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Autore: musetta78    14/02/2016    16 recensioni
Per il contest The sugar love, un racconto nato tanto tempo fa dal bisogno di riempire il vuoto lasciato nell'anime in un momento cruciale e drammatico della storia, per dar voce ai loro silenzi e spazio ai nostri sogni.
Cosa sarebbe la vita senza l'amore?
Buon San Valentino!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando il cuore parla...
 
 

“Per ordine di Sua Maestà la Regina Maria Antonietta non verrà preso alcun provvedimento nei confronti di Oscar François de Jarjayes…”
 
Le parole del messaggero reale continuavano a rincorrersi nella sua testa, rimbalzando di qua e di là, facendo riecheggiare il loro significato fino quasi a stordirlo, mentre rimaneva immobile sul pianerottolo che si affacciava sull’androne del palazzo.
Percepiva nettamente la presenza di Oscar, lì, al suo fianco, immobile e senza respiro.
Non la guardò, non ce n’era bisogno.
La sentiva.
Era viva, anzi, erano vivi, entrambi.
Nient’altro doveva importare infondo, in quel momento.
Eppure…eppure un enorme senso di vuoto stava iniziando ad invadere ogni parte del suo essere senza che lui potesse far nulla per fermarlo.
Si concentrò su di sé, sul proprio respiro, sul battito del suo cuore.
Erano regolari, ritmati.
Attese.
Non arrivò nulla, non si sentì ne’ arrabbiato, ne’ felice, ne’ sollevato, ne’ angosciato, niente, non riuscì a percepire dentro di sé nessuna emozione, piacevole o sgradevole che fosse.
Oscar era ancora lì, immobile.
Poi, si rese conto di un rumore sommesso alle sue spalle e si voltò lentamente; sua nonna, seduta a terra in un angolo, ripiegata su se stessa, un candelabro in una mano e il viso immerso in uno dei suoi fazzoletti candidi e profumati, piangeva, di un pianto discreto e disperato.
Una fitta di dolore lo colpì al centro del petto, fulminea, micidiale.
“Nonna…” disse precipitandosi da lei.
Le tolse il candelabro di mano e la tirò su, di peso.
“Coraggio nonna, ora calmati, è tutto finito, non hai sentito cos’ha detto il messaggero? È tutto finito…vieni, ti accompagno nella tua stanza” le disse, col tono più calmo e rassicurante che fu in grado di trovare in quel momento.
Volse per un solo istante lo sguardo verso Oscar.
Era ancora lì, immobile e senza respiro.
Se ne andò, sorreggendo sua nonna che continuava a tremare e piangere, aggrappata al suo braccio, incerta nell’avanzare, sfinita.
La portò nella sua stanza, la fece sedere davanti al camino e iniziò ad accendere il fuoco, ascoltando in silenzio quel pianto sommesso che ancora non si era placato.
Nel cuore, ancora quell’immobilità e quel silenzio senza respiro…Oscar..
Quando le fiamme furono ben attizzate, si inginocchiò dinnanzi alla donna e le prese il fazzoletto dalle mani, per asciugarle il viso e poterla guardare: gli occhi lucidi e arrossati, il volto pallido, la fronte aggrottata per il dolore e lo sforzo di quei singhiozzi, le ciocche grigie, sempre così ben ordinate, che erano sfuggite al controllo della candida cuffietta e le conferivano un’aria smarrita…
Nonostante si rendesse conto di quanto sua nonna fosse ormai anziana, in quel momento la vide come fosse stata una bambina, disorientata ed impaurita, con gli occhi lucidi e lo sguardo permeato di una profonda malinconia, una malinconia che non era solo la tipica compagna di vita delle persone giunte ormai al limite della loro esistenza, ma forse la manifestazione del rammarico per aver portato suo nipote in un mondo che non gli apparteneva e che lo aveva consumato fino quasi ad annientarlo, rendendolo schiavo di un amore impossibile.
Già, perché sua nonna sapeva…
André provò un’immensa tenerezza per lei, per quella donna che era stata, infondo, l’unica persona al mondo dopo sua madre a prendersi cura di lui e ad amarlo, nel senso più puro ed assoluto del termine.
Le sorrise, con tutta la tenerezza e l’amore che sentiva in quell’istante, e dandole un bacio sulla fronte le disse che sarebbe andato a prepararle qualcosa di caldo.

 
***
 
Nelle cucine di palazzo Jarjayes , una bella pentola di buon brodo non mancava mai; lo preparava sua nonna con tanta cura e sapienza, con amore.
Serviva sempre: per sfumare l’arrosto, per bagnare lo stufato, per insaporire una zuppa o, se bevuto ben caldo, per corroborare gli animi.
Ne versò un paio di mestolate in un pentolino che mise sulla piastra ancora calda della cucina e rimase lì, immobile, a fissare quel liquido leggermente torbido e profumato.
Aveva puntato una pistola contro il generale.
Gli aveva detto di essere pronto a sparare.
Era stato chiaro sulle sue intenzioni: scappare con Oscar, sposarla.
No…non avrebbe mai sparato!
Il generale lo sapeva, e in cuor suo, André, sperava che anche Oscar l’avesse capito.
Non aveva cercato di fermarlo e nemmeno aveva parlato mentre lui se ne stava con la pistola puntata contro il petto di suo padre.
No, non voleva ucciderlo.
Voleva soltanto fuggire con lei.
Voleva portarla via da lì, via da quella vita, da quella casa e da quella fine che suo padre aveva stabilito per lei.
Una condanna a morte.
Si erano guardati dritto negli occhi, nel profondo, da uomo a uomo, e André era assolutamente certo che il generale avesse compreso le sue intenzioni, ciò che lui gli stava offrendo: la salvezza di Oscar.
Renyer aveva capito che André gli stava dando la possibilità di non poter vendicare quel maledetto onore irrimediabilmente compromesso, assumendosi lui stesso la responsabilità della fuga e della mancata punizione di sua figlia.
E il generale aveva rifiutato.
Per onore.
Dannato, dannatissimo onore!
Allora André aveva compreso che non poteva più salvarla.
Oscar amava suo padre, soprattutto lo rispettava, e desiderava a sua volta essere amata e rispettata da lui; stava accettando quella punizione e non si sarebbe mai sottratta al colpo della sua spada.
Forse, non volevi nemmeno essere salvata
Risentì la voce di Oscar, debole come la tremula fiamma di una candela mossa dal vento, carica di parole disperate e mai pronunciate.

"André, io..."

Cosa Oscar, cosa?!
Vuoto, dentro e fuori di lui.
Buio.
Silenzio.
Ricordò di essersi sentito già morto, in quell’istante.
All’improvviso sentì emergere, dalle profondità delle proprie viscere, un moto di rabbia che crebbe espandendosi e risalendo con uno spasmo doloroso che arrivò a serrargli la bocca dello stomaco in una morsa quasi insopportabile.
Era frustrazione.
Ancora una volta, non era stato in grado di proteggerla!
Ancora una volta la situazione era stata più grande di lui, di loro, e gli era sfuggita di mano.
Proteggerla…
Non ne era più stato capace da quella maledetta sera in cui le aveva confessato di amarla; da allora Oscar gli era come sfuggita di mano, travolta da una tempesta di cui lui non era più riuscito a prevedere i moti.
E la vista non centrava.
Aveva perso, almeno in parte, quel sesto senso innato che lo legava a lei da sempre e che guidava i suoi passi da tutta una vita.
A St Antoine non aveva potuto far altro che sperare con tutte le sue forze che, prendendosela con lui, quella folla inferocita l’avrebbe lasciata stare, ma era stata solo una speranza vana, un’illusione…era stato Fersen a salvarli, entrambi, da morte certa.
Anche allora si era sentito impotente e frustrato.
E terrorizzato.
Ora, grazie all’intervento inaspettato della regina, il destino sembrava accordare loro dell’altro tempo…si chiese come lo avrebbero impiegato.
A quel punto si accorse che il brodo, gorgogliante nel pentolino, cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione affinché egli evitasse di farlo evaporare interamente, assorto nelle sue meditazioni…

 
*** 

Portò il brodo a sua nonna e rimase ancora con lei, in silenzio, finché l’aiutò a mettersi a letto e le augurò un buon riposo.
Le fu immensamente grato per non avergli chiesto spiegazioni, per aver rispettato quel suo silenzio.
Era esausto.
Arrivò finalmente nella sua stanza e solo allora sentì di aver freddo fin nelle ossa; l’uniforme, che si era completamente inzuppata di pioggia, era ancora sgradevolmente umida.
Si cambiò velocemente e accese il fuoco.
Lo fece meccanicamente, di nuovo immerso in quel vuoto che gli riempiva la testa.
Come il suo occhio non riusciva più a mettere a fuoco gli oggetti, così la sua mente sfinita non riusciva a formulare un solo pensiero; tuttavia, si rese conto di avere una gran fame e una gran voglia di bere!
Tanto valeva allora tornare in cucina e prendere qualcosa per riempirsi lo stomaco, almeno quello….e una buona bottiglia, ma stavolta si sarebbe concesso qualcosa di speciale, che di solito era riservata agli ospiti o ai momenti in cui Madamigella era particolarmente depressa…sì, stavolta toccava a lui scaldarsi il cuore col nettare degli dei!
Avrebbe festeggiato per conto suo e infondo, si disse, una bottiglia in più o in meno nell’immensa cantina Jarjayes non sarebbe nemmeno stata notata!
Lanciò un’occhiata furtiva alla candela appoggiata al tavolino accanto al letto; non la prese…che differenza avrebbe mai potuto fare ormai per il suo occhio?
Un lieve sorriso di ironica amarezza increspò le sue labbra mentre usciva dalla stanza, un attimo prima di immergersi nella profonda oscurità dei corridoi di palazzo Jarjayes.
 
***
 
Fu come svegliarsi all’improvviso da un incubo.
D’un tratto si rese conto di trovarsi nella sua stanza, seduta sul letto, da sola al  buio.
Non ricordava nulla, nemmeno perché si trovasse lì, e lo spavento fu tale che si alzò di scatto col cuore in gola, il respiro affannato e piccole gocce di sudore sulla pelle ghiacciata.
Un lampo illuminò la stanza e per un attimo le consentì di scorgere la propria immagine riflessa nello specchio che si trovava sopra il camino, e per quel breve istante le apparve dinnanzi il proprio volto, pallido e teso, gli occhi sgranati in un’espressione smarrita, la bocca socchiusa di chi non crede a ciò che ha visto e non ha parole per esprimerlo.
Eppure, quella notte, Oscar François de Jarjayes aveva visto tutto!
All’improvviso e con una chiarezza disarmante, si era rivelata ai suoi occhi quella bambina mai cresciuta che a quattordici anni era fuggita da lui che le urlava di diventare una donna perché non era ancora troppo tardi.
Per vent’anni quella bambina era rimasta lì, nascosta dietro un’uniforme militare, imprigionata nelle fasce strette, mortificata da una società che in lei vedeva solo un ruolo.
Impaurita ed ignorata da tutti…da tutti, ma non da lui!
Lui, che da sempre l’aveva portata nel suo cuore.
Oscar aveva visto quel cuore, lo aveva sentito battere accanto al proprio mentre in silenzio attendeva che suo padre ponesse fine alle loro vite.
Non si era mossa, non aveva parlato, ma per la prima volta aveva riconosciuto, in quel cuore e in quella bambina, se stessa.
E per la prima volta anche lei, quella bambina, l’aveva amata.
A poco a poco Oscar riacquistò un barlume di lucidità e percepì se stessa avvolta dal freddo e dall’oscurità.
Realizzò di avere addosso l’uniforme ancora umida, si sentì debole e affamata, e comprese di non avere idea di che ora fosse.
Quanto tempo era rimasta lì seduta?
Com’era arrivata in camera sua?
Da sola?
Non ricordava nulla, se non le parole del messaggero che le aveva comunicato che la sua regina l’aveva generosamente ed inaspettatamente perdonata, l’aveva salvata, nonostante il suo inaccettabile comportamento.
“Maestà….” uscì come un sussurro dalle sue labbra, un soffio leggero e quasi impercettibile perché la gola era ancora stretta in una morsa che a stento le consentiva di respirare.
In quel gesto della sua sovrana c’era tutto quello che le due donne erano state l’una per l’altra per vent’anni, la loro amicizia, la stima, il rispetto, la fiducia totale ed incondizionata.
Sentì le lacrime pungere dolorosamente gli occhi e poi uscire, lente e silenziose, scendere dolcemente lungo le guance fredde, posarsi sulle labbra socchiuse dove bruciarono come fuoco, risvegliando nella sua coscienza ancora offuscata due sentimenti contrastanti: il senso di colpa  e la rabbia.
Aveva tradito.
Sì.
Ma se non lo avesse fatto avrebbe commesso un tradimento forse ancora più grave perché avrebbe tradito se stessa e quell’incrollabile senso di giustizia che aveva sempre sostenuto  e guidato le sue azioni.
Poteva tradire se stessa?
No, o non si sarebbe più chiamata Oscar François de Jarjayes!
Sarebbe morta volentieri per questo, per rispettare i propri principi, quegli stessi principi che suo padre le aveva inculcato fin da piccola e che ora, proprio lui, sembrava aver dimenticato.
Coraggio, lealtà, onore.
Come trovarli nel cuore di chi spara su uomini disarmati e impegnati a difendere la loro dignità di esseri umani?
Ecco perché si sentiva piena di rabbia.
Chi era il traditore?
 
“Non siamo forse tutti uguali davanti a Dio?”
 
Le parole di André riecheggiarono nella sua mente ancora confusa…
Un popolo che chiedeva giustizia, un popolo affamato e disperato, un popolo già oppresso e oltraggiato che voleva spezzare le proprie catene…le avevano chiesto di sparare su quel popolo, sui suoi rappresentanti…poteva farlo?
No.
Eppure si sentiva in colpa.
I suoi soldati…
Li aveva trascinati con sé, ed ora quei dodici coraggiosi uomini rischiavano di affrontare il plotone di esecuzione, perché quella stessa condanna che a lei era stata risparmiata in nome della sua lunga amicizia con Maria Antonietta non sarebbe stata risparmiata a loro.
E questo lei non poteva accettarlo!
Doveva fare qualcosa per salvarli.
Un altro brivido la percorse dalla testa ai piedi….faceva freddo maledizione.
Prese degli abiti puliti, si spogliò, si asciugò e finalmente indossò qualcosa di confortevole e asciutto.
Doveva riflettere.
Doveva farsi venire un’idea per salvare i suoi soldati.
Con lo sguardo fisso sulle finissime gocce di pioggia che picchiettavano sul vetro della finestra davanti a lei Oscar cercò di concentrarsi su questo problema, ma la stanchezza e soprattutto la fame sembravano voler prevalere sulla sua volontà.
Che ore saranno?
Probabilmente erano già tutti a dormire.
Ricordò allora la povera Nanny, le sue lacrime di angoscia e disperazione; era sconvolta…Oscar sperava che nel frattempo si fosse calmata e che fosse nella sua stanza a riposare serenamente.
Non l’avrebbe disturbata per nulla al mondo!
Decise di andare in cucina a cercarsi qualcosa da mettere sotto i denti e poi…poi forse, con la pancia piena, sarebbe riuscita a farsi venire una buona idea.
Uscì e percorse i corridoi del palazzo immersi nel silenzio e nell’oscurità con passo leggero, quasi a non voler violare quella quiete che era scesa dopo la terribile tempesta che aveva sconvolto tutti poche ore prima.
Scese lo scalone, attraversò l’atrio e oltrepassò una porta infilandosi nel corridoio cieco e quindi completamente buio che portava in cucina.
Mosse alcuni passi sforzando i suoi occhi per mettere a fuoco qualcosa ma senza riuscirci, alzò una mano davanti a sé per evitare di andare a sbattere contro qualcosa quando, all’improvviso, sbatté davvero contro qualcosa, o meglio, contro qualcuno.  
Non poté trattenere un grido mentre a causa di quell’improvviso scontro perdeva l’equilibrio e cadeva all’indietro; sentì quasi contemporaneamente il tonfo del proprio sedere che urtava il pavimento e il rumore sordo di qualcos’altro che cadeva, quindi quello ovattato di alcuni oggetti non meglio identificati che rotolavano lì intorno.
Si ritrovò così seduta per terra, nella toltale oscurità, in compagnia di uno sconosciuto.
“Oscar?!”
La voce di André….è André!
“A…André io…” balbettò, confusa e imbarazzata “scusa, non ti ho visto…è buio, io…avrei dovuto prendere una candela, non ci ho pensato…”
“No, scusa tu, anch’io avrei dovuto prendere una candela..” anche se a me sarebbe servita a poco…” ti sei fatta male?” le chiese dolcemente allungando istintivamente una mano nella direzione in cui doveva trovarsi lei.
Trovò la sua spalla e sentì nettamente il sussulto che scosse il corpo di lei nel momento in cui la toccò.
Ritrasse immediatamente la mano, rendendosi conto dell’impulsività del suo gesto.
“No, no, tutto a posto. E’ che non ti avevo sentito arrivare…scusa tu se ti sono piombata addosso!” e poi aggiunse “ti è caduto qualcosa?”
“Sì, il paniere con la cena…avevo fame anch’io ed ero sceso in cucina per prendere qualcosa da mangiare e da bere in camera, vicino al fuoco” rispose mettendosi carponi sul pavimento e iniziando a tastarlo con le mani per ritrovare i preziosi viveri.
Oscar fece automaticamente altrettanto e così si ritrovarono entrambi inginocchiati al buio a vagare sul freddo marmo, e cerca…cerca…la mano di lei trovò quella di lui, calda…
E un altro fremito la scosse all’improvviso, come se un fulmine l’avesse percorsa dalla testa ai piedi e dovette fare un grande sforzo di presenza e lucidità per non lasciarsi sfuggire un altro grido, o forse un gemito di sorpresa e di emozione per quella sensazione così sconvolgente.
Doveva darsi un contegno, che le succedeva?
Devo stare calma, calma, va tutto bene…
“Lascia stare Oscar, ci penso io…ecco, dovrei aver recuperato tutto. Allora, hai fame?” le chiese con una nota di tenerezza nella voce che a lei non sfuggì e che le procurò un piacevole senso di calore, come se lui l’avesse abbracciata…e a quel pensiero sentì le guance andare in fiamme.
 Calma, calma…
“Io…sì…sono scesa anch’io per cercare qualcosa da mangiare, non volevo svegliare nessuno, sai, a quest’ora…” chissà poi che ore saranno…
“Certo…beh, se vuoi io ho già saccheggiato la dispensa e preso una buona bottiglia di vino, pensavo di mangiare in camera mia, ma se vuoi mangiamo insieme in cucina, anche se ormai lì fa piuttosto freddo.”
“No…grazie…cioè, sì, grazie” o mio Dio!  “va bene! ma non in cucina, al momento ho bisogno di stare vicino al fuoco…andiamo nella tua stanza, mangiamo e vediamo se ci viene in mente qualcosa per aiutare Alain e gli altri soldati.”
Ecco, così si fa comandante!
Decisa e pratica, bene!
“Bene Oscar, come vuoi tu, andiamo.”
Uscirono dall’oscurità di quel corridoio e raggiunsero a tentoni la stanza di André.
Il fuoco ardeva nel camino e riempiva l’ambiente di una luce rossastra e tremula, creando ombre e riflessi in continuo movimento.
Oscar rimase immobile per alcuni istanti mentre lasciava che il proprio sguardo vagasse in quella stanza in cui non entrava da quando…già, da quando?
L’ultima volta che era uscita da lì era stato in preda ad una rabbia cieca e quasi folle; accecata dal desiderio di vendetta verso il Cavaliere Nero, disperata per la perdita che aveva subito il suo André.

Suo…
Adesso, poteva ben ammettere che quella notte non ce l’aveva tanto con Bernard Chatelet, o non soltanto, quanto e soprattutto con se stessa, per aver agito con leggerezza e arroganza, per aver creduto di potersela cavare da sola, per non aver considerato che lui non l’avrebbe mai abbandonata in una situazione di pericolo…o forse…sì, forse l’aveva anche considerato, inconsciamente, perché lui era la sua sicurezza, il suo appiglio, la sua ombra.
Maledizione.
Questa consapevolezza, da allora, era diventata il suo tormento e la sua frustrazione.
Poi, era arrivata quella notte di lacrime e dolore, la notte maledetta in cui lui le aveva confessato che l’amava nel modo più sbagliato e più drammatico, e allora tutto era finito, fra loro, reciso con un colpo secco come se la loro vita insieme non fosse stata altro che un’erbaccia maligna da estirpare con la forza.
Da allora era iniziata la loro solitudine, e la sua colpa le era apparsa ancora più grave, incancellabile, imperdonabile, al punto di rischiare di annientarla.
“Vieni Oscar, possiamo mangiare” la voce di André, tranquilla e gentile, la distolse da quei pensieri cupi.
Oscar si voltò verso di lui e accennò un lieve sorriso.
Lui aveva steso un canovaccio a terra a mo’ di tovaglia e ci aveva disposto le “pietanze”: pane, formaggio, noci, miele e fichi secchi.
Stava armeggiando con la bottiglia per stapparla ed in quel momento Oscar notò che aveva scelto un vino speciale, una vera chicca della cantina Jarjayes, di solito riservato alle grandi occasioni.
“Oh…” le sfuggì pianissimo mentre si avvicinava e si sedeva sul tappeto accanto a lui, a terra, davanti al fuoco.
Per aver scelto quel vino, devi essere o molto felice o molto depresso…considerò, amaramente consapevole che in una sera come quella non poteva esserci davvero nessuno spazio per un poco di felicità.
Sospirò.
Iniziarono a mangiare in silenzio, lo sguardo fisso sulle fiamme danzanti e la mente vuota, quasi stupita per quel momento di pace e condivisione.
Oscar non ricordava da quant’era che non mangiava qualcosa di così buono…assaporò a fondo il fondersi dei sapori dolci e salati: il formaggio intinto nel miele abbracciato dall’aroma leggermente amaro di un gheriglio di noce…un sorso di vino caldo e avvolgente giù nella gola.
Poi del pane, fragrante e morbido come una carezza di Nanny, e ancora quel formaggio che sapeva di latte e di cose semplici, di casa.
E ancora il caldo abbraccio del vino.
Insieme, vicini, in silenzio a condividere gli stessi sapori, lo stesso calore, lo stesso desiderio.
Il desiderio…
Fu all’improvviso che Oscar lo sentì risalire in superficie, prepotente, invadente, sfrontato!
Erano così vicini…
Poteva percepire la vicinanza del corpo di André anche se non lo stava toccando, ne avvertiva il calore, che la raggiungeva e l’avvolgeva senza sfiorarla.
Un sospiro profondo le sfuggì, come un tentativo di calmarsi e placare la tempesta che si affacciava all’orizzonte dentro di lei e che minacciava di confonderla e travolgerla lì, in quel momento, in quella stanza.
“Ne vuoi ancora Oscar?” le chiese André porgendole una fettina di formaggio con sopra un pezzetto di fico secco.
Quanto le piacevano i fichi secchi…
Oscar lo prese dalle sue mani in punta di dita, ma non poté evitare di sfiorare quelle di lui; provò lo stesso brivido profondo che aveva sentito prima nel corridoio buio quando lui l’aveva sfiorata, solo che stavolta non ritrasse subito la mano, la lasciò lì un istante in più, permettendo che il calore di quelle dita entrassero in lei un po’ più in profondità…voleva sentirlo, toccarlo, anche se di nascosto.
Poi con una calma quasi religiosa si portò il cibo alla bocca, schiudendola piano, appoggiando il frutto alle labbra e avvolgendolo delicatamente, prima di lasciare che i denti affondassero voluttuosamente in quella polpa dolce, per poi lasciare scivolare sulla lingua quel sapore contrastante, accattivante, seducente, mentre lui, che per tutto il tempo era rimasto a fissare il fuoco, ora fissava lei, con uno sguardo avido, sorpreso, rapito.
Oscar non poté impedirsi di pensare che quel sapore era lo stesso che aveva gustato lui, il sapore della sua bocca…
La tua bocca…e lo sguardo cadde su quelle labbra piene e terribilmente sensuali, così invitanti che fu costretta a chiudere per un momento gli occhi, per il timore di non riuscire a resistere alla forza del loro richiamo.
Fu lui a scuoterla all’improvviso, ma dovette schiarirsi la voce prima di riuscire a parlare.
“Allora Oscar, cosa…cosa pensavi di fare per Alain e gli altri soldati, hai già un’idea?”
“No, non saprei…la prigione dell’Abbazia è una vera e propria fortezza, tentare di farli evadere sarebbe un’inutile follia.”
“Già…”
“Penso che l’unica strada percorribile sia quella di indurre, in qualche modo, il re a concedere la grazia.”
”La grazia? Ma come puoi pensare che Luigi XVI concederebbe la grazia a dodici soldati accusati di tradimento!”

“Lo so, eppure…eppure deve esserci un modo! Non posso certo chiederlo come favore personale, come feci quando Lasalle fu arrestato per aver venduto il suo fucile…ecco, forse…forse creando la situazione giusta…” si portò una mano alla fronte, chiudendo gli occhi, in un’attitudine assorta e grave.
Il silenzio scese di nuovo per alcuni minuti, sospesi tra l’affanno di cercare una soluzione ed il timore di non trovarla.
L’unico suono udibile era il crepitare familiare e rassicurante del fuoco nel camino.
Poi la voce di Oscar ruppe il silenzio, accompagnata da uno schiocco di dita.
“Bernard!”
“Bernard?”
“Ma certo, Bernard! André ascolta, tu sai dove posso trovarlo non è vero? Mi hai detto di essere stato a casa sua!”
“Sì, sì Oscar, so dove abita, ma non capisco cosa centri Bernard…”
“Vedi, in questo momento il re deve fare molta attenzione alle proprie mosse, André. Se fosse il popolo a chiedere la liberazione dei dodici soldati della Guardia io non credo che Luigi XVI potrebbe rifiutarsi, non in questo delicato momento. Pensaci un attimo, il sovrano avrebbe tutte le ragioni per cogliere quest’occasione di mostrarsi benevolo e accondiscendente, tanto più se la richiesta arrivasse attraverso di me!”
“Attraverso te? Che cosa vuoi dire?”
“Ecco…io sono responsabile dell’ordine pubblico, e potrei chiedere la liberazione dei soldati per prevenire disordini…”
“Disordini? Vuoi dire che…” ora iniziava a capire che cosa stava passando per la mente di Oscar...un brivido di terrore gli corse lungo la schiena.
Era pericoloso, dannatamente pericoloso, ma poteva funzionare, se stavano attenti e se Bernard avesse accettato…e Bernard avrebbe accettato, senz’altro, aveva un grosso debito con Oscar, senza contare quello con lui…
“E’ pericoloso… Se dovessero scoprire che ci sei tu dietro a tutto…”
“E’ l’unica soluzione, non c’è davvero altro da fare André…senti, ho bisogno del tuo aiuto, per incontrare segretamente Bernard; devi portarmi da lui, domani mattina, abbiamo poco tempo e non so’ quanto ne serva a lui per organizzarsi.”
“Non ne ho idea, ma ti porterò da lui, verrò con te.”
“No, faremo così, andrai da lui tu da solo domani molto presto e gli dirai che verrò a parlargli, in segreto, io e lui soli, in un posto sicuro, dove lui vorrà; gli dirai che è una questione delicatissima e molto urgente e che gli spiegherò tutto io, va bene?”

“Va bene Oscar, ho capito, ma perché non vuoi che t’accompagni?”
“Perché nessuno deve riconoscerci André! Sei un soldato della Guardia ed un amico di Bernard, qualcuno potrebbe anche ricordarsi di te e fare dei collegamenti, sarebbe pericoloso.”
Fece una breve pausa, abbassò lo sguardo ed aggiunse con un tono più soffice ed un mezzo sorriso sulle labbra
“So badare a me stessa André…”
“Questo lo so…” rispose lui con un mezzo sorriso di rimando, ispirato dalla tenerezza per quel suo orgoglio un po’ infantile che la portava sempre a dover ribadire che lei sapeva cavarsela da sola, anche se poi, alla fine, lui c’era sempre; ma quel mezzo sorriso in realtà le fece male, la riportò in un istante nello studio di suo padre, a confrontarsi col bagliore sinistro di quella spada che l’avrebbe colpita ed uccisa se non fosse stato per lui e il suo coraggio, lui e il suo amore.
Quel mezzo sorriso, intanto, era già morto sulle labbra di André, perché ormai nemmeno lui ce la faceva più ad ignorare il peso di quel fardello di amore disperato e solitudine.
Per alcuni istanti nessuno di loro due respirò, lo fece il fuoco per loro, crepitò così forte che sembrò quasi volerli ammonire per quel loro ostinarsi a fingere…ma anche la finzione, ad un certo punto, non regge più, e il tempo della verità arriva, prima o poi.
“André..”
“Sì..”
“Io volevo…volevo dirti…beh, volevo solo dirti grazie André!”
Quella parola piccola, sussurrata, accarezzata dalla voce tremante di lei, rimase fra loro a lungo, a vibrare nei loro cuori, a portare finalmente quel calore agognato e vitale.
Gli occhi fissi sul fuoco, fu la mano di lui a raggiungerla per prima, posandosi su quella che lei aveva abbandonato a terra, così vicino a lui da sembrare che volesse sfiorarlo senza sfiorarlo.
Altro calore, attraverso quel tocco gentile e denso, profondo.
Una lacrima, solitaria e coraggiosa scese dagli occhi di lei ancora ostinatamente aggrappati alle lingue di fuoco danzanti, perché guardarlo negli occhi era troppo difficile.
“Oscar..” una carezza la sua voce, il proprio nome che risuonava di dolcezza, di amore, il proprio cuore che si apriva, rosa d’avorio, e dischiudeva al sole anche gli ultimi, piccoli petali ancora tenacemente chiusi.
“Non è vero…io non…io senza di te, non saprei niente, non sarei niente.”
“Ma cosa dici! Non è vero.”
“Sì che è vero!” e finalmente lo guardò, ritrovò la forza ed il coraggio di mostrarsi a lui, senza maschere, senza paure, solo lei, il suo cuore, il suo amore.
“Oh, Andé! Tu davvero…davvero puoi ancora amare una come me?”
Tremava lo sguardo di lui, rischiando di perdersi nell’azzurro che ora gli ricordava il mare, così profondo che avrebbe potuto annegarci dentro e scordare chi era, perdendosi per sempre; ma c’era ancora una cosa da desirare, la più importante.
“Ma certo che ti amo Oscar! Amo tutto di te, da tutta la vita.”
E l’azzurro si sciolse in gocce purissime di rugiada, solcando i petali candidi delle gote amate, facendoli brillare come preziosa madreperla.
Le sue dita stavano già asciugando quelle dolci lacrime quando lei gli rispose, la voce calda, il cuore in mano, offerto a lui come il delicato bouquet di rose bianche di una giovane sposa.
“Anch’io ti amo André, ti amo, con tutto il cuore!”
Eccole, le parole desiderate, attese, sognate da una vita.
Ecco le mani intrecciarsi, come rami di due piante che crescono insieme e si sostengono a vicenda, una indispensabile all’altra.
Ecco le labbra tremare, vicinissime, sfiorarsi, assaggiarsi nel ricordo di un bacio lontano e violento, ma ancora così vicino e doloroso.
Ecco la dolcezza di un bacio nuovo, morbido, caldo, condiviso, per spazzare via il ricordo amaro e iniziare a scrivere per loro una storia tutta nuova.
Ecco le carezze inseguirsi lente fra i capelli, i vestiti, la pelle, i sospiri.
Ecco il desiderio emergere, e prorompere vittorioso, come un dio assetato di vita e luce e gioia.
Ecco i respiri farsi densi e profondi come un mare scuro di burrasca, che si agita e si gonfia di onde e spruzzi, pronto a spazzare via tutto nel suo abbraccio implacabile.
Toccarsi, sentirsi, spogliarsi…indispensabile, ormai, come respirare.
Nessun timore o remora o riserva o dubbio.
Il tappeto accolse i loro corpi abbracciati e le prime timide carezze, che si fecero via via più audaci quando presero coraggio, fino ad osare e spingersi più in là, oltre la barriera dei vestiti e del pudore, oltre l’ignoto, oltre il confine che separa la ragione dalla follia, il desiderio dall’estasi.
Le parole d’amore, che hanno forma di farfalla e profumo di rosa appena sbocciata, scivolarono leggere sulla pelle accaldata, sospinte da mani piene e canti sussurrati all’orecchio.
Quando è il cuore che parla, è il cuore, che scolta…
Fu lei a chiamarlo, infine, quando sentì che senza di lui non avrebbe più potuto respirare; fu lui a guidarla, lentamente, dolcemente, nel suo aprirsi e donarsi fino in fondo, lacerando anche l’ultima insignificante barriera.
Quell’istante diede senso alle loro vite, luce alle loro tenebre, speranza ai loro sogni.
Quell’istante rimase là, sospeso fra i loro cuori così vicini da non distinguerli quasi più, mescolati fra lacrime, sospiri e sorrisi.
Quell’istante, fu per sempre.



Buon San Valentino a tutte!
Musetta 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

               

 
 
    
 
  
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