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Autore: Frerakey    13/02/2016    2 recensioni
Un concerto.
Un semplice concerto.
Quel momento in cui vedi in carne ed ossa la persona che fino a pochi secondi prima stavi ammirando sullo sfondo del tuo cellulare, controllando quei minuti che, come quando aspetti la fine dell'ultima ora di scuola, avevano deciso di fermarsi.
Lo vedi lì, a pochi metri da te ed iniziano a passare per la tua testa pensieri che non avresti mai creduto di fare come “ma allora esiste davvero”, cose che fino a poco prima avevi dato per scontato ma che solo in quel momento, solo in quell'istante realizzi essere effettivamente vere.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati ormai tre giorni da quando successe.
Una cosa che per te che stai leggendo potrebbe sembrare insulsa e insignificante ma che per me è stato molto di più.

Un concerto.
Un semplice concerto.

Quel momento in cui vedi in carne ed ossa la persona che fino a pochi secondi prima stavi ammirando sullo sfondo del tuo cellulare, controllando quei minuti che, come quando aspetti la fine dell'ultima ora di scuola, avevano deciso di fermarsi.
Lo vedi lì, a pochi metri da te ed iniziano a passare per la tua testa pensieri che non avresti mai creduto di fare come “ma allora esiste davvero”, cose che fino a poco prima avevi dato per scontato ma che solo in quel momento, solo in quell'istante realizzi essere effettivamente vere.

Poi, dopo alle considerazioni del tipo “dal vivo è ancora più bello” o “me lo aspettavo più alto” inizi a guardarlo negli occhi e a capire una cosa. Un'altra di quelle cose che a sentirle potrebbero sembrare stupide e scontate ma che, solo quando vivi questo momento, capisci che non lo sono affatto.

E' una persona.
Sì, anche lui lo è.

Lui che hai venerato fin da quando hai imparato a camminare,
lui che ha realizzato il suo sogno,
lui che è sempre lì, sullo sfondo del tuo cellulare.
Lui, è una persona.

“E quindi?” vi chiederete ora.
Beh, questo vuol dire che non è così diverso da me, non è così diverso da te.

Vuol dire che anche lui da piccolo, tentando di imparare a camminare, cadde e si mise a piangere.
Scrisse un bigliettino su un foglio di carta e lo diede alla bambina dai capelli biondi che tanto lo faceva arrossire. Ruppe il vaso preferito della mamma. La professoressa gli diede un 4 quando lo trovò impreparato all'interrogazione di fisica. Fu messo in castigo. Quello che credeva fosse suo amico disse a tutti quel suo segreto e la loro amicizia finì. I suoi genitori erano fuori di casa e sfruttò quel momento per sdraiarsi sul letto a piangere per ore. Bevve la sua prima birra. Pensò di essere una persona inutile. Fumò la sua prima sigaretta. Decise cosa avrebbe fatto nella vita. Ebbe la sua prima volta. Pianse, rise e amò.
Anche lui, sullo sfondo del tuo cellulare, aveva vissuto tutto questo.

In un batter d'occhi tutto finì.
“We're Twenty One Pilots and so are you, thank you”.

Come poteva essere possibile?
Lui non era più lì e a me sembrava che ci fosse stato un buco di qualche ora nella mia vita.
Le ore precedenti erano scorse senza che io me ne accorgessi.
I giorni seguenti invece, furono i più lunghi della mia vita, e ora sono qui, tre giorni dopo, domandandomi se è la mia mente a prendermi in giro o se davvero lui era davanti a me, io ero davanti a lui.

I ricordi iniziano a sbiadire e mi convinco sempre di più che è una cosa troppo bella se paragonata allo standard medio di cose belle successe nella mia vita. Non può essere vero.

Eppure alcuni ricordi, i più forti, sono ancora stampati nella mia mente.
Mi ricordo la ragazza che, seduta sul marciapiede affianco a noi, faceva passare il tempo leggendo la biografia del mio attore preferito. Avrei voluto abbracciarla, ma non lo feci.
Mi ricordo di quando la coda per entrare iniziò a muoversi e io scattai in piedi per non essere calpestata dalla folla di ragazzi che aspettavano con ansia di vedere i loro miti.
Mi ricordo di quando comprai una maglietta con stampata una foto di loro due e la pagai tanto quanto avevo pagato il biglietto per vederli dal vivo.
Mi ricordo della ragazza non troppo alta alla quale si piazzarono davanti quattro palazzi impedendogli di vedere anche solo uno scorcio di ciò che accadeva sul palco.
Mi ricordo delle gocce di sudore che scorrevano sulle mie braccia.
E mi ricordo di essermi sentita viva. Forse per la prima volta.

Ma i miei ricordi non sono abbastanza.
Mi ricordo anche di quando incontrai Benedict Cumberbatch nella hall di un hotel che mi chiese un favore che non fui in grado di fare e mi ricordo di quando, invece, feci delle foto con i membri dei My Chemical Romance, durante l'era di The Black Parade, ma rimasero tutte sfocate.
Mi ricordo perfettamente di tutto questo eppure, queste ultime cose, non sono mai successe se non nella mia mente, durante il sonno.

Dunque come distinguere realtà da finzione?
Forse è l'attesa l'elemento che ci permetto di farlo? Il fatto che mi ricordo di aver ordinato il biglietto, di aver fatto il conto alla rovescia e solo dopo di essere andata al concerto?
Negli altri due casi non mi ricordo né la localizzazione né il motivo per cui mi trovavo lì.

No, neanche questo mi basta.
Como posso essere sicura di non aver sognato?
I ricordi diventano sempre meno e, guardando dei video di quel momento, mi convinco sempre di più di quanto quell'atmosfera fosse troppo per me. Tutto era troppo perfetto.

Matrix. E se fossimo rinchiusi in Matrix1?
E se invece mi stessero riprendendo e delle persone stessero seguendo la mia vita da un televisore, proprio come per Truman2.?
Okay, forse sto dando di matto.

“Ti fai troppi problemi” direte voi. E probabilmente avreste ragione. Penso troppo. E lo so.
Ma avere fede significa essere svegli e essere svegli significa pensare e pensare vuol dire essere vivi e io ho capito, grazie a tutte le parole che ho sentito e alle rime che ho ascoltato, che tutti noi abbiamo bisogno di pensare.

In fondo, vorrei soltanto poter tornare indietro a quel giorno per vedermi in quel luogo e convincermi che davvero ero lì. Ma vorrei anche poter tornare indietro a quando nostra madre ci cantava per farci addormentare ma ora, ora siamo troppo stressati.

Dunque come distinguere realtà da finzione?
La verità è che non possiamo.
L'unica cosa che possiamo fare è crederci e la trottola smetterà di girare e cadrà a terra.3.

 

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“L'ho lavata” disse mia madre entrando in camera mia con una maglietta in mano.
Me la consegnò. Era nera con impressi due ragazzi sulla parte anteriore e delle date su quella posteriore.

La sentivo tra le mia dita. Lei c'era, era lì e anche io lo ero.
Io ci credo, perché ci voglio credere.

Sul tavolo la trottola iniziò a traballare.
3.


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NOTE:

1. riferimento a Matrix, film di fantascienza ambientato in un mondo distrutto dove è stato creato un secondo mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.” in cui tutti vivono inconsapevoli dell'esistenza di quello reale. La trama, più fitta, consiste anche nel fatto che i veri corpi delle persone sono tenuti in delle vasche dove si conservano e forniscono energia a Matrix creata compiendo azioni di tutti i giorni nel mondo fittizio.

2. riferimento al film The Truman Show dove il protagonista viene ripreso 24 ore su 24 per tutta la sua vita a sua insaputa e tutto quello che lo circonda (luoghi, persone, avvenimenti...) sono create appositamente per rendere la sua vita più emozionante e attirare l'attenzione degli spettatori.

3. riferimento al film Inception dove il protagonista, in grado di entrare nei sogni, utilizza una trottola per capire quando sta sognando e quando invece è sveglio. Infatti questa, quando si trova nel modo reale, dopo qualche secondo smette di girare e cade comportandosi come una qualsiasi altra. Nel mondo dei sogni invece, continua il suo moto perennemente fino a quando qualcuno non interviene per fermarla.

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Per prima cosa voglio riuscire a migliorare per questo vi chiedo di commentare facendomi sapere come vi è sembrata la storia, le vostre impressioni e consigli.
Apprezzo qualsiasi commento,critica o suggerimento.
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Frerakey
 

   
 
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