Il rapporto tra Samantha e Sherlock continua ad essere conflittuale e, non posso nasconderlo, la cosa mi diverte molto. Spero che sia altrettanto per voi. Ma bando alle ciance! Vi lascio al quinto capitolo. Buona lettura!
Capitolo cinque
"Offerta
di pace", pensava fra sé e sé Samantha mentre preparava il tè.
"Non è
una resa, è un’offerta di pace"
Continuava a
ripeterselo per autoconvincersi che fosse così.
Non aveva nessuna intenzione di arrendersi, ma continuare a vivere nella stessa
casa con Sherlock Holmes e non riuscire nemmeno a parlarci non era il massimo.
Non che lei preferisse parlarci. Insomma, era complicato.
Fatto sta che quel tè era un’offerta di pace che avrebbe educatamente porto al
consulente investigativo (come aveva precisato lui di essere la sera
precedente).
Che strana serata, i ricordi di Samantha erano confusi e non si ricordava bene
che cosa avesse pensato di tutta quella faccenda.
Aveva già tratto le sue conclusioni? Non le risultava, altrimenti a quel punto
non si sarebbe ritrovata così confusa.
Cercò di riordinare le idee:
- Sherlock
Holmes ha ucciso un uomo (ricordarsi di chiedere delucidazioni in merito,
possibilmente senza far scoppiare la terza guerra mondiale)
- L'uomo
che ha ucciso è Charles Augustus Magnussen (vedere file)
- Sherlock
evidentemente conosce Irene Adler, altrimenti nota come La Donna o Dominatrix
(approfondire, estremamente importante)
- Ancora
più evidentemente hanno avuto una specie di flirt
Samantha si
bloccò pensierosa, lasciando a metà il suo pensiero.
“Flirt”, che parola poco elegante… ma d’altronde era quella giusta per
descrivere il loro rapporto passato, no?
- Sherlock
si è permesso di chiamarla "ragazzina"
- Sherlock
non le ha estorto la password del cellulare (anche se avrebbe potuto)
Il ricordare
che Sherlock l’avesse definita “ragazzina” la prima volta che si erano
incontrati le faceva saltare i nervi.
Cominciò a mescolare più velocemente il tè contenuto nella tazzina.
Non aveva idea di quante zollette avrebbe dovuto metterci e se magari Sherlock
avrebbe gradito anche del latte.
Si diede della sciocca. A chi importava quante zollette ci fossero dentro?
L’importante era il gesto. Se poi Sherlock fosse stato obbligato a bere il tè
in modo differente da come lo prendeva di solito per pura cortesia, tanto di
guadagnato.
Non sapeva come avrebbe dovuto approcciarsi. Dargli del “tu” sarebbe
sicuramente stato il primo passo. Poi…ehm…salutarlo? Dargli il buon giorno?
Come avrebbe dovuto interagire con lui? Fingendosi la sua più cara amica o
mantenendo una certa distanza? Avrebbe dovuto abbracciarlo in segno di amicizia
oppure fare finta di niente, facendosi bastare un’amichevole stretta di mano?
Era in panico.
Samantha Brooks era in panico a causa di Sherlock Holmes.
Possibile che una pistola puntata alla tempia non le causasse il minimo
scompenso, mentre cercare di risultare simpatica a quell'uomo la facesse
impazzire? Era una cosa semplicemente assurda.
Aveva affrontato situazioni ben più pericolose e complicate di quella, anche
con il rischio di perdere la vita, eppure in quel momento le sembrava che il
minimo passo falso l’avrebbe fatta cadere nell’angolo delle “persone che
Sherlock Holmes disprezza” che a quanto pare erano un gran bel numero.
Cercò di ricomporsi e fece un bel respiro profondo.
Si accorse che stava mescolando quella povera tazza di tè da fin troppo tempo,
quindi lasciò cadere il cucchiaino, appoggiando il manico sul bordo di essa.
Si voltò verso la dispensa, fissandola attentamente.
Avrebbe dovuto aggiungerci anche dei biscotti?
"Sei
proprio una persona ridicola"
Disse ad
alta voce, prendendosi la testa fra le mani con fare disperato.
"Stai
parlando con me?"
Disse una
voce bassa e profonda alle sue spalle.
Chiuse gli occhi stringendoli in modo nervoso e si morse la lingua
maledicendosi mentalmente.
"No!"
Si affrettò
a rispondere mentre si girava nella direzione dell’uomo, sfoderando il suo
miglior sorriso.
Come diamine aveva fatto a non sentirlo arrivare?
Il consulente investigativo rispose con uno sguardo confuso e leggermente
annoiato. Aveva indosso una vestaglia blu elettrico tenuta aperta, la quale
faceva intravedere quello che lui probabilmente considerava il suo pigiama.
Samantha invece si era vestita indossando un maglione e dei jeans, onde evitare
l’imbarazzo che le sarebbe derivato dal farsi vedere dal suo nuovo coinquilino
in pigiama.
"Non
stavo parlando con nessuno, era una stupida considerazione"
"In
merito a chi?"
Chiese
Sherlock, non essendo interessato più di tanto alla possibile risposta della
sua coinquilina, dato che gli sembrava davvero scontata.
"Non è
davvero importante"
Concluse
sbrigativamente lei, cercando di togliersi da quell’impiccio.
Improvvisamente fu risvegliata dalla sua trance nel vedere la tazza di tè
appoggiata sul tavolo.
"Ho
fatto il tè"
Disse,
indicando la tazza in questione.
"Lo
vedo"
Fu ciò che
ebbe in risposta dall’uomo, il quale si stava avviando nuovamente verso la sua
stanza.
"No,
aspetta!"
Fu ciò che
uscì dalle labbra della ragazza. Sherlock si girò interdetto.
Dal tono che aveva usato, sembrava alla disperata ricerca della sua compagnia e
non era certamente il tono che avrebbe dovuto utilizzare né quello che avrebbe voluto
utilizzare Samantha.
"E' per
te"
Disse in
modo secco.
"Il tè
intendo"
Aggiunse
poi, appoggiandosi le mani sui fianchi.
"Perché?"
Samantha lo
guardò alzando un sopracciglio, non sapendo bene come rispondergli.
"Beh,
ecco, non lo so, prova a fare le tue deduzioni"
Rispose
accigliata e lievemente imbarazzata dallo sguardo che le stava riservando il detective.
"Non
faresti prima a berlo invece che farmi sciocche domande?"
Samantha
prese in mano la tazza e gliela porse in modo spazientito.
"Non
bevo tè alla mattina"
Sherlock
degnò per qualche secondo del suo sguardo la tazza che la ragazza gli stava
porgendo, non avendo evidentemente nessuna intenzione di prenderla dalle sue
mani. Samantha sapeva che Mrs Hudson, la padrona di casa, gliene portasse ogni
mattina una tazza e che Sherlock lo stava rifiutando solamente per darle
fastidio.*
Quanto lo odiava.
"Sei
inglese, certo che bevi tè alla mattina"
Si limitò a
dire lei, avvicinando maggiormente la tazza alla figura di lui.
"E
questo cosa vorrebbe dire? Il tuo rifarti a questo genere di stereotipi denota
una certa vena..."
Samantha
alzò il dito indice con l'intento di poggiarlo sulle labbra di Sherlock e così
zittirlo, ma si trattenne, limitandosi a tenerlo a mezz'aria in modo
provocatorio.
"Ti
fermo prima che tu possa dire qualcosa di cui poi potresti pentirti"
"Oh
grazie infinite, avevo davvero paura di offenderti o di ferire i tuoi
sentimenti"
"Perché
non puoi semplicemente bere quel dannato tè e farla finita? Così da finalmente
poter continuare le nostre vite in maniera civile e adulta?"
"Pensi
che prendere insieme il tè alla mattina ci renderà amici per la pelle?"
"Ma
perché devi interpretare ogni mio gesto come un misero tentativo di
conquistarti?"
"Non è forse ciò a cui miri?"
Samantha gli lanciò uno sguardo gelido.
"Sei solo un grandissimo str..."
Sherlock alzò un dito in aria, similmente a come aveva fatto Samantha poco prima, poggiandolo veramente vicino alle labbra della ragazza, a cui fu impedito di formulare l'insulto che si era tenuta dentro fin dal primo momento in cui aveva visto il detective.
"Ti fermo prima che tu possa dire qualcosa di cui in futuro potresti pentirti"
Sherlock
le
lanciò uno sguardo ironico prima di aprire l'anta del frigorifero e
compiacersi silenziosamente della sua piccola frecciatina. Ricominciò
subito dopo ad ignorare del
tutto la ragazza, continuando ad indossare quel suo sguardo a metà tra
l'annoiato e l'infastidito. Stava per ritornarsene direttamente in
camera sua,
ma qualcosa lo trattenne. Che fosse la sua celata voglia di concludere
quella
conversazione atipica o il desiderio di infastidire la ragazza, questo
nessuno
può saperlo.
“Bevi sempre
il tè alla mattina?"
"Come?"
Rispose
Samantha, che era già pronta a contrattaccare con una nuova frecciata, e perciò
confusa da quella singolare uscita di Sherlock.
"Il tè.
Cosa ne pensi del tè?"
Ripeté il
detective, roteando gli occhi.
"Il tè
non mi piace e dunque non lo bevo alla mattina, se è qui dove vuoi andare a
parare, ma sono sicura che se mi piacesse..."
"Dunque
non lo bevi, no?"
La guardava
ansioso che lei gli desse ragione.
"No,
non lo bevo, è vero... ma voi inglesi non potreste vivere senza il tè, è
praticamente l’unica cosa che vi manda avanti. Il pranzo, la cena, la colazione
e perfino lo spuntino di mezzanotte traboccano di tè e biscotti"
"Beh,
la mia alimentazione non trabocca di tè e biscotti"
Prese in
mano una delle strane fialette lasciate incustodite sulla mensola e fece come
per voltarsi.
"Ed
ora, se non ti dispiace, ho cose molto più interessanti da fare che disquisire
a proposito di tè con te. Buona giornata"
Le rivolse
uno sguardo di disappunto ed irritazione prima di proseguire per la sua strada.
Aprì la porta della sua camera e ci si richiuse dentro, lasciando Samantha nel
bel mezzo della cucina, con la tazza di tè ancora in mano.
***
"Va
bene, esperimento due"
Si disse la
ragazza mentre si infilava il trench blu.
Se non riusciva ad attirare l’interesse di Sherlock Holmes con la conversazione
e con le gentilezze mattutine, allora avrebbe dovuto cambiare strategia di
gioco.
Sentì l’aprirsi della porta della camera del detective e lo vide uscire da essa
pronto e vestito per uscire.
Il punto è che anche lei lo era. Pronta per uscire con lui.
Le rivolse uno sguardo glaciale quando gli si avvicinò porgendogli il libro che
lui aveva lasciato sul tavolo la sera prima (ovviamente non le era sfuggito).
L’aveva aperto e sfogliato distrattamente quella mattina e l’unica cosa che era
sembrata interessarle era stato il fatto che sulla prima pagina del libro fosse
stato scritto il nome ed il cognome del proprietario: “James Double xxx”**.
Tre baci? A meno che non se li fosse scritti da solo, dubitava che il libro
fosse suo... un regalo forse? Aveva subito pensato però che “Double” fosse uno
strano cognome.
"Cosa
pensi di fare?"
Le chiese
l’uomo passandole oltre per andare a prendere il suo Belstaff.
"Venire
con te, mi sembrava ovvio"
"Cosa?"
A quelle
parole si girò di scatto, sfoderando lo sguardo più minaccioso ed allo stesso
tempo turbato che possedesse.
"No"
"Perché?"
Chiese
immediatamente la ragazza, infilandosi il piccolo libro nella tasca del trench.
"Perché
no. Mi saresti solo di intralcio"
"Ma per
favore. Io di intralcio a te? Semmai il contrario. Mi sembra che tu sia ad un
punto morto con quest’indagine"
"Punto
morto?"
Ripeté
Sherlock visibilmente scocciato, infilandosi i guanti.
"Già"
"Non
sai nemmeno di che cosa tu stia parlando. Non ne hai la più pallida idea"
"Allora
avrai sicuramente già capito che cos’è questo libro"
"Chiaramente"
I due si
scambiarono uno sguardo di sfida ed in quel preciso momento Sherlock rimpianse
di non aver preso il libro quando Page gliene aveva data l'occasione.
Un osservatore qualunque avrebbe detto che Sherlock fosse sincero, che avesse
già la risoluzione del caso in pugno, ma Samantha notò che non era per niente
così e che l’uomo che aveva davanti stava mentendo spudoratamente.
"Allora
non ti servirà questo libro suppongo…visto che hai già capito di che cosa si
tratti…"
Sherlock
strinse gli occhi a fessura quando realizzò che non avrebbe davvero potuto
andare avanti nelle indagini senza quel libro perché no, non aveva ancora
capito come fosse collegato alla morte del sig. Double.
Quella ragazza lo avrebbe fatto impazzire e questa era una delle poche cose di
cui era sicuro in quel momento.
"E'
comunque una prova che devo restituire a Scotland Yard, non la puoi
tenere"
Disse,
cercando di persuadere la ragazza a ridargli il libro.
Tese la mano verso di lei per farle capire le sue intenzioni e molto
probabilmente si aspettava che quella gli mettesse il libro in mano,
abbandonando ogni speranza di venire con lui e decidendosi a farsi gli affari
suoi. Ma l’idea di arrendersi al detective non passò nemmeno per l’anticamera
del cervello della ragazza.
"Andiamo?"
Disse in
risposta la ragazza, precedendolo ed aprendo la porta davanti a sé.
Sherlock si voltò nuovamente infastidito.
Non la voleva portare con sé, gli sarebbe
solamente stata di intralcio e lo avrebbe infastidito fino a fargli perdere la
ragione.
Pensò che con una mossa repentina avrebbe potuto ricacciarla dentro
l’appartamento e chiuderla a chiave, in modo tale da poterla seminare prima che
lei uscisse dalla finestra.
"Oh
Sherlock, non è gentile quello che stai pensando"
Disse
Samantha stringendosi nelle spalle e dandogli la schiena.
"La
chiave che stai cercando l’ho presa dal tuo cappotto prima che tu lo
indossassi. Chiudermi dentro non sarebbe un gesto molto galante, non
trovi?"
E detto
questo si incamminò giù per le scale senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Sherlock sbuffò infastidito e si arrese all’idea che quella giornata sarebbe
stata ancora più difficile di quanto non avesse immaginato.
Il viaggio in taxi fu estremamente silenzioso perché né Sherlock né Samantha
avevano la benché minima intenzione di parlare con l’altro.
Lui non capiva perché Samantha fosse così interessata alla sua compagnia e lei
non capiva perché lui dovesse essere così freddo e scontroso.
Entrambi insomma non capivano i punti di vista dell’altro e Samantha non sapeva
come risolvere la faccenda.
Più che altro avrebbe voluto fare al suo nuovo coinquilino molte domande a cui
attualmente non trovava risposta, ma decise di tenersele per sé, anche perché
lui probabilmente non le avrebbe risposto o avrebbe sbuffato e si sarebbe
inabissato ancora di più nel suo silenzio.
Samantha aveva capito quale fosse lo sporco gioco di Holmes e non aveva
intenzione di caderci vittima.
Poteva quasi sentire i suoi pensieri, che dovevano essere all'incirca quelli
che avrebbe avuto un bambino di dieci anni costretto dalla madre a socializzare
con gli altri bambini: “se la ignoro e la allontano non avrò bisogno di
interagire con lei” oppure “ vorrei sapere di più su di lei ma non ho
intenzione di parlarle perché ha invaso la mia casa”.
Questi dovevano essere i suoi pensieri predominanti e la ragazza aveva già
deciso che avrebbero dovuto cambiare. Dopotutto sarebbero anche potuti andare
d’accordo se solo ci fosse stato dell’impegno da entrambe le parti.
Doveva fare in modo di guadagnarsi l’interesse di Sherlock ed aiutarlo a
risolvere un caso era proprio quello che faceva al caso suo.
La cosa che però doveva continuamente ricordare a se stessa era che lei non era
Samantha Brooks, ma Page Lincoln e come tale avrebbe dovuto comportarsi in un
modo ben specifico.
Ad attenderli in Broadwick Street c’era un intera squadra di Scotland Yard che
non aveva tardato a delimitare il perimetro con i suoi scoccianti nastri
gialli.
Un uomo alto e con i capelli brizzolati aprì la portiera del loro taxi e quando
ne vide uscire Samantha rimase leggermente spiazzato.
"Signorina,
lei non può stare qui, la polizia sta…"
"Lascia
perdere la solita manfrina Graham, lei è con me"
Disse
Sherlock uscendo dall’altra portiera e raggiungendo il primo uomo.
"Greg"
Lo corresse
quello, roteando gli occhi indispettito.
Sherlock non sembrò badarci più di tanto.
"Ce n’è
stato un altro, vero?"
"Temo
di sì. È per questo che ti ho chiamato questa mattina, abbiamo bisogno
di…"
Ma non finì
la frase, perché non poté fare a meno di guardare Samantha con fare confuso.
"Lei
chi è Sherlock?"
"È la
mia coinquilina"
Disse
Sherlock a fior di labbra, evitando accuratamente lo sguardo della ragazza che,
ne era sicuro, sarebbe stata alquanto compiaciuta di vederlo ammettere che lei
fosse la sua coinquilina.
"Oh,
non sapevo ne avessi una"
Si limitò a
dire l’uomo, guardando attentamente la ragazza.
"Piacere,
sono Page Lincoln"
Gli tese la
mano amichevolmente.
"Greg,
Greg Lestrade"
Rispose il
Detective Ispettore, allungando la mano a sua volta per incontrare quella di
lei.
"Bene,
ora che le presentazioni sono finalmente state fatte, datti da fare e mostrami
il cadavere"
Lestrade,
ancora un po’confuso dalla presenza della ragazza e soprattutto sul perché
Sherlock se la fosse portata dietro, guidò i due dentro l’abitazione mandando
uno sguardo di scuse per i modi bruschi del detective all’indirizzo di
Samantha, che rispose con un lieve sorriso.
D’altronde non era la prima volta che Sherlock portava sulla scena di un
crimine un assistente. Prima John, poi Molly… magari quella ragazza sarebbe
stata la prossima.
"La
vittima si chiama Louise Shepard, quarant’anni,
sposata da due anni con il signor Victor Russel. Avevano deciso di fare una
vacanza a Parigi, sarebbero dovuti partire oggi, ma questa mattina il marito ci
ha chiamati dicendo di essere tornato dal lavoro e di aver trovato sua
moglie... beh, ecco... insomma... morta"
Erano ormai
di fronte alla porta del salotto, dove alcuni della scientifica si erano
riuniti per discutere.
"Non
sembra avere alcun senso…"
Diceva uno,
guardando gli altri con fare preoccupato.
"Cosa
non sembra avere alcun senso?"
Chiese
Lestrade, raggiungendo il piccolo gruppetto e mettendosi in mezzo a loro.
"Ecco…"
Iniziò
l’uomo, togliendosi i guanti di lattice.
"La
donna è morta… di morte naturale"
"E
perché non dovrebbe avere senso?"
Rispose
Sherlock unendosi alla compagnia, ridendo divertito.
L’uomo della scientifica fece qualche passo nella direzione del detective,
guardandolo sinistramente.
"Perché
è stata accoltellata"
"Deciditi,
o è stata accoltellata o è morta di morte naturale"
"Entrambe"
Disse l’uomo
senza battere ciglio.
"Anderson,
di' agli altri di lasciare la casa"
L’uomo si
voltò verso l’ispettore.
"Non
vorrà mica lasciarlo ispezionare il cadavere! Non voglio correre il rischio che
la scena del crimine venga contaminata"
Sherlock
alzò gli occhi al cielo.
"È già
stata contaminata dai tuoi stupidi uomini della scientifica, nessuno potrebbe
fare di peggio a questo punto. E adesso, se non ti dispiace..."
Sherlock lo
scansò malamente in parte ed entrò direttamente nel salotto, mettendosi subito
ad osservare la stanza, facendo correre il suo sguardo dappertutto.
"Con
permesso…"
Fece
Samantha mentre sorpassava anche lei Anderson.
"Aspetta,
aspetta"
Le disse
quello, prendendole il braccio e trascinandola indietro.
"E tu
chi saresti?"
L'uomo le
stringeva saldamente il braccio impedendole di proseguire. Samantha stava
perciò per dire qualcosa, quando Sherlock uscì come una furia dal soggiorno.
"Non
volevi risolvere un caso Page? Beh, allora sbrigati perché non c’è un minuto da
perdere"
Così
Anderson la lasciò andare alzando le mani in segno di resa.
"Questa
non è una scena del crimine, è un circo"
Borbottò,
mentre usciva dalla casa.
Lestrade si appoggiò sullo stipite della porta del soggiorno, osservando
attentamente i movimenti del consulente investigativo. Samantha fece lo stesso,
ma non tralasciando di fare le sue deduzioni.
Avrebbe potuto difendersi anche da sola da quell’inetto della scientifica (che
tra l’altro sapeva di alcol) senza l’aiuto di Sherlock. Non avrebbe saputo però
interpretare il gesto del detective... perché l'aveva aiutata? Probabilmente
non era nemmeno consapevole di averla tirata fuori da una situazione
sgradevole, altrimenti, ne era sicura, ce l'avrebbe lasciata, cercando di
peggiorarla ulteriormente.
La vittima era distesa al centro del salotto con la schiena rivolta verso
l’alto ed aveva gli occhi aperti pieni di terrore. Non doveva essere stata una
morte piacevole, doveva aver sofferto molto.
Samantha si avvicinò cautamente ad essa, attenta a non intralciare i movimenti
del consulente investigativo, ed osservò attentamente le pugnalate lasciate
sulla schiena.
Prima di fare alcunché cercò di intercettare lo sguardo di Lestrade, come a
chiedergliene il permesso.
L’ispettore assentì con un lieve moto del capo, sospirando leggermente.
I fori lasciati dalle pugnalate non sembravano essere stati inflitti a caso,
parevano seguire uno schema.
Samantha si allontanò leggermente dal cadavere, facendo qualche passo indietro
per vedere la stanza nel suo insieme. Si guardò attorno girandosi e provando a
guardare la scena da una differente angolazione. Fece un giro su se stessa per
cercare di capire da dove la donna potesse essere stata aggredita o se, come
sospettava, fosse stata portata nel salotto solamente dopo. Non era molto
pratica di come si risolvesse un omicidio o un caso di quel genere, dato che
lei si era sempre ritrovata nella situazione opposta, ovvero in quella di
nascondere le tracce o comunque farne il meno possibile depistando le autorità.
Sapeva qualche trucchetto o due sui principali modi per nascondere delle tracce
ed in quel momento stava cercando di ragionare con la mente dell’assassino.
Se lei si fosse trovata in una situazione del genere, da dove sarebbe fuggita?
Chi avrebbe cercato di incolpare? Le informazioni a disposizione sulla donna
erano ancora troppo poche per poter fare una supposizione.
Si spostò di qualche passo a destra, rimanendo con lo sguardo fisso sul
cadavere, mentre Sherlock si era alzato dalla sua posizione supina e si era
spostato alla sua destra osservando anche lui le pugnalate sulla schiena della
donna.
Inevitabilmente si scontrarono.
Samantha si riscosse dai suoi pensieri e dal suo tentativo di sintonizzarsi con
i pensieri dell’assassino e Sherlock venne distratto dalla sua deduzione.
Si guardarono, uno sguardo veloce, per poi ritornare a fissare la donna sul
pavimento. Entrambi capirono di aver visto la medesima cosa.
"M"
Disse
Samantha, congiungendo nell’aria con il dito indice le pugnalate, come se
fossero state dei puntini.
"Esattamente,
M"
Ripeté
Sherlock pensieroso, portandosi le mani alla bocca e congiungendole,
allontanandosi dalla scomoda vicinanza con la ragazza.
Samantha non perse un secondo e si fiondò sulla scrivania della stanza. Doveva
esserci, andiamo, doveva!
Lestrade era ancora appoggiato allo stipite della porta e gli sembrava di star
guardando una specie di coreografia: entrambi si muovevano nella stanza sicuri
dei loro movimenti, non lasciando trasparire nessun’emozione o sentimento.
Analizzavano qualsiasi cosa arrivasse alla portata della loro vista e
sembravano non lasciarsi sfuggire nemmeno un dettaglio. Non era mai stato più
curioso di sapere chi fosse quella ragazza e perché si trovasse lì con Sherlock
in quel momento. Poteva essere sua sorella? Poteva essere un’ipotesi, anche se
l’ispettore non capiva perché allora Sherlock avrebbe dovuto mentirgli dicendo
che fosse la sua coinquilina. Eppure, si muovevano in maniera così simile ed i
loro sguardi erano gli stessi.
Quegli occhi vivi ed indagatori, bramosi di conoscenza, ma anche spauriti ed
indifesi che aveva visto in Sherlock, quel giorno li aveva rivisti anche in
Page Lincoln e la cosa non poteva che affascinarlo e spaventarlo nel medesimo
momento.
"Trovato!"
Urlò Samantha
febbricitante con gli occhi che quasi le brillavano.
Estrasse dalla tasca del suo trench il libro che Sherlock aveva trovato
sull’altra scena del crimine ed andò a pagina undici. Lo lasciò aperto sulla
scrivania tenendolo con la mano destra mentre ne apriva un altro a pagina
ventidue tenendolo aperto con l’altra mano. Sherlock alzò lo sguardo e si
avvicinò velocemente a Samantha che aveva un sorriso soddisfatto stampato in
volto.
"Lo
sapevo! Non poteva essere altrimenti!"
"Che
cosa non poteva essere altrimenti?"
Chiese
l’ispettore, avvicinandosi ai due con fare confuso.
Il suo sguardò passò da un libro all’altro senza capire però di che cosa la
ragazza stesse parlando.
Sherlock prese in mano il primo libro discorrendo la pagina indicatagli da
Samantha ed un’espressione dubbiosa gli apparve sul volto.
"La
rosa e l’usignolo?"
Disse
rivolto a Samantha.
"A
quanto pare. È un racconto di Oscar Wilde "
"No,
no, fermi voi due. Che cosa diamine sta succedendo?"
Chiese un
alquanto confuso ed irritato Lestrade.
"Emme!"
Rispose
Sherlock prendendo in mano anche il secondo libro.
Samantha si morse il labbro pensierosa e fece qualche passo indietro.
"Sulla
schiena della vittima sono presenti delle coltellate, ma non sono state quelle
ad uccidere la donna, dato che lei è morta poiché le è stato fatto ingerire a
forza del veleno, un particolare tipo di veleno che non viene rintracciato
facendo gli esami post-mortem e che viene comunemente scambiato per morte
naturale"
Disse
Samantha staccandosi dai due e togliendosi i guanti.
"L’unico
segno che lascia è quello del colorito giallognolo delle unghie delle
mani"
Concluse
Sherlock sorridendo mestamente.
"Ma
cosa significano i due libri allora?"
"Se le
pugnalate non sono state fatte per uccidere la vittima, allora per cosa? Le
guardi ispettore, non le sembra che siano disposte in una maniera ben
precisa?"
Continuò
Samantha, indicando il corpo a Lestrade e guardandolo con occhi di fuoco.
"Oh…
sembra… una emme"
"L’assassino
ha voluto lasciarci un messaggio, un modo per decifrare i due libri"
Disse
Sherlock mentre raggiungeva la ragazza e le porgeva uno dei libri.
Lei lo guardò confusa. Glielo stava affidando? Aveva superato una specie di
prova? L’unica cosa che fece, fu quella di sorridergli appena, discorrendo la
pagina alla ricerca di qualche altro dettaglio che poteva esserle sfuggito.
"Ed
esattamente, come avete “decifrato” i due libri?"
"In un
modo oltraggiosamente semplice, forse fin troppo. Chiunque abbia deciso di
lasciarci questo segno doveva volere davvero che noi capissimo quello che
voleva dirci. Voleva che noi comprendessimo come decifrarli e a che pagina
guardare"
Gli disse
Samantha chiudendo il libro ed infilandoselo nel trench.
"La
emme è l’undicesima lettera dell’alfabeto, così mi è bastato aprire il secondo
libro e…"
"Come
potevi sapere che era quello il libro a cui l’assassino si riferiva?"
Questa volta
era Sherlock a fare la domanda e non mancò di essere leggermente inquisitorio
nel porgergliela.
"Perché
erano amanti"
"A
questo ci ero arrivato anche io. Ma perché quel libro?"
"Chi
era l’amante di chi?!"
Chiese
Lestrade, evidentemente al limite della sopportazione.
Sherlock era già abbastanza di suo senza che si aggiungesse quella Page a
rendere le cose ancora più confuse e complesse.
"Mrs Shepard era l’amante del sig. Double, mi sembra
ovvio"
Rispose la
ragazza, ansiosa di rispondere invece alla domanda di Sherlock.
"Quei
due libri erano il segno del loro amore. Se li erano scambiati ed entrambi li
custodivano gelosamente, probabilmente in riferimento a qualche ricordo comune
che li legava sentimentalmente. L’assassino lo sapeva, doveva conoscere bene
entrambi, il che restringe un po' il campo delle ricerche"
“Quindi lei
intende…”
Cominciò
Lestrade sfregandosi il mento con fare pensieroso.
“Intende
dire che ha cercato a pagina ventidue del secondo libro perché il cognome
dell’uomo glielo ha suggerito?”
“Esattamente
Lestrade, ovvio. “Double”, significa “doppio”, quindi non poteva che essere
quello”
Era stato
Sherlock a rispondere alla domanda dell’ispettore e a Samantha dette non poco
fastidio.
“Credevo lo
stesse domandando a me, Sherlock”
Lo
rimproverò, puntando i suoi profondi occhi verdi su quelli del detective.
“È
irrilevante”
Rispose
quello con un alzata di spalle.
Samantha sospirò per poi continuare la sua spiegazione.
“Quello che
voglio dire è… perché lasciarci degli indizi? Che senso avrebbe avuto? La cosa
più importante da fare adesso è analizzare i due libri e capire quale sia
il messaggio nascosto”
"Se
è davvero presente un messaggio nascosto”
Samantha si
girò nella direzione di Sherlock con aria confusa.
“In che
senso “Se” è davvero presente? È ovvio che ci sia! Deve esserci!”
Sherlock
sbuffò leggermente, assumendo un tono di voce simile a quello che avrebbe avuto
un insegnante che cerca di spiegare un’ovvietà ai suoi studenti più duri di
comprendonio.
“Potrebbe
essere solamente una falsa pista, qualcosa studiato apposta per farci perdere
tempo mentre l’assassino circola liberamente per le strade di Londra. Ho un po'
più esperienza di te in questo campo”
“Oh, per
favore, non essere così scettico! Gli omicidi, quello di Mr Double e quello di
Mrs Russel sono chiaramente collegati e non vedo davvero perché
l’assassino avrebbe dovuto mettere in scena tutta questa manfrina… no, c’è
qualcosa di più sotto…”
A quel punto
l’atteggiamento di Sherlock si fece più stizzito che mai: non era abituato ad
essere contraddetto -come d’altra parte non lo era Samantha- ed il solo fatto
di star facendo una conversazione di quel genere lo avrebbe infastidito, se in
più ci si aggiungeva il fatto che non gli piaceva la persona con la quale stava
discutendo, certo non si avrebbe potuto prevedere come tutto ciò avrebbe potuto
trovare risoluzione.
L’aiuto di Lestrade per acquietare le acque fu, oserei dire, indispensabile.
Un “faremo analizzare i libri dalla scientifica” ed un “manderemo il corpo di
Mrs Russel all’obitorio dove Molly potrà confrontarlo con quello di Mr Double”
fecero rilassare Samantha da una parte e sparire l’imminente collera di
Sherlock dall’altra.
Lestrade pensò che se non avesse avuto fortuna come Detective Ispettore,
avrebbe certamente trovato un futuro come mediatore.
* Dall'episodio "His last vow", quando Mrs Hudson sorprende
Sherlock a ballare sulla musica che lui stesso ha composto per il matrimonio di
John e Mary e lui "confessa" di non aver mai capito che il tè che
ogni mattina ritrova nel suo appartamento sia preparato dalla sua padrona di
casa (non so quale sia esattamente la traduzione di landlady... chiedo
perdono). What a rubbish detective <3
** Gli inglesi utilizzano questo simbolo "x" per indicare un bacio.
Solitamente vengono aggiunti nei messaggi informali in maniera affettuosa. L'ho
voluto scrivere perché, quando ero ancora all'oscuro del loro significato, mi
dava estremamente fastidio il non capire che diamine ci stessero a fare in un
determinato contesto. Probabilmente lo sapevate già tutti il suo significato,
ma non si sa mai.
Angolo autrice confusa: Salve a tutti! Spero che
questo capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere che cosa ne
pensate con una piccola recensioncina (il mio angolo recensioni piange
e si dispera). Non ho altri importanti annunci da fare, quindi vi
lascio. Andate in pace cari lettori! (Lasciatemi perdere, sono un caso
disperato). Buona continuazione di serata. Un bacio, Angela Smith