e trovo le altre due stanze, una di fronte all'altra. Il bagno, sulla destra, è bellissimo, soprattutto per la presenza di una vasca da bagno enorme. La camera da letto, invece, era semplice, il letto a baldacchino, moderni, le tendine trasparenti tirate alle colonnine in ferro battutto.

"È bellissima, Mrs Polly." Esulto, rendondomi conto che a 21 anni sono riuscita a fare esattamente ciò che desideravo fare.

"Chiamami pure Polly, cara." Ride, riaccompagnandomi verso la porta. "Tesoro, ma dove hai questo incontro?"

Mi giro verso di lei, distogliendo lo sguardo da un piccolo specchio antico, ricamato. "Università di Londra." Rispondo, con un'alzata di spalle.

Lei sgrana i piccoli occhi azzurri e mi spinge verso la porta.

"Ma cara, farai tardi! È lontana da qui!"

A quelle parole controllo l'orologio, borbottando tra me e me. "Sapevo che qualcosa doveva andare storto." Poi, rivolgendomi a Polly, agitata: "Ci vediamo domani!"

Quasi salto i gradini di due in due scendendo al pian terreno. A salire sembrava decisamente di meno. 

Apro la porta e mi butto fuori. Ovvio, deve piovere proprio adesso, che rischio di arrivare in ritardo al mio primo impegno universitario.

Corro quanto più veloce, ascoltando il navigatore, per le strade del centro. Le persone si lamentano quando le urto per passare oltre, ma non mi fermo. Dovevo correre più veloce possibile, cercando di chiamare un taxi. Mettersi sugli autobus, in un nuovo paese, poteva essere rischioso e non volevo ritrovarmi dall'altra parte della città.

Accelero il passo finchè un muro di carne calda e ossa, non mi frena, senza volerlo. Stringo inconsciamente le dita attorno alla maglia del povero sprovveduto, sperando che non caschi, ma non sono così sicura che io non lo stia stringengendo per non cadere col sedere per terra.

"Ma cosa diavolo...!"

Una voce giovane, limpida, mi fa tornare alla realtà.

Alzo il viso verso il ragazzo a cui ancora sono aggrappata, notando solo ora le sue mani, grandi e calde, attaccate alla mia vita. Non sarei comunque caduta, a questo punto.

"Perdonami." Mormoro appena, guardandolo negli occhi più blu, e belli, che avessi mai visto.

Il ragazzo ha la pelle chiara, i capelli bagnati, biondi sulle punte, gli scendono sulla fronte. Le labbra rosee sono socchiuse.

"Non guardavi dove andavi?" Mi rispose dopo qualche secondo, battendo le palpebre.

Le sue dita si stringono a me, quando mi spingo indietro, per lasciarci il giusto spazio.

"Sono in un tremendo ritardo." Gli spiego, senza saperne il motivo. "E questi fottuti taxi non si fermano nemmeno a pagarli."

Sono sempre stata fiera del fatto che non dovessi dar conto a nessuno, e ora mi stavo giustificando con uno sconosciuto, bello come quasi quanto pensavo fosse bella Londra.

"Hai provato a spogliarti?" Mi fa l'occhiolino, ridendo.

Lo guardo male, allontanandomi bruscamente da lui, mentre sento uno strano trambusto alle mie spalle.

Il ragazzo guarda oltre me, prima di tornare a parlare. "Sto scherzando. Non lo permetterei mai." Dice, facendo un mezzo inchino, il sorriso sulle labbra. "Vieni, ti accompagno io."

Mi acciglio. "Non ti conosco. Non sono stupida."

Lui guarda ancora dietro di me, preoccupato. Poi mi allunga una mano. "Piacere, Niall. Sono nato il 13 settembre a Mullingar." Sorride, afferrandomi la mano e aprendo la portiera un suv nero, lucido.

"Ma..." dico, sconvolta.

"Vuoi arrivare in ritardo, scricciolo?" Mi guarda, cercando di farmi ragionare, o cadere nella sua trappola.

È una cosa stupida, pericolosa e fuori dai miei schemi ma, sempre se non mi uccida nel mentre, sarei arrivata in orario. "Se ne esco viva, dovrò mandare un pacco di cioccolatini a mia madre."

Niall mi guarda e mi fa salire in macchina, sottolineando quando fossi piccola. Poi fa il giro della macchina, mettendosi al posto del guidatore.

"Vedo che ti fidi degli sconosciuti." Mi riprende.

"Certo, ti conosco, invece." Dico, spavalda. "Sei Niall Horan, nato il 16 settembre a Mullingar."

Lui ride, tenendo il volante con una mano, mettendo in moto, immettendosi nel traffico. "No, scricciolo, il 13." Ride ancora, guardandomi sbuffare con la coda dell'occhio. "Dove posso portarla, signorina?"

Sorrido, senza volerlo. "Sulla luna."

Lo vedo guardarmi, mentre fingo di cercare una valida stazione radio. La mia risposta lo ha scioccato tanto da zittirlo.

"Università di Londra, grazie, tassista occasionale."

Lui riprende a ridere. "Peccato che non abbia aspettato che ti spogliassi."

Alzo gli occhi al cielo, nascondendo il sorrido che mi stava nascendo sulle labbra. Non avrei mai immaginato che un inglese potesse saper essere divertente.

"Non ti saresti comunque perso nulla, Niall." Gli rispondo, guardando oltre il parabrezza.

Non sono mai stata magrissima, né altissima. Sono una ragazza normale, di altezza normale. E non mi aveva mai preoccupata fin ora.

Niall ha un non so che di speciale, anche se l'ho appena conosciuto. E sarebbe stato solamente una delle anime che avevo incrociato sulla mia strada, poi sparite nel nulla.

"Io credo esattamente il contrario." Dice, fermandosi di fronte al civico esatto, quello della segreteria. "Eccoci, scricciolo. Buona fortuna per tutto."

Mi sorride. A me sembra un sorriso triste, malinconico, ma non glielo dico. "Grazie, davvero. Buona fortuna anche a te, Niall."

Sorrido appena, apro lo sportello e con un salto scendo dal SUV nero.

Così dovevano andare le cose, il caso ha deciso così. Saluto con la mano, oltre il vetro oscurato, per poi voltarmi e salire le scale senza voltarmi indietro.

Passo tutta l'ora, mentre aspetto il consulente, a pensare a Niall, ai suoi occhi, a pensare a cosa avrei potuto fare per far andare le cose in un altro modo.

Quando arriva il consulente, un uomo alto, con un paio di occhiali rotondi, mi alzo e smetto di pensare a lui. Piangere sul latte versato non me lo poteva dare indietro.

Finisco troppo in fretta l'incontro.

Mi aggiusto la borsa sulla spalla e afferro il telefono per attivare il navigatore. Ho avuto fortuna - o sfortuna - all'andata, ma sono sicura di non poterla avere una seconda volta nella stessa giornata.

Scendo le scale a testa bassa. Solo quando sono sul marciapiede noto una ruota troppo grande sul ciglio della strada. Accanto un paio di Nike bianche, incrociate.

"Allora, signorina, pronta per andare sulla Luna?" 
 

Hello, gente. Ho scritto questa storia durante una pausa al lavoro. Spero vi piaccia quanto piace a me! *trolol* 
Spero di vedere i vostri commenti!

Sam.

Ps: l'ho scritta dal telefono, se trovate errori SEGNALATEMELI. 

   
 
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