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Autore: Harmony394    13/02/2016    2 recensioni
«Dimmi che è stato quello spirito a dirti di farlo», Hawke tentò di mantenere un tono sicuro mentre parlava, ma la sua voce tremava. Si maledisse e cercò di cacciare in fretta e furia le lacrime che le erano apparse agli angoli degli occhi. Non avrebbe pianto. Non questa volta. «Dimmelo, Anders. Dimmi che l’uomo di cui mi sono innamorata è ancora lì dentro, da qualche parte, in balia di una forza più grande di lui. Dimmi che il Guaritore che ho conosciuto non è perito sotto il peso di quel maledetto spirito. Ti prego, Anders… ti prego».
Hawke non poteva vedere il volto del mago, ma udì comunque un grosso sospiro lasciare le sue labbra. Capì quale sarebbe stata la sua risposta prima ancora di udirla.
«No, Hawke. Sono stato io.»

[Anders\fem!Hawke] [Spoiler sul finale di Dragon Age II]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anders, Hawke
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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I'm holding on your rope,
Got me ten feet off the ground
I'm hearin’ what you say but I just can't make a sound
You tell me that you need me
Then you go and cut me down, but wait
You tell me that you're sorry
Didn't think I'd turn around, and say... 
It's too late to apologize, it's too late
I said it's too late to apologize, it's too late 

 
 
 
L’aria che le sferzava il viso era gelida, tagliente come rasoi; il freddo era palpabile e opprimente, ma lei quasi non lo sentiva. Era come se, insieme al tempo, anche la sua pelle fosse diventata di ghiaccio. Come per la Chiesa, anche dentro di lei qualcosa era andato in frantumi.

Anders non la guardava. Le dava le spalle, lo sguardo fisso dinanzi a sé. Hawke invece lo fissava, ma non lo vedeva. Non riusciva ancora a realizzare ciò che era accaduto, ad accettare che fosse stato lui l’artefice di quello scempio. Si chiedeva com’era stato possibile, come aveva potuto non accorgersene. Pensava a tutta quella gente, anime innocenti massacrate senza un perché, e si sentiva stringere il cuore.

Anders (o Giustizia?) continuava a parlare, a spiegare, a cercare giustificazioni che lei non ascoltava nemmeno. Sentiva una rabbia cieca dentro di sé, la voglia spietata di spaccare tutto e graffiarsi le corde vocali nel tentativo di chiedere al mondo perché fosse successa una cosa simile, che senso aveva avuto allora tutto quello per cui aveva combattuto in quegli anni, ma era come se la lingua le si fosse attaccata al palato.

Non riusciva a muoversi.  

«Il mondo necessitava di questo. Solo così potremo smettere di credere che i Circoli siano la soluzione. Se devo pagare per questo con la mia vita… allora pagherò. Forse così Giustizia sarà libero».

Hawke non lo ascoltava, non voleva farlo. Ogni sua parola era veleno, ogni sua scusa una pugnalata.

Si disse che era stata colpa sua, s’incolpò di non aver prestato abbastanza attenzione al comportamento ambiguo degli ultimi tempi di Anders, alla sua smania di vendetta, di non aver realizzato subito ciò che stava per accadere e impedirlo. Si diede della stupida e si odiò con tutta se stessa per essere stata tanto cieca, tanto offuscata dall’idea di uomo perfetto che si era fatta di lui.

Per la prima volta, desiderò non aver mai conosciuto l’uomo che fino a poche ore prima chiamava amore.

Come aveva potuto farlo? Come aveva potuto farle questo, dopo tutto ciò contro cui avevano lottato per mantenere la pace a Kirkwall? Le aveva mentito, l’aveva usata! Perché, perché lo aveva fatto? Perché aveva rovinato tutto?

Si sentì girare la testa. Ripensò a tutto quel sangue, a quella gente; la stessa gente che Anders – il vero Anders, quello di cui si era innamorata – avrebbe curato fino a poco tempo prima in quello stesso ospedale dove lo aveva conosciuto, in cui si erano baciati per la prima volta e si erano uniti tante e tante di quelle volte…

Si sentì annodare lo stomaco.  Erano state bugie anche quelle, quindi? Era stata tutta un’enorme, crudele bugia?

«Dimmi che è stato quello spirito a dirti di farlo», Hawke tentò di mantenere un tono sicuro mentre parlava, ma la sua voce tremava. Si maledisse e cercò di cacciare in fretta e furia le lacrime che le erano apparse agli angoli degli occhi. Non avrebbe pianto. Non questa volta. «Dimmelo, Anders. Dimmi che l’uomo di cui mi sono innamorata è ancora lì dentro, da qualche parte, in balia di una forza più grande di lui. Dimmi che il Guaritore che ho conosciuto non è perito sotto il peso di quel maledetto spirito. Ti prego, Anders… ti prego».

Hawke non poteva vedere il volto del mago, ma udì comunque un grosso sospiro lasciare le sue labbra. Capì quale sarebbe stata la sua risposta prima ancora di udirla.

«Da quando lo spirito di Giustizia si è fuso con me, siamo una cosa sola. Non posso più ignorare le ingiustizie che il Circolo subisce più di quanto lui possa farlo. No, Hawke. Non è stato lui. Sono stato io.»

Silenzio.

Qualcosa andò in mille pezzi – il suo cuore? –, le parole le morirono in gola.

Deglutì, stringendo i pugni così forte da far diventare bianche le nocche, e, all’improvviso, smise di essere Hawke così come Anders aveva smesso di essere Anders, divenendo ai suoi occhi semplicemente Giustizia.
Realizzò che quello che aveva di fronte non era più l’uomo che aveva amato, ma solo un fantoccio privato di ogni giudizio e riempito di rabbia e desiderio di vendetta; non era più il Guaritore che aveva aperto una clinica nella Città Inferiore per aiutare i bisognosi a prescindere se fossero maghi o templari, non era più lo stesso uomo che la notte le baciava la fronte e le sussurrava parole dolci e rassicuranti, o quello che lasciava una ciotola di latte fuori dalla porta per i gatti della città.

No, adesso era solo Giustizia. Di lui non era rimasta che una mera ombra evanescente, uno scintillio ambrato in uno sguardo acceso di un azzurro spettrale e grottesco. Nient’altro.

Assottigliò gli occhi: «Pagherai per ciò che hai fatto».

La sua voce risuonò innaturale, estranea persino a se stessa. Era la Campionessa di Kirkwall a parlare, ora, non più Marian Hawke, la stessa che aveva sperato fino all’ultimo momento di poter salvare tutti quanti. Di lei non c’era più traccia, era perita sotto il peso di una realtà troppo assurda e troppo crudele da sopportare.

Adesso importava solo ciò che Kirkwall chiedeva. E Kirkwall, ironicamente, chiedeva giustizia.

Anders – no, Giustizia – non le rispose. Si irrigidì nelle spalle, immobile, e attese in silenzio. Hawke – no, la Campionessa di Kirkwall– sfoderò il pugnale che aveva nella cintola; le sue dita erano ferme, decise. Non tremava. Non aveva mai tremato prima di uccidere un nemico, dopotutto.

Con la lama a pochi centimetri dal collo del mago, una voce la raggiunse lontana come un’eco.
Anders.

Il vero Anders.

«Per ciò che vale», esordì, la voce ridotta a un rantolo, «sono lieto che sia tu a farlo. È stato bello essere felice… per un po’».

E poi, con la stessa irruenza da cui ci si risveglia da un sogno, un ricordo tornò alla mente di Hawke.
 
Ti amo. Ho cercato di trattenermi dal dirlo. Dovresti avere una vita tranquilla, serena, non essere costretta a seguire un fuggitivo senza futuro… Ma non voglio lasciarti”,
”Non farlo mai”,
“Dici davvero? Vorresti avermi qui con te, vivere insieme? Diresti al mondo, alla Comandante Meredith, che ami un apostata e ti ergeresti al suo fianco?”,
“Ti voglio al mio fianco, Anders. Fino al giorno della nostra morte”.
 
Si accorse che il pugnale le era sfuggito di mano solo quando udì un clangore metallico cozzare contro il selciato. Le dita e le ginocchia presero a tremarle, tutto di lei divenne un brivido convulso.
Strinse i pugni così forte da graffiarsi i palmi delle mani, mordendosi forte l’interno guancia in un impeto di rabbia.

Non poteva farlo. Non poteva, non riusciva a ucciderlo. Non lui. Non l’uomo che aveva salvato suo fratello da morte certa, non l’uomo che aveva amato per tutti quegli anni, con cui aveva combattuto fianco a fianco, alla quale aveva donato tutta se stessa… non poteva farlo.

Voltò il capo, la voce ridotta ad un gemito spezzato.

«Vattene».

Anders si alzò dalla cassa su cui era seduto, la guardò con quei suoi occhi cerchiati dal nero delle occhiaie – come aveva potuto non accorgersi di quanto fosse cambiato? – e rimase in silenzio. Hawke poté leggere nel suo sguardo tutto il suo smarrimento: credeva che lo avrebbe ucciso. Non lo biasimava: anche lei lo aveva creduto.

«Avevo un debito con te: la vita di mio fratello Carver per la tua. Adesso il debito è saldato. Ciò che hai compiuto è imperdonabile, il sangue di quella gente macchierà le tue mani per tutta la vita, e da me non riceverai nient’altro che disprezzo; tuttavia, crollerà il Velo prima che io possa renderti il dannato martire della situazione. Vivrai, ma lontano da me. E da Kirkwall. Vattene, Anders – o Giustizia, o chiunque tu sia – e non tornare. Mai più.»

Lui persistette nel suo silenzio, gli occhi ambrati fissi in quelli azzurri di lei, e sulle sue labbra danzarono centinaia di risposte. Infine sospirò, la sua espressione divenne persino più grave di prima, lanciò un ultimo sguardo agli ex compagni d’arme e si voltò. Hawke non distolse lo sguardo dalla sua figura nemmeno per un momento, nemmeno quando i suoi occhi divennero così lucidi che distinguere le sagome attorno a lei divenne un’impresa titanica.  

Anders fece per andarsene, ma prima di imboccare la via si fermò.

«Mi dispiace», sussurrò piano, ma abbastanza forte da farsi udire da lei. Hawke non rispose.

Lo vide correre via, lontano. Quando svoltò l’angolo, Hawke tornò indietro a sua volta e, senza proferire parola con gli altri, si diresse veloce verso la strada che conduceva alla Forca. Per tutto il tragitto, nessuno disse nulla. Una lacrima solitaria le solcò una guancia ma lei la cancellò prima che qualcuno potesse vederla. Strinse  le labbra. 

«Anche a me».
 
 



- Note dell’Autrice

Ed eccomi di nuovo qui, con una fan fiction su un paring per cui non avrei mai pensato di scrivere!

Premetto sin da subito che non sono mai stata una grande fan della Anders/Hawke. Durante la mia prima run il nostro bel mago è stato la mia romance prediletta, ma una volta arrivata alla fine del gioco mi sono pentita da morire di averlo scelto.

Sono dell’idea che in una relazione la cosa più sbagliata e crudele che si possa fare al proprio partner è mentire, specialmente in fatto di cose importanti, e onestamente Anders per tutta l’ultima parte del gioco non ha fatto altro che usarci per i suoi scopi, per poi scatenare un macello che ha coinvolto persone innocenti ed ha solo aggravato la situazione del Circolo dei Maghi. Alla violenza non si risponde mai con altra violenza, la gentilezza è la miglior arma e la miglior armatura… o almeno così la penso io.

Ad ogni modo, per quanto mi riguarda Anders è un personaggio pieno di sfaccettature: lo adoravo in Awakening e nella prima parte del secondo gioco – ho mai detto che ho un debole per i dottori? –, ma non sono stata affatto d’accordo con quell’ultima scelta e mi è dispiaciuto un sacco vederlo cadere vittima di Giustizia e annientarsi in tutto e per tutto.  

Ho sperato fino all’ultimo che l’amore nei confronti di Hawke lo “redimesse”, anche perché credo che sia l’unico companion che si innamora di lei/lui a prescindere dal suo love interest (cioè dai è palese che sia cotto di Hawke anche da prima di un possibile coinvolgimento amoroso XD), ma così non è stato. E in questa fan fiction, a farne i conti è proprio la mia povera Marian. Sigh. Dalla serie: non innamoratevi di qualcuno che vuole salvare il mondo.

Grazie per aver letto fin qui! E grazie mille a
Ailisea per aver letto la fan fiction in anteprima e avermi convinta a pubblicarla. <3

Dareth shiral :)

 
   
 
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