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Autore: rhys89    12/02/2016    2 recensioni
È già passato un anno, da quando Percy ha visto Nico per la prima volta… un anno, da quando la sua vita è cambiata per sempre.
E oggi cambierà di nuovo.
Quando l’hai visto scendere lentamente dal cielo, la veste – hagoromo, Percy, te l’ha detto un milione di volte – mossa dal vento e la spada nera al fianco, sei rimasto folgorato.
“È iniziata l’Apocalisse”, il tuo primo, sciocco pensiero.
Il secondo è stato che in fondo non ti sarebbe dispiaciuto, morire per mano sua.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson, Percy/Nico
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice

Buonasera bella gente! ^-^
Prima di lasciarvi alla storia, devo fare alcune doverose precisazioni.

Questa storia è stata scritta per il contest fiume A mille ce n’è… di slash da narrar! indetto da sango_79 sul forum di EFP.

L'idea del contest, in breve, è quella di scegliere dieci fiabe/racconti/leggende a cui ispirarsi per scrivere altrettante storie slash, rigorosamente a lieto fine.

La "fiaba" che ha ispirato questa storia è La veste di piume, e - se voleste leggerla - potrete trovarla qui.

L'altro obbligo del contest era quello di scegliere un'immagine, presa dall'archivio di Disegni e parole, a cui ispirarsi e da inserire all'interno della storia.

L'immagine che ho scelto per questa storia è questa qui.

Infine, tutte e dieci le storie saranno raccolte in un unico "libro".
Avevamo la possibilità di scegliere quanti fandom e/o coppie volevamo, ma io ho deciso di scriverle tutte e dieci su Percy Jackson, e precisamente sulla Percy/Nico.

Varieranno generi, rating e personaggi secondari, ma tutte le storie saranno Pernico AU, e il titolo della serie/libro che le collega è: Se anche rinascessi dieci volte mi innamorerei sempre di te.

Ah, un'ultimissima precisazione tecnica e poi vi lascio in pace, giurin giurello: forse è superfluo sottolinearlo, ma le varie imprecisioni nella lettera (all'interno di questa storia), le ripetizioni e lo stile altalenante sono tutte cose volute, per ricreare l’atmosfera di un contesto completamente informale.

Ok, e adesso ho finalmente finito. Spero davvero che questa storia vi piaccia... anche perché tornerò in ogni caso a tormentarvi con le altre nove! xD

EDIT 31/07/2016 --> questa storia partecipa al contest Scienza e fede indetto da Hedoniste sul forum di EFP.

Disclaimer: i personaggi e la storia di Percy Jackson non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^


Un anno insieme a te



 Nico non si è ancora accorto di te.
 Appoggiato allo stipite della porta del bagno, i capelli ancora umidi per la doccia appena fatta, contempli in silenzio il suo profilo perfetto, il suo viso delicato, le sue mani piccole ma dannatamente forti che stanno stringendo quel pezzo di carta in cui hai riversato tutto te stesso.

Caro Nico…
Non dovrei iniziare così, vero? Oppure sì?
Perdonami, non ho mai scritto una lettera vera. Non ne ho mai
sentito il bisogno.

 Lo guardi e sorridi, ripensando a quando l’hai conosciuto… esattamente un anno fa.
 Un lungo, intenso, meraviglioso anno.

Sai che la prima volta che ci siamo incontrati ho pensato che
fossi un angelo?
No, ovviamente non lo sai. Insomma, è patetico, quindi non te
l’ho mai detto.
Però è davvero così.

 Quando l’hai visto scendere lentamente dal cielo, la veste – hagoromo, Percy, te l’ha detto un milione di volte – mossa dal vento e la spada nera al fianco, sei rimasto folgorato.
“È iniziata l’Apocalisse”, il tuo primo, sciocco pensiero.
 Il secondo è stato che in fondo non ti sarebbe dispiaciuto, morire per mano sua.

A volte lo penso ancora, che tu sia un angelo. Il MIO angelo, che è
venuto in mio soccorso quando la vita mi aveva dato così tanti
calci che non avevo più la forza di rialzarmi.

 Non hai mai contemplato l’idea del suicidio, quello no… ma dopo la morte di tua madre – con un padre disperso chissà dove e che forse non sapeva neanche della tua esistenza – non riuscivi più a trovare una buona ragione per andare avanti.
 E poi è arrivato Nico, ed è cambiato tutto.

Certo, un angelo non dovrebbe insultarmi spesso come fai tu, e
nemmeno saper tirare di scherma così bene (che tra l’altro non mi
hai mai detto chi ti ha insegnato)… o mangiare tutti i
marshmallow di nascosto.
Perché lo so che in casa ce n’era ancora un altro sacchetto, non
cerare di fregarmi!

 Chiedergli di venire a vivere con te – nel monolocale in cui ti sei trasferito quando sei rimasto solo – è stato naturale come respirare.
«Non posso tornare a casa, senza l’hagoromo.»
«Allora vieni a stare da me.»
 Nico ha sbuffato e ti ha lanciato una di quelle occhiate che di lì a poco ti sarebbero diventate così familiari.
«Non so neanche il tuo nome. E tu non sai il mio.»
 Gli hai teso la mano, in volto il primo vero sorriso da settimane.
«Piacere, Percy.»
 Lui ti ha guardato perplesso a lungo, poi si è tirato un po’ su la manica – ricordi ancora con tenerezza come sembrava piccolo, col tuo giubbotto addosso – e ha ricambiato la stretta.
«Nico.»

Ma non è di questo che volevo parlare, ovviamente.
Anche se in effetti non è che ti volessi dire qualcosa di preciso (a
parte una cosa, ma quella te la dico alla fine).
Volevo solo… non lo so nemmeno io. Forse volevo solo parlarti
di noi.

 L’inizio di quella vostra strana convivenza non è stato facile come avevi sperato: la casa era minuscola, i soldi scarseggiavano e il tuo part-time bastava a malapena per pagare affitto e bollette.
E ovviamente un abitante del Cielo non ha i documenti in regola per cercarsi un lavoro sulla Terra.
 Eppure – nonostante tutto – non ti sei mai pentito della tua decisione.
 Perché anche il riso in bianco era buono, se mangiato in due, e il letto singolo bastava a entrambi, se dormivate vicini.

Ti ricordi la prima volta che hai provato a cucinare? Oddio,
sembrava che fosse scoppiata una bomba (e osi pure lamentarti
di me)!
E quando sono tornato tu eri lì, in mezzo a tutto quel casino, con
la faccia tutta infarinata che giravi in padella quella poltiglia
informe.
Poi hai detto che l’avevi fatta per me.
Ti giuro che non ho mai assaggiato nulla di più buono.

 Il primo bacio è arrivato in punta di piedi, quando nessuno lo stava aspettando.
 Eravate seduti al tavolo a scrivere la lista della spesa, – questo non ci serve, questo ce l’abbiamo, questo costa troppo – e vi siete semplicemente ritrovati a guadarvi negli occhi. È bastato questo.
 Dopo, soltanto un sorriso impacciato, una carezza leggera, e siete tornati a parlare del detersivo per i piatti.

Dio, è tardissimo, e tu ti sveglierai a minuti, e ci sarebbe almeno
un altro milione di cose di cui vorrei parlarti.
La prima volta che hai assaggiato il mio famoso sorbetto blu (te
lo dicevo che era buono!), il giorno in cui siamo andati al mare e
la notte che abbiamo passato fuori a guardare le stelle…
E ovviamente la prima volta che abbiamo fatto l’amore.

 Il sorriso che gli ha illuminato il volto, quando ha scartato il kimono che gli avevi regalato, ha ripagato con gli interessi tutti i sacrifici fatti per poterlo comprare.
«So che non è come il tuo hagoromo, ma…»
 Non ti ha lasciato finire la frase.
 Avete fatto l’amore tutto il pomeriggio, sul sacco a pelo che avevate steso aperto in terra perché il letto – accidenti a lui – era troppo caldo, in quel giorno d’estate.
 Eppure, nonostante la temperatura indecente, dopo la doccia Nico si è rimesso subito il kimono – ma l’ha lasciato semi slacciato, come tu hai rifiutato di abbottonarti la camicia.

Mentirei se ti dicessi che non ci avevo sperato, perché le notti
passate accanto a te con la paura di farti scappare se avessi osato
troppo sono state davvero una tortura… ma giuro che quel regalo
non aveva secondi fini: volevo solo farti sorridere… e ci sono
riuscito.

 Hai aspettato che si sedesse al tuo fianco, poi ti sei sdraiato e hai sistemato la testa sul suo grembo.
Ti piaceva un sacco stare così, ti faceva sentire protetto e coccolato.
 Nico ha iniziato ad accarezzarti la nuca – l’altra mano poggiata mollemente sul tuo petto nudo – e allora hai sollevato il braccio per sfiorargli delicatamente il viso.
«Ti si sono allungati i capelli…» Hai sussurrato, fermandogli una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
«Sì, devo tagliarli.»
«No… lasciali fare. Mi piacciono, così lunghi.»
 Lui ha sorriso di nuovo e si è chinato a darti un bacio a fior di labbra.
«Ok. Solo perché sei tu.»

Ma se ho deciso di scriverti questa lettera, è soprattutto per
dirti qualcosa che forse hai già capito… o forse l’hai sempre
saputo, non lo so. Per quanto ci abbia provato, non sono mai
riuscito a leggerti dentro come avrei voluto, e questo è il mio
unico rimpianto.
Comunque sia… eccoci qui: sono stato io a nasconderti
l’hagoromo, quel giorno, mentre facevi il bagno. E ho continuato
a tenertelo nascosto, per impedirti di allontanarti da me.

 E il tempo ha continuato a passare, settimana dopo settimana, mese dopo mese.
 Nico ha imparato come fare una lavatrice senza rovinare i vestiti, e tu i rudimenti della scherma.
Sapevi che non avresti mai raggiunto il suo livello, ma non importava: ti bastava condividere con lui questa sua grande, inconsueta passione.
 E poi le notti… oh, le notti! Tra le braccia di Nico tutti i problemi – l’affitto da pagare, il frigo da riempire, lo stress del lavoro e tutto il resto – si scioglievano come neve al sole.

Non ti chiederò scusa per ciò che ho fatto, perché quest’anno
con te è stato il più bello di tutta la mia vita, e se tornassi indietro
farei la stessa scelta cento e cento volte.
Ma voglio che tu sappia una cosa: dal primo momento che ti ho
visto, il mio unico e solo pensiero è stato quello di renderti felice.
Per questo, ho deciso di lasciarti andare.

 Ma poi… poi è arrivato quel giorno, anzi, quella sera – ieri sera, la vigilia dell’anniversario del vostro primo incontro.
 La sera in cui hai sorpreso Nico – Nico che non piange mai, Nico che ti consola sempre con la sua silenziosa presenza, Nico che di tanto in tanto metteva su quel sorriso triste che tu però rifiutavi di vedere – a fissare il cielo buio oltre la finestra, le mani strette in grembo e gli occhi pericolosamente lucidi.
 Ed è allora che hai preso la decisione più difficile di tutta la tua vita.
 Facendo finta di niente ti sei sdraiato accanto a lui, l’hai abbracciato e hai aspettato che si addormentasse. Poi ti sei alzato e hai preso carta e penna.
 E hai iniziato a scrivere.

Quindi, se puoi… ti prego, non odiarmi.
Non odiarmi, Nico, perché io ti amo.
Tuo per sempre,
Percy

 Lo vedi sospirare e chiudere gli occhi, tra le dita ancora stretta quella lettera che adesso quasi sparisce sotto la manica ampia e lucida.
Si è già infilato il suo hagoromo.
 Sorridi mesto.
 «Avevo scordato quanto stessi bene con quel vestito.» Sussurri infine, annunciando così la tua presenza.
Dopotutto non puoi rimandare l’inevitabile all’infinito, quindi meglio togliersi subito questo peso dal cuore.
 Nico riapre di scatto gli occhi e alza la testa fino a incrociare il tuo sguardo.
 «Da quanto sei lì?»
 Ti stringi nelle spalle.
 «Un po’…»
 Lui non ribatte, tornando a fissare quelle parole che tanto ti è costato scrivere, e tu… tu sei dilaniato tra la voglia di spronarlo a parlare e la paura di ciò che potrebbe dirti.
 E quindi resti in silenzio.
D’altronde è la cosa che ti riesce meglio.
 Respiri a fondo e cerchi di calmarti.
Tu-tump. Tu-tump. Tu-tump.
 Il tuo battito accelerato scandisce il ritmo di quell’attesa straziante.
 E poi, finalmente, Nico torna a guardarti in viso.
 «Io non potrei mai odiarti, Percy.» Sussurra semplicemente.
Sollievo. Puro, caldo, dilagante sollievo.
 Butti fuori teatralmente l’aria che non ti eri accorto di trattenere, godendo del sorriso divertito che riesci a strappare a Nico.
Ma gli uomini sono avidi per natura, Percy, e tu non fai eccezione: sapere che Nico non ti odia, adesso non basta più.
 «Però te ne vai lo stesso.» Gli dici infatti, con un tono che vorrebbe essere noncurante e invece suona quasi come d’accusa.
Come se fossi tu dalla parte della ragione. Come se fosse lui ad averti ferito.
 Nico però non se la prende.
 Nico non se la prende mai, non importa cosa tu faccia.
E tu già tremi al pensiero di quanto sarà vuota la tua vita senza di lui.
 «Devo.» Sussurra, abbassando di nuovo lo sguardo. «I miei saranno preoccupati a morte… e poi mi manca mia sorella.»
 Il suo volto perfetto è adesso sfigurato da una maschera d’angoscia, e all’improvviso ti senti mancare la terra da sotto i piedi.
Non riesci a sopportare di vederlo così… non ora, non quando questa potrebbe essere l’ultima immagine che hai di lui.
 E allora prendi un profondo respiro e abbozzi un sorriso che speri sembri incoraggiante.
 «Sì… è vero, scusami. Io non…» non ci avevo pensato.
 Non glielo dici.
 Ingoi a vuoto e ti avvicini a lui, sedendoti al suo fianco.
 «Perdonami, Nico… io… io sono solo uno stupido egoista.» Mormori in un soffio. «È giusto che tu voglia tornare dalla tua famiglia… nel tuo mondo.» Allunghi la mano per stringere la sua, e quando finalmente si volta verso di te gli sfiori con dolcezza una guancia e sorridi di nuovo, stavolta sinceramente. «Però… ti prego, promettimi che non ti scorderai di me.» Non puoi trattenerti dall’aggiungere, perché – anche se forse saperlo farà ancora più male – hai davvero bisogno di sentirti dire che non sarai l’unico a tenere la vostra storia ben salda nel cuore.
 Ma Nico non risponde: abbassa lo sguardo sulle vostre dita intrecciate e resta in silenzio a lungo. Ti accarezza il dorso col pollice, si mordicchia il labbro inferiore, tamburella col piede sul pavimento…
Forse sta cercando il modo giusto per dirti addio.
 Quel pensiero ti stringe il cuore in una morsa di ghiaccio, ma non hai tempo per rimuginarci su perché Nico riprende a parlare.
 «Sai, io… io avevo pensato di chiedere a Bianca di venire a cena qui da noi, uno di questi giorni.» Ti dice, con un tono così fintamente casuale che ti fa sgranare gli occhi dalla sorpresa ancor più delle sue parole. «Anche se fai schifo, come cuoco.» Precisa con un sorrisetto, guardandoti di sbieco.
Ecco, questa. È questa l’espressione che vuoi vedere sul suo viso… è questo il ragazzo di cui ti sei innamorato.
 «Ehi! Sono due mesi che non brucio niente, no?» Protesti, fingendoti offeso.
 «E gli hamburger dell’altro giorno?» Ribatte subito lui.
 «Erano ben cotti
 «Certo, come no!»
 Sbuffi ma non commenti, preferendo stringerlo forte a te. Poi, semplicemente, sorridi, la fronte appoggiata alla sua e una mano immersa nei suoi capelli – alla fine li ha lasciati lunghi, proprio come volevi tu.
 Nico ti accarezza la guancia e sorride di rimando, sorride di quel sorriso di cui non ti stancherai mai, e poi ti bacia, ed è come se tutti i pezzi della tua vita fossero finalmente andati al loro posto, perché questo momento è così dannatamente perfetto che niente al mondo potrebbe migliorarlo…
 «E comunque… ti amo anch’io.» Sussurra Nico sulle tue labbra, prima di coprirle di nuovo con le sue.
Ok, quasi niente.
 Sorridi radioso e lo baci ancora e ancora, fino a che i baci non bastano più e i vestiti sono solo d’intralcio. Sospiri piano contro il suo collo, mentre lui allarga le braccia per permetterti di sfilargli l’hagoromo e lasciarlo cadere a terra, dimenticato.
Lo hanno aspettato per un anno intero, a casa… qualche ora in più non farà poi tanta differenza.


   
 
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