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Autore: Angela Smith    13/02/2016    1 recensioni
[“Qual è l’amor vero? Quello che muore o quello che uccide?”
Giovanni Verga]
"Se vuoi giocare Page Lincoln, giochiamo"
La ragazza sorrise maliziosamente distendendo nuovamente le gambe e toccando il pavimento freddo con i piedi.
Si strinse maggiormente nel maglione caldo che stava indossando e studiò l’espressione di Sherlock.
Quegli occhi… stava forse cercando di ipnotizzarla? Incantarla? Perché sembrava che stesse facendo proprio quello, con un attento ed elaborato gioco di sguardi.
"Che gioco proporresti, Sherlock Holmes?"
Il pronunciare il nome dell’uno e dell’altra suonava come un avvertimento, come qualcosa che preannunciasse l’inizio di una battaglia.
"Saresti la mia compagna di giochi?"
"Solo perché sono sicura di vincere"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo cinque correttoE dopo un'altra interminabile assenza, eccomi di nuovo qui a rompervi le scatole con un nuovo capitolo.
Il rapporto tra Samantha e Sherlock continua ad essere conflittuale e, non posso nasconderlo, la cosa mi diverte molto. Spero che sia altrettanto per voi. Ma bando alle ciance! Vi lascio al quinto capitolo. Buona lettura!
Angela Smith



Capitolo cinque


 

"Offerta di pace", pensava fra sé e sé Samantha mentre preparava il tè.

"Non è una resa, è un’offerta di pace"

Continuava a ripeterselo per autoconvincersi che fosse così.
Non aveva nessuna intenzione di arrendersi, ma continuare a vivere nella stessa casa con Sherlock Holmes e non riuscire nemmeno a parlarci non era il massimo.
Non che lei preferisse parlarci. Insomma, era complicato.
Fatto sta che quel tè era un’offerta di pace che avrebbe educatamente porto al consulente investigativo (come aveva precisato lui di essere la sera precedente).
Che strana serata, i ricordi di Samantha erano confusi e non si ricordava bene che cosa avesse pensato di tutta quella faccenda.
Aveva già tratto le sue conclusioni? Non le risultava, altrimenti a quel punto non si sarebbe ritrovata così confusa.
Cercò di riordinare le idee:

- Sherlock Holmes ha ucciso un uomo (ricordarsi di chiedere delucidazioni in merito, possibilmente senza far scoppiare la terza guerra mondiale)

- L'uomo che ha ucciso è Charles Augustus Magnussen (vedere file)

- Sherlock evidentemente conosce Irene Adler, altrimenti nota come La Donna o Dominatrix (approfondire, estremamente importante)

- Ancora più evidentemente hanno avuto una specie di flirt


Samantha si bloccò pensierosa, lasciando a metà il suo pensiero.
“Flirt”, che parola poco elegante… ma d’altronde era quella giusta per descrivere il loro rapporto passato, no?

- Sherlock si è permesso di chiamarla "ragazzina"

- Sherlock non le ha estorto la password del cellulare (anche se avrebbe potuto)

Il ricordare che Sherlock l’avesse definita “ragazzina” la prima volta che si erano incontrati le faceva saltare i nervi.
Cominciò a mescolare più velocemente il tè contenuto nella tazzina.
Non aveva idea di quante zollette avrebbe dovuto metterci e se magari Sherlock avrebbe gradito anche del latte.
Si diede della sciocca. A chi importava quante zollette ci fossero dentro? L’importante era il gesto. Se poi Sherlock fosse stato obbligato a bere il tè in modo differente da come lo prendeva di solito per pura cortesia, tanto di guadagnato.
Non sapeva come avrebbe dovuto approcciarsi. Dargli del “tu” sarebbe sicuramente stato il primo passo. Poi…ehm…salutarlo? Dargli il buon giorno? Come avrebbe dovuto interagire con lui? Fingendosi la sua più cara amica o mantenendo una certa distanza? Avrebbe dovuto abbracciarlo in segno di amicizia oppure fare finta di niente, facendosi bastare un’amichevole stretta di mano?
Era in panico.
Samantha Brooks era in panico a causa di Sherlock Holmes.
Possibile che una pistola puntata alla tempia non le causasse il minimo scompenso, mentre cercare di risultare simpatica a quell'uomo la facesse impazzire? Era una cosa semplicemente assurda.
Aveva affrontato situazioni ben più pericolose e complicate di quella, anche con il rischio di perdere la vita, eppure in quel momento le sembrava che il minimo passo falso l’avrebbe fatta cadere nell’angolo delle “persone che Sherlock Holmes disprezza” che a quanto pare erano un gran bel numero.
Cercò di ricomporsi e fece un bel respiro profondo.
Si accorse che stava mescolando quella povera tazza di tè da fin troppo tempo, quindi lasciò cadere il cucchiaino, appoggiando il manico sul bordo di essa.
Si voltò verso la dispensa, fissandola attentamente.
Avrebbe dovuto aggiungerci anche dei biscotti?

"Sei proprio una persona ridicola"

Disse ad alta voce, prendendosi la testa fra le mani con fare disperato.

"Stai parlando con me?"

Disse una voce bassa e profonda alle sue spalle.
Chiuse gli occhi stringendoli in modo nervoso e si morse la lingua maledicendosi mentalmente.

"No!"

Si affrettò a rispondere mentre si girava nella direzione dell’uomo, sfoderando il suo miglior sorriso.
Come diamine aveva fatto a non sentirlo arrivare?
Il consulente investigativo rispose con uno sguardo confuso e leggermente annoiato. Aveva indosso una vestaglia blu elettrico tenuta aperta, la quale faceva intravedere quello che lui probabilmente considerava il suo pigiama.
Samantha invece si era vestita indossando un maglione e dei jeans, onde evitare l’imbarazzo che le sarebbe derivato dal farsi vedere dal suo nuovo coinquilino in pigiama.

"Non stavo parlando con nessuno, era una stupida considerazione"

"In merito a chi?"

Chiese Sherlock, non essendo interessato più di tanto alla possibile risposta della sua coinquilina, dato che gli sembrava davvero scontata.

"Non è davvero importante"

Concluse sbrigativamente lei, cercando di togliersi da quell’impiccio.
Improvvisamente fu risvegliata dalla sua trance nel vedere la tazza di tè appoggiata sul tavolo.

"Ho fatto il tè"

Disse, indicando la tazza in questione.

"Lo vedo"

Fu ciò che ebbe in risposta dall’uomo, il quale si stava avviando nuovamente verso la sua stanza.

"No, aspetta!"

Fu ciò che uscì dalle labbra della ragazza. Sherlock si girò interdetto.
Dal tono che aveva usato, sembrava alla disperata ricerca della sua compagnia e non era certamente il tono che avrebbe dovuto utilizzare né quello che avrebbe voluto utilizzare Samantha.

"E' per te"

Disse in modo secco.

"Il tè intendo"

Aggiunse poi, appoggiandosi le mani sui fianchi.

"Perché?"

Samantha lo guardò alzando un sopracciglio, non sapendo bene come rispondergli.

"Beh, ecco, non lo so, prova a fare le tue deduzioni"

Rispose accigliata e lievemente imbarazzata dallo sguardo che le stava riservando il detective.

"Non faresti prima a berlo invece che farmi sciocche domande?"

Samantha prese in mano la tazza e gliela porse in modo spazientito.

"Non bevo tè alla mattina"

Sherlock degnò per qualche secondo del suo sguardo la tazza che la ragazza gli stava porgendo, non avendo evidentemente nessuna intenzione di prenderla dalle sue mani. Samantha sapeva che Mrs Hudson, la padrona di casa, gliene portasse ogni mattina una tazza e che  Sherlock lo stava rifiutando solamente per darle fastidio.*
Quanto lo odiava.

"Sei inglese, certo che bevi tè alla mattina"

Si limitò a dire lei, avvicinando maggiormente la tazza alla figura di lui.

"E questo cosa vorrebbe dire? Il tuo rifarti a questo genere di stereotipi denota una certa vena..."

Samantha alzò il dito indice con l'intento di poggiarlo sulle labbra di Sherlock e così zittirlo, ma si trattenne, limitandosi a tenerlo a mezz'aria in modo provocatorio.

"Ti fermo prima che tu possa dire qualcosa di cui poi potresti pentirti"

"Oh grazie infinite, avevo davvero paura di offenderti o di ferire i tuoi sentimenti"

"Perché non puoi semplicemente bere quel dannato tè e farla finita? Così da finalmente poter continuare le nostre vite in maniera civile e adulta?"

"Pensi che prendere insieme il tè alla mattina ci renderà amici per la pelle?"

"Ma perché devi interpretare ogni mio gesto come un misero tentativo di conquistarti?"

"Non è forse ciò a cui miri?"

Samantha gli lanciò uno sguardo gelido.

"Sei solo un grandissimo str..."

Sherlock alzò un dito in aria, similmente a come aveva fatto Samantha poco prima, poggiandolo veramente vicino alle labbra della ragazza, a cui fu impedito di formulare l'insulto che si era tenuta dentro fin dal primo momento in cui aveva visto il detective.

"Ti fermo prima che tu possa dire qualcosa di cui in futuro potresti pentirti"

Sherlock le lanciò uno sguardo ironico prima di aprire l'anta del frigorifero e compiacersi silenziosamente della sua piccola frecciatina. Ricominciò subito dopo ad ignorare del tutto la ragazza, continuando ad indossare quel suo sguardo a metà tra l'annoiato e l'infastidito. Stava per ritornarsene direttamente in camera sua, ma qualcosa lo trattenne. Che fosse la sua celata voglia di concludere quella conversazione atipica o il desiderio di infastidire la ragazza, questo nessuno può saperlo.

“Bevi sempre il tè alla mattina?"

"Come?"

Rispose Samantha, che era già pronta a contrattaccare con una nuova frecciata, e perciò confusa da quella singolare uscita di Sherlock.

"Il tè. Cosa ne pensi del tè?"

Ripeté il detective, roteando gli occhi.

"Il tè non mi piace e dunque non lo bevo alla mattina, se è qui dove vuoi andare a parare, ma sono sicura che se mi piacesse..."

"Dunque non lo bevi, no?"

La guardava ansioso che lei gli desse ragione.

"No, non lo bevo, è vero... ma voi inglesi non potreste vivere senza il tè, è praticamente l’unica cosa che vi manda avanti. Il pranzo, la cena, la colazione e perfino lo spuntino di mezzanotte traboccano di tè e biscotti"

"Beh, la mia alimentazione non trabocca di tè e biscotti"

Prese in mano una delle strane fialette lasciate incustodite sulla mensola e fece come per voltarsi.

"Ed ora, se non ti dispiace, ho cose molto più interessanti da fare che disquisire a proposito di tè con te. Buona giornata"

Le rivolse uno sguardo di disappunto ed irritazione prima di proseguire per la sua strada.
Aprì la porta della sua camera e ci si richiuse dentro, lasciando Samantha nel bel mezzo della cucina, con la tazza di tè ancora in mano.



***



"Va bene, esperimento due"

Si disse la ragazza mentre si infilava il trench blu.
Se non riusciva ad attirare l’interesse di Sherlock Holmes con la conversazione e con le gentilezze mattutine, allora avrebbe dovuto cambiare strategia di gioco.
Sentì l’aprirsi della porta della camera del detective e lo vide uscire da essa pronto e vestito per uscire.
Il punto è che anche lei lo era. Pronta per uscire con lui.
Le rivolse uno sguardo glaciale quando gli si avvicinò porgendogli il libro che lui aveva lasciato sul tavolo la sera prima (ovviamente non le era sfuggito).
L’aveva aperto e sfogliato distrattamente quella mattina e l’unica cosa che era sembrata interessarle era stato il fatto che sulla prima pagina del libro fosse stato scritto il nome ed il cognome del proprietario: “James Double xxx”**.
Tre baci? A meno che non se li fosse scritti da solo, dubitava che il libro fosse suo... un regalo forse? Aveva subito pensato però che “Double” fosse uno strano cognome.

"Cosa pensi di fare?"

Le chiese l’uomo passandole oltre per andare a prendere il suo Belstaff.

"Venire con te, mi sembrava ovvio"

"Cosa?"

A quelle parole si girò di scatto, sfoderando lo sguardo più minaccioso ed allo stesso tempo turbato che possedesse.

"No"

"Perché?"

Chiese immediatamente la ragazza, infilandosi il piccolo libro nella tasca del trench.

"Perché no. Mi saresti solo di intralcio"

"Ma per favore. Io di intralcio a te? Semmai il contrario. Mi sembra che tu sia ad un punto morto con quest’indagine"

"Punto morto?"

Ripeté Sherlock visibilmente scocciato, infilandosi i guanti.

"Già"

"Non sai nemmeno di che cosa tu stia parlando. Non ne hai la più pallida idea"

"Allora avrai sicuramente già capito che cos’è questo libro"

"Chiaramente"

I due si scambiarono uno sguardo di sfida ed in quel preciso momento Sherlock rimpianse di non aver preso il libro quando Page gliene aveva data l'occasione.
Un osservatore qualunque avrebbe detto che Sherlock fosse sincero, che avesse già la risoluzione del caso in pugno, ma Samantha notò che non era per niente così e che l’uomo che aveva davanti stava mentendo spudoratamente.

"Allora non ti servirà questo libro suppongo…visto che hai già capito di che cosa si tratti…"

Sherlock strinse gli occhi a fessura quando realizzò che non avrebbe davvero potuto andare avanti nelle indagini senza quel libro perché no, non aveva ancora capito come fosse collegato alla morte del sig. Double.
Quella ragazza lo avrebbe fatto impazzire e questa era una delle poche cose di cui era sicuro in quel momento.

"E' comunque una prova che devo restituire a Scotland Yard, non la puoi tenere"

Disse, cercando di persuadere la ragazza a ridargli il libro.
Tese la mano verso di lei per farle capire le sue intenzioni e molto probabilmente si aspettava che quella gli mettesse il libro in mano, abbandonando ogni speranza di venire con lui e decidendosi a farsi gli affari suoi. Ma l’idea di arrendersi al detective non passò nemmeno per l’anticamera del cervello della ragazza.

"Andiamo?"

Disse in risposta la ragazza, precedendolo ed aprendo la porta davanti a sé.
Sherlock si voltò nuovamente infastidito.
Non la voleva portare con sé, gli sarebbe solamente stata di intralcio e lo avrebbe infastidito fino a fargli perdere la ragione.
Pensò che con una mossa repentina avrebbe potuto ricacciarla dentro l’appartamento e chiuderla a chiave, in modo tale da poterla seminare prima che lei uscisse dalla finestra.

"Oh Sherlock, non è gentile quello che stai pensando"

Disse Samantha stringendosi nelle spalle e dandogli la schiena.

"La chiave che stai cercando l’ho presa dal tuo cappotto prima che tu lo indossassi. Chiudermi dentro non sarebbe un gesto molto galante, non trovi?"

E detto questo si incamminò giù per le scale senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Sherlock sbuffò infastidito e si arrese all’idea che quella giornata sarebbe stata ancora più difficile di quanto non avesse immaginato.
Il viaggio in taxi fu estremamente silenzioso perché né Sherlock né Samantha avevano la benché minima intenzione di parlare con l’altro.
Lui non capiva perché Samantha fosse così interessata alla sua compagnia e lei non capiva perché lui dovesse essere così freddo e scontroso.
Entrambi insomma non capivano i punti di vista dell’altro e Samantha non sapeva come risolvere la faccenda.
Più che altro avrebbe voluto fare al suo nuovo coinquilino molte domande a cui attualmente non trovava risposta, ma decise di tenersele per sé, anche perché lui probabilmente non le avrebbe risposto o avrebbe sbuffato e si sarebbe inabissato ancora di più nel suo silenzio.
Samantha aveva capito quale fosse lo sporco gioco di Holmes e non aveva intenzione di caderci vittima.
Poteva quasi sentire i suoi pensieri, che dovevano essere all'incirca quelli che avrebbe avuto un bambino di dieci anni costretto dalla madre a socializzare con gli altri bambini: “se la ignoro e la allontano non avrò bisogno di interagire con lei” oppure “ vorrei sapere di più su di lei ma non ho intenzione di parlarle perché ha invaso la mia casa”.
Questi dovevano essere i suoi pensieri predominanti e la ragazza aveva già deciso che avrebbero dovuto cambiare. Dopotutto sarebbero anche potuti andare d’accordo se solo ci fosse stato dell’impegno da entrambe le parti.
Doveva fare in modo di guadagnarsi l’interesse di Sherlock ed aiutarlo a risolvere un caso era proprio quello che faceva al caso suo.
La cosa che però doveva continuamente ricordare a se stessa era che lei non era Samantha Brooks, ma Page Lincoln e come tale avrebbe dovuto comportarsi in un modo ben specifico.
Ad attenderli in Broadwick Street c’era un intera squadra di Scotland Yard che non aveva tardato a delimitare il perimetro con i suoi scoccianti nastri gialli.
Un uomo alto e con i capelli brizzolati aprì la portiera del loro taxi e quando ne vide uscire Samantha rimase leggermente spiazzato.

"Signorina, lei non può stare qui, la polizia sta…"

"Lascia perdere la solita manfrina Graham, lei è con me"

Disse Sherlock uscendo dall’altra portiera e raggiungendo il primo uomo.

"Greg"

Lo corresse quello, roteando gli occhi indispettito.
Sherlock non sembrò badarci più di tanto.

"Ce n’è stato un altro, vero?"

"Temo di sì. È per questo che ti ho chiamato questa mattina, abbiamo bisogno di…"

Ma non finì la frase, perché non poté fare a meno di guardare Samantha con fare confuso.

"Lei chi è Sherlock?"

"È la mia coinquilina"

Disse Sherlock a fior di labbra, evitando accuratamente lo sguardo della ragazza che, ne era sicuro, sarebbe stata alquanto compiaciuta di vederlo ammettere che lei fosse la sua coinquilina.

"Oh, non sapevo ne avessi una"

Si limitò a dire l’uomo, guardando attentamente la ragazza.

"Piacere, sono Page Lincoln"

Gli tese la mano amichevolmente.

"Greg, Greg Lestrade"

Rispose il Detective Ispettore, allungando la mano a sua volta per incontrare quella di lei.

"Bene, ora che le presentazioni sono finalmente state fatte, datti da fare e mostrami il cadavere"

Lestrade, ancora un po’confuso dalla presenza della ragazza e soprattutto sul perché Sherlock se la fosse portata dietro, guidò i due dentro l’abitazione mandando uno sguardo di scuse per i modi bruschi del detective all’indirizzo di Samantha, che rispose con un lieve sorriso.
D’altronde non era la prima volta che Sherlock portava sulla scena di un crimine un assistente. Prima John, poi Molly… magari quella ragazza sarebbe stata la prossima.

"La vittima si chiama Louise Shepard, quarant’anni, sposata da due anni con il signor Victor Russel. Avevano deciso di fare una vacanza a Parigi, sarebbero dovuti partire oggi, ma questa mattina il marito ci ha chiamati dicendo di essere tornato dal lavoro e di aver trovato sua moglie... beh, ecco... insomma... morta"

Erano ormai di fronte alla porta del salotto, dove alcuni della scientifica si erano riuniti per discutere.

"Non sembra avere alcun senso…"

Diceva uno, guardando gli altri con fare preoccupato.

"Cosa non sembra avere alcun senso?"

Chiese Lestrade, raggiungendo il piccolo gruppetto e mettendosi in mezzo a loro.

"Ecco…"

Iniziò l’uomo, togliendosi i guanti di lattice.

"La donna è morta… di morte naturale"

"E perché non dovrebbe avere senso?"

Rispose Sherlock unendosi alla compagnia, ridendo divertito.
L’uomo della scientifica fece qualche passo nella direzione del detective, guardandolo sinistramente.

"Perché è stata accoltellata"

"Deciditi, o è stata accoltellata o è morta di morte naturale"

"Entrambe"

Disse l’uomo senza battere ciglio.

"Anderson, di' agli altri di lasciare la casa"

L’uomo si voltò verso l’ispettore.

"Non vorrà mica lasciarlo ispezionare il cadavere! Non voglio correre il rischio che la scena del crimine venga contaminata"

Sherlock alzò gli occhi al cielo.

"È già stata contaminata dai tuoi stupidi uomini della scientifica, nessuno potrebbe fare di peggio a questo punto. E adesso, se non ti dispiace..."

Sherlock lo scansò malamente in parte ed entrò direttamente nel salotto, mettendosi subito ad osservare la stanza, facendo correre il suo sguardo dappertutto.

"Con permesso…"

Fece Samantha mentre sorpassava anche lei Anderson.

"Aspetta, aspetta"

Le disse quello, prendendole il braccio e trascinandola indietro.

"E tu chi saresti?"

L'uomo le stringeva saldamente il braccio impedendole di proseguire. Samantha stava perciò per dire qualcosa, quando Sherlock uscì come una furia dal soggiorno.

"Non volevi risolvere un caso Page? Beh, allora sbrigati perché non c’è un minuto da perdere"

Così Anderson la lasciò andare alzando le mani in segno di resa.

"Questa non è una scena del crimine, è un circo"

Borbottò, mentre usciva dalla casa.
Lestrade si appoggiò sullo stipite della porta del soggiorno, osservando attentamente i movimenti del consulente investigativo. Samantha fece lo stesso, ma non tralasciando di fare le sue deduzioni.
Avrebbe potuto difendersi anche da sola da quell’inetto della scientifica (che tra l’altro sapeva di alcol) senza l’aiuto di Sherlock. Non avrebbe saputo però interpretare il gesto del detective... perché l'aveva aiutata? Probabilmente non era nemmeno consapevole di averla tirata fuori da una situazione sgradevole, altrimenti, ne era sicura, ce l'avrebbe lasciata, cercando di peggiorarla ulteriormente.
La vittima era distesa al centro del salotto con la schiena rivolta verso l’alto ed aveva gli occhi aperti pieni di terrore. Non doveva essere stata una morte piacevole, doveva aver sofferto molto.
Samantha si avvicinò cautamente ad essa, attenta a non intralciare i movimenti del consulente investigativo, ed osservò attentamente le pugnalate lasciate sulla schiena.
Prima di fare alcunché cercò di intercettare lo sguardo di Lestrade, come a chiedergliene il permesso.
L’ispettore assentì con un lieve moto del capo, sospirando leggermente.
I fori lasciati dalle pugnalate non sembravano essere stati inflitti a caso, parevano seguire uno schema.
Samantha si allontanò leggermente dal cadavere, facendo qualche passo indietro per vedere la stanza nel suo insieme. Si guardò attorno girandosi e provando a guardare la scena da una differente angolazione. Fece un giro su se stessa per cercare di capire da dove la donna potesse essere stata aggredita o se, come sospettava, fosse stata portata nel salotto solamente dopo. Non era molto pratica di come si risolvesse un omicidio o un caso di quel genere, dato che lei si era sempre ritrovata nella situazione opposta, ovvero in quella di nascondere le tracce o comunque farne il meno possibile depistando le autorità. Sapeva qualche trucchetto o due sui principali modi per nascondere delle tracce ed in quel momento stava cercando di ragionare con la mente dell’assassino.
Se lei si fosse trovata in una situazione del genere, da dove sarebbe fuggita? Chi avrebbe cercato di incolpare? Le informazioni a disposizione sulla donna erano ancora troppo poche per poter fare una supposizione.
Si spostò di qualche passo a destra, rimanendo con lo sguardo fisso sul cadavere, mentre Sherlock si era alzato dalla sua posizione supina e si era spostato alla sua destra osservando anche lui le pugnalate sulla schiena della donna.
Inevitabilmente si scontrarono.
Samantha si riscosse dai suoi pensieri e dal suo tentativo di sintonizzarsi con i pensieri dell’assassino e Sherlock venne distratto dalla sua deduzione.
Si guardarono, uno sguardo veloce, per poi ritornare a fissare la donna sul pavimento. Entrambi capirono di aver visto la medesima cosa.

"M"

Disse Samantha, congiungendo nell’aria con il dito indice le pugnalate, come se fossero state dei puntini.

"Esattamente, M"

Ripeté Sherlock pensieroso, portandosi le mani alla bocca e congiungendole, allontanandosi dalla scomoda vicinanza con la ragazza.
Samantha non perse un secondo e si fiondò sulla scrivania della stanza. Doveva esserci, andiamo, doveva!
Lestrade era ancora appoggiato allo stipite della porta e gli sembrava di star guardando una specie di coreografia: entrambi si muovevano nella stanza sicuri dei loro movimenti, non lasciando trasparire nessun’emozione o sentimento. Analizzavano qualsiasi cosa arrivasse alla portata della loro vista e sembravano non lasciarsi sfuggire nemmeno un dettaglio. Non era mai stato più curioso di sapere chi fosse quella ragazza e perché si trovasse lì con Sherlock in quel momento. Poteva essere sua sorella? Poteva essere un’ipotesi, anche se l’ispettore non capiva perché allora Sherlock avrebbe dovuto mentirgli dicendo che fosse la sua coinquilina. Eppure, si muovevano in maniera così simile ed i loro sguardi erano gli stessi.
Quegli occhi vivi ed indagatori, bramosi di conoscenza, ma anche spauriti ed indifesi che aveva visto in Sherlock, quel giorno li aveva rivisti anche in Page Lincoln e la cosa non poteva che affascinarlo e spaventarlo nel medesimo momento.

"Trovato!"

Urlò Samantha febbricitante con gli occhi che quasi le brillavano.
Estrasse dalla tasca del suo trench il libro che Sherlock aveva trovato sull’altra scena del crimine ed andò a pagina undici. Lo lasciò aperto sulla scrivania tenendolo con la mano destra mentre ne apriva un altro a pagina ventidue tenendolo aperto con l’altra mano. Sherlock alzò lo sguardo e si avvicinò velocemente a Samantha che aveva un sorriso soddisfatto stampato in volto.

"Lo sapevo! Non poteva essere altrimenti!"

"Che cosa non poteva essere altrimenti?"

Chiese l’ispettore, avvicinandosi ai due con fare confuso.
Il suo sguardò passò da un libro all’altro senza capire però di che cosa la ragazza stesse parlando.
Sherlock prese in mano il primo libro discorrendo la pagina indicatagli da Samantha ed un’espressione dubbiosa gli apparve sul volto.

"La rosa e l’usignolo?"

Disse rivolto a Samantha.

"A quanto pare. È un racconto di Oscar Wilde "

"No, no, fermi voi due. Che cosa diamine sta succedendo?"

Chiese un alquanto confuso ed irritato Lestrade.

"Emme!"

Rispose Sherlock prendendo in mano anche il secondo libro.
Samantha si morse il labbro pensierosa e fece qualche passo indietro.

"Sulla schiena della vittima sono presenti delle coltellate, ma non sono state quelle ad uccidere la donna, dato che lei è morta poiché le è stato fatto ingerire a forza del veleno, un particolare tipo di veleno che non viene rintracciato facendo gli esami post-mortem e che viene comunemente scambiato per morte naturale"

Disse Samantha staccandosi dai due e togliendosi i guanti.

"L’unico segno che lascia è quello del colorito giallognolo delle unghie delle mani"

Concluse Sherlock sorridendo mestamente.

"Ma cosa significano i due libri allora?"

"Se le pugnalate non sono state fatte per uccidere la vittima, allora per cosa? Le guardi ispettore, non le sembra che siano disposte in una maniera ben precisa?"

Continuò Samantha, indicando il corpo a Lestrade e guardandolo con occhi di fuoco.

"Oh… sembra… una emme"

"L’assassino ha voluto lasciarci un messaggio, un modo per decifrare i due libri"

Disse Sherlock mentre raggiungeva la ragazza e le porgeva uno dei libri.
Lei lo guardò confusa. Glielo stava affidando? Aveva superato una specie di prova? L’unica cosa che fece, fu quella di sorridergli appena, discorrendo la pagina alla ricerca di qualche altro dettaglio che poteva esserle sfuggito.

"Ed esattamente, come avete “decifrato” i due libri?"

"In un modo oltraggiosamente semplice, forse fin troppo. Chiunque abbia deciso di lasciarci questo segno doveva volere davvero che noi capissimo quello che voleva dirci. Voleva che noi comprendessimo come decifrarli e a che pagina guardare"

Gli disse Samantha chiudendo il libro ed infilandoselo nel trench.

"La emme è l’undicesima lettera dell’alfabeto, così mi è bastato aprire il secondo libro e…"

"Come potevi sapere che era quello il libro a cui l’assassino si riferiva?"

Questa volta era Sherlock a fare la domanda e non mancò di essere leggermente inquisitorio nel porgergliela.

"Perché erano amanti"

"A questo ci ero arrivato anche io. Ma  perché quel libro?"

"Chi era l’amante di chi?!"

Chiese Lestrade, evidentemente al limite della sopportazione.
Sherlock era già abbastanza di suo senza che si aggiungesse quella Page a rendere le cose ancora più confuse e complesse.

"Mrs Shepard era l’amante del sig. Double, mi sembra ovvio"

Rispose la ragazza, ansiosa di rispondere invece alla domanda di Sherlock.

"Quei due libri erano il segno del loro amore. Se li erano scambiati ed entrambi li custodivano gelosamente, probabilmente in riferimento a qualche ricordo comune che li legava sentimentalmente. L’assassino lo sapeva, doveva conoscere bene entrambi, il che restringe un po' il campo delle ricerche"

“Quindi lei intende…”

Cominciò Lestrade sfregandosi il mento con fare pensieroso.

“Intende dire che ha cercato a pagina ventidue del secondo libro perché il cognome dell’uomo glielo ha suggerito?”

“Esattamente Lestrade, ovvio. “Double”, significa “doppio”, quindi non poteva che essere quello”

Era stato Sherlock a rispondere alla domanda dell’ispettore e a Samantha dette non poco fastidio.

“Credevo lo stesse domandando a me, Sherlock”

Lo rimproverò, puntando i suoi profondi occhi verdi su quelli del detective.

“È irrilevante”

Rispose quello con un alzata di spalle.
Samantha sospirò per poi continuare la sua spiegazione.

“Quello che voglio dire è… perché lasciarci degli indizi? Che senso avrebbe avuto? La cosa più importante da fare adesso è analizzare i due libri e capire quale sia il  messaggio nascosto”

"Se è davvero presente un messaggio nascosto”

Samantha si girò nella direzione di Sherlock con aria confusa.

“In che senso “Se” è davvero presente? È ovvio che ci sia! Deve esserci!”

Sherlock sbuffò leggermente, assumendo un tono di voce simile a quello che avrebbe avuto un insegnante che cerca di spiegare un’ovvietà ai suoi studenti più duri di comprendonio.

“Potrebbe essere solamente una falsa pista, qualcosa studiato apposta per farci perdere tempo mentre l’assassino circola liberamente per le strade di Londra. Ho un po' più esperienza di te in questo campo”

“Oh, per favore, non essere così scettico! Gli omicidi, quello di Mr Double e quello di Mrs Russel sono chiaramente collegati e non vedo davvero perché l’assassino avrebbe dovuto mettere in scena tutta questa manfrina… no, c’è qualcosa di più sotto…”

A quel punto l’atteggiamento di Sherlock si fece più stizzito che mai: non era abituato ad essere contraddetto -come d’altra parte non lo era Samantha- ed il solo fatto di star facendo una conversazione di quel genere lo avrebbe infastidito, se in più ci si aggiungeva il fatto che non gli piaceva la persona con la quale stava discutendo, certo non si avrebbe potuto prevedere come tutto ciò avrebbe potuto trovare risoluzione.
L’aiuto di Lestrade per acquietare le acque fu, oserei dire, indispensabile.
Un “faremo analizzare i libri dalla scientifica” ed un “manderemo il corpo di Mrs Russel all’obitorio dove Molly potrà confrontarlo con quello di Mr Double” fecero rilassare Samantha da una parte e sparire l’imminente collera di Sherlock dall’altra.
Lestrade pensò che se non avesse avuto fortuna come Detective Ispettore, avrebbe certamente trovato un futuro come mediatore.

 

 

 

* Dall'episodio "His last vow", quando Mrs Hudson sorprende Sherlock a ballare sulla musica che lui stesso ha composto per il matrimonio di John e Mary e lui "confessa" di non aver mai capito che il tè che ogni mattina ritrova nel suo appartamento sia preparato dalla sua padrona di casa (non so quale sia esattamente la traduzione di landlady... chiedo perdono). What a rubbish detective <3

** Gli inglesi utilizzano questo simbolo "x" per indicare un bacio. Solitamente vengono aggiunti nei messaggi informali in maniera affettuosa. L'ho voluto scrivere perché, quando ero ancora all'oscuro del loro significato, mi dava estremamente fastidio il non capire che diamine ci stessero a fare in un determinato contesto. Probabilmente lo sapevate già tutti il suo significato, ma non si sa mai.



Angolo autrice confusa: Salve a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere che cosa ne pensate con una piccola recensioncina (il mio angolo recensioni piange e si dispera). Non ho altri importanti annunci da fare, quindi vi lascio. Andate in pace cari lettori! (Lasciatemi perdere, sono un caso disperato). Buona continuazione di serata. Un bacio, Angela Smith

  
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