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Autore: _Dynamis_    13/02/2016    3 recensioni
[HiroMido] [Angst] [One-shot]
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< Come ti senti? >
La pace provata fino a pochi attimi prima sparì con quella voce. Si girò, incrociando lo sguardo preoccupato di Hiroto. La vista gli si appannò per le lacrime, mentre il suo cuore veniva bruciato da una fiamma inestinguibile, così calda da riuscire a sciogliere qualunque cosa, così luminosa da poter rischiarare anche la notte più buia. Lui aveva amato quel ragazzo, lo aveva tenuto stretto tra le braccia e aveva goduto della morbidezza delle sua labbra. E lo amava ancora. Lo avrebbe sempre amato.
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I will show you where the sky begins
 
 
 
Le mani si muovevano agili ed eleganti, facendo fluttuare in aria la striscia di stoffa rossa per poi riafferrarla e lanciarla ancora.
A Midorikawa non erano mai piaciuti molto i giochi di prestigio, ma doveva ammettere che quel ragazzo dal sorriso cordiale e gli occhi acquamarina ci sapeva fare. Restavi incantato nel guardare i movimenti semplici e leggiadri che compiva, mentre la sua presenza scenica ti costringeva a tenere gli occhi puntati soltanto su di lui.
Osservò come, con i gesti sicuri di chi l'ha fatto milioni di volte, arrotolò il drappo vermiglio e lo strinse nel pugno ben chiuso. Quando lo riaprì, sul palmo aveva un mazzo di carte azzurre. Dal pubblico si levò un breve applauso, seguito da un piccolo sussulto di meraviglia quando le carte vennero lanciate tutte in aria e si trasformarono in farfalle di carta. Una gli compì un piccolo volo davanti - certe cose potevano capitare, quando eri in primissima fila - per poi dissolversi in una piccola cascata di polverina dorata. Sembrava quasi magia.
Riuuji approfittò del breve momento in cui l'illusionista fece un inchino, raccogliendo gli applausi, per studiarlo meglio.
Aveva i capelli dello stesso colore del sangue, che creavano un armonioso contrasto con la carnagione pallida e incorniciavano, alla stesso tempo, il volto dai lineamenti delicati. In generale, quel ragazzo emanava mistero e fascino in ogni mossa o espressione che facesse.
L'esibizione riprese. Il “mago” estrasse una scatola di fiammiferi dalla tasca interna della giacca, ne tirò fuori uno e, facendo il gesto di sfregarlo contro qualcosa alla sua sinistra, questo si accese. La fiamma brillò luminosa dal nulla, e ad essa se ne unirono presto altre venti, finché la scatolina non fu completamente vuota. A quel punto, il prestigiatore incastrò tutti i cerini tra i due palmi delle mani, iniziando a sfregare come se avesse in mano dei legnetti per accendere un fuoco. I fiammiferi sparirono: al loro posto apparve un mazzo di rose. Queste vennero lanciate in mezzo al pubblico, e una lo raggiunse cadendo ai suoi piedi. Si chinò per raccoglierla, beandosi per un attimo dell'intenso profumo che emanava, e quando tornò a rivolgere lo sguardo al palco, si accorse del veloce occhiolino che gli fece l'illusionista. Sentì il sangue fluirgli alle guance, guardando prontamente da un'altra parte per cercare di dissimulare l'imbarazzo. Accanto a lui, Miura gli mollò una gomitata per avvertirlo che stava iniziando un altro numero.
Ma Midorikawa non aveva più voglia di seguire lo spettacolo, troppo preso a chiedersi cosa fosse quella sensazione di calore sconosciuta che sembrava stesse tentando di bruciarlo dall'interno, polverizzando le ossa, gli organi, i muscoli...
Poi, tutto d'un tratto, le tempie gli presero a pulsare, mentre immagini a lui sconosciute invasero la sua mente.
 
Stava camminando per strada. Una di quelle larghe e affollate, piena di negozi da cui entravano e uscivano decine di facce estranee. Probabilmente, si trovava nella via principale di qualche grande città. C'era qualcuno al suo fianco, ma non riuscì a capire di chi si trattasse: i lineamenti del volto erano confusi, e le labbra si muovevano senza che ne uscisse alcun suono. Indietreggiò, preso da una paura inspiegabile, inciampando nei suoi stessi piedi.
Cadde.
Cadde.
Cadde ancora e ancora, quasi fosse intrappolato in uno di quei sogni in cui precipiti nel vuoto all'infinito. Alla fine, però, si fermò.
Il paesaggio era cambiato, riconobbe una sala d' attesa, delle persone che correvano su e giù agitate e le porte di un ascensore che si chiudevano. Non seppe perché, ma quel dettaglio lo allarmò.
Girò su se stesso, e il mondo prese a girare con lui.
Buio.
Solo quello, nient'altro.
Poi, una voce: << Apri gli occhi. >>
 
 Quando ritornò alla realtà, ebbe l'impressione di essere stato assente per ore. Eppure, erano ancora tutti lì, sembravano trascorsi solo pochi istanti. Sbatté un paio di volte le palpebre prima di mettere a fuoco l'ambiente circostante. Non riuscì, invece, a dissipare la fitta oscurità di domande che offuscava qualunque ragionamento razionale provasse a formulare. Cosa era appena successo?
<< Bene signori e signore. >>  L'illusionista parlò, indicando con un ampio gesto delle braccia tutto il pubblico. << Mi servirebbe il vostro aiuto. Chi si offre volontario? >> Numerose mani si alzarono, alcuni tentarono di attirare l'attenzione con la voce, altri alzandosi in piedi. Ma quegli occhi acquamarina non si fermarono su nessuno di loro, continuarono a cercare, finché, ad un certo punto, non si arrestarono. << Tu, vieni. >> E non era nemmeno una domanda. Ryuuji non desiderò mai come in quel momento di sprofondare sottoterra. Tentò di rifiutare con un lieve movimento del capo, ma Nozomi gli diede un buffetto d'incoraggiamento sulla spalla e allora fu costretto ad alzarsi.
Impiegò più tempo possibile a coprire la breve distanza tra lui e il palcoscenico, salendo lentamente i pochi gradini che lo separavano dal ragazzo fulvo. Alla fine, però, si ritrovò al suo fianco più velocemente di quanto avesse sperato.
<< Come ti chiami? >> gli chiese, avvicinando il microfono alla sua bocca.
<< Midorikawa Ryuuji >> rispose con tono incerto.
<< Bene, facciamo un grande applauso al nostro volontario! >>
Volontario?! Lo stava prendendo in giro? Si morse la lingua per non fare la figura del maleducato davanti a tutti, ma l'occhiataccia che gli riservò dovette far capire esplicitamente al mago i suoi pensieri.
<< Adesso, però, vi prego di fare il massimo silenzio, poiché si tratta di un numero che richiede molta concentrazione. >> Fece una pausa ad effetto. << Potrebbe essere pericoloso. >> E lo guardò ridacchiando. Magnifico, si divertiva anche a penderlo in giro!
Dovette reprimere l'impulso di scostarsi quando il prestigiatore lo bendò, sussurrandogli di rilassarsi. Lo sentì rivolgere qualche altra parola al pubblico, ma la sua voce adesso gli sembrava un'eco lontano e irraggiungibile. Percepiva solo il tamburellare frenetico del suo cuore nel petto.
Bum.
Bum.
Bum.
Il ritmo veloce rallentò pian piano, diventando più costante, fino a quando i battiti non divennero solo un leggero rumore di sottofondo.
Bum

Bum
….

Bum
 
Una bianca luce era puntata dritta sulla sua faccia, accecandolo. Non riusciva a capire bene dove fosse, era quasi sicuro di trovarsi al chiuso, probabilmente in una stanza. Delle facce indefinite torreggiavano su di lui, parlando tra loro con fare concitato. C’era tensione nell’aria, la poteva sentire distintamente mentre gli attanagliava le viscere in una gelida morsa, mettendo in allerta tutti i suoi sensi.
Provò a capire cosa stessero dicendo quelle voci, ma non ci riuscì. O meglio, forse ci sarebbe anche riuscito se un’altra voce, più forte e nitida delle altre, non avesse spazzato via tutti i suoni presenti.
<< Svegliati! >> Urlava.
 
 
Sentì qualcuno scuoterlo per le spalle. Strinse le palpebre, poi prese coraggio e le aprì lentamente. Vide una macchia rossa davanti a lui, poi due pallini verde acqua… Si stropicciò gli occhi, e quella semplice azione gli causò un dolore tremendo per tutto il corpo. Era come se avesse corso per chilometri senza mai fermarsi a riposare.
Poi ricordò. Si alzò di scatto, con l’intento di allontanarsi da quello che aveva riconosciuto essere l’affascinante prestigiatore. L’unico risultato che ottenne, però, fu quello di finire di nuovo con il sedere per terra a causa delle vertigini.
<< Non dovresti fare movimenti così bruschi >> lo rimproverò una voce alla sua destra.
<< Tu! Cosa mi hai fatto?! >> Midorikawa si riuscì a mettere seduto, ma non mancò di rifilare un’occhiataccia al suo interlocutore.
<< Tranquillo, è tutto normale… Penso. >> L’ultima parola fu un sussurro a metà tra il preoccupato e il dubbioso che non tranquillizzò Ryuuji neanche un po’.
Decise di guardarsi meglio intorno: il posto in cui si trovavano era immerso in una delicata luce argentea che illuminava… Un’immensa, sconfinata distesa azzurra. Non sembravano esserci confini, l’azzurro si estendeva a perdita d’occhio, arrivando in posti in cui lo sguardo non poteva arrivare.
<< Dove siamo? >> chiese, riuscendo ad alzarsi in piedi. << E’ uno dei tuoi trucchi da quattro soldi? >>
A quelle parole, il mago sembrò prendersela un poco, assumendo un’espressione contrariata, ma per fortuna decise comunque di rispondergli: << Non c’è nessun trucco qui, sarebbe impossibile… >> Si fermò, come se stesse scegliendo accuratamente le parole da dire. << Vedi, noi siamo in una specie di… Dimensione parallela. >>
Midorikawa per poco non gli scoppiò a ridere in faccia: quel tipo era completamente pazzo!
<< E tu mi vorresti far credere che da un palcoscenico di un teatro – un teatro in piena Tokyo! – siamo finiti in una dimensione parallela? >>
<< Non è che ci siamo finiti… E’ complicato da spiegare. >>
<< Non ti preoccupare, ti credo sulla parola! >> rispose sarcasticamente, contraendo i muscoli facciali in una delle sue migliori smorfie scettiche. L’altro lo guardò sconfortato, e Ryuuji fu quasi certo di scorgere le rotelle del suo cervello che giravano impazzite in cerca di una soluzione. Alla fine, però, il prestigiatore parve avere un’idea.
Gli si avvicinò e, con un sorriso rassicurante, gli tese la mano. << Mi chiamo Hiroto. Hiroto Kiyama. >>
Midorikawa non seppe se sbattere la testa da qualche parte o abbandonarsi ad una risata isterica. Alla fine, decise che mantenere la calma era la soluzione migliore e, con un sospiro, strinse sicuro la mano dell’altro. << Io sono Midorikawa
Riuuji. >>
<< Sì, lo so. >>
<< Sappi che conoscere il mio nome non ti autorizza a rapirmi e portarmi… In mezzo al nulla. >>
Hiroto si lasciò sfuggire una risata. << Immagino di non essere riuscito a fare una buona impressione su di te. >>
<< Però, non ti sfugge niente, eh? >>
Un’altra risata. << Non sono un folle e non ti ho rapito. Io sono… Ero… >>
Le parole sembrarono morirgli in gola. L’illusionista smise per un attimo di avere quell’aria misteriosa e affascinante, rivelandosi agli occhi di Ryuuji solo come un ragazzo che pareva portare sulle spalle il peso del mondo. Troppo giovane per avere un simile fardello sul cuore – di qualsiasi natura esso fosse. Troppo fragile per riuscire a reggersi ancora in piedi anche solo per un altro minuto.
Mosso da una sensazione indefinita – compassione?– Midorikawa decise di cambiare argomento. << Allora, dove diavolo mi hai portato? >>
L’altro sembrò riscuotersi dai suoi cupi pensieri, rimettendo su la maschera del “mago attraente”  con una velocità impressionante. Gli sorrise. << Qui … >> ed indicò con una mano lo spazio infinito che li circondava << …E’ dove nasce il cielo. >>
<< Dove… Nasce il cielo? >> Era sicuro che la testa gli stesse per scoppiare. Le tempie pulsavano e le vertigini stavano iniziando a tornare: era illogico. Tutta quella situazione non aveva assolutamente, completamente, minimamente senso.
Kiyama dovette accorgersi dello stato confusionale in cui era caduto, perché gli posò una mano sulla spalla e gli rivolse un sorriso incoraggiante.
<< Non ti preoccupare, è qualcosa che assimilerai con il tempo. Ti basti sapere che questo posto è il punto di origine del cielo, il suo inizio. E’ per questo che tutto è così… Infinito e azzurro. >>
<< Non riesco a capire: insomma, come può esistere un luogo del genere? >>
Per la prima volta, Hiroto si abbandonò a una risata vera, lunga e cristallina, come se avesse appena ascoltato la barzelletta più divertente del mondo. La sua risata sembrava il suono della Gioia pura: era musica per le sue orecchie. Nonostante questo, si domandò cos’avesse detto di tanto comico per scatenare una simile ilarità. Sbuffò irritato, ma le parole dell’illusionista stroncarono sul nascere qualsiasi sua protesta: << E’ ovvio che tu non capisca: non lo capirai mai davvero. E’ un concetto troppo grande per essere compreso a pieno dagli uomini… E’ qualcosa di così illimitato che non potrebbe mai stare entro dei confini tanto piccoli come quelli della Ragione. Devi solo accettarlo e basta. Se vuoi potrai dimenticarlo, far finta che non esista. Potrai sognarlo, dipingerlo, cantarlo… Ma mai capirlo: non provare nemmeno a farlo, diventeresti pazzo e basta! >>
Quelle parole lasciarono in silenzio Midorikawa per un po’. Non si era mai soffermato a pensare che esistessero dei concetti tanto vasti da non poter essere spiegati. Pensò alla Libertà, alla Giustizia, all’Amore. L’uomo aveva tentato invano di rinchiudere dentro una definizione quei concetti così immensi, ma farlo sarebbe stato come tentare di arginare l’oceano.
Alla fine, dopo un tempo che gli parve molto lungo, ruppe il silenzio in cui si era chiuso. << Esiste il Tempo, qui? >>
Se proprio doveva accettare l’esistenza di quel posto, almeno voleva saperne qualcosa di più.
<< Sì, ma scorre più lentamente. Molto più lentamente. >>
<< E’ mai notte? >>
<< No, è sempre così: un luogo luminoso e caldo. >>
<< Se ci troviamo in mezzo al cielo… Stiamo fluttuando in mezzo al nulla, in questo momento? >>
<< Stiamo camminando… E non è del tutto corretto dire che ci troviamo in mezzo al cielo. >>
A quella risposta, Ryuuji corrugò la fronte, lanciando uno sguardo interrogativo al mago. Quest’ultimo, senza preavviso, gli prese la mano e gliela spinse contro la superficie fredda su cui si trovavano. Con immensa sorpresa di Midorikawa, la mano passò attraverso quella specie di pavimento, ritrovandosi immersa in quella che gli parve acqua. La tirò fuori subito, constatando stupefatto che aveva la pelle bagnata.
<< Stiamo… Passeggiando sull’acqua?! >>
<< Più o meno: c’è un sottilissimo strato che separa il mare dal cielo. >>
<< Il mare… Dal cielo… Giusto, perché non ci ho pensato prima! >> esclamò, percependo una leggerissima nota di nervosismo nella propria voce. Aveva pensato che il pavimento fosse specchiato e che, quindi, riflettesse il cielo soprastante. Di certo, non si sarebbe mai immaginato che… Quella cosa  su cui stava camminando fosse azzurra perché sotto c’era un’immensa distesa di acqua.
<< Non l’hai ancora capito? >> gli domandò l’illusionista, sorridendogli. << Qui è dove il cielo e il mare sono uniti. Nascono nello stesso posto, e poi si separano. >>
<< Quindi… Ci troviamo “all’orizzonte”? >>
Questa volta, fu Hiroto a guardarlo in cerca di chiarimenti.
<< Be’, sai quelle storie che raccontano che cielo e mare si incontrano all’orizzonte? Questo è l’orizzonte. >> spiegò Ryuuji, accompagnando le sue parole con gesti concitati delle mani.
<< Se ti piace pensarla così >> ridacchiò l’altro. << Hai altre domande o la tua sete di conoscenza si è esaurita? >>
<< Ne ho a miliardi di domande, ma te ne farò un’altra soltanto: qualcuno è mai stato qui? Oltre a me, intendo >> si fermò, ma poi cambiò idea e parlò ancora. << Ora che ci penso: perché tu sei qui? >>
Il prestigiatore si prese qualche minuto per rispondere. L’espressione del suo volto restava impassibile, ma incrociando i suoi occhi, Midorikawa vi lesse un’infinità di emozioni contrastanti. Quasi si dispiacque di avergli chiesto quella cosa, e si sentì davvero in colpa quando la Malinconia pose una delle sue maschere sul bel volto di Kiyama.
<< Tutto bene? >> si ritrovò a chiedere, genuinamente preoccupato per quell’improvviso cambiamento di umore.
Ancora silenzio.
Un sospiro.
Un sorriso. << Sì, scusa. >> Ci fu un’altra pausa. << Ci sono delle cose che ancora non ti ho detto. >>
<< Ad esempio? >>
<< Altre persone sono state qui. Moltissime. Il fatto è che… Non erano esattamente delle persone. >>
Midorikawa ebbe un brutto presentimento al riguardo, ma tenne la bocca chiusa, sicuro che presto sarebbero arrivate delle spiegazioni.
E infatti fu così.
<< Vedi, l’accesso a questo luogo è concesso sola alle anime delle persone. >>
<< In che senso alle anime? Allora perché io sono qui? >>
Hiroto lo guardò con dolore. << Non lo capisci? Tu stai morendo Ryuuji. >>
L’ultima cosa che Midorikawa vide fu il colore sconvolgente degli occhi del mago. Dopodiché fu solo buio.
 
 
Si ritrovò a vagare in un tunnel immerso nella penombra. L’unica fonte di luce proveniva dal soffitto, da cui pendevano delle palle di vetro simili a quelle vendute nei negozi di souvenir. Solo che queste, al posto della neve, contenevano al loro interno delle scene animate. Si avvicinò ad una di esse, e riconobbe la scena che si stava svolgendo all’interno: erano lui e Miura che giocavano a calcio nel parco vicino casa sua.
Sbirciò in un’altra sfera lì vicino, e poi in un’altra ancora. In ognuna c’era una scena diversa, ma avevano tutte in comune una cosa: erano vicende vissute da lui in prima persona. Erano i suoi ricordi.
Continuò ad avanzare, gettando un’occhiata all’interno di una delle palle di tanto in tanto. Ad un certo punto, arrivò in una zona in cui c’erano poche sfere di vetro. Ciascuna di esse era danneggiata, e le scene al loro interno si vedevano a tratti.
Cadde a terra, le mani a coprire le orecchie. Fu attraversato da una scossa e davanti a lui comparvero all’improvviso delle figure. C’erano due ragazzi che scherzavano tra loro.
Buio, come se qualcuno avesse tagliato parte della scena.
Una macchina.
Buio
Delle urla.
Buio.
Una voce interruppe quella sequenza sconnessa di eventi. << Svegliati! >>
 
 
Si risvegliò con un mal di testa allucinante. Eppure, non c’era nessuna traccia di confusione o smarrimento nei suoi pensieri. Era tutto limpido, chiaro, come il cielo terso in una bella giornata estiva.
<< Come ti senti? >>
La pace provata fino a pochi attimi prima sparì con quella voce. Si girò, incrociando lo sguardo preoccupato di Hiroto. La vista gli si appannò per le lacrime, mentre il suo cuore veniva bruciato da una fiamma inestinguibile, così calda da riuscire a sciogliere qualunque cosa, così luminosa da poter rischiarare anche la notte più buia. Lui aveva amato quel ragazzo, lo aveva tenuto stretto tra le braccia e aveva goduto della morbidezza delle sua labbra. E lo amava ancora. Lo avrebbe sempre amato.
<< Tu mi hai salvato >> sussurrò, non riuscendo a fermare le lacrime che scendevano copiose sul suo viso.
<< Lo rifarei altre cento volte. >>
<< Io… Ci sono ancora delle cose che non ricordo. Scene confuse. >>
<< Ti spiegherò tutto. >> E poi lo abbracciò, e fu come se non esistesse nient’altro tranne quell’abbraccio. Rimasero alcuni minuti stretti l’uno all’altro, assaporando reciprocamente quel contatto desiderato da molto tempo.
Quando si staccarono, Kiyama incominciò il suo racconto.
Gli disse che erano stati investiti da una macchina, e che lui gli si era parato davanti per cercare di proteggerlo.
<< E poi? >> chiese Midorikawa, quando vide che l’altro aveva smesso di parlare.
<< Io… Sono morto sul colpo.>>
 
 
Il dolore arriva improvviso.
E non ha niente a che fare con le lacrime, con il mondo che ti crolla addosso o con qualsiasi altra cosa sia mai stata detta o scritta al riguardo.
Il dolore è semplicemente la consapevolezza che qualcosa se ne è andato.
E’ silenzioso, quasi l’ombra di un sussurro.
Non nasce nel cuore, ma bensì nella nostra anima. E poi ci corrode dall’interno, bestia implacabile e insaziabile.
Il dolore pretende, e non se ne va fino a quando non ha più niente da prendere.
 
 
Ryuuji voleva smettere di piangere, lo voleva con tutto se stesso. Ma non ci riusciva, sentiva che se non avesse lasciato uscire fuori attraverso il pianto tutto quello che stava provando, sarebbe scoppiato.
Stette  con il viso immerso nell’incavo del collo di Hiroto per quelle che gli parvero ore.
<< Perché? >> domandò infine, quando fu sicuro di essere pronto, almeno in parte, a ricevere la risposta a quel quesito che era diventato ormai una vera e propria ossessione.
<< Perché le persone cercano di proteggere quello a cui tengono. Sempre. >> L’illusionista gli alzò il mento con due dita, costringendolo a guardarlo dritto negli occhi. << Io ho protetto quello che mi stava a cuore. Non ho nessun rimpianto per questo. >>
<< Sei un dannato idiota >> sussurrò, abbassando lo sguardo. << Io sto morendo lo stesso e tu ti sei sacrificato per niente: avresti potuto vivere, invece… >> Sentì la rabbia montargli dentro, impossessarsi di ogni singola cellula del suo corpo. Niente di tutto quello era giusto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere la possibilità di cambiare il passato e fare in modo che lui fosse morto mentre Hiroto vivo e in salute.
<< No! Tu hai ancora la possibilità di tornare indietro. Tu puoi ancora vivere. >>
Midorikawa lo guardò confuso. << Ma avevi detto … >>
<< Ascoltami: questo posto è una specie di limbo, capito? E’ dove finiscono le anime di quelle persone che non sono morte, ma nemmeno propriamente vive. >>
Come a voler confermare le parole del mago, intorno a loro comparve improvvisamente una folla di gente. C’erano neonati, bambini, donne, uomini, vecchi. Una moltitudine di volti, ognuno diverso dall’altro, che se ne stava lì in attesa di conoscere il proprio destino. Alcuni scomparivano, diventando trasparenti e volando via, altri affondavano nelle acque sotto di loro. Altri ancora, seppur in numero minore,  varcavano la soglia di grandi porte bianche, non facendo più ritorno.
<< Perché spariscono così, cosa gli succede? >>
<< Ci sono anime per cui non c’è più niente da fare >> rispose Hiroto, indicando con un cenno del capo quelli che salivano verso l’alto e quelli che sprofondavano giù, nel mare.
Un dubbio atroce attraversò la mentre di Ryuuji: << Tu sei già morto… Puoi stare comunque qui? >>
Kiyama lo guardò, abbozzando un sorriso. << No. In effetti, il mio tempo sta per scadere… >> Si fece serio tutto d’un ratto. << Ascoltami Midorikawa, tu fai parte di quella piccola percentuale di spiriti che hanno la possibilità di scegliere. Sono qui apposta per assicurarmi che tu non sprechi questa occasione. >>
<< Aspetta, ci sono ancora delle cose che non mi tornano: se non sono ancora completamente all’altro mondo, è perché sono entrato in coma, giusto? Ma allora lo spettacolo di magia? Il pubblico, gli spettatori? >>
<< Penso proprio sia stato un sogno. >>
<< Allora anche questo posto è un sogno. Tu sei un sogno. >>
<< Si sta svolgendo tutto mentre sei incosciente, sì. Ma non esiste niente di più reale, credimi. >> Il rosso gli scompigliò affettuosamente i capelli. << E’ giunto il momento di fare la tua scelta. >>
<< Non voglio andarmene, non voglio lasciarti. >> Ryuuji era ancora parecchio confuso. Sentì tornare le lacrime, ma le ricacciò indietro con tutta la volontà che aveva.
<< Devi farlo. Io voglio che tu lo faccia. >> Lo abbracciò, avvolgendolo in una calda stretta che fece sentire Midorikawa al sicuro. << Io voglio che tu viva, Mido-chan, altrimenti non mi sarei mai messo tra te e quella macchina. Voglio che tu sia felice, che ti innamori altre cento volte, voglio che tu cada ancora sfinito su un campo da calcio dopo aver giocato tutto il pomeriggio. >> Hiroto gli sussurrò quelle parole all’orecchio, cauto, come se temesse che qualsiasi cosa più forte di un sussurro potesse spazzare via tutti i sentimenti racchiusi in quel discorso.
Il paesaggio circostante iniziò a tremare. Frammenti di pura luce cominciarono a cadere, simili a piccole gocce di pioggia dorata, mentre lo pseudo-pavimento che li separava dall’acqua si fece sempre più sottile e trasparente. Una porta comparve a pochi passi da loro, bianca e liscia come il marmo.
<< Non ti dimenticherò >> promise Ryuuji.
L’ultima cosa che vide fu Kiyama che gli sorrideva. E in quel momento, fu certo che non avrebbe mai scordato quel sorriso. Avrebbe potuto cercarne uno uguale, ma non l’avrebbe mai trovato nemmeno se avesse messo a soqquadro l’intero Universo. Quel sorriso sarebbe rimasto sempre il suo più dolce rimpianto, il suo più grande “se”.
La porta si richiuse alle sue palle. E Midorikawa si risvegliò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note Autrice:
 
Salve a tutti!
Io sono Dynamis, una persona assolutamente dipendente dai dolci e dalle storie.
Seguo Inazuma Eleven da… Mi sento vecchia solo a pensare a quanti anni sono trascorsi. Nonostante questo, ho deciso di iscrivermi e di pubblicare in questo fandom da relativamente poco. In effetti, questa è la prima storia che posto qui haha.
Comunque, non mi dilungherò molto su quanto ho scritto.
E’ tutto nato da un raro momento di ispirazione, e le idee sono venute man mano che costruivo la trama. Mi sono affezionata a questa storia più di quanto mi piaccia ammettere, perché ci sono delle tematiche che mi stanno molto a cuore.
Ovviamente, l’ambientazione e i fatti narrati sono frutto della mia mente contorta, mentre i personaggi non appartengono a me, ma alla Level 5.
 
Non mi resta altro che ringraziare coloro che leggeranno e recensiranno (le critiche sono sempre ben accette. Per qualsiasi dubbio o domanda, sono a vostra completa disposizione!).
A presto,
Dynamis.
 
 
   
 
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