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Autore: ToraStrife    12/02/2016    1 recensioni
[Filmografia Bud Spencer e Terence Hill]
Cosa succederebbe se un attacco terroristico dell'Isis andasse ad avvenire in un locale in cui ci sono due personaggi che "altrimenti si arrabbiano"?
Genere: Azione, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Big Bud - Le scazzottate di Bud Spencer'
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Bud Terence
Allah perdona... io no!




Da qualche parte, in una sperduta località esotica.
L'orologio sulla parete stava ticchettando le dieci e un quarto, e il silenzio era coperto solo dai blandi strimpelli di un suonatore di ud.
Il piccolo concerto era stata un'idea del padrone del locale, Geremia, nonché rappresentante culinario della bandiera italiana in quelle lande sperdute.
"Per dare un tocco di esoticità". E anche per aumentare la blanda clientela.
Dal disinteresse generale dei quattro gatti presenti, però, non pareva essere stata una buona idea.
Forse perché una pizzeria italiana in una località esotica era già "diversa" di suo. Che senso aveva?
Era un po' come se in Italia avessero messo in una kebabberia un tenore vestito da Pavarotti a cantare "O' Sole Mio".

Incurante di tutto questo, la mano di un gigante si levò improvvisamente nell'aria.
- Geremia, una Quattro Stagioni.
- Santo cielo, Charlie, - Esclamò il cuoco gestore pulendosi gli occhiali. - Con questa fanno sei pizze!
- E anche una media di Bud. - Aggiunse l'avventore, leccando le dita dai resti  di pomodoro dell'ultima porzione.
Una terza voce anticipò il conteggio che stava per rivelare il cuoco.
- Quella birra, invece, è l'ottava.

Il sosia di Rubeus Hagrid fissò quasi con fastidio quell'uomo molto più magro di lui.
- E con questo?
- No, nulla, solo che sono in vantaggio di due pinte.
Nel frattempo Geremia aveva posato l'ennesimo boccale sul tavolo, portandone via altri tre vuoti.
Charlie lo afferrò avidamente e ne ingollò una buona sorsata.- Bada ai piatti tuoi.
Un rutto riecheggiò per la sala, interrompendo la quiete generale. Persino il suonatore smise per un attimo la sua esibizione.
Charlie non ci fece caso, e si pulì la bocca con la manica.
Luke, questo il nome del rivale, stava intanto finendo con piccoli ma rapidi morsi l'ultima fetta di una Capperi e Acciughe, come se fosse un piranha.
Si portò rapidamente il tovagliolo alla bocca e lo usò per soffocare a sua volta un rutto.
- Pardon. - Affrettò a scusarsi con la signorina del tavolo a fianco.
Lei lo guardò scandalizzata, ma Luke con uno dei suoi sorrisi migliori riuscì a strapparle una risatina divertita.
Terminato il fuggente flirt, il biondo tornò da Charlie.
- Cinque pari. - E poi, verso il cuoco. - Geremia, una Cipolla e Gorgonzola.
- Finirete per svuotarmi la cucina. - Borbottò il vecchio italiano.- Lasciatene un po' anche per gli altri clienti.
  Luke indicò con aria serafica il compare. - Beh, se lui si arrendesse...
- Ehy, la sfida Pizza e Birra è stata un'idea tua. - Tuonò l'altro. - Se vuoi rinunciare, fallo tu.
Geremia sospirò. - Ma ne vale davvero la pena, per una Dune Buggy?
- Altroché! - Si affrettò a rispondere Luke. - E' un vero tesoro!
- Lo era, - Precisò il gigante. - Finché non è arrivato questo impiastro.
Il riferimento era ovvio, e Luke accolse la sua frecciatina con un sorriso.
Il cuoco lo guardò incuriosito. - Arrivato, in che senso?
Luke si infervorò come un ragazzino. - Parimerito io e lui al Rally del Deserto.
Quel "parimerito" irritò Charlie, che decise di tagliare corto.
- Insomma, queste pizze non si fanno da sole!
- Arrivano. -  Concluse Geremia, scomparendo nel cucinino.
Charlie ingannò l'attesa pulendosi denti con il mignolo.
Luke si guardò attorno, assecondando ogni tanto gli sguardi della donzella, che stavano cominciando a caricarsi di interesse.
- Certo che non c'è molta gente, stasera.
- Eh, è così da un mese, ormai. - Spiegò il cuoco alzando la voce. Le sue mani stavano facendo volare gli impasti come i birilli di un acrobata.
- Meglio così! Odio la confusione. - Sentenziò Charlie, col suo solito tono da orso.
- Mi sembra strano, tu sei sempre stato un ottimo cuoco. - Commentò Luke. - Forse la cucina italiana ha stufato?
- Ma non è mica per quello. E' che hanno tutti paura dell'Isis.
Charlie si grattò la barba, incerto di aver capito.
- Paura di che?
- Non li leggete i giornali? Tutti hanno paura dei terroristi!
Charlie era sempre più perplesso.
- Terroristi in pizzeria?
Luke lo rimproverò con un tono da saccente. - Ma dai, Charlie, lo Stato Islamico, eh!
Il barbuto sbuffò. - Cos' è, non vogliono il salame sulla pizza? E tu fagli una Margherita!
Il cuoco intanto aveva finito di mettere gli impasti nel forno.
- Non c'è da scherzarci su, amici miei. Quelli  arrivano, si fanno saltar per aria, e sparano agli innocenti. - Con il pollice e l'indice mimò una pistola puntata verso Charlie. - Pum! Pum!
- Non mi sembra conveniente farsi saltar per aria e poi sparare. - Commentò Luke.
- No, direi proprio di no.
Con questa sentenza, Charlie alzò il boccale per una seconda bevuta. Bevuta che non avvenne mai.
Appena alzato dal tavolo, il contenitore gli esplose tra le mani, lasciandolo a bocca aperta.
Ci fu una serie di grida, rumori e schianti.
I tavoli cominciarono a distruggersi, come se una furia demoniaca si fosse abbattuta dentro al locale.
Il suonatore vide il suo strumento sbrindellarsi, crivellato di buchi. Preso dal terrore, svenne.
Quasi tutti i presenti si gettarono a terra.
Stava succedendo quello che ognuno di loro aveva sempre temuto. Era una realtà che si erano illusi fino all'ultimo di non dover provare.
La guerra era arrivata.
Il terrore era arrivato.
E aveva deciso di far visita al suo locale e trasformare una tranquilla serata in una tragedia.
Persino il tempo sembrava essersi fermato, dopo che una raffica di colpi mandò in frantumi il quadrante e polverizzò le lancette.
I rumori dei fucili mitragliatori impiegarono almeno un minuto per cessare lo scompiglio con il quale si erano annunciati.
Fu solo un miracolo che impedì a del sangue di cominciare a scorrere.
Un miracolo, o l'inizio intenzionale di un incubo.
Geremia si era riparato sotto al tavolo e aveva cominciato a pregare.

Quando finalmente l'eco dei colpi si perse nel silenzio, urla in arabo precedettero l'irruzione di una decina di uomini col passamontagna, armati fino ai denti.
Le parole erano incomprensibili, ma l'inconfondibile frase "Allah Akbar" era la più diffusa.
Poi uno di loro uscì dal gruppo, e si rivolse ai civili terrorizzati, in perfetto italiano.
- Venite fuori e con le mani bene in vista!
Titubanti, uno dopo l'altro i presenti si presentarono al cospetto del gruppo.
- Vi prego, non fateci del male. - Balbettò Geremia. Come risposta, ricevette nello stomaco il calcio di un fucile.
- ... Anche tu, e tu... - Continuava il capo, passando in rassegna i civili. Poi si arrestò, improvvisamente. Con lui, calò un silenzio innaturale, che ammutolì anche i civili.
- Anche voi. - Aggiunse il comandante, questa volta con un tono più minaccioso.
Le parole del criminale si persero nel vuoto, e il silenzio si caricò di tensione.

Il motivo risiedeva in due persone che apparentemente non avevano risposto all'appello con gli altri.
Erano ancora seduti ad un tavolo, ad aspettare la pizza.
- Voi due! - Incalzò il criminale, ma invano: continuavano a non dedicargli alcuna attenzione.

Sei Kalashnikov vennero puntati immediatamente contro la coppia.

- Oh, finalmente è tornato il silenzio, chissà che cos'era tutto quel baccan... - La punta di un fucile batté sulla spalla di Luke , il quale si girò e realizzò finalmente la situazione.
Le mani scattarono immediatamente in alto, in segno di resa.
Charlie era appoggiato al tavolo, il gomito sul tavolo e la mano che reggeva il mento, con aria assente.
- Charlie...  - Sussurrò Luke al compare, gli occhi titubanti sulle bocche da fuoco. - Charlie!
Come risposta ricevette solo un mugugno seccato.
Luke sgomitò leggermente, sempre con le mani in vista, per scuotere il compare. - Charlie, è una cosa seria...
L'orso continuava il suo mutismo, impassibile.
- Non mi pare il momento di prendersela per un boccale di birra. - Gli sussurrò nell'orecchio l'amico, con tono supplichevole.
- Forse non mi sono spiegato bene. - Commentò il terrorista. Una raffica esplose per alcuni secondi.
Luke saltò via, atterrito.
La parete vicino a Charlie si riempì di fori come una groviera.
I presenti tremarono tutti.
Calò di nuovo il silenzio, per alcuni secondi.
Il gigante, continuò imperterrito a voltare le spalle.
- Si prende gioco di noi? - Domandò il capo.
- Facciamolo fuori! - Propose uno degli scagnozzi.
- Dovete scusarlo. - Si affrettò a dire Luke. - E' autistico. Vive in un mondo tutto suo.
- Autistico, dici? - Il leader dei terroristi alzò il fucile e colpì Charlie con il calcio dell'arma.
All'islamico parve di colpire una statua di roccia. Il gigante non aveva mosso un muscolo.
Un alone di incredulità calò nel gruppo armato, e tra i presenti.
- Non reagisce. - Commentò uno.
- Beh, ve l'avevo detto. - Ribatté Luke. Un fucile puntato sul naso lo ammutolì subito.
- Facciamolo fuori! Per primo! - Ripropose lo scagnozzo di prima.
- Un momento! - Intervenne di nuovo Luke. - A me dà ascolto. Forse, se gli parlassi io...
- Bah, facciamolo fuori e basta! - Propose per la terza volta il solito scagnozzo.
Il capo dei terroristi studiò la situazione, e poi con un cenno fermò i sottoposti.
- D'accordo, parla al tuo amico autistico e convincilo ad unirsi agli altri ostaggi! In fretta.
- Eh, una parola. - Commentò Luke. Poi si concentrò e cominciò a fare una serie di gesti in direzione di Charlie.
- Ma è autistico o sordomuto? - Domandò uno dei terroristi, riconoscendolo come il linguaggio dei segni. O perlomeno qualcosa che vi somigliava.
- Vedete, il mio amico non si cura degli stimoli esterni. Ma questo speciale linguaggio... - Luke si interruppe un attimo per mettersi un dito in bocca e passandolo sulla guancia interna. - ... E' un modo per entrare in sintonia con lui ed ottenere la sua attenzione.
- Qualsiasi cosa sia, sbrigati a farlo alzare. - Taglio cortò il capo.
Quando ebbe finito il suo gesticolare, Luke attese risposta, come tutti.
Finalmente, Charlie si voltò, con infinita lentezza, e fissò Luke.
Successivamente si guardò attorno e notò i terroristi, che per l'occasione scarrellarono i fucili, e poi si rivolse agli ostaggi. Infine tornò a Luke, nella più completa indifferenza. Decise comunque di spezzare il silenzio.
- Oui?

Il capo stava perdendo la pazienza. - Tutto qui?
- Eh, una cosa alla volta, ha parlato, e questo è molto importante. - Spiegò ancora Luke.
- E' francese! - Constatò uno dei terroristi. - Ha detto "oui"!
Charlie si girò nella sua direzione. Con sorpresa di tutti, aggiunse: - Je suis Charlie.
Quella frase fin troppo familiare ebbe l'effetto di irritare il commando.
- Cos'è, ci prende in giro? Facciamoli secchi! - Propose di nuovo lo scagnozzo sparacchione.
- Ma non è certo colpa sua se si chiama Charlie! - Riuscì a ribattere Luke, prima che un fucile puntato gli intimasse di nuovo il silenzio.
- Je suis Charlie. - Ripeté il compare, lisciandosi la barba.
- Si prende chiaramente gioco di noi, capo! Fammelo fare secco, ti prego!
Il maniaco balistico scarrellò e puntò il mitra, aspettando l'agognato via.
Sembrava una scena irreale, tale che lo stesso capo ammise la sua perplessità.
- O è completamente scemo, o è completamente pazzo.
- L'ho detto, è autistico! - Suggerì a mezzavoce Luke.
- Basta, - Proruppe il leader, ormai stufo. - Non abbiamo tempo da perdere con gli handicappati.
Il maniaco sorrise di gran lena, finalmente avrebbe potuto premere quel maledetto grilletto. E lo avrebbe fatto, se una voce sconosciuta, mai udita prima, non ci avesse messo lo zampino.

Fermi tutti, in nome di Allah.


Il commando si guardò intorno, in cerca dell'intruso. Gli sguardi sospettosi si concentrarono immediatamente sul gruppo di ostaggi.
- Chi di voi ha parlato? - Intimò il capo. - Chi ha osato?
I clienti cominciarono a tremare, uno dopo l'altro.
- Qua nessuno ha fiatato, lo giur... - Geremia pagò la sua risposta con un calcio nello stomaco.
- Allora? Chi ha parlato? - Intimò di nuovo il comandante.
Un silenzio di terrore calò sui presenti.
- Allora volete proprio essere giustiziati subito. - Concluse infine il capo del commando. - E fece per alzare quello mano che avrebbe dato via al massacro.

Ho parlato io.

La voce si era ripetuta, frenando la mano del boia. Le orecchie di tutti tese, solo la bocca del leader fiatò. - Chi è?

Chi vuoi che sia, infedele. Sono il tuo dio. Allah.

Le espressioni di tutti si irrigidirono, al sentire pronunciare quel nome.
Gli ostaggi per la paura, i terroristi per la rabbia.
- Eresia, capo! Dev'essere uno scherzo di questi infedeli! Facciamoli fuori, capo! Facciamoli fuori!
La fretta del maniaco sparacchione questa volta irritò i nervi del capo, già messi alla prova da quella misteriosa voce.
- Fai silenzio una buona volta! O il primo a sparare sarò io, ma a te!
Il fanatico deglutì: il capo da arrabbiato poteva essere persino più pazzo di lui.
La scena continuava ad essere irreale, soprattutto quando si accorsero di Luke che accennava un mezzo sorriso, e Charlie che scuoteva la testa passandosi una mano sulla faccia.
- Ha parlato uno di voi due? - Chiese il comandante con tono accusatorio.
Il biondo scosse vigorosamente la testa, mentre l'altro sospirò.
- Capo, nessuno dei due ha aperto bocca. - Li giustifcò uno dei terroristi. - Ce ne saremmo accorti.
La smentita ebbe l'effetto di irritare ancora di più il leader.
- Insomma, si può sapere chi è stato?

Come chi? Non riconosci più il tuo dio? Allah!

I terroristi si guardarono attorno, ma era evidente che nessuno dei sospettati aveva mosso le labbra.
- Che trucco è mai questo? - Domandò il leader.

Trucco? Mi vuoi dire che tu, combattente in nome mio, non credi in Allah? Non credi in me?

Questa domanda seminò un mormorio generalizzato tra i terroristi.
Vi era chi pensava a uno scherzo blasfermo, ma anche a chi stava coltivando un dubbio nascente. Alla fine, tutti gli sguardi andarono a posarsi su quello che, di ruolo, prendeva ogni decisione.

- Allah o non Allah, che cosa vuoi?

Volevo domandarvi del perché portate avanti il mio nome con bombe e violenza.

- Ma è una domanda da bambini. - Rispose di getto uno degli scagnozzi, quasi ridacchiando per l'ingenuità della stessa. - Perché loro sono infedeli. Se non si convertono...bum!

Bum? Dico! Ho creato gli uomini per vedervi ammazzare? Dopo secoli di guerre, non avete imparato nulla? Non potete parlarne davanti a una birra?

Un paio di sopraccigli si alzarono, scettici, il particolare quello del comandante.
Charlie grugnì, e qualcuno a fianco a lui se ne accorse. La voce, intanto, proseguì.

... Volevo dire, davanti a dell'acqua. Pace e bene per tutti!

Il capo sorrise, beffardo.
- Ma così contravvieni ai tuoi stessi insegnamenti, "Allah". - Commentò sarcastico, prima di voltarsi di scatto e puntare il mitra direttamente sullo stomaco di Luke.
Charlie si passò ancora una volta la mano sulla faccia, sconsolato.
- Ventriloquio, eh?
Luke annuì, con un sorriso colpevole.
- Voglio sparargli io! Voglio sparargli io! - Frignò il maniaco balistico.
- Silenzio! - Gli intimò il capo. - Tu sparerari all'autistico.
- Sì, che bello! Che bello! Che bello! - Esultò l'altro, scarrellando in allegria come un bambino giocoso, e preparandosi a far fuoco.
Prima che potesse agire, però, il capo lo fermò di nuovo.
Ignorando le proteste del sottoposto, il leader, sempre con il fucile contro lo stomaco di Luke, tirò fuori dalla tasca un radiocomando.
- Prima di spedirvi tutti all'inferno, che ne dite prima di una bella autobomba?
Un ghigno si dipinse sul musulmano, e senza attendere una risposta il pollice premette il pulsante.
Un boato investì l'esterno del locale, seminando il panico tra i già provati ostaggi.
Questa volta l'esplosione sembrò sconvolgere anche l'autistico Charlie, che scattò in piedi e guardò incredulo i terroristi e soprattutto il capo, che gongolava di soddisfazione.
- Eh, si è svegliato anche lui.
- Ehm... - Si intromise Luke,  - L'autobomba che è esplosa, era per caso l'unica macchina parcheggiata fuori dal locale?
- Sì, una fiammante Dune Buggy rossa! - Spiegò il comandante. Poi lesse negli occhi di Luke e gli domandò, ilare. - Era per caso tua?
- Beh, non solo mia...
Uno schianto attirò l'attenzione di tutti. Charlie aveva appena battuto il pugno sul tavolo, col risultato di sfracellarlo.
Tutti guardarono increduli i resti del mobilio, testimonianza di un cane che dormiva ed è stato svegliato.
Solo il maniaco fu felice della cosa, interpretandola come la sospirata provocazione che avrebbe permesso l'omicidio anche senza dare ascolto al suo superiore.
Non fosse che il gigante gli aveva afferrato la punta del fucile, e con la forza di una pressa idraulica aveva piegato la canna.
- Il mio fucile! - Protestò il cecchino, allibito. - E adesso come gli sparo?
Le altre bocche da fuoco del gruppo si spostarono, come da risposta, verso quello che qualcuno più tardi avrebbe definito "Il Sansone con la barba".
Ma il maniaco protestò ancora. - No, no, lo devo uccidere io!
- Li uccideremo tutti. - Sentenziò il capo, ormai stufo. - Questo è il volere di Allah.

Sciocchi! Neanche il mio volere può fermarlo, ormai. Il suo castigo sarà ineluttabile.

- Ancora col ventroloquio? Vuoi proprio scherzare fino all'ultimo. - Rispose il leader a Luke. Gli puntò il suo fucile, deciso a togliersi la personale soddisfazione nei confronti di quel blasfemo.
- Io non ho detto nulla. - Mentì spudoratamente Luke, e di nuovo, la voce proseguì.
- E chi era, di nuovo Allah? - Incalzò il terrorista, scarrellando. - Dovremmo raccomandarci l'anima ad Allah?
- Sarebbe inutile! Allah perdona, lui no!

Un urlo isterico interruppe la conversazione e ogni azione dei presenti.
Il maniaco, in preda ad una crisi di nervi, aveva gettato a terra il fucile inutilizzabile.
- Ho detto che il francese lo uccido io! - Urlò. - A costo di farmi saltare in aria!
Con un gesto secco, aprì la tuta e rivelò il suo giubbotto esplosivo.
Gli ostaggi urlarono di terrore, e anche il commando armato si agitò di fronte a quello sconsiderato.
Scattò verso Charlie, urlando la sua frase di commiato.
- Allah Akb...
- ...Mavallàh! - Lo interruppe Charlie, mentre una manata partiva arrivando a coprire tutta la faccia del kamikaze, appena un secondo prima che le dita di quest'ultimo sfiorassero l'innesco.
Non solo, la potenza del ceffone fu tale che il poveretto fece un volo di cinque metri, andando a sfondare la porta di servizio.

Quella scena congelò per un istante i presenti, e Luke ne approfittò per scattare a zig zag e fulminare il comandante con un jab al mento, impossessandosi subito dopo del suo Kalashnikov.
Con altrettanta rapidità, Charlie martellò il cranio di un avversario con lo stesso pugno che aveva prima demolito il tavolo. La vittima si accasciò sul posto, in posizione fetale.
Nella confusione, Luke fu rapido come un cobra, sparando una raffica mirata che aveva fatto saltare via dalle mani un paio di fucili da altrettanti terroristi increduli, in una scena degna dei migliori film Western.
- In alto le mani. - Intimò infine, puntando l'arma al resto del gruppo.
Tale prova di rapidità convinse gli uomini, che non erano sufficientemente motivati come il capo, o pazzi come l'aspirante suicida, a gettare a terra le armi ed alzare le mani bene in vista.

Luke trovò anche il tempo di trovare un pezzo di pizza avanzato sul bancone e portarselo alla bocca, masticando di gusto.
- Charlie, - Mugugnò con la bocca piena. - Magari togliamogli anche i giubbetti.

"Sansone" sbuffò, chiedendosi da quando quel damerino avesse anche il diritto di dargli ordini, e chiese aiuto a Geremia, che con la sua esperienza di ex-borsaiolo cominciò a slacciare i pericolosi orpelli senza troppa difficoltà.
Gli ostaggi, increduli, cominciarono ad alzarsi sulle ancora deboli gambe.
Il barbuto aveva ovviamente più difficoltà rispetto all'agile Geremia nel lavoro, e la cosa sembra divertire Luke, che soffocava a stento le risatine.
- Ehy tu. - Protestò ad un certo punto Charlie, stufo. - Perché non posi quel fucile e ci vieni a dare una mano?
I terroristi lo guardarono sbigottiti, di fronte a quella frase per nulla francese.
- Beh, devo tenere sottotiro i terroristi! - Si giustificò Luke.
Charlie lo guardò, seccato.
- Ma cosa devi tenere a tiro, con un fucile scarico!

La "rivelazione" mise in imbarazzo Luke, ma soprattutto, gettò una luce diversa negli occhi dei terroristi.

- Ah, era scarico? - Commentò il biondino, mentre controllava e rideva nervosamente. - Che caso strano.

Gli islamici abbassarono le mani, arrabbiati per quel raggiro. Prima un falso francesce, poi un fucile scarico.
Comiciarono a scrocchiare le mani, i colli. Qualcuno cominciò a gesticolare dei kata di Krav Maga.
Insomma, era il loro turno di arrabbiarsi.

- Geremia, prendi armi e civili e uscite di qui. - Ordinò Charlie.

Il pizzaiolo annuì senza farselo ripetere.
Mentre varcava per ultimo la soglia del locale, solo un grosso schianto giunse alle sue orecchie.
Anche senza voltarsi, poteva sapere che una sedia era stata presa ed era stava sfasciata sulla schiena di Charlie.
Sapeva anche che un colpo del genere non avrebbe impensierito minimamente quel colosso, da lui soprannominato Bulldozer perché niente lo fermava.
Anzi, l'unico effetto ottenuto era quello di fargli scappare la pazienza.
Aveva già visto tante volte quella scena, al punto di poterla prevedere in ogni dettaglio.
Charlie si lisciava la barba sbuffando, e poi tirava un sonoro ceffone all'indirizzo dell'incredulo assalitore.
E "sonoro" non era un eufemismo, perché  si poteva sentire davvero l'eco.
Che puntuale arrivò.
Mentre portava in salvo i civili, Geremia volse una preghiera per l'integrità di Luke e Charlie, ma soprattutto (e questo lo sapeva, invano) per il mobilio del locale.

Nel locale volavano già i primi sganassoni.
Luke stava tenendo a bada un paio di avversari schivandone i pugni e pestando a turno a turno i loro piedi.
Uno dei due prese in mano una bottiglia di Scotch e gielo calò in direzione della testa.
Il biondo fu però più lesto, e mentre il vetro si frantumava sul bancone, Luke guardò con disapprovazione tanto spreco di alcool, e dopo aver pulito la superficie dai coccì, vi saltò a sedere, sistemando con un calcio l'assalitore.
Non fu comunque un campione di coerenza, perché tirando fuori da sotto il banco una bottiglia di cointreau, la infranse a sua volta sulla testa dell'altro terrorista.
Poi, con una piroetta, si sistemò dietro la protezione e corse nel cucinino, seguito da altri due avversari.

Charlie, intanto, non faceva troppi sforzi per evitare sediate o addirittura un intero tavolo sulla testa. Tutto, infatti, si sfasciava su di lui con la stessa consistenza del polistirolo.
Furono in quattro a tentare di tutto con lui, ricavandone rispettivamente un pugno in testa, una manata sulla fronte, una gomitata sulla tempia e un doppio schiaffone sulle orecchie.
Visto che gli sforzi individuali non recavano frutti, cercarono allora di affrontarlo comtemporaneamente.

Intanto, in cucina, Luke aveva tirato un impasto da pizza sulla faccia di uno, accecandolo. Un altro impasto lo usò come un blando nunchaku, nel tentativo di difendersi dal secondo avversario.
Visti gli scarsi risultati, gli avvolse direttamente l'impasto al collo, come una sciarpa.
- Te la regalo! - Gli disse, scherzandoci sopra. Era solo un diversivo per distrarlo, e  liquidarlo con un pugno.
Un urlo animalesco giunse alle orecchie di Luke.
Era il maniaco suicida, riapparso da chissà dove.
Non era per nulla lucido, non almeno da accorgersi della mancanza del suo giubbetto, ma era deciso più che mai ad offrire la sua vita in un attacco al grido di....

- Allah Akbarrr....!

Prese la rincorasa, ma Luke si spostò all'ultimo momento rivelando l'entrata del forno a legna.
Impossibilitato a fermarsi, il maniaco vi si gettò a tuffo, protestando poi sul fatto che che quello non era il paradiso promesso, quello con le settantadue vergini, ma l'inferno, perché c'era il fuoco, e scottava, Allah se scottava!
Le sue urla vennero coperto solo da un coro di grida provenienti dalla sala adiacente.

Era il gruppo di persone che aveva deciso l'attacco collettivo nei confronti di Charlie, le stesse che adesso stavano volando via ai quattro venti.
Uno finì sul ventilatore a soffitto, unendosi al girotondo: protestò debolmente per il forte senso di nausea che la rotazione gli stava provocando.
Un secondo andò a frantumare lo specchio dietro il bancone.
Il terzo andò a scivolare lungo quest'ultimo, finendo la sua corsa oltre il ciglio.
L'ultimo lo seguì, fermandosi direttamente sotto i rubinetti della birra, giusto in tempo perché a fianco a lui passasse Luke di ritorno dalla cucina.
Con una mano il biondo aprì i rubinetti per offrirgli una doccia-bevuta gratis (con tanto di "Alla salute!"), ignorando le glu-glu-glu-glu-ganti proteste del poveretto sulle rigide regole dell'Islam riguardo gli alcolici.

L'infrazione non passò inosservata ai severi occhi del capo, appena rinvenuto, che guardò prima con disapprovazione il sottoposto suo malgrado già mezzo brillo, e poi con rabbia il blasfemo occidentale.
Questo, aggiunto alla consapevolezza di essere disarmato e in mezzo a un attacco terroristico degenerato in rissa, e quest'ultima con esiti non a loro favore, furono la goccia che fece traboccare il vaso.
Anni di addestramento in un campo per terroristi non lo avevano trasformato in una macchina da guerra per nulla: dallo stivale aveva già pronto all'uso il fido coltellaccio da guerra, con il quale avrebbe aperto la gola al bastardo infedele.
Lo estrasse e lo passo ripetutamente da una mano all'altra, pregustando già gli schizzi di sangue.
Nel mezzo dell'esibizione, però, qualcosa colpì le sue mani, facendo schizzare il coltello contro il tiro a segno (con un centro perfetto) e dolendogli le mani come un bambino bacchettato dalla maestra.
La maestra, prevedibilmente, era Luke, e la bacchetta per l'occasione era una pala da fornaio, che il biondo si era portato dietro dall'altra stanza.
Il volto del capo si storse in una grottesca smorfia di incredulità e frustrazione, mentre Luke ebbe pietà di lui, ridonandogli l'oblio tramite una palata sul muso.
Le parole in arabo che fuoriuscivano dalla bocca dello svenente Luke non le comprese mai, ma ebbe la netta impressione che fossero bestemmie di cui Allah sarebbe stato ben poco fiero.

- Ehy, tu! - Protestò Charlie, notando che Luke era al momento libero mentre lui aveva invece addosso altri tre uomini che tentavano ancora l'approccio "Tutti insieme appassionatamente".
- Allora, ste pizze arrivano o no?
- Subito signori! - Ubbidì Luke, distribuendo le relative "pizze" con colpi ben assestati alle caviglie e poi alle teste. Nella confusione, un colpo arrivò per sbaglio anche alla nuca di Charlie.
- Scusa, scusa!
Il barbuto gli strappò di mano la pala e la spezzò con un gesto secco, facendo intendere a Luke che in caso di recidività, avrebbe fatto lo stesso con lui.
Il litigio venne interrotto dall'ennesimo seccatore, in questo caso il maniaco balistico, ancora mezzo bruciacchiato di forno, che aveva tentato la solita, inutile sediata contro Charlie.
Quest'ultimo reagì con uno schiaffone che gli fece fare una capriola sul posto.

Ma non era finita: altri cinque erano di nuovo in piedi.
Charlie era esasperato.
- Ma insomma, non finiscono mai?
- Tieni, cucina tu! - Gli  propose Luke, consegnandogli una padella, altro ricordo della cucina. Il barbuto sorrise.
- Molto volentieri!

Partì una serie di "Ding", "Dong", e "Dang" che manco Fra Martino le suonava così le campane.
La cucina di Charlie era impeccabile, forse faceva un po' male ai denti, come successe all'ultimo che li sputò tutti.

Luke si fece di nuovo inseguire nel cucinino da altri due. Si sentì il rumore di una raffica di cazzottoni a circa duecento colpi al minuto.
Il primo ad uscire fu un terrorista, ricoperto di farina e con uno scolapasta in testa: barcollante, fece qualche passo per poi afflosciarsi lì vicino, tra la fontana di birra e il collega ubriaco.
Il secondo uscì, reggendo un fusto di birra ammaccato, con in quale probabilmente era stato percosso in testa: cadde lungo disteso senza neanche muovere un passo dalla soglia.
Infine uscì Luke, che si godeva una lattina di birra racimolata dal frigo.
Era infatti la fine della scena, perché in lontananza alcune sirene stavano annunciando l'arrivo delle autorità.

Entrambi tirarono un sospiro di sollievo, guardandosi attorno.
Il locale era un disastro, costellato di macerie, mobilio fracassato e corpi lamentosi e agonizzanti.
Ma che il diavolo non è brutto come lo si dipinge, è roba vera, perché se non fa paura come un minaccioso Charlie, ha certamente il sorriso beffardo di un Luke, che infatti ci mise lo zampino.
- Ah, con questa sono in vantaggio di tre birre. - Sentenziò, agitando la lattina.
Charlie lo guardò perplesso, poi, stanco e svuotato di ogni furia, lasciò cadere la padella.
- Ancora che pensi alla scommessa? Se vuoi quel rottame saltato in aria, te lo cedo.
- Ma la scommessa continua. - Proseguì l'altro. - Perchè ho intenzione di andare a chiedere all'Isis una nuova macchina.
- Vuoi proprio farti ammazzare.
- Che ne sai?
- E tu davvero credi che te la diano?
- Beh, se non ce la danno: ci arrabbiamo.
- Ti arrabbi.
- Quindi, rinunci alla scommessa?
Charlie non riuscì a controbattere. Luke era un incosciente suicida, ma anche più dritto e infido di una faina: aveva sicuramente qualche asso nascosto nella manica. Per quello esitava a togliersi dalla faccenda.
- Tu sei tutto matto. - Concluse, incerto se rivolto al damerino o a sé stesso.
- Non siete matti, siete morti. - Si intromise una fin troppo familiare voce.
Charlie sbuffò, irritato.
Il maniaco sparacchione e il capo erano lì, decisi a non lasciar calare quel maledetto sipario. E urlarono assieme il grido di battaglia che li avrebbe accompagnati in un attacco a mani nude nel Valhal...pardon, quello era un altro paradiso.

- Allah Akbar!

Ovviamente non andò nulla secondo i piani.
Lo scagnozzo matto non finì la frase perchè la lattina di birra di Luke lo raggiunse in testa in un lancio degno di Babe Ruth.
Charlie invece afferrò di peso il comandante e lo lanciò fuori dal locale, conseguendo un nuovo record mondiale di Lancio del Cattivo: quindici metri e trentadue centimetri.

Le sirene intanto si facevano sempre più intense, e i due decisero che rispondere a noiosi interrogatori riguardo una movimentata serata sarebbe stata una grossa perdita di tempo.
Dovevano assolutamente andare a parlare con il boss di quei tangheri per farsi prendere una Dune Buggy nuova, anzi due.
E anche il conto per il ristorante di Geremia, suggerì Luke, perché era anche giusto risarcire quel pover'uomo di tanti fastidi.
Non prima però, suggerì Charlie, di una bella cenetta a base di birra, salciccie e fagioli, perché quel movimento aveva fatto venire giusto un piccolo languorino.



FINE


Post conclusione:

Il suonatore rinvenne, finalmente. Solo non riuscì a capire cosa ci facesse in una cella, insieme ad una decina di persone malconce e molto nervose.
Doveva esserci un equivoco, sicuramente.
Avrebbe voluto gettarsi con le mani sulle sbarre e urlare le sue lamentele alla polizia locale.
Avrebbe voluto, ma con i compagni di cella lì attorno tutto quello che poté fare è stringersi in un angolo, in preda a una grande paura.


FUNFACTS

Charlie e Luke sono stati scelti perché apparsi almeno un paio di volte nei confronti di ciascun attore-

Charlie era Bud Spencer in "Pari e Dispari" e "Chi trova un amico trova un tesoro".

Luke era Terence Hill in "Lucky Luke" e "Renegade, un osso troppo duro".

Nelle ipotesi scartate, Bud poteva essere uno sbirro e Terence un uomo di chiesa, sarebbe stato interessanto in quel caso chiamare quest'ultimo (Don) Matteo. Ironicamente, nella loro coppia "clone" (Smith e Coby) lo pseudo Terence aveva proprio il nome di Matteo.










  
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