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Autore: Hotaru_Tomoe    14/02/2016    6 recensioni
Raccolta di oneshot ispirate dalle fanart o prompt che ho trovato in rete su questa bellissima serie. Per lo più Johnlock centriche, con probabile presenza di slash.
Aggiunta la storia I'll be home for Christmas:Sherlock è lontano da casa per una missione, ma durante questo periodo il legame con John si rinforza. John gli chiede di tornare a casa per Natale, riuscirà Sherlock ad accontentarlo?
Questa storia, in versione inglese, partecipa alla H.I.A.T.U.S. Johnlock challenge di dicembre.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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30. DI PICCOLI GESTI E GRANDI AMORI


John se ne rende conto aprendo il giornale mentre sta facendo colazione.
È il 10 febbraio e mancano quattro giorni a San Valentino. All’inizio è un pensiero estemporaneo, come quelli che nascono sotto la doccia: come fanno i salmoni a ritrovare il fiume dove sono nati? E se la luce della stella che sto guardando in questo momento si fosse spenta migliaia di anni fa? Ho chiuso a chiave la porta dello studio ieri sera?
Pertanto John lo accantona, finisce di bere il tè in fretta perché è già in ritardo per il turno in ambulatorio, e prima di uscire apre silenziosamente la porta della loro camera da letto per vedere se Sherlock sia sveglio. No, il consulente investigativo dorme ancora come un sasso, avendo chiuso una lunga indagine la notte prima, e probabilmente non riaprirà gli occhi prima di mezzogiorno; tuttavia John non resiste ad avvicinarsi al letto, chinarsi su di lui e depositargli un bacio leggero sulla tempia sinistra, che lo fa agitare nel sonno e borbottare qualcosa di indistinto.
Lo guarda per alcuni istanti con il sorriso sulle labbra, poi scappa via perché è davvero tardi.

Non ripensa a San Valentino fino al giorno dopo, quando approfitta della bella giornata per andare a mangiare un panino ai giardini pubblici lì vicino durante la pausa pranzo e passa davanti a un negozio gestito da cinesi che vende un po’ di tutto, la cui vetrina è una esplosione di peluche, cuori e fiori di plastica rosa e rossi.
Non è mai stato un grande estimatore delle feste commerciali e di certo non lo è Sherlock (tollera a malapena il Natale), stanno insieme da tre anni e non hanno mai festeggiato quella ricorrenza, quindi davvero John non sa perché ci stia pensando ora, mentre giocherella con la carta che avvolge il suo panino.
Nel frattempo Sherlock, che si trova nell’ufficio di Lestrade per una deposizione, gli manda una serie di messaggi, informandolo che è annoiato, che Mike è passato da casa per restituirgli i due (pessimi) romanzi che gli aveva prestato e che il nuovo sergente alla centrale di polizia ha una storia con il suo superiore.
John sa che Sherlock non organizzerà nulla per San Valentino e lascerà passare la festa come se fosse solo un giorno fra i tanti; Sherlock non è mai stato e non sarà mai l’uomo che si presenta a casa la sera con una scatola di cioccolatini, con un mazzo di fiori o due biglietti aerei per Parigi per una improvvisata vacanza romantica, non scriverà mai biglietti di auguri, non gli ripeterà “ti amo” ogni giorno quando si siedono al tavolo per la colazione o quando la sera si sdraiano a letto, e nei suoi messaggi non compariranno mai frasi romantiche quali “ti mando un bacio” o “ti sto pensando”.
E non ha alcun bisogno di farlo: sono ben altri i gesti con cui Sherlock gli ha sempre dimostrato che lo ama, gesti così alti e altruistici che, a raccontarli, nessuno ci crederebbe. Ma John sa, ed è tutto ciò che conta per lui.
John sa quello che Sherlock ha fatto per lui, quello che era disposto a fare, e non vuole né fiori, né biglietti romantici, né vacanze.
John sa quanto è immenso l’amore di Sherlock, e non ha bisogno che gli dimostri nulla.
Al contrario, è lui che adesso sente l’esigenza di fare qualcosa, di dimostrargli con un piccolo gesto che lo ama allo stesso modo, e ancora di più.
Perché il giorno in cui è tornato a Baker Street con il borsone a tracolla dopo il litigio definitivo che ha segnato la fine del suo matrimonio, Sherlock l’ha riaccolto a casa come se nulla fosse e senza dire una parola, perché si è adattato e ha relegato in camera sua ogni apparecchiatura o oggetto pericolo, in modo che John possa portare lì la figlia quando è il suo turno di tenerla, perché la sera in cui John ha raccolto il coraggio e si è sporto sul tavolo della cucina per baciarlo, Sherlock ha chiuso gli occhi e ha risposto subito al bacio, senza esitazioni, senza alcuna delle recriminazioni che avrebbe avuto il diritto di fargli: cos’è, ti senti solo? Cosa ti fa credere che dopo tutti questi anni io ti stia ancora aspettando? Perché dovrei farlo, dopo tutte le volte che mi hai messo al secondo posto nella tua vita?
No, quella sera di nuovo Sherlock gli ha messo in mano il suo cuore e la sua anima, senza chiedergli di non schiacciarli, ma fidandosi ciecamente di lui.
Sono stati tre anni bellissimi, non perfetti, certo (Sherlock ha i suoi periodi di umore nero e John perde facilmente la pazienza), ma non è mai stato così felice in vita sua.
E adesso, a pochi giorni da quella banale festa commerciale, sente di non aver mai detto a Sherlock nel modo adeguato quanto lo ami e sia felice di condividere la vita con lui, e vorrebbe trovare un modo per dirlo che non sia banale come quelle scritte sui bigliettini nella vetrina del negozio dei cinesi.
Quando a sera torna a casa e passa davanti alla vetrina di una gioielleria, John ha una illuminazione e sa esattamente cosa fare per San Valentino.
C’è un’altra cosa che Sherlock non farà mai, ed è sposarlo.
Circa un anno fa, una sera in cui era un po’ alticcio, John gliel’ha chiesto, spalmato sulla sua schiena mentre erano già a letto. Si è stupito che Sherlock sia riuscito a decifrare il suo strascicato “sposami” che gli ha sussurrato col viso schiacciato contro la sua schiena, e si è stupito ancora di più del delicato “no” che ha ricevuto in risposta, ma non ha avuto il tempo di esserne ferito o amareggiato, perché Sherlock si è voltato sulla schiena, l’ha stretto a sé e gli ha spiegato perché non voleva farlo.
Non è che Sherlock non voglia sposare lui, è proprio contrario al matrimonio come istituzione, non comprende il senso di una autorità esterna alla coppia, sia essa civile o religiosa, che in qualche modo consacri l’unione di due persone, quasi come se, senza questa approvazione, un amore abbia meno valore.
“Lo trovo quasi offensivo - gli ha fatto sapere quella notte baciandolo tra i capelli - i miei sentimenti non hanno bisogno della conferma di nessuno.”
John, pur con la mente annebbiata dall’alcool, ha provato ad obiettare parlando di eredità e visite in ospedale, ma Sherlock gli ha fatto sapere di aver già sistemato tutto con l’avvocato di famiglia e che non ci saranno mai problemi, e in quel momento John è stato colpito dalla consapevolezza che Sherlock non vede altro futuro che quello che li vede insieme sino alla fine dei giorni, e per questo si è già occupato di cose che accadranno molto in là (il più tardi possibile, si è augurato).
A rifletterci bene l’obiezione di Sherlock ha senso e l’incrollabile certezza che ha nella durata della loro relazione è una cosa bellissima.
Cosa c’è di più grande di un amore che vive e continua a esistere unicamente grazie alla sua forza?
Quindi non ci sarà un anello attorno al dito di John datogli da Sherlock, ma ci sarà sempre il suo amore, fedele e incrollabile, né un anello al dito di Sherlock, però John vuole offrirgli qualcosa, un simbolo d’amore e della serietà del suo legame, per piccolo che sia. Forse soddisferà più se stesso che Sherlock, che mai gli chiederebbe un qualche tipo di dimostrazione, ma sente il bisogno di farlo.
Non ha molto tempo per mettere in atto il suo piano: fa una telefonata a Greg per chiedergli un kit di rilevazione delle impronte digitali e il poliziotto da loro due ne ha viste e sentite talmente tante che non si stupisce nemmeno e non fa domande, una a Molly per chiederle di tenere occupato Sherlock con una scusa qualsiasi (e prega che l’amica non si tradisca) e l’ultima a un negozio poco distante dall’ambulatorio, per assicurarsi che la sua idea sia fattibile, e dal giorno dopo si mette all’opera.

Molly chiama Sherlock di prima mattina dicendogli che le è appena arrivato il corpo di un uomo avvelenato dalla tossina di un pesce esotico (e John spera vivamente sia solo una coincidenza e il cadavere non sia stato procurato appositamente per distrarre il suo compagno) e Sherlock esce di casa in tutta fretta, abbandonando la tazza di tè sul tavolo: perfetto, proprio quello che gli serviva.
Recupera il kit per le impronte digitali che la sera prima ha nascosto a piano terra, nel portaombrelli della signora Hudson, e, maneggiando con estrema cautela la tazza per non far sbavare le impronte, sparge la polvere con il pennellino: per fortuna sono perfette e gli è facile rilevare quella che gli interessa e prelevarla con il nastro adesivo, scannerizzarla e stamparla su un foglio.

Si sente un po’ ridicolo nella sala d’aspetto del tatuatore, seduto tra un uomo grande come una montagna e una ragazzina dai capelli color ciliegia che potrebbe essere sua figlia e si domanda se Sherlock capirà il suo gesto, oppure se inarcherà un sopracciglio con aria canzonatoria come ha fatto la receptionist quando l’ha visto entrare.
Pur essendo stato tanti anni nell’esercito, dove i tatuaggi sono più comuni dei nei sulla pelle, lui non ha mai sentito l’esigenza di farne uno.
“Va bene così” gli ha detto una volta Bill Murray, un suo commilitone, che sfoggiava un grande tatuaggio sulla schiena: un cielo stellato incorniciato da dalle parole “per aspera ad astra”. Davanti all’occhiata perplessa di John, ha sorriso e ha risposto: “Un tatuaggio ti dura tutta la vita, personalmente ritengo che dovresti farne uno solo se rappresenta qualcosa di significativo per te.”
E quell’impronta digitale stampata sulla carta è ciò che di più significativo gli abbia regalato la vita, quindi John si scrolla dalle spalle quell’assurda sensazione di imbarazzo e attende il suo turno.

Ora il problema principale è riuscire a tenere segreta la sorpresa a Sherlock fino a San Valentino: mancano due giorni, e se con una persona comune la missione sarebbe una passeggiata, con un acuto osservatore come il suo compagno, diventa quasi impossibile, ma la sorte sembra volergli dare una mano: il caso dell’uomo avvelenato si rivela per Sherlock più interessante del previsto e quando rientra a casa a notte fonda, John è già addormentato.
Percepisce comunque l’abbassarsi del materasso e il fruscio delle coperte che si spostano, e resta qualche istante sospeso nel dormiveglia, ma poi Sherlock gli sussurra “continua a dormire” all’orecchio e un attimo dopo John è di nuovo nel mondo dei sogni.

È solo la sera del 13 febbraio che Sherlock si insospettisce un istante, quando John si infila nel letto con indosso il pigiama: la loro relazione gli ha permesso di scoprire che Sherlock dorme nudo, sempre, in qualunque circostanza; d’inverno preferisce seppellirsi sotto tre coperte piuttosto che indossare il pigiama e, col tempo, anche John ha preso questa abitudine, perché non c’è niente di più bello che svegliarsi sentendo la pelle di Sherlock sulla sua.
E poi così non perdono tempo a spogliarsi quando fanno l’amore.
“Qualcosa non va?” domanda Sherlock toccandogli la spalla.
“Avevo freddo - mente John - forse mi sto ammalando.”
“Mh.”
Apparentemente Sherlock non ha paura di essere contagiato da qualche bacillo, perché stringe John contro il suo petto massaggiandogli le braccia, ma non gli fa ulteriori domande, e quindi forse è riuscito a farla franca.

La mattina seguente John si sveglia prima di lui, si districa delicatamente dal suo abbraccio e va in bagno a controllare come procede la guarigione del tatuaggio: non è arrossato, quindi può rimuovere la garza protettiva che lo ricopre e preparare la colazione, sperando che Sherlock non si svegli ancora.
Anche se non sempre la mattina ha appetito, c’è una cosa a cui il consulente investigativo non dice mai di no: una cioccolata calda con cannella, chiodi di garofano e arancia. È uno stratagemma che John usa per fargli ingurgitare un po’ di zuccheri e calorie quando sta seguendo un caso e si rifiuta di mangiare, e spera lo convinca a fare colazione anche questa mattina. Aggiunge qualche fetta di pane imburrato e marmellata, appoggia tutto sul vassoio e torna in camera: Sherlock è sveglio, ma non si è alzato, è seduto con la schiena appoggiata al muro e controlla le email dal cellulare; lo mette da parte non appena vede John entrare e gli fa posto sul letto scostando le coperte.
“A cosa devo l’onore?” domanda il detective indicando il vassoio: in effetti sono rarissime le volte in cui hanno fatto colazione a letto.
“Buon San Valentino” esclama John, ma all’improvviso tutti i dubbi dei giorni scorsi lo riassalgono: hanno entrambi superato i quaranta e ci sono tutti i presupposti per cui Sherlock giudichi ridicola la sua trovata, e-
Il suo compagno pone freno alla sue catastrofiche elucubrazioni sporgendosi verso di lui per reclamare un bacio e contemporaneamente prendere la tazza di cioccolata dal vassoio.
“Grazie” dice semplicemente.
Fanno colazione in silenzio, ma verso la fine Sherlock inizia a dare evidenti segni di nervosismo e muove inquieto le gambe sotto le lenzuola, finché non appoggia la tazza vuota sul comodino ed proclama: “Allora, dov’è la mia sorpresa?”
“Oh - John cerca di non mostrarsi troppo deluso - quindi hai già capito. E io che speravo di essere riuscito a tenertelo nascosto.”
“Ho capito che nascondevi qualcosa ieri sera, quando sei venuto a dormire con il pigiama, ma mi sono fermato lì.”
“Non capisco.”
“Sembravi tenerci molto a questo segreto, quindi non ti ho fatto domande e ho deciso di non dedurre nulla.”
La cosa deve essergli costata un grande sforzo, curioso com’è, e John non può che amarlo ancora di più per questo; finalmente si sfila la giacca del pigiama dalla testa e resta a torso nudo davanti a lui: sul petto, all’altezza del cuore, c’è tatuata una piccola impronta digitale.
“È tua” spiega John, mentre gli occhi di Sherlock si spalancano per la meraviglia. Il consulente investigativo allunga una mano verso il tatuaggio, ma poi si ferma.
“Posso?”
“Sì, non è più irritato.”
“John, è bellissimo” mormora Sherlock, toccando le linee scure con delicatezza, quasi come se il tatuaggio fosse una creatura viva e fragile.
“È l’impronta del tuo anulare destro, la cosa è simbolica, perché, non so se lo sai ma c’è una vecchia credenza legata all’anulare. Oddio, magari a te non interessano le superstizioni… no, di sicuro non ti interessano, ma questa è, sai, cioè, carina in qualche modo, perché si diceva che dall’anulare parte una vena che arriva dritta al cuore. Forse per te sarà sdolcinato, ma ho pensato che…”
John conclude il suo balbettio con un sospiro: alla fine ha trascurato la parte più importante del piano, un discorso (coerente e sensato) per spiegare a Sherlock i motivi del suo gesto, o così almeno crede; tuttavia il detective non sembra necessitare di alcuna spiegazione, perché sfiora il tatuaggio con le labbra e sussurra: “Lo so”.
“E volevo offrirti un simbolo tangibile del mio amore per te: il tuo cuore sul mio cuore.”
“Lo so” ripete Sherlock prima di baciarlo e la sua voce trema appena.
John chiude gli occhi e schiude le labbra, trascinandolo su di sé, felice che Sherlock abbia compreso la sua confusa spiegazione e amato senza riserve il suo gesto, e in questo sente di aver ricevuto a sua volta un bellissimo regalo.

   
 
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