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Autore: trullitrulli    22/03/2009    5 recensioni
Jacob si trasforma in un altro momento, Bella è presente ( Farà differenza? Ebbene, lasciatevi rispondere di si!).
Edward torna troppo tardi, dopo che i Vulturi hanno finito di rastrellare la penisola di olimpia dai Neonati, e dopo che hanno scoperto i Lupi della tribù Quilute (che battezzeranno Bastardi: mezzo Umani mezzo Figli della Luna). Aro rimane affascinato dalla loro specie e li deporta crudelmente verso Volterra. Leggete.
[Capitolo 9]
Il corpo umano di Embry si fermò per resistere a una vertigine, poi cadde di peso a terra, stremato, stentando a respirare, aveva la schiena lucida e rossa.
-Ricordati di non ucciderlo, Jane- sbuffò Felix, fissandosi le unghie -Aro non può mettersi in contatto con gli altri Bastardi con un lupo morto-

-Mi costringerà!- ruggì all'indirizzo di Embry, che si trascinava verso un albero, guaendo come un cagnolino. Quando ti trattano per troppo tempo come un’animale finisci per perdere il tuo valore umano e comportarti per quel che ti ritengono.
-Non si vuole trasformare, non funziona niente! L'ho fatto soffrire come una bestia!- -Si farebbe ammazzare piuttosto che permetterci di trovare i suoi fratelli-
-Può darsi che lo accontento-
-Non si tradirà mai-
-Oh, ma io gli farò vomitare il sangue a quello là. Hai capito, Bastardo! Il sangue-
(Paring: Bella/Jacob, Edward/Bella)
Genere: Romantico, Triste, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Volturi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avevamo camminato per tre quarti d’ora buoni.
Più di quanto ci avevamo messo per raggiungere il punto da dove avevamo cominciato a percorrere il tragitto al contrario.
Jake mi costringeva alla sua andatura spedita, saremmo dovuti già arrivare, ma la foresta ci passava davanti sempre uguale.
Mi offrì la mano per superare un tratto un po’ più accidentato, pietroso e sepolto sotto rami morti: anche lui dubitava delle mie doti atletiche, senza supervisione ero capace anche di ammazarmi da sola per quanto inciampavo nei miei stessi piedi.
Gliela porsi esitante.
Mi strinse più saldamente di quanto fosse necessario.
Jacob era strano.
-Jake…sei sicuro di stare bene?- avvertivo le strane vibrazioni del suo malessere a scatti, per istanti fulminei, tanto brevi da non darmi il tempo di incuriosirmi o preoccuparmene.
Per alcune frazioni di secondo sembrava nervoso, più rigido, meno naturale.
-Sto bene…sto bene- non sembrava rassicurare me quanto cercare di convincere se stesso.
Accellerò il passo.
Corsi inciampando un paio di volte. Andava talmente veloce che sembrava neanche si accorgesse di me.
Non volevo arrabbiarmi con lui per averci dispersi senza punti familiari a cui affidarsi, ma avevo tutto il diritto di irritarmi per non essere tornato a casa appena si era sentito male, perché ormai era chiaro anche a lui che il suo male non doveva lasciarlo indifferente.
Appena gli fui abbastanza vicina, gli sfiorai la fronte, ritrassi la mano scottata e la agitai per alleviare il dolore.
-Jacob…tu bruci, dovresti star malissimo!- gli dissi , mentre continuavo a correre per non perderlo.
Mi fissò stranamente ostile.
-No! Sto bene- mi sputò in faccia la frase, improvvisamente nervoso.
Tra i suoi denti si fece strada un ringhio, un ringhio strano, troppo verosimilmente bestiale.
Gli bastò poco per stizzirsi, ancor meno per calmarsi.


All’improvviso, mentre passavamo davanti ad una pietra levigata e grigia, ci si abbandonò sopra respirando a fondo, tremando.
-Hai freddo?-
Lo attorniai con le braccia per scaldarlo, ma non riuscivo a stargli vicino: scottava come il fuoco.
Provai a guardarlo in faccia, per vedere come stesse reagendo alla febbre, ma la teneva bassa, con le mani tra i capelli, se li tirava indietro tanto forte da strapparseli.
Alzò il viso e mi fisso serio, con quella smorfia contorta dalle fitte.
-Bella…- sussurrò, implorante, crucciando il viso, concentrato…
-Io...Io chiamo l’ambulanza...- dissi a me stessa con la voce che mi tremava in gola, troppo stridula, poco sicura.
Con le mani scosse, riuscii ad afferrare il cellulare e iniziare a comporre il numero.
Jacob si alzò in uno scatto di irritazione, con uno schiaffo fece volare via il mio cellulare, spedendolo contro un albero.
L’aggeggio andò in pezzi spargendosi a terra insieme alle foglie morte.
Una falce di luna capeggiava il cielo grigio attraverso una fenditura tra le nuvole e un quadrato nero punteggiato di stelle opache osservava la scena.
Jacob era arrabbiato di una rabbia fine a se stessa, che non capiva neppure lui.
Digrignava i denti in modo feroce e si allontanava da me, si riavvicinava, poi si allontanava di nuovo, a piccoli passi, circospetto.
-Bella…- continuava a pronunciare il mio nome come se fosse stato importante...guardandomi fisso…
Ebbi il sospetto che ricordarmi alleviava il rischio del delirio. 
Era ciò che lo manteneva lucidamente in contatto con quel che faceva. 
Era ciò che gli ricordava le differenze tra ciò che voleva e non voleva fare, e che i vaneggiamenti febbricitanti avrebbero sfocato fino ad annullarne completamente le differenze e la logica, riducendolo alla pazzia.
-Jake…- gridai spaventata -Dimmi cos'hai! Mi sto spaventando! Jake! -
Mi fissò con occhi sgranati, un rivolo di sudore lungo le sopracciglia folte, le labbra contratte, i muscoli del collo tesi fino alla sofferenza fisica.
-Bella…- esalò con fatica-…a.i..u..to- strascicò le parole come se soffocasse di dolore.
-Hai distrutto il cellulare!- gli urlai in rimprovero, ma non riuscivo ad essere autoritaria come avrei voluto.
-Bella…per favore- sembrava stesse per piangere, serrò i pugni-…per favore-
Si chinò lievemente sulle ginocchia, esausto. 
Ero sicura che una piccola parte di Jacob sapesse che era una reazione troppo strana per una semplice febbre.
Il suo sguardo era impaurito a morte; anche egli spaventato da ciò che gli stava succedendo. Muoveva le labbra, ma non riuscivo a sentirlo.
-Jacob, non farmi morire di paura! Perché hai spaccato il cellulare?…L’ambulanza…dobbiamo chia…-
-Zitta! Mi fai a pezzi la testa!- mi urlò spingendo i palmi delle mani sulle tempie, guardando in basso, furioso –Mi esplode la testa, Bella!-
-Cosa devo fare Jacob??! Cosa devo fare?- gli urlai nel panico.
Chinò di più i ginocchi, come caricasse un salto. Mi guardò di sottecchi, fissandomi, con un’avidità diversa, intensa e assoluta, di un bisogno primigenio e feroce.
Notai una sfumatura strana nell’iride, oltre il tremolio trasalente e nervoso delle palpebre; la pupilla si strinse in un cerchio fine e piccolo, quasi invisibile al buio circostante.
Poi si dilatò all’improvviso, esplodendo come impazzita. Jacob sgranò gli occhi per il dolore.
Vibrò di uno spasmo violentissimo. 
Arretrai lievemente, cadendo per terra, mentre il corpo di Jake faceva un balzo in avanti.
Saltando, qualcosa ripercosse il suo petto; lo credetti un urlo di dolore troppo roco.
Fu un ruggito di feroce accanimento… sul cibo.
Sentii lo strappo dei vestiti.

***


Il dolore sembrava pompato dal cuore insieme al sangue.
Mi sembrò che un paio di coltelli fossero spinti e ritratti, spinti e ritratti, nelle tempie a sottolineare ritmicamente ogni alito di vita alimentabile a battiti.
Quasi arrivai a pregare di morire, quasi maledissi il mio cuore che aveva il sadismo di continuare a pulsare di dolore e ansia, sempre più veloce, accorciando il tempo tra le fitte per il tempo di ogni pulsazione.
Ad un tratto il dolore scattò a livelli vertiginosi, tanto che credetti di perdere i sensi.
Sentii male dappertutto.
Nulla ebbe più contorni familiari.
Dalla mia spina dorsale uscì un calore fulmineo che si dilatò verso tutte le ossa e la carne.
Dal mio petto uscì qualcosa di gutturale, di grottesco, di feroce.
Sentivo i passi dell’arretrare di qualcuno davanti a me a volume centuplicato, a un frequenza altissima rispetto al normale. 
Mi sembrava di avvertire lo spostamento dell’aria che provocò la sua perdita d’equilibrio,
e l’odore del suo sangue quando si sbucciò la mano nel tentativo di sorreggersi a un ramo mi sfiorò le narici improvvisamente sensibili.
Profumava… di buono…di fiori.
Una fragranza così buona, sostanza di carne tenera.
Avevo una gran voglia di seguire la mia pazzia.
Feci qualche resistenza; l’odore di fiori riconduceva vagamente la mia mente a qualcosa di sensato, di importante.
Ma non bastò.
Il dolore percorse fortissimo la mia spina dorsale, aumentando esponenzialmente, raggiunse le braccia, la punta delle dita…

***


Il corpo di Jake all’improvviso, contratto, rigido, esplose senza neanche un fiotto di sangue, si era slanciato verso di me con gli artigli tratti.
L’adrenalina mi scoppio nel cervello
in un violento fiotto, esaltando ogni mio senso, ogni mia percezione, ma rendendomi ancora più scoordinata.
Gattonai velocemente all'indietro.
Qualcosa si schiantò a pochi centimetri da me.
Un rapido spostamento d’aria mi scaraventò via.
Rotolai fino a che il tronco di un albero caduto non mi fermò.
Gemetti e sentii l’odore debole, quasi inesistente, del sangue.
Il filo degli artigli mi aveva appena sfiorato il collo.
Sentivo che la vena martellava gettando via gocce misurate di rosso scarlatto.
Ero disorientata, nel panico, il mio istinto di sopravvivenza mi ricordava solamente la facoltà di strisciare più velocemente lontano dal pericolo di morte.
La mia mente scossa tentava di ordinare ed elaborare i dettagli collocandogli nei giusti spazi, nel giusto ordine di importanza nella scena, per dare un senso alla fulminea successione di azioni che si era appena verificata davanti ai miei occhi.
Il mio cervello era impegnato a sopportare il dolore di una seconda perdita, e lo squarciò del mio cuore scorticato riprese a infettarsi.
Perché tutto ciò che toccavo o che toccava me si scopriva essere un mostro?
Poi apparve il barlume della scena di due grossi lupi, alti come un cavallo, ma più robusti.
Alzai gli occhi, con la testa a ciondoloni, facendo leva sul braccio per sollevarmi un po’ dal fango.
Quello che fino a pochi istanti fa era Jacob, ora no; era la sua trasfigurazione in una forma più bestiale, dalle emozioni e dalla mente estremamente più semplici, estremamente meno razionale, più letale.
Una parvenza di coscienza, per il fragile che fosse, innescò un intuizione di insignificante importanza in quella presente situazione, dove la morte aveva quasi sfiorato il mio corpo: quelli erano i grossi orsi di cui si parlava a Forks, che altro non erano che lupi fuori taglia.
Nella mia traiettoria visiva li vidi; uno nero, più grosso, l’altro, fulvo, cercava di sottrarsi al peso dell’altro, che gli era addosso con la mascella serrata attorno alla sua scapola. 
Gemetti di dolore per il lupo fulvo, il mio amico Jacob stava per essere ucciso.
Alla vista del suo sangue la nausea mi risalì in gola e le lacrime cercavano uno sbocco per uscire da dietro agli occhi.
Sentii passi agili e pesanti vicinissimi a me.
Scossero il terreno di vibrazioni che mi raggiunsero violente.
Dopo essermi quasi alzata, venni ribattuta a terra.
Altri tre si aggiunsero alla scena.
Uno mi notò e mi fece scudo dalla scena.
Non voleva che vedessi.
Il lupo fulvo si dibatteva, vidi una luce di presenza razionale nei suoi occhi neri e pesti di sangue, che si rafforzava ad ogni zampata e morso subiti.
Tre lupi gli erano addosso e lo avevano mezzo scorticato.
Vidi un lupo grigio che veniva sbattuto via dal combattimento, guaiva poco distante da me.
Jake cadde sotto la maggioranza.
Ora esalava polverone e gemeva stanco.
Uno dei due aggressori si spostò e chinò la testa verso l’alto, ululando.
Quello nero guardò quello che mi stava davanti, che ora era occupato a disinfettare la mia sottile ferita con deboli e incerte leccate.
Arricciò i lembi della bocca e ringhiò.
L’altro sbuffò dalle narici e fece scivolare abilmente tra i denti bianchi e affilati il solino della mia camicia.
Mi sollevò.
Mentre penzolavo dalla sua bocca sentii il suo alito caldo e pesante.
Avviò la corsa con un balzo e prese velocità.
Correva velocissimo, la barriera scura della foresta era compatta e verde talmente eravamo veloci.
Ciò che restava del mio petto cominciò a pulsare di dolore al ricordo delle sferzate energetiche dell’aria quando correvo aggrappata a lui.
Chiusi gli occhi infastidita, e mi strinsi le braccia al petto come per contenere un esplosione di amarezza.
Cominciammo ad rallentare.
Quando fummo del tutto fermi mi lasciò su un tappeto morbido di foglie secche.
Mi accasciai in ginocchio appena toccai terra, credendo di vomitare.
Il lupo non c’era più, si era nascosto tra gli alberi.
Dal nascondiglio uscì un ragazzotto alto, ben piantato, ma con una faccia lievemente smagrita, e un espressione incerta.
Lo riconobbi quasi immediatamente.
-Embry?-
Mosse la testa in un si.
Aveva solo un paio di Jeans slavati e mezzi sbrindellati, niente scarpe.
Mi lasciai cadere in posizione fetale, con la testa tra le ginocchia.
Embry sbuffò seccato, chiaramente a disagio al pensiero di dovermi consolare e si sedette contro un albero fissandomi.
-Come ti senti?-
Mi rannicchiai ancor di più in quella posizione.
-Non so…mi gira la testa- gemetti- Devo…sto per vomitare-
Embry era già allarmato- No! Ti scongiuro non farl…! Oh Cristo-
Ancora stesa, mi pulii i residui di bile sulla bocca e sul collo, le dita toccarono lungo la linea di bruciore incisa dall’artiglio di lupo, sbarrai gli occhi e mi irrigidii ancor di più in quella postura.
Per il resto del tempo lo vidi immobile, forse assorto nel tentativo di trovare un scusa credibile.
Sentii un boato e scattai con la testa verso la direzione giusta.
Un altro lupo.
Quello grigio.
Pochi attimi fa era sofferente, a terra, guaendo di sconfitta.
Fissò me ringhiando di irritazione, poi andò a nascondersi anche lui.
Sbucò fuori un accigliato ragazzotto similissimo ad Embry.
-Questa non ci voleva proprio- disse piano con voce distorta, accusandomi, con una cadenza simile a quella del ringhio di poco prima.
L’altro contro l’albero alzò gli occhi al cielo.
Mi fissarono cambiando espressione in simultanea.
Avevo gli occhi socchiusi e insonnoliti.
-Alzati- sbottarono in simultanea-
Non mi mossi, ma sentii Embry che si alzava e veniva nella mia direzione.
Embry mi alzò delicatamente da terra, prendendomi per il braccio.
-Vuoi aiutare Jacob?-
Feci un cenno millimetrico di si.
-Allora va a cercare dei vestiti a casa sua…sei a due passi dal pick-up. Ce la fai a guidare?-
Non ne ero molto sicura, ma feci ugualmente di si con la testa.
Embry non sembrava convinto, ma a questo punto dovevano allontanarmi, per forza.
-Paul?-
Quello sbuffò e aggiunse -A me non sembra molto in forze, ma si tratta di qualche chilometro- fece un gesto seccato con la mano – ce la farà…-
-A Jake non piacerà neanche un po’- disse l’altro tra se.
Mi girò nella direzione da prendere, verso la luce debole dei lampioni.
-Va in quella direzione, il tuo pick- up è là-
Sorvolai su come facesse a saperlo e mi misi a correre.
Incespicai una volta e sentii lo sbuffo disapprovante di Paul.


A casa di Jake c’era suo padre.
Notò subito il taglio curvo di artiglio alla base mio collo e sgranò gli occhi infossati nelle rughe.
Era più appariscente di quel che sembrava, Jake aveva sradicato qualche lembo del colletto della camicia.
-Che cosa è successo?-
Balbettai che ero caduta, ma a questo punto non serviva.
Billy annuì preoccupato con condiscendenza.
-I vestiti di Jake sono di sopra-
Sapeva già tutto.


Ero tornata con un paio di jeans, che mi erano sembrati un po’ troppo corti per la crescita prodigiosa di Jacob, una felpa e un paio di scarpe.
Jake era molto più disordinato di me, non avevo preso altro, non mi andava di frugare ulteriormente in mezzo ai suoi vestiti.
Nel cassonetto ai lati della strada c’era infilato quel che rimaneva del vestiario di Jacob: vidi la sua felpa larga, i jeans sfilacciati e una poltiglia bianca in cui si distinguevano le stringhe delle sue scarpe da ginnastica.
Mi inoltrai nella foresta. Dietro gli alberi qualcuno urlava forte.
Vidi la schiena di Sam chino che urlava qualcosa di riprovevole.
-Ce ne hai messo…-
Sobbalzai alla vista di Paul, lanciando in aria i vestiti che caddero ai suoi piedi.
Mi sbuffò in faccia e li raccolse.
Al mio urlo la voce sofferente si acquietò.
-Bella…Bella sta bene?-
-Sì sì…lei sta bene, per poco non le staccavi la faccia a morsi- rispose Sam.
La voce mugugnò.
Vidi Sam alle prese con un opposizione da parte del corpo sotto di lui, lo spinse giù di nuovo tenendolo fermo mentre si dibatteva, ma non prima che fossi riuscita a vederne la nuca.
-Fermo, merda, ti fai del male se ti muovi. Ma se ti sentivi strano perché diamine di motivo te ne sei venuto nel bel mezzo della foresta insieme alla ragazza, eh? Sei proprio un pezzo di deficiente… Che vuol dire che non credevi che sarebbe andata così?!...Mi hai detto che stamattina non ti sentivi per nulla bene…Non volevi darle buca?!…oh certo, Jake, ti saresti sentito in colpa! Che brutta giornata sarebbe stata se non l’avessi spedita al creatore!-
Mi sembrò di cogliere un “ Ma che cazzo ne sapevo io!” debole come un alito di vento.
Per quanto l’avevo lasciato in quello stato?
Paul si infilò tra alberi con i vestiti e ne riuscì poco.
-La prossima volta prendi solo lo stretto indispensabile- disse restituendomi la felpa e le scarpe.
Mi indignai.
Ma non dissi nulla.
Vidi Jake che si alzava, reggendosi a stento a Sam, con il braccio attorno al suo collo e una smorfia di atroce, che si smorzò un poco non appena mi vide intera.
Indossava i jeans che gli avevo portato; come avevo pensato, erano decisamente troppo corti.
Avevo la vista un po’ appannata, la mente confusa, la bocca piena di bile e voglia di vomitare, ma mi sembrò che Jake fosse cresciuto ancora di una mezza spanna.
Mi avvicinai guardandolo dal basso della mia statura.
-Mi dispiace- si scusò Sam- Eri nel posto sbagliato, al momento sbagliato-.
Sentii Jake tossire e abbandonarsi di peso su Sam, privo di forze. Percepii il pizzicore delle lacrime dietro gli occhi.

é la mia prima fan fic su questo tema  aspetto tanti commenti (siate spietati).
  
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