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Autore: JeiBieber_Smile    12/02/2016    2 recensioni
Cos'è un Natale senza le persone che ami? Freedom lo sapeva, Freedom l'ha sempre saputo. Genitori separati, un padre che vive in un'altra città, una mamma sempre impegnata a lavoro, la casa vuota ventiquattro ore su ventiquattro. La magia del Natale non aveva ancora bussato in casa sua, vedeva tutto grigio e spento, si sentiva sempre di troppo per tutti.
E se qualcosa a breve sarebbe accaduto?
E se qualcuno sarebbe presto entrato nella sua vita?
L'amore, oh cosa può fare l'amore!
-
Hey angel in the snow, I'm under the mistletoe. You are the one, you're my very own Christmas love.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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19. Capitolo
-Vuoi un appuntamento al buio?- chiesi ironica, riaprendo gli occhi.
-Sii il mio appuntamento, questa vigilia di Natale- sussurrò, prima di poggiare le sue labbra sulle mie.

Mi paralizzai, sentendo quelle labbra morbidere premere dolcemente sulle mie unendosi in un casto bacio a stampo. Niente di più, niente di meno. Un semplice e dolce bacio, tanto puro e desiderato, altroché se era desiderato. Non appena mi staccai, fissai i suoi occhi, pieni di lussuria. Mi strinsi al suo corpo in un abraccio, che probabilmente non si aspettava perché si irrigidì di colpo. Era la prima volta che mi trovavo in una posizione simile, la prima volta che eravamo così tanto intimi. Certo, avevamo anche dormito insieme, ma in quel momento ero a cavalcioni sulle sue gambe e il mio obiettivo era quello di farlo impazzire per vedere la sua reazione. Ero curiosa, di capire e di scoprire dove saremo andati a finire. Ricominciai, quindi, a dargli tanti baci sul collo. Non sapevo cosa mi stava succedendo, desideravo tantissimo portare le mie labbra su quel collo dannatamente eccitante.

-Piccola..- sussurrò Justin, portando la testa all'indietro. -Principessa..- ripeté, prendendomi la testa tra le mani. Prontamente mi scossi, continuando a baciarlo e stringendomi sempre più a lui. Sentivo uno strano calore al basso ventre, una sensazione che mai avevo provato con un ragazzo. Era la prima volta che mi sentivo così strana. Be', con lui erano tutte prime volte. -Freedom, fermati- sbottò, con voce tremula. Mi prese il viso tra le mani, guardandomi.
-Cosa c'è?- gli chiesi, delusa. Sì, delusa, perché stavo così bene..
-Potrei fare cose di cui potrei pentirmi- abbassò lo sguardo, esaminando il mio corpo. -Non fraintendere, è solo che..-
-Che sono troppo piccola per una ragazzo come te, lo so- alzai gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto. Poggiò le mani sui miei fianchi.
-Non è questo- ridacchiò, squotendo la testa -Semplicemente non è il momento adatto- mi baciò la punta del naso, stringendomi in un abbraccio.
-Non ci sono i miei, siamo da soli e sono pure in vena. Quando sarebbe il momento adatto se non questo?- chiesi, sospirando.
-Ti ricordo che stai parlando con Justin Bieber, piccola.-
-E cosa c'erantra questo?- chiesi ancora, guardandolo con la testa inclinata verso destra e con un sorriso stamapto in viso.
-Lo scoprirai presto- sussurrò sulle mie labbra, provocando un milioni di scariche lungo tutta la mia spina dorsale.

Avrebbero subito qualcosa le mie povere vertebre, a causa di tutte quelle scariche che provavo ogni secondo che stavo con lui. Si sarebbero consumati i dischi di cartillagine, sicuramente.
Aveva appena detto che voleva fare qualcosa -e sapete bene cosa- con me. E da quello che mi stava facendo capire, voleva che fosse qualcosa di speciale. Forse perché sapeva che era la mia prima volta, in tutto. La prima volta a dovermi rapportare con un ragazzo, i primi baci, le prime emozioni, la cosidetta prima volta d'amore. Anche se ancora non eravamo finiti sotto le coperte, la prima volta d'amore l'avevamo già avuta. O almeno, io l'avevo avuta quel giorno, dopo aver 'parlato' con papà a telefono. Andai a rifugiarmi a casa Dale, per poter staccare l'aria. Ed era arrivato lui, da Cambridge, un ragazzo di ventisette anni già divorziato ma con uno splendido sorriso ancora in volto. Aveva rubato il mio cuore la prima volta che ci eravamo visti, aveva rubato i miei sguardi e le mie attenzioni. Era un ladro,era entrato dentro di me rubando il mio cuore. Però era uno splendido ladro, che ruba, certo, ma ti dà in cambio qualcosa. E lui, mi aveva donato finalmente serenità. Serenità e pace interiore, che non avevo da tempo.

Due anni. Avevo solo due anni quando papà era andato via di casa, lasciando me e mia madre da sole. Era andato in un altro Stato, poi in un altro e in un altro ancora. Perché voleva lavori sempre più soddisfacenti, lavori che gli avrebbero permesso di 'mantenermi'. Ero una semplice bambina di due anni con gli occhioni azzurri che cercavano amore, poco mi importava del denaro. Ma questo, a mio padre, non era mai interessato. A lui interessava lavorare, solo lavorare. Gli interessava il denaro, per potersi permettere più svizi e vivere nel benessere. Eppure, tutto ciò, a causa dei vizi e di una seconda moglie esigente, mio padre non l'aveva mai ottenuto. Quando al primo posto si mettono le cose materiali e non l'amore per la propria famiglia, si precipità nell'oblio. E sia io, che lui, eravamo precipitati. Lui, che aveva cominciato a fumare e a giocare, per poi perdere entrambi i vizi dopo poco. Ed io, che dagli undici ai quattordici anni quasi non mangiavo nulla oltre al cioccolato una volta al giorno, e facevo sport fino allo sfinimento. Obbligata a dover lasciare entrambi gli sport, cominciai a sfogarmi su me stessa, sulla mia pelle. I ricordi, il passato e anche il presente facevano male. Mi focalizzavo sempre su ciò che non avevo, su ciò che avrei voluto ma che non sarei mai riuscita a raggiungere. Il sorriso, quello finto, non aveva mai abbandonato il mio viso. Solo tre persone riuscivano a capire bene ogni mio stato d'animo, nemmeno mia madre riusciva a capirmi. Tutto ciò che sapevo fare era piangermi addosso e farmi del male. Di serenità, proprio non ne avevo..

..fino alla venuta di Justin.
Justin, quel ragazzo che era riuscito a stravolgermi, in bene. Era riuscito a farmi abbandonare i modi di pensare errati, era riuscito a farmi capire che tutto è raggiungibile, se ci metti la buona volontà. Era riuscito a farmi capire che il passato è importante, ma vale fino ad un certo punto. Ciò che realmente conta è il presente e i progetti futuri e impegnarsi affinché questi possano realizzarsi. Era riuscito a colmare il vuoto che avevo dentro e che non riusiciva ad andar via ed era riuscito a farmi sentire migliore. Sopratutto, era riuscito a farmi sentire più donna.

-Grazie- sussurrai sul suo petto,poggiando la testa tra l'incavo del suo collo.
-Di cosa?- chiese, accarezzandomi i capelli lunghi.
-Di essere qui- continuai, sentendola la presa sul mio corpo aumentare. All'improvviso, però, la serratura della portà emise un rumore sordo. -Penso che mamma e papà però non sarebbero felici di vederci così- sussurrai ancora, scendendo immediatametne dalle sue gambe.
-Dammi un cuscino!- disse a dentri stretti, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Aggrottai le sopracciglia.
-Perché?- mi girai e presi il cuscino, tenendolo tra le dita.
-Fallo e basta- sbottò, prima di allungarsi e strapparmi il cuscino tra le mani.

Sorrisi vittoriosa, non appena notai il posto in cui aveva messo il cuscino. Mi lanciò un'occhiata fulminea, prima di sorridere in modo innocente a mia madre che era appena entrata in salotto con delle buste tra le mani. Un cappotto verde scuro, abbastanza lungo, le stava davvero a pennello. Quel cappotto non lo metteva da anni, anzi, a dire il vero non l'avevo mai visto. Forse, solo in una foto.. quando c'era ancora papà ed io ero piccolina. Anche se dopo quindi anni era invecchiata, era rimasta bellissima. Gli occhi verdi con qualche sfumatura castana erano in perfetto contrasto con i suoi capelli castani, tanto chiari, quasi biondi, e la sua pelle chiara. Anche se non faceva sport, aveva un corpo abbastanza asciutto che ancora riusciva a incantare gli uomini. Lei, però, dopo papà non aveva avuto nessun altro. Aveva giurato amore eterno a papà e aveva deciso di non rompere quel giuramento, come aveva fatto papà. Dal luccichio che in quel momento era presente nei suoi occhi non appena papà entrò in salotto e si mise al suo fianco, capii che non aveva ancora rotto quel giuramento.

-Siete tornati prima?- chiese papà, prendendo dalle mani della mamma le buste.
-Sì, la piccola era stanca- feci la linguaccia a Justin, sentendolo ridere.
-Sì, sono stanca. Non ho chiuso occhio stanotte, ho diritto di riposare. Quindi, dopo la bella mattinata in compagnia di Boyce, Logan e Nicholas e, sfortunatamente, anche di questo biondino qui, io vado di sopra a riposare. Chiudo un po' gli occhi e penso di svegliarmi direttamente per cena. Okay? Bene, grazie. Biondino, se vuoi seguimi- dissi alzandomi e tutto d'un fiato, per poi levarmi i capelli dalle spalle con fare altezzoso.
-Biondino?- mamma ridacchiò al nomignolo, osservandoci salire.
-E' biondo, a meno che non abbia fatto il colore come le ragazze. Al che, dovrei cambiare soprannome..- morsi il labbro vittoriosa, per poi correre di sopra seguita da Justin.

Ridacchiai, non appena mi prese per i fianchi e mi diede un bacio dietro all'orecchio. 'Sono molto più uomo di quanto credi' aveva sossurrato, prima di sorpassarmi e di entrare in camera mia. Mi bloccai per un secondo, sentendomi avvampare. Altro che dischi di cartillagine consumati, avrei dovuto rifare tutti i miei arti dato che mi aveva praticamente fatto sciogliere.Mi diedi un paio di schiaffetti sulle gote e chiusi gli occhi, prima di entrare in camera. Justin era comodamente steso sul letto. Il maglione attillato gli metteva i mostra gli addomali. Oh, fottuti ormoni e fottuta adolescenza.
Restai ferma a contemplare il suo corpo per svariati secondi. Finché non lo sentii ridere e mi svegliai dal mio stato di trans.
Dove siamo?
In che epoca siamo?
Chi sono?
Oh. Fottuti ormoni e fottuta adolescenza alla seconda.

-Vieni?- mi chiese, aprendo le braccia. Colsi l'attimo, e mi gettai tra di esse.
-Dormi con me?- gli chiesi, sbadigliando. Annuì, baciandomi poi la fronte. -Svegliami alle sei-
-Come vuoi, tesoro mio..- sussurrò, accarezzandomi la schiena.

E così, cullata dalle sue carezze e dalle sue attenzioni, chiusi gli occhi e in poco tempo mi addormentai, entrando nel mondo dei sogni.
Dove Justin era il re ed io la sua regina.

-

What does the fox sa-
FOTTUTISSIMA SVEGLIA.
Mi svegliai di scatto, saltando giù dal letto. Mi ritrovai con la faccia sul pavimento e il naso dolorante, perché diavolo avevo ancora quella sveglia? Imprecando in russo, mi girai e mi stesi sul pavimento caldo ma ugualmente freddo. Avere i termosifoni sotto al pavimento non era poi così utile dopotutto. Presi quell'oggetto mostruoso più comunemente conosciuto come cellulare tra le mani e notai di non aver ancora spento la sveglia. Che non si chiamava 'rompi coglioni' come tutte le mattine, ma 'apri le note'. Incuriosita, aprii le note, trovandone una che non avevo scritto io.

'Principessa, se stai leggendo questo messaggio e non sono al tuo fianco, vuol dire che sono andato via.' ma va? Pensavo ti fossi dissolto.. 'E non alzare gli occhi al cielo piccola, dovevo fare la mia solita entrata in scena. Comunque sia, ho importato la sveglia alle sei meno dieci, così che per le sei avrai già finito di leggere questo messaggio e potrai andare a farti bella per stasera. Non che tu non sia bella, tu sei sempre fottutamente bella. Bene, adesso alzatali dal letto -o da terra- e va a prepararti.
A dopo, meraviglia.
Tuo, Justin.

Ps: apri la galleria.'

Sorrisi, leggendo quel breve messaggio. Possibile che mi conoscesse così bene? Alzai gli occhi sull'orario, notando che fossero già le sei meno cinque. Mi alzai da terra, smanettando il cellulare con una mano e aprendo la galleria. Aveva scattato due foto. La prima era un nostro selfie, anche se stavo dormendo. Avevo la testa sula suo petto e riposavo beata. Della foto, si vedeva benissimo il suo splendido sorriso. Cavolo, era così bello che illuminava tantissimo lo schermo anche se avevo la luminosità al minimo. Nella seconda foto, invece, mi baciava la fronte. Quanto era bello.
Sospirai e guardai nuovamente l'orario, lei sei in punto.
Hai fatto centro, Bieber.
Aprii velocemente l'armadio, cercando qualcosa da mettere. Volevo indossare qualcosa di diverso, non i soliti jeans e il solito maglione. Volevo sembrare più femminile, più donna. Non un maschiaccio. Trovai, per culo ovviamente, un vestito che sembrava un maglioncino un po' più lungo. Lo esaminai per bene, poteva essere indossato come vestito. Non ero tanto alta, mi sarebbe arivato poco più sopra del ginocchio e mi piaceva la fantasia: era beige, era bucherellato e i buchetti formavano righe e rombi. Decisi così di indossarlo, non prima di aver però fatto una doccia. L'acqua calda riusciva a farmi dimenticare di tutto e tutti, solo Justin non riusciva a farmi dimenticare. Insaponai i miei capelli col solito shampoo alla vaniglia e usai la stessa fragranza anche per il corpo. Dopodiché mi risciacquali, mi asciugai e tornai in camera. Ancora in intimo, truccai leggermente il mio viso e passai la piastra, in modo tale da avere i capelli lisci. Justin diceva che gli piaceva la morbidezza dei miei capelli, e in effetti piaceva anche a me.
Presi il vestito e feci per indossarlo, quando lo sguardo cadde sul mio corpo. Ero una bambina, certo. Ma mi sentivo la donna più felice del mondo, avendo Justin al mio fianco. Sorrisi, socchiudendo gli occhi. Quanto mi mancava, cavolo. Velocemente, indossai un paio di calze color carne che sulla parte esterna della gamba portavano tanti piccoli brillantini. Odiavo portare le calze, ma sicuramente non volevo morire congelata. Una volta infilate le calze, infilai anche il vestito. Come avevo predetto, mi arrivava poco sopra il ginocchio. Si posava perfettametne sui fianchi ed era abbastanza accollato, inoltre aveva dei bei polsini che stringevano appunto sul polso così che nessuno avrebbe visto i segni delle mie follie. Soddisfatta del risultato, cercai nell'armadio un paio di stivaletti che mi aveva regalato papà ma che non avevo mai messo dato che erano col tacco. Non era un tacco alto, ma non avevo mai avuto la necessità di doverli indossare. Quella sera, però, volevo sentirmi diversa. Una volta trovati, constatai che erano dello stesso colore del vestito. Avevano tanti brillantini sul tacco doppio e anche sul plateau, che richiamavano il motivo delle calze. Mi guardai infine allo specchio, sorridendo.
Mi sentivo finalmente una donna.

JUSTIN'S POV.
Erano le sette e mezza, e di Jolanda e Free nemmeno l'ombra.

-Jeffrey, quando arrivano Jolanda e Free?- chiesi a suo papà, entrando in cucina.
-Dovevano star qui mezz'ora fa- ridacchiò tra sé e sé, mettendo il pollo al forno. -Penso arrivino a momenti.-

Annuii semplicemente, per poi uscire.
La mia Free ancora non mi aveva mandato nessun messaggio, non si era ancora fatta sentire. Mi mancava parlare con lei, sentivo il bisogno di averla con me. Guardai ancora l'orologio che portavo al polso, mi pizzicava cavolo. Non solo Free non era ancora venuta, l'orologio si divertiva pure a tirarmi i peli del polso e farmi sentire un dolore lancinante. Provai a sistemarlo invano, perché nel momento esatto in cui lo mossi mi tirò altri peli. Non lo mandai a fanculo solo perché ero in salotto e mio nonno mi avrebbe tirato uno scappellotto dietro la schiena se solo avessi proferito una parolaccia. Per cui lo levai e lo gettai sul divano, incrociando le braccia al petto e portando indietro la testa. Finii per pensare al pomeriggio, a quando Free era a cavalcioni su di me. Non sapevo con che forze e con che coraggio fossi riuscito a fermarmi, avevamo casa vuota e sia io che lei eravamo disposti a proseguire. Eppure sentivo che dovevo fermarmi e fare le cose con calma. L'avrei aspettata, non volevo che credesse che stessi con lei solo per il suo corpo. Per quanto fosse perfetta, la cosa che più amavo di lei era il suo carattere e il suo modo di fare, amavo quando mi guardava negli occhi, quando non smetteva di parlare, quando era sé stessa. Ero innamorato. Di lei.

-Figliolo, smettila di torturarti le mani. Arriverà tra poco- nonno spuntò da dietro l'albero, facendomi sorridere.
-Chi intendi? Io sono calmissimo- sorrisi, mentendo.
-Si vede lontano un miglio che sei agitato,- si sedette al mio fianco, portando entrambe le mani sulle ginocchia. -Ti piace, eh?-
-Troppo- confessai, portando entrambe le mani sul viso.
-Non è mai troppo l'amore che si può mostrare verso una donna- commentò, facendomi girare. -L'unico problema, è che tra due giorni parti. Tu tornerai alla tua vita lì a Cambridge, e lei continuerà la sua qui a Stratford. Siete sicuri di fare la cosa giusta?-
-Chi lo dice che tornerò a Cambridge?- rivolsi lo sguardo verso l'albero, osservando la mamma che posizionava gli ultimi regali sotto di esso.
-Vuoi restare qui?-
-Cos'ho a Cambridge? Prima avrei potuto dire l'Università, dopo ancora Lana.. adesso non ho niente lì. Qui ho voi e ho lei, posso trovare lavoro qui in Canada. Andiamo, mi sono laureato alla Harvard, servirà pur a qualcosa- ridacchiai, poggiandogli un braccio attorno alle spalle.
-Ne sei proprio pazzo- ridacchiò nonno, alzandosi e aiutando mamma a posizionare un regalo piuttosto grande sotto l'albero.

L'aria natalizia si stava facendo sempre più intensa, mancava solo la mia dolce bambina.
Non appena sentii il campanello emettere un rumore abbastanza fastidioso, mi alzai di corsa e, a passo svelto, mi avviai alla porta. Ad ogni passo che facevo, sentivo il cuore battermi forte. E immaginate non appena aprii la porta, quanto il mio cuore cominciò a battere. Il sorriso di Freedom contagiò anche il mio. Le baciai dolcemente la mano, notando le sue gambe scoperte. Justin, calma. Aspettate un attimo, gambe scopete? Quando mai aveva messo un vestito? Morsi il labbro, al solo pensiero del suo corpo stretto in un vestito.

-Ciao Justin!- salutò Jolanda, sorridendomi.
-Ciao Jolanda!- ricambiai il saluto. -Prego, entrate- dissi, portando una mano dietro alla schiena della mia piccola Free.

L'aiutai a levare il cappotto, rimanendo così sopreso dalla sua bellezza, quella sera. Il suo corpo,a dir poco stupendo, era perfettamente fasciato da un vestito a maglioncino beige. Gli stivali col tacco, inoltre, la slanciavano particolarmente ed era ancora più bella. La guardai con occhi carichi di passione. Quanto desideravo prenderla e baciarla lì, davanti a tutti. Volevo far capire al mondo interno che ormai apparteneva a me, e che niente e nessuno me l'avrebbe portata via, nemmeno la lontananza.

-Sei bellissima- le sussurrai all'orecchio, facendola arrossire.
-Tu lo sei sempre..-ammise, abbassando lo sguardo. Le presi il mento tra le dita, facendo combaciare i nostri occhi.
-Anche tu, ma questa sera.. wow- confessai, facendole fare un giro su sé stessa.
-Piccioncini, se non vi dispiace vorremo mangiare- sbottò Jeffrey, dividendoci.
-Papà, rovini sempre i momenti migliori.. Come mai non lo so! Va un po' dalla mamma che è triste- sbottò Free, stringendosi a suo papà a e prendendopoi  la mia mano. -Non è vero, è per farlo andar via- sussurrò, ridacchiando.

Io, però, notai nello sguardo di Jeffrey vera preoccupazione. In poco meno di un secondo, si avvicinò alla sua ex moglie e le accarezzò il viso, chiedendole qualcosa. Jolanda annuì, con lo sguardo perso nel vuoto.
Cosa nascondevano?

Baby I hear melodies when your heart beats.
Baby it sings to me like 88
fa la la, fa la la.
Baby I hear melodies when your heart beats.
Baby it sings to me
know that it's Christmas time.
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Sono di nuovo qua :3
Visto che ho mantenuto la mia promessa?! Sono di nuovo qui, con questo nuovo e penultimo capitolo. Mi sento sempre più in colpa, perché non solo vi ho fatto aspettare due anni letterali per tre stupidi capitoli -dato che il prossimo sarà l'ultimo- ma ho anche perso un sacco di recensori appunto per questo assurdo ritardo. Spero che nel prossimo, dato che sarà l'ultimo, ognuno di voi esprimerà la propria opinione perché mi farebbe davvero piacere.
Comunque ragazze, non sapete quanto io sia stanca. Sono in stage, ovvero a lavoro, ed è stressantissimo! Sopratutto quando devi prendere pullman e treno per poter tornare a casa, sopratutto quando hai un sacco di impegni e torni a casa alle sei. Tremendo, dannatamente tremendo. Menomale che esistono le fanfiction! Ho passato intere giornate lavorative a pensare al modo in cui continuare la storia, sapevo già cosa scrivere -da due anni ormai- ma a grandi linee e di conseguenza mi servivano i dettagli. Spero di non avervi deluso, tesori belli miei!

Il prossimo capitolo già l'ho scritto. Sarà l'ultimo, come ben sapete. Dopo questa storia, ho già scritto 15 capitoli di una nuova storia, è abbastanza diversa dalle altre e mi piace come sta venendo. Per cui, non vedo l'ora di pubblicarla!
Per quanto riguarda questo capitolo, è solo per così dire di passaggio ma ci sono ugalmente concetti chiave che serviranno per capire il prossimo capitolo.

Fatemi sapere cosa ne pensate, ssssu. *fagliocchionidolcidacerbiatta*

PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE COSA. 
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questoo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi. 

VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E CHE HANNO CONTINUATO A FARLO. 
GRAZIE A CHE HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/RICORDATE/PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE. 
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché sì, lo so che ci siete. 

Much love. 

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E se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
 
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